giovedì 30 aprile 2020

Numeri "romani" e numeri "trentini"

Oggi vi propongo una nuova puntata della mia campagna volta a chiarire i numeri che riguardano l'epidemia di Covid 19 in Trentino. Il dato su cui vorrei attirare la vostra attenzione è quello relativo al numero dei contagi, o - se preferite - del numero dei nuovi contagi registrati giornalmente. Si tratta di un dato molto importante, destinato ad assumere un particolare rilievo per il monitoraggio della cosiddetta Fase 2. Le mie considerazioni partono dall'osservazione che difficilmente il numero dei nuovi contagi annunciato giornalmente in Trentino coincide con i numeri ufficiali del Ministero della Salute che potete trovare nel sito della Protezione Civile Nazionale. Viceversa, nel caso di Alto Adige e Veneto, i numeri sono uguali sia a livello locale che nazionale.

Tutto parte, per quello che ho potuto capire, dalla decisione presa durante la fase di crescita esponenziale dell'epidemia, di considerare positive (senza sottoporle a test) persone che erano state sicuramente contagiate a causa dello stretto contatto con un'altra persona riconosciuta come positiva al test. Approccio che poteva avere anche un senso quando, intorno alla metà di marzo, risultò evidente che non si riuscivano a fare tutti i test che sarebbero stati necessari. Ma, poiché il Ministero della Salute richiedeva di comunicare il numero di coloro che erano positivi al test, scattò questo strano sistema di "doppia contabilità".
 
Per capire cosa sia successo basta vedere il grafico che mostro qui sotto dove è riportato l'andamento temporale della differenza tra il numero totale di "positivi" comunicati a Trento, rispetto al numero diffuso dalla Protezione Civile Nazionale. Il picco della differenza si raggiunge verso la fine del mese di marzo. Tuttavia, nel mese di aprile sono stati comunicati al Ministero della Salute 200 nuovi casi in più rispetto a quelli comunicati a Trento è questo ha contribuito a ridurre un po' la differenza tra il numero complessivo dei contagiati "trentini" e quelli "nazionali". Comunque, guardando i dati giornalieri, non c'è quasi mai coincidenza tra il numero di nuovi contagi comunicati a Trento rispetto a quelli che appaiono nel sito PCN.
 
Notiamo che nel corso del mese di aprile questo sistema di comunicazione dei dati ha fatto apparire, a livello nazionale, una situazione del Trentino più critica di quella reale (che comunque non è affatto rosea). Infatti, poiché il parametro che tutti guardano è l'incremento percentuale dei nuovi casi, aumentando il numeratore e riducendo il denominatore, la percentuale peggiora (diventa più grande).  Più in dettaglio, i numeri sono i seguenti:
 


Nazionale Trento
Positivi al 31 marzo 1746 2574
Positivi al 29 aprile 4069 4697




Differenza 2323 2123
Incremento % 133% 82%

Giusto per darvi un'idea dell'uso che viene fatto dei dati pubblicati dalla Protezione Civile Nazionale vi suggerisco di consultare l'analisi fatta dalla Fondazione GIMBE da cui ho tratto la figura seguente:
Come vedete il Trentino si trova ancora in piena zona rossa. Se avessero usato i dati distribuiti a Trento saremmo ancora in zona rossa, ma vicini al bordo con la zona gialla, più o meno come la Lombardia.

Forse bisognerebbe che qualcuno andasse al Ministero della Salute a spiegare cosa sia successo e provvedesse rapidamente a riallineare i dati nazionali con quelli locali. Non vorrei che le ipotesi di sblocco del lockdown di cui stiamo discutendo venissero cassate da un algoritmo che usa (giustamente) i dati di cui dispone il Ministero della Salute.

mercoledì 29 aprile 2020

Aggiornamento 29 aprile. Siamo pronti per la fine del lockdown?

Benvenute/i a quest’ultimo aggiornamento per il mese di Aprile. La domanda che tutti ci poniamo è “Siamo pronti per la fine del lockdown?”. La domanda è più complessa di quanto possa apparire e consiglio di diffidare da chi spara formulette più o meno semplificate. Qualche sera fa ho sentito un noto politico nazionale che usava i dati sull'occupazione delle terapie intensive per giustificare la sua proposta di aperture immediate e massicce di tutte le attività. Capisco che di fronte alla possibilità di guadagnare un pugno di voti ci siano persone pronte a dire tutto ed il contrario di tutto, ma quando si parla di indicatori statistici ci vorrebbe un minimo di prudenza. Io cercherò di presentarvi una serie di dati che sono – a mio avviso – rilevanti per chi dovrà assumere le decisioni e soprattutto per tenere sotto stretta osservazione l’evoluzione futura dell’epidemia.

