La rivista The Lancet ha pubblicato un dettagliato studio sull'efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech fino a 5 mesi dopo la somministrazione della seconda dose vaccinale. Lo studio è particolarmente interessante alla luce del dibattito attualmente in corso rispetto all'opportunità di somministrare una terza dose vaccinale (vedi post precedente).
Lo studio ha riguardato circa 3 milioni e mezzo di persone residenti in California. I dati sono stati analizzati tenendo conto della classe d'età e della gravità dei contagi, considerando - in particolare - i contagi più gravi che portano all'ospedalizzazione ed il ruolo delle diverse varianti virali.
Efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech (vaccinazione completa) rispetto a tutti i tipi di contagio (pannello superiore) e rispetto ai contagi più gravi che comportano un ricovero ospedaliero (pannello inferiore). I dati sono disaggregati per classi d'età. La linea viola rappresenta tutti i casi di età maggiore o uguale a 12 anni. Le barre d'errore corrispondono al livello di confidenza delle stime, calcolato per una probabilità pari al 95%. Tratto da The Lancet |
Vediamo che la protezione rispetto a qualsiasi forma di contagio cala abbastanza sensibilmente in funzione del tempo. Una analisi che tiene conto dello specifico ceppo virale che ha prodotto il contagio, conferma che la variante Delta è più contagiosa e che l'efficacia del vaccino è inferiore di circa il 10-15% rispetto alle precedenti varianti. Tale differenza si mantiene sostanzialmente stabile nell'arco di un tempo considerato.
La protezione rispetto ai contagi più gravi, tali cioè da richiedere un ricovero ospedaliero, non sembra calare in modo apprezzabile nel corso del primo semestre dopo il completamento della vaccinazione (pannello inferiore della figura mostrata sopra). Questo risultato sembra essere in contrasto con quanto osservato in Israele dove, durante lo scorso mese di luglio, fu misurato un forte incremento dei contagi gravi anche tra le persone completamente vaccinate.
Al momento, i dati provenienti dalla California non sono ancora abbastanza estesi per poter dire che ci sia un significativo disaccordo con i dati israeliani (resi noti dal Ministero della salute israeliano, ma non ancora pubblicati su una rivista scientifica). Prima di poter arrivare a conclusioni definitive servono ulteriori approfondimenti anche perché è bene ricordare che tutti i cosiddetti studi nel "mondo reale" possono essere talvolta affetti da errori sistematici significativi.
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