Con il solito atteggiamento pilatesco, EMA conferma la possibilità di rare forme di trombosi legate alla somministrazione del vaccino Johnson & Johnson, ma lascia ai singoli Stati il compito di assumere eventuali decisioni in relazione ai limiti di somministrazione. La conclusione a cui arriva l'EMA mi lascia francamente perplesso: "Su Johnson & Johnson ogni Paese decida secondo la sua situazione".
La presidente della commissione di farmacovigilanza dell'EMA,
Sabine Straus ha chiarito che: "C'è un'associazione forte e chiara tra la vaccinazione col siero di
Johnson & Johnson ed i casi molto rari di trombosi cerebrale".
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che qualche giorno fa si è fatta vaccinare con Pfizer BioNTech ha dichiarato: "Accolgo l'annuncio dell'EMA sulla sicurezza del vaccino di Johnson&Johnson. Questa è una buona notizia per le campagne vaccinali in tutta l'Ue".
Analoghe dichiarazioni le abbiamo sentite fare da numerosi alti burocrati della Sanità italiana, tutti rigorosamente vaccinati, fin dallo scorso mese di gennaio, con il vaccino Pfizer BioNTech.
La situazione è simile a quella dell'altro vaccino a vettore virale (AstraZeneca) anche se il numero di eventi rari segnalato negli USA per il vaccino Johnson & Johnson è, in proporzione al numero di dosi somministrate, decisamente minore rispetto ai casi segnalati per AstraZeneca. In questo momento stiamo aspettando che anche l'americana FDA prenda posizione, dopo aver temporaneamente sospeso l'erogazione del vaccino Johnson & Johnson in attesa di fare una verifica sul numero effettivo di casi di rare trombosi segnalate.
In una comunicazione inviata al New England Journal of Medicine il gruppo di ricercatori del Laboratorio Janssen che ha sviluppato il vaccino prodotto da Johnson & Johnson ipotizza che il problema delle trombosi rare sia specificamente legato all'adenovirus dello scimpanzé che AstraZeneca ha utilizzato per il suo vaccino. Nel caso del vaccino Johnson & Johnson è stato usato un adenovirus umano e questo potrebbe considerevolmente ridurre la probabilità di taluni eventi avversi. A mio avviso, si tratta, al momento, di una pura congettura, tutta da verificare
Sia per AstraZeneca che per Johnson & Johnson, EMA ricorda che i rischi sono molto minori rispetto ai benefici. Cosa assolutamente vera, a meno che non siate una giovane donna in buone condizioni di salute. D'altra parte non possiamo mai dimenticare che un vaccino non è un farmaco che si assume per curare una malattia, ma è qualcosa che si somministra ad una persona sana per evitare che si ammali in futuro. Se i vaccini a vettore virale fossero gli unici disponibili, non c'è dubbio che andrebbero somministrati senza alcuna esitazione. Ma considerato che ci sono a disposizione anche vaccini ad mRNA che sono decisamente più efficaci e - aldilà della controversa questione delle rare trombosi cerebrali - provocano comunque meno reazioni avverse gravi, la domanda sorge spontanea: "Perché un cittadino ultra sessantenne dovrebbe accettare di ricevere un vaccino a vettore virale invece di un vaccino ad mRNA?".
In Italia, alcune Regioni comunicano il tipo di vaccino che viene somministrato nei diversi centri vaccinali. In questo modo i cittadini di età superiore ai 60 anni, nel momento in cui scelgono il centro dove riceveranno la vaccinazione, sanno anche quale sarà il tipo di vaccino che sarà loro somministrato. Altre Regioni/PPAA sono meno trasparenti. Beati gli svizzeri che usano solo i vaccini a mRNA (e se li producono pure).
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