Partiamo proprio dall'occupazione delle terapie intensive, ovvero da quello che potremmo definire il “parametro di ultima istanza” per l’andamento dell’epidemia. Sappiamo che per una frazione non trascurabile dei casi, l’unico approccio medico praticabile richiede il ricovero in  terapia intensiva. Questo è stato “il problema” per la gestione dell'epidemia fino alla prima settimana di aprile. Oggi la situazione è più tranquilla. Vediamo qui sotto l’andamento dell’occupazione di posti di terapia intensiva per i malati di Covid-19 in Trentino.

Il 28 aprile, pur in presenza di una forte calo, c’erano ancora 22 ricoverati Covid 19 nelle terapie intensive degli ospedali trentini, esattamente lo stesso numero registrato lo scorso 18 marzo. La data del 18 marzo è cruciale perché corrisponde, più o meno, al picco dei nuovi contagi fatti registrare in Trentino (parlo dei contagi veri, quelli fisici, anche se i relativi sintomi si sono visti almeno 5 giorni dopo). Poco più di due settimane dopo il 18 marzo, le terapie intensive facevano registrare il picco dell’occupazione (81 presenze) per poi iniziare a calare (meno velocemente di quanto fosse cresciuta). Cosa vuol dire tutto ciò? Da un punto di vista pratico l’occupazione dei posti di terapia intensiva è un indicatore “robusto” perché ci dice se il sistema sanitario riesce a svolgere la sua funzione oppure se è saturo. Tuttavia va ricordato che si tratta di un indicatore “ritardato”. In altre parole, se si generassero nuovi importanti focolai epidemici, prima di vedere un effetto significativo sui ricoveri in terapia intensiva dovremmo aspettare un certo numero di giorni (diciamo almeno una settimana, se non due). La possibilità di vedere tale effetto sarebbe ridotta nel caso in cui ci trovassimo in una situazione di tipo endemico, ovvero non svuotassimo completamente le terapie intensive dai malati di Covid 19. Ricordando che in assenza di misure di mitigazione un nuovo focolaio di Covid 19 potrebbe raddoppiare ogni due giorni, c’è il rischio concreto che la situazione possa sfuggire di mano prima che si veda un significativo incremento dei ricoveri in terapia intensiva. In estrema sintesi, verificare il livello d’occupazione delle terapie intensive è importante, ma non basta per tenere sotto controllo il possibile ritorno dell’epidemia.

Vediamo anche come si colloca il Trentino rispetto ad altre Regioni italiane rispetto ai ricoveri in terapia intensiva. Segnaliamo che c’è stato un miglioramento rispetto alla settima scora quando il Trentino occupava la non invidiabile seconda posizione subito dopo la Lombardia. Durante l’ultima settimana la situazione è migliorata ovunque ed il Trentino retrocede (e ne siamo tutti felici) dal secondo al quinto posto.

Non si segnalano variazioni di particolare rilievo rispetto alla altrettanto non invidiabile classifica relativa alla densità di decessi da Covid 19:

Parliamo adesso di tamponi fatti e di tamponi positivi. Su questo argomento è stata attivata una petizione popolare che chiede di attuare una politica dei tamponi più efficace rispetto al passato. Vediamo i dati, in modo che ciascuno possa farsi un’idea su come stanno le cose. Qui di seguito mostro due grafici: quello relativo ai tamponi fatti per abitante e quello relativo ai tamponi positivi. Prima però, concedetemi di ribadire un concetto che molte analisi trascurano, introducendo – a mio parere – una palese distorsione dei dati. In questa fase dell’epidemia dove sta fortunatamente crescendo il numero dei guariti, una parte non trascurabile dei tamponi è utilizzata per verificare la negatività virologica dei pazienti prima di dichiararli guariti. Per ciascun paziente occorrono almeno due test negativi, ma spesso se ne fanno anche tre nel caso di risultati dubbi o di un prolungamento della positività oltre i tempi medi conosciuti. Quindi il numero totale dei tamponi fatti non è significativo se non vengono prima sottratti i tamponi utilizzati per verificare lo stato dei guariti. Ho quindi corretto i dati (fonte Protezione Civile Nazionale) secondo una formuletta che ho spiegato nei post precedenti. Utilizzando questo approccio si ottengono i grafici seguenti.

La scala verticale è stata cambiata rispetto alla settimana scorsa. Questo produce il taglio di alcuni dati di marzo che superano la soglia del 20%. Nell'aggiornamento dello scorso 22 aprile potete trovare questi dati per esteso.

La figura che riporta la frazione di tamponi risultati positivi mostra per il Trentino un valore medio intorno al 7% nel corso delle ultime due settimane considerate. Si tratta di un valore ancora molto alto, indice della presenza sul territorio provinciale di “serbatoi” di contagio ancora molto intensi. Riprenderemo questo discorso più avanti.

Si è detto in varie sedi che l’attenuazione delle regole di lockdown potrà avvenire solo in presenza di un deciso calo dei nuovi contagi. Nella figura che vedete qui sotto mostro il confronto fra Veneto, Trentino ed Alto Adige nella speciale curva che si ottiene riportando su un grafico il numero dei nuovi contagi giornalieri rispetto al numero complessivo dei casi fin qui registrato. Per rendere il confronto significativo i dati sono normalizzati e riferiti ad un campione di 10.000 abitanti. Questo tipo di curva non riporta esplicitamente il tempo che è comunque intrinsecamente legato - anche se in modo non lineare - al numero assoluto dei contagi. All’inizio ci aspettiamo che l’andamento sia lo stesso per tutti i territori essendo legato solo al fattore di propagazione del contagio. Poi, a seconda del successo delle azioni di mitigazione intraprese, osserviamo andamenti diversi, con curve che salgono meno e piegano verso il basso prima nei territori dove si è riusciti a fronteggiare lo sviluppo dell’epidemia con maggiore efficacia.Quando l'epidemia volge al termine ci aspettiamo che la curva assuma, grossolanamente, la forma di una lettera U rovesciata (che è quello che si incomincia a vedere sia per il Veneto che per l'Alto Adige).

Ricordiamo che si tratta di dati sperimentali caratterizzati da significative fluttuazioni, ma l’andamento è abbastanza evidente. In pratica, vediamo quello che era già stato messo in evidenza da altri indicatori. Il Veneto è la Regione che ha reagito meglio, mentre il Trentino è il fanalino di coda. Notiamo comunque che nessuno dei territori considerati è ancora sceso stabilmente sotto il livello di 0,1 nuovi casi giornalieri per ogni 10.000 abitanti. Ieri avevamo stimato a 0,02 il livello che, se dovesse rimanere costante nel tempo (situazione endemica), potrebbe generare un numero annuale di nuovi decessi paragonabile con quello associato con gli incidenti stradali. Si tratta di una stima molto grossolana, utile solo per capire più o meno quale potrebbe essere il livello di contagi massimo con cui potremmo accettare di convivere (almeno finchè non si troveranno cure più efficaci o un vaccino). Nessuno dei tre territori ha ancora raggiunto tale livello: Veneto ed Alto Adige hanno una media negli ultimi 5 giorni pari a circa 0,2 casi x 10.000 abitanti, mentre la media del Trentino (sempre sugli ultimi 5 giorni) è pari a circa 1 caso x 10.000 abitanti. Quindi suggerirei cautela prima di seguire i governatori Zaia e Kompatscher nella gara a chi apre di più!

In realtà sappiamo che la realtà trentina è molto più complessa di quanto traspaia dai valori medi. I dati di diffusione del contagio e di mortalità sono molto disomogenei all’interno del territorio provinciale. Il grafico che confronta le diverse Comunità di Valle conferma quando già visto nelle scorse settimane: c’è una parte del Trentino che purtroppo è attestata su livelli di mortalità “lombarda”, mentre molte Comunità di Valle hanno valori simili a quelli del Veneto.

Tutto sarebbe più chiaro se la Provincia Autonoma di Trento chiarisse fino in fondo cosa sia effettivamente successo all’interno delle RSA. Dopo un fugace aggiornamento avvenuto lo scorso 3 aprile, i dati disaggregati relativi alle RSA sono spariti dai radar. Inutile che vi confermi che tutte le mie richieste di ottenere più informazioni sulle RSA sono state fin qui disattese. Ogni sera, durante le conferenze stampa, si coglie qualche “voce dal sen fuggita”, ma di documenti scritti non se ne vedono. Personalmente trovo questo comportamento irrispettoso nei confronti dei cittadini. Senza i dati sulle RSA è anche impossibile fare una analisi dettagliata sulle diverse tipologie di contagio e verificare se le strategie adottate per frenare lo sviluppo dell’epidemia siano state efficaci. Se fosse possibile fare questa analisi, potremmo capire se, all’interno del territorio provinciale, si possa pensare ad un allentamento differenziato delle regole di lockdown, iniziando da quelle Comunità di Valle che sono state meno colpite dall’epidemia. Queste Comunità non sono necessariamente solo quelle che mostrano i valori medi di contagio e mortalità più bassi, perché se il grosso dei casi è stato registrato nelle locali RSA, il dato RSA-escluse potrebbe ridursi considerevolmente. 

Ovviamente per le RSA bisognerà, in ogni caso, fare un discorso separato perché, comunque la si giri, i dati trentini sono tra i peggiori d’Italia. Come ho già scritto, nel civile Trentino non si dovrebbero scomodare i NAS dei Carabinieri per capire cosa sia successo. D’altra parte, non capisco come si possa parlare di una riorganizzazione del sistema delle RSA senza che siano resi pubblici tutti i dati relativi all’impatto dell’epidemia di Covid 19.

Concludiamo la nostra presentazione settimanale con la curva relativa ai nuovi contagi (punti blu) ed ai decessi (punti rossi). La curva blu tratteggiata è un banale modello di decadimento esponenziale che descrive abbastanza bene i dati relativi ai nuovi casi registrati nel corso del mese di aprile.  

Vedete che aldilà delle ampie fluttuazioni (legate in parte anche al diverso numero di test eseguiti giornalmente) si vede una lenta decrescita, con un tempo di dimezzamento dei nuovi casi che è superiore a due settimane. E qui torniamo alla solita domanda, a cui dovremo comunque rispondere per gestire al meglio la Fase 2. Questi nuovi contagi derivano in gran parte da focolai localizzati e ben identificati (RSA, familiari di pazienti positivi lasciati a fare la quarantena in famiglia) oppure c’è comunque un flusso significativo di nuovi contagi legati a contatti che riguardano il resto della popolazione? I familiari degli ospiti delle RSA stanno facendo comprensibili appelli per poter riattivare un minimo di rapporto con i loro cari. Siamo pronti a gestire questi eventuali futuri contatti garantendo che il virus non esca dalle RSA per diffondersi tra il resto della popolazione? Potrei continuare a lungo con tante altre domande, ma non voglio annoiarvi. Spero che chi prende le decisioni tecniche e politiche che condizioneranno la vita di tutti noi durante i prossimi mesi ci informi compiutamente sulle strategie adottate. 

Nella fase inziale dell’epidemia si poteva (forse) reclamare l’imprevedibilità degli eventi per giustificare gli errori fatti. Ora non più.



martedì 28 aprile 2020

Avanti con la Fase 2, anzi 1 e ½!

Il povero Premier Conte è stato subissato di critiche a causa dell’approccio da molti ritenuto troppo timido nella pianificazione della cosiddetta Fase 2, ovvero del progressivo allentamento delle regole di lockdown. Certo è stata una brutta giornata, tra Vescovi in rivolta e Governatori sempre pronti a scaricare sul Governo Nazionale anche la colpa dei disastri di loro stretta competenza. Chissà cosa sarebbe successo se Conte, invece di rifilarci un lungo discorso un po’ paternalistico, si fosse limitato a porre agli Italiani l’unica domanda che avrebbe senso porre, anche se nessun Politico osa farlo: “Cari Italiani, quante morti precoci causate da Covid-19 siete disposti ad accettare pur di tornare alla vostra vita normale?”. Domanda a cui andrebbe aggiunta una doverosa postilla “Prima di rispondere pensate che tra quei morti potreste esserci voi o uno dei vostri cari”.

Oh direte voi, ma che domanda è mai questa? La Salute prima di tutto, non c’è alcun dubbio. Se avrete la pazienza di seguirmi cercherò di convincervi che la domanda è molto sensata e che potremmo anche cercare di fornire una risposta. Se non chiariamo questo punto, tutti i discorsi sulla Fase 2 e, più in generale, sulle scelte che dovranno essere assunte nei prossimi mesi rischiano di rimanere avvolte in un velo di ambiguità che potrà provocare solo danni ulteriori.

Una prima osservazione che dovremmo fare riguarda il tema generale del cosiddetto rapporto costo/benefici che noi affrontiamo, più o meno inconsapevolmente, tutti i giorni in una miriade di attività umane. Facciamo un esempio in modo da capirci meglio. (Quasi) tutti noi usiamo l’automobile. Lo facciamo con naturalezza senza porci alcun problema. Eppure sappiamo che in Trentino ogni anno ci sono incidenti stradali in cui mediamente perdono la vita circa 6 persone ogni 100.000 abitanti. Senza contare la scia di feriti, più o meno gravi e le gravi menomazioni subite da alcuni sopravvissuti. Un carico di dolori e lutti importante, che viene quasi inconsapevolmente considerato come un tributo da pagare alla “civiltà dell’automobile”. Magari illudendoci che il problema degli incidenti stradali riguardi solo gli altri, mentre noi ne saremmo miracolosamente immuni. Ovviamente molto (ma non tutto) dipende dal nostro comportamento. Chi non rispetta i limiti di velocità oppure si mette alla guida ubriaco o sotto effetto di droghe ha certamente una maggiore probabilità di essere coinvolto in un incidente, ma purtroppo nessuno può ritenersi del tutto al sicuro. Da un altro punto di vista, l’auto ci rende la vita più comoda, nel lavoro così come nel tempo libero, ed è un formidabile strumento di crescita economica. Solo pochi sarebbero disposti a tornare indietro ad un mondo senza auto, scegliendo di spostarsi rigorosamente a piedi (si a piedi, perché anche le carrozze a cavalli causavano un sacco di incidenti).

Sul fatto che allentare le regole del lockdown potrebbe portare ad una nuova crescita dei contagi ci sono pochi dubbi. Il quotidiano “Il Messaggero” riporta un documento “riservato” prodotto dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS) che consiglia il Governo sulla gestione dell’epidemia di Covid 19 e che sarebbe alla base delle scelte molto prudenti assunte dal premier Conte. Il documento lo potete trovare qui. Il testo è incompleto (mancano i nomi degli Autori e l’elenco delle referenze) ma è basato su un approccio modellistico solido. Non mi aspetto che questo tipo di approccio possa prevedere il futuro in modo strettamente quantitativo perché il modello contiene molti parametri la cui stima è soggettiva, ma almeno da un punto di vista qualitativo le conclusioni del documento mi sembrano condivisibili. In estrema sintesi, se ipoteticamente il 4 maggio tutto tornasse come prima rischieremmo di innescare una nuova epidemia più disastrosa di quella che abbiamo vissuto fino ad oggi. Scuole aperte, trasporti pubblici e locali pubblici (ovvero la permanenza di persone a contatto stretto per tempi lunghi) giocano un ruolo fondamentale per la diffusione del virus, anche se i giovani sono la categoria di persone meno colpite dalle complicanze associate al contagio. Sintomatici e asintomatici sono ugualmente contagiosi come evidenziato nello studio di Vo’ Euganeo e confermato da una analisi epidemiologia fatta in Lombardia (che il documento cita, ma mancando l’elenco della bibliografia non sono riuscito a risalire all’origine).

Quindi, al di là dei proclami di taluni personaggi pubblici, bisognerà procedere per gradi, monitorando strettamente lo sviluppo dei nuovi contagi anche su una scala territoriale molto ridotta. Da qui l’esigenza di evitare passi affrettati specialmente in realtà come quella trentina, dove, almeno in alcune Comunità di Valle, il serbatoio di vecchi contagi nelle RSA e in ambiente familiare sembra essere ancora piuttosto consistente.

Ammesso e non concesso di non fare passi falsi che ci riportino all’indietro, qual è il livello di nuovi contagi che possiamo considerare come accettabile? Ovviamente, quando si parla di nuovi contagi c’è una ambiguità di fondo che andrebbe risolta. Il documento CTS stima che in Trentino i contagi rilevati (secondo il dato nazionale che sappiamo essere sistematicamente minore rispetto a quello diffuso a Trento) corrispondano a circa il 7% dei contagi effettivi. Parliamo per intenderci di circa 4000 contagi ufficiali rispetto ad un bacino potenziale di quasi 60.000 persone che in Trentino sarebbe già venute in contatto col virus e avrebbe acquisito un certo livello di immunità. Questi numeri saranno più chiari a breve quando si faranno indagini immunologiche su un campione rappresentativo della popolazione trentina. 60.000 persone sono tante in assoluto, ma poche per assicurare una qualche forma di immunità di gregge. Il grosso della popolazione trentina dovrebbe essere ancora suscettibile e potenzialmente potrebbe contagiarsi nei prossimi mesi.

Secondo i dati ufficiali (faccio sempre riferimento ai dati trentini comunicati a livello nazionale) la letalità del virus sarebbe dell’ordine del 10%, valore che scenderebbe a circa lo 0,7% se fossimo in grado di contare tutti i contagiati e non solo quelli sottoposti a tampone. Supponiamo che il metodo di misura dei contagiati non migliori rispetto ad oggi e quindi manteniamo come valore di letalità il 10%. Quale sarebbe il livello di nuovi contagi giornalieri tale da produrre annualmente un numero di morti premature da Covid 19 pari a quello provocato dagli incidenti stradali?

Il conto è presto fatto:

Mortalità annuale x incidenti stradali
0,6   x 10.000 abitanti
Mortalità giornaliera x incidenti stradali
0,0016   x 10.000 abitanti








Letalità Covid-19


10%

Nuovi casi giornalieri Covid 19 "accettabili" * 0,02   x 10.000 abitanti
Valore attuale in Trentino (mediato su 7 giorni) 1,07   x 10.000 abitanti

* valore arrotondato per eccesso
Per confronto, il valore dei nuovi casi per ogni 10.000 abitanti nella provincia di Bolzano è stato pari a 0,27 (media degli ultimi 7 giorni).
 
Se volessimo essere un po' meno grossolani, oltre al livello massimo di contagi "accettabile" dovremmo specificare qualcosa di più anche sul tipo di contagi perché sappiamo che in certe realtà come le RSA o gli ospedali, le conseguenze dei contagi sono molto più severe. Anche senza fare una analisi più puntale vediamo comunque che oggi, in Trentino, siamo ancora ben lontani dall’aver raggiunto un livello di nuovi contagi “accettabile” (supponendo ovviamente di utilizzare il discutibile criterio che vi ho proposto). C’è ancora molta strada da fare e piuttosto di vuoti proclami, avremmo bisogno di persone che capiscano fino in fondo la complessità della situazione che stiamo attraversando. Altrimenti come dice il prof. Andrea Crisanti con molta amarezza "Non ci resta che sperare che il caldo uccida il virus".

domenica 26 aprile 2020

Fact checking: i numeri delle RSA Trentine

I numeri sulle RSA trentine sono avvolti da una consistente cappa di nebbia, ma ogni tanto si apre qualche piccola falla nel muro di riservatezza che circonda la questione. Ho provato a fare una piccola verifica sulla base degli ultimi numeri che sono stati comunicatin ieri. Si tratta ovviamente di stime grossolane e non sono assolutamenten in grado di fornire elementi di valutazione della loro attendibilità statistica, cosa che sarebbe possibile fare solo analizzando i dati in forma dettagliata. Per trasparenza, pubblico il semplice calcolo che ho usato in modo che, se ci sono errori, chi di dovere possa segnalarmeli:


Decessi medi registrati in un anno 1500
Decessi medi giornalieri pre-Covid 19* 4,11


Decessi RSA dal 1 marzo al 22 aprile 605
Giorni 53
Decessi attesi 218
Decessi registrati 605


Eccesso decessi 387
Decessi RSA registrati come Covid-19 al 22 aprile 188
Altri decessi RSA schedati ISTAT simil Covid-19 108
Altri decessi RSA da spiegare 91

* assumendo (ipotesi molto grossolana) che la media dei decessi non abbia andamento stagionale

Come detto prima, i risultati potrebbero cambiare (credo non di molto) se invece di lavorare su numeri di sintesi avessi avuto la possibilità di accedere alla distribuzione originale dei dati. Sono in pratica quelle informazioni che chiedo da tempo e che la Provincia si era impegnata a mandarmi. Impegno che fino ad oggi è stato completamente disatteso.


Ciò premesso, possiamo comunque fare qualche considerazione:
  1. Alla data del 22 aprile il Trentino contava ufficialmente 381 decessi per Covid-19. Di questi circa la metà era ufficialmente attribuita a decessi avvenuti nelle RSA. In realtà nello stesso periodo di tempo il numero di extra decessi avvenuti nelle RSA era circa il doppio di quelli inseriti nelle statistiche Covid-19.
  2. Dei 199 decessi che mancano all'appello delle statistiche ufficiali Covid-19 un po' più della metà erano stati classificati dai medici delle RSA come forme "simil Covid-19", uso un termine non tecnico e me ne scuso. Sono quei casi che l'Istituto Superiore di Sanità ha considerato nel suo studio recente che classifica il Trentino al top della non invidiabile classifica delle morti per Covid-19 nelle RSA. Se questi casi fossero inclusi nelle statistiche ufficiali dei decessi da Covid-19 avremmo, sempre al 22 aprile, un totale di decessi trentini pari a 489 casi di cui oltre il 60% riguardante gli ospiti delle RSA.
  3. Ci sono poi 91 decessi in più senza apparente spiegazione. Derivano dalla scelta di non considerare la stagionalità della mortalità a cui sono stato costretto per mancanza di dati più specifici? Sono casi dovuti alla mancata ospedalizzazione di pazienti di RSA che non hanno potuto ricevere le cure necessarie per altre patologie? Oppure sono casi "simil Covid-19" che non appaiono nelle schede ISTAT per una scelta discrezionale dei medici delle RSA? Sono tutte domande a cui bisognerebbe dare una risposta perché riguardano comunque un quarto dei decessi in più registrati nelle RSA.
Un ultimo commento lo vorrei dedicare al mantra che sentiamo ripetere (per la verità sempre con meno convinzione) secondo cui le morti avvenute nelle RSA sarebbero solo un anticipo di lutti che avremmo comunque registrato a breve, anche in assenza dell'epidemia. Sappiamo che la permanenza media degli ospiti nelle RSA trentine è dell'ordine dei tre anni. All'inizio ci hanno detto che erano morti "con Covid-19" perché si trattava di persone praticamente in fin di vita. Poi ci hanno detto che sarebbero comunque morti entro due mesi. Adesso si sono fatti più prudenti e dicono che sarebbero morti entro fine anno. Siamo passati in pochi giorni da due a otto mesi che, per una persona alla fine della sua esistenza, non è poco. La favola che bisogna aspettare fine anno per fare le statistiche non si regge in piedi. Il conto è semplice è ho il sospetto che qualcuno lo abbia già fatto. Basta vedere come è cambiata tra marzo e aprile 2020 la durata media di permanenza nelle RSA prima del decesso, rispetto agli anni precedenti. I dati per fare la stima con buona affidabilità statistica li abbiamo già. Sempre che vengano resi pubblici, ovviamente.

