martedì 13 aprile 2021

Gli USA verso una sospensione nella somministrazione del vaccino Johnson & Johnson

Proprio nel giorno in cui dovrebbero finalmente arrivate anche in Italia le prime dosi del vaccino monodose prodotto da Johnson & Johnson (J&J), giunge la notizia che le autorità sanitarie americane hanno chiesto di sospendere temporaneamente la somministrazione di tale vaccino. L'allarme è scattato a seguito della segnalazione di 6 casi di rare trombosi celebrali che hanno colpito giovani donne, provocando un decesso ed un ricovero in gravi condizioni. Complessivamente, fino ad oggi, in USA sono state somministrate 7 milioni di dosi del vaccino J&J ed ulteriori 9 milioni di dosi sono pronte per la somministrazione.

Il numero di casi segnalati è pari a circa 2,5 volte il numero dei casi normalmente attesi per questo tipo di eventi nell'arco di un mese per 7 milioni di persone (secondo quanto riportato in letteratura il valore atteso va da 3 a 4 casi all'anno per 1 milione di persone, con una forte incidenza, pari a circa il 75%, di giovani donne). Sono numeri piccoli, soggetti a grandi fluttuazioni statistiche e si tratta di eventi che talvolta non sono semplici da diagnosticare. Certamente l'attenzione mediatica generata dalla vicenda AstraZeneca ha aumentato il livello di attenzione dei medici e ha indotto le Autorità sanitarie ad agire con estrema prontezza.

Sulla base di quanto riportato dalla stampa americana non è possibile concludere che esista una relazione di causa-effetto tra la vaccinazione con il farmaco J&J e gli eventi segnalati. La frequenza degli eventi diagnosticati in USA è molto minore rispetto a quella evidenziata in Europa con il vaccino AstraZeneca e soprattutto bisognerebbe escludere che le persone colpite avessero recentemente assunto eparina, considerato che gli eventi segnalati sono annoverati tra i possibili effetti collaterali di tale farmaco.

La motivazione ufficiale che accompagna la richiesta di sospensione nella somministrazione del vaccino J&J fa riferimento al fatto che le strutture sanitarie non sarebbero adeguatamente preparate per la diagnosi ed il trattamento degli eventuali eventi avversi che dovessero accadere. In particolare, la FDA fa riferimento al fatto che queste rare forme di trombosi cerebrali richiedono un trattamento diverso rispetto alle forme di trombosi più comuni:

"Treatment of this specific type of blood clot is different from the treatment that might typically be administered. Usually, an anticoagulant drug called heparin is used to treat blood clots. In this setting, administration of heparin may be dangerous, and alternative treatments need to be given".

Vedremo, nel corso delle prossime ore, quali saranno le decisioni prese negli Stati Uniti (domani - mercoledì - si riunisce il comitato incaricato di analizzare i dati) e soprattutto quale sarà la ricaduta di quanto sta attualmente succedendo in USA sulla campagna vaccinale europea, già seriamente compromessa a causa della vicenda AstraZeneca.

Sempre sullo stesso argomento vi segnalo una nota apparsa sul British Medical Journal (BMJ) nella quale si descrivono due studi (non ancora sottoposti a referee) relativi ad alcuni casi di rare forme di trombosi associate con le vaccinazioni fatte con il prodotto AstraZeneca. Ambedue i lavori suggeriscono che tali eventi siano legati ad una forma di predisposizione genetica, ma si tratta di studi basati su un numero limitato di casi che non consentono di trarre conclusioni definitive.


1 commento:

  1. L’America rinvia di 7-10 giorni la decisione su J&J: servono altri dati
    Giuseppe Sarcina, corrispondente da Washington – corriere.it – 15 aprile 2021

    Gli esperti convocati dal CDC (Centers for Disease Control) hanno discusso animatamente per tutto il pomeriggio di ieri. Alla fine hanno stabilito di non avere dati sufficienti per dare un parere sul vaccino J&J. Non è una buona notizia per l’azienda e neanche per la campagna vaccinale di molti Paesi nel mondo.

    Al momento i «casi avversi» sono sei su 6,8 milioni di dosi somministrate. Ma gli scienziati temono che possano verificarsi «altri episodi», perché la distribuzione di J&J sul mercato è iniziata solo il 2 marzo scorso e la prima segnalazione risale al 19 marzo. Inevitabilmente l’ansia si diffonde, specie tra il milione e 400 mila donne che hanno ricevuto la dose del vaccino, ora bloccato ovunque negli Stati Uniti e in Europa. In teoria, sono ancora a rischio i 3,8 milioni di persone (uomini o donne) immunizzati nelle ultime due settimane.

    I virologi del comitato si sono dati appuntamento tra 7 o 10 giorni. Un tempo sicuramente congruo per le esigenze della scienza; ma infinito per un’opinione pubblica ormai in allerta. La task force anti-Covid insediata da Joe Biden di fatto ha già relegato J&J in un ruolo marginale.

    Nella conferenza stampa di ieri Jeff Zients, il coordinatore della campagna vaccinale, ha più volte ripetuto: «Abbiamo forniture sufficienti di Pfizer e Moderna per andare avanti con i nostri piani. Chi ha preso appuntamento per J&J, potrà cambiarlo facilmente con uno degli altri 2».

    La direttrice della CDC, Rochelle Walenski, ha insistito sull’aspetto medico: «Gli eventi avversi riscontrati con J&J sono molto rari; andiamo avanti con Pfizer e Moderna, sui quali non abbiamo ricevuto alcuna segnalazione». Messaggio ricevuto.

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