Quando si parla di efficacia dei vaccini, viene spesso affermato che il grado di protezione offerto dai vaccini diminuisce fortemente per le persone che abbiano un sistema immunitario indebolito. Il concetto, almeno in linea di principio, è facilmente comprensibile: l'effetto del vaccino è quello di stimolare il sistema immunitario in modo che sia pronto ad affrontare un eventuale contagio con il virus SARS-CoV-2. Se il sistema immunitario funziona male, ci aspettiamo che la risposta indotta dal vaccino sia più debole e, in casi estremi, pressoché nulla.
In realtà, come discusso in un interessante intervento del prof. Steven Smith (Brunel University, Londra) pubblicato su The Conversation, la situazione è molto più complicata di quanto potremmo immaginare e non è affatto detto che la vaccinazione fallisca sempre con tutte le persone immuno depresse.
Ci sono casi diversi a seconda della causa che ha compromesso la funzionalità del sistema immunitario. Gli studi sistematici riportati fino ad oggi in letteratura sono ancora pochi e limitati ad un numero ridotto di casi. C'è quindi la necessità di estendere gli studi clinici dedicati a questo specifico argomento, anche se è comunque già possibile identificare strategie di vaccinazione ottimizzate che migliorino la resa del vaccino, almeno per alcune categorie di pazienti immuno depressi.
La buona notizia è che - in molti casi - è possibile ottenere una buona protezione usando le due dosi vaccinali standard.
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