sabato 25 aprile 2020

Oops! Mi si sono ristretti i numeri!

Se non ci fossero dietro persone che soffrono e tanti lutti, la storia dei numeri sull'epidemia distribuiti da APSS Trento farebbe sorridere. Purtroppo parliamo di numeri importanti che dovrebbero essere verificati accuratamente prima di essere pubblicati.

In un post di qualche giorno fa avevo segnalato il problema e almeno gli errori più macroscopici sono stati corretti. Tuttavia siamo ancora lontani da poter dire di avere una base dati verificata e consistente. Tanto per darvi l'idea di cosa succede vi mostro i numeri che sono stati distribuiti ieri sera, 24 aprile, in tre diverse sedi: la conferenza stampa della Provincia, il sito dove vengono rilasciati i file dati ufficiali di APSS Trento ed il sito della Protezione Civile Nazionale (PCN). Ricordo subito che alcuni dati comunicati a livello nazionale sono sistematicamente più bassi rispetto a quelli comunicati a livello locale. Trovo la cosa un po' bizzarra anche perchè sia l'Alto Adige che il Veneto comunicano gli stessi dati sia a livello nazionale che a livello locale (il Veneto rilascia due aggiornamenti al giorno ed il dato nazionale coincide con l'aggiornamento di tarda mattinata).

Ho riassunto le tre diverse informazioni rilasciate dal Trentino il giorno 24 aprile nella tabella seguente:

Dati conferenza stampa 24 aprile

Dati file APSS 24 aprile, ore 19 circa Dati PCN, 24 marzo







RSA 687
533


Casa di cura 41
41


Struttura intermedia 19
18


Domicilio 1465
1501


Somma non ricoverati
2212
2093 1575
Ricoverati no ventilazione 209
201


Alta Intensità 15
15


Totale parziale ricoveri
224
216 224
Terapia intensiva 28
28
28
Somma ricoverati
252
244
252
Attualmente positivi
2464
2337
1827
Deceduti 389
389
389
Guarito clinicamente 361
361


Guarito 1199
1199


Somma guariti/dimessi
1560
1560 1560







Totale positivi 4413
4286
3776

* Il file APSS riporta alla voce Totale positivi il numero 4413, uguale a quello comunicato in Conferenza stampa, ma la somma delle diverse voci che compongono il numero dei totali positivi è quella riportata in tabella.

Come vedete, il grosso delle differenze si gioca sul numero delle persone positive, ma non ricoverate ed è generato principalmente dalla differenza relativa ai numeri delle RSA. C'è anche una piccola discrepanza sul numero dei ricoverati esclusa la terapia intensiva, ma qui almeno due dati su tre sono identici. Notate anche che, secondo i dati nazionali, le persone attualmente positive sarebbero circa il 48% dei casi fin qui riscontrati, mentre nella conferenza stampa PAT scopriamo che tale percentuale sale a circa il 55%.

Non aggiungo ulteriori commenti perchè sull'argomento ho già espresso più volte la mia opinione.

venerdì 24 aprile 2020

Aggiornamento su numeri Istat e numeri "ufficiali"

Vi segnalo un nuovo aggiornamento dello studio condotto dal Centro Nazionale Prevenzione e Controllo Malattie (CNPCM) in collaborazione con il Ministero della Salute. L'analisi è stata estesa oltre la seconda settimana di Aprile (18 Aprile per la precisione) ed il quadro che emerge è sempre più chiaro (e preoccupante). In attesa di ricevere i dati sulle RSA trentine che mi sono stati ufficialmente promessi, ma fino ad oggi, non sono mai arrivati, l'analisi dei dati delle Anagrafi di un certo numero di città italiane ci permette di intuire cosa potrebbe essere successo.
Con il trascorrere delle settimane il documento è diventato sempre più corposo e contiene numerose osservazioni di grande interesse, oltre all'aggiornamento della specifica valutazione dedicata alla Città di Trento.  Qui di seguito riporto alcune delle figure e tabelle di maggior rilievo, ma invito tutti coloro che sono interessati a capire come funzionano i metodi statitistici a leggere il documento perché è scritto in modo molto chiaro e non richiede competenze specialistiche da parte del lettore. Tutto è scritto nei numeri, basta saperli (volerli) leggere!
© Ministero della Salute e Centro Nazionale Prevenzione e Controllo delle Malattie
La figura riportata sopra riporta l'incremento della mortalità registrato in un campione di città del Nord Italia suddiviso per diverse classi d'età (85+, 75-84 e 65-74) . Rispetto alla settimana scorsa è stato aggiunto un dato in più e, aldilà delle fluttuazioni statistiche, non sembra che ci siano evidenze di un andamento temporale diverso per le diverse classi di età. Si conferma comunque la tendenza ad una riduzione dell'eccesso di mortalità a conferma del fatto che l'epidemia è stata almeno contenuta. Solo nelle prossime settimane potremo vedere se gli effetti dell'epidemia si sono completamente esauriti o se ci saranno strascichi a medio termine.

© Ministero della Salute e Centro Nazionale Prevenzione e Controllo delle Malattie
Questa figura è nuova e  mostra  l'eccesso cumulato di mortalità registrato in alcune città campione. Il caso di Brescia è noto, ma anche Aosta presenta valori molto elevati. Venezia e Verona si confermano, all'interno del campione, come le città del Nord che hanno subito gli effetti meno duri. La città di Trento si colloca, al momento, appena sotto Bolzano e Torino, a circa metà strada tra Venezia e Milano.

© Ministero della Salute e Centro Nazionale Prevenzione e Controllo delle Malattie
Questa figura è molto interessante e ci fa vedere dove sono avvenuti i decessi in più rispetto alla media (barre verdi per gli ospedali, barre giallo ocra per i decessi extra ospedalieri, quindi abitazioni private ed RSA). Viene sfatata - solo per le città campione ovviamente - la congettura che i decessi al di fuori degli ospedali fossero molti di più rispetto a quelli in ambito ospedaliero. Qualsiasi dato che localmente dovesse discostarsi sensibilmnete dall'andamento mostrato in figura dovrebbe essere oggetto di una accurata indagine.

© Ministero della Salute e Centro Nazionale Prevenzione e Controllo delle Malattie
Ecco qui sopra la tabella con i dati relativi alle città campione. Dall'inizio dell'epidemia fino al giorno 14 aprile la Città di Trento mostrava un eccesso di decessi pari a 61 unità, il 50% in più rispetto al dato atteso (media degli anni precedenti). Alla stessa data, il numero di decessi registrati a Trento come dovuti a Covid-19 sono stati 32 (fonte dati: APSS di Trento). Il tipo di analisi descritto nel documento è stato fatto solo per alcune città, ma la metodologia di analisi è abbastanza semplice e potrebbe essere ripetuta non certo per i piccoli comuni, ma certamente per aggregati più ampi come potrebbero essere, ad esempio, le Comunità di Valle.

Riassumendo, nel solo Comune di Trento 61 morti in più secondo  dati dell'Anagrafe e 32 decesi per Covid-19 secondo i dati APSS. La diffrenza da dove viene? Quanti sono stati i decessi in più registrati nelle RSA della Città di Trento rispetto alla media degli anni precedenti? Ah saperlo!

Confrontiamo il Trentino con 5 Province vicine

Scavando tra la base dati della Protezione Civile Nazionale ho estratto un po' di dati che ci possono aiutare a capire come sia posizionato il Trentino rispetto a cinque Province vicine. Per il confronto ho scelto Bolzano, Vicenza, Verona, Brescia e Mantova (in pratica quasi tutta l'A22 + Brescia). I dati sono quelli relativi ai contagi rilevati ufficialmente. Sappiamo che questi numeri sono largamente sottostimati rispetto al valore vero a causa della difficoltà di contare asintomatici e paucisintomatici. Inoltre i dati per il Trentino comunicati  a livello nazionale sono sistematicamente inferiori rispetto a quelli comunicati nelle conferenza stampa serali della PAT. Sulle discordanze esistenti all'ìnterno dei dati trentini vi ho già riferito, ma apparentemente la cosa non interessa molto ai vertici della APSS di Trento.

Il grafico che vi mostro è un po' diverso rispetto a quelli a cui siamo ormai abituati. La rappresentazione che usiamo oggi è quella che viene solitamenmte utilizzata quando si vuole confrontare la progressione della pandemia in territori diversi, anche nel caso in cui ci sia un andamento temporale differenziato nel tempo. In pratica si rappresenta il numero dei nuovi contagi giornalieