Dopo aver riaperto gran parte delle attività, Israele (9 milioni di abitanti) ha finalmente tolto l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto. Si tratta di un passaggio anche simbolico che sancisce la fine di un lungo periodo di restrizioni. Può essere interessante vedere quale sia la situazione attuale di Israele e confrontarla con i numeri italiani: questo ci permette di capire meglio i criteri di “rischio calcolato” che sono stati adottati dallo Stato israeliano:
- Cittadini che hanno ricevuto almeno una dose vaccinale: 62% (di cui il 55% ha ricevuto ambedue le dosi Pfizer-BioNTech). In Italia 17,8% (di cui il 7,4 ha ricevuto ambedue le dosi).
- Ricoverati in terapia intensiva: 2,1 per ogni 100.000 abitanti. In Italia circa 5.
- Contagi durante l’ultima settimana: 22 per ogni 100.000 abitanti. In Italia circa 165.
- Deceduti durante l’ultima settimana: 8 per ogni milione di abitanti. In Italia circa 45.
Benché i nuovi contagi siano relativamente pochi, Israele tiene alta la guardia soprattutto rispetto alle forme di infezione asintomatica della popolazione vaccinata. In particolare vengono costantemente monitorate le mappe genetiche dei ceppi virali in circolazione per timore dell'arrivo di nuove varianti che siano meno sensibili rispetto ai vaccini. Tra le altre misure già programmate da Israele c'è la vaccinazione dei ragazzi di età compresa tra i 12 ed i 15 anni che dovrebbe iniziare tra circa 1 mese.
Come si vede, i numeri di Israele sono decisamente migliori rispetto a quelli italiani, a partire da quelli delle vaccinazioni che hanno raggiunto il punto di massima erogazione a fine gennaio ed attualmente sono in fase di completamento. In questo momento, Israele sta organizzando un probabile richiamo con una terza dose vaccinale da somministrare entro il prossimo autunno. Il vaccino sarà ottimizzato rispetto alle nuove varianti virali che saranno dominanti a livello internazionale durante la prossima estate. Insomma, Israele sembra aver affrontato la questione Covid dimostrando “una marcia in più” rispetto al resto del Mondo.
L’unico dato dove non si vede una differenza abissale tra Italia ed Israele è quello relativo al numero di pazienti Covid ricoverati nei reparti di terapia intensiva (Israele ha "solo" poco meno della metà dei ricoverati rispetto all'Italia). Ma in questo caso dobbiamo tenere conto che, durante le fasi calanti di una ondata pandemica, nei reparti di terapia intensiva si tendono ad accumulare pazienti che erano stati contagiati mesi prima e che – se curati bene – riescono a sopravvivere, anche se il trattamento può richiedere una lunghissima degenza. Il dato israeliano attuale, in presenza di pochi contagi e quindi di pochissimi nuovi ricoveri, è in gran parte dovuto alla presenza di questi lungo-degenti. Anche in Italia la presenza di tali casi incomincia a farsi sentire, ma nell'ultima settimana l'Italia ha visto ancora 2,3 nuovi ricoveri in terapia intensiva per ogni 100.000 abitanti. La metà circa dei pazienti ricoverati nei reparti Covid di terapia intensiva italiana ha un tempo di degenza inferiore a 7 giorni. La situazione è quindi molto diversa rispetto a quella di Israele.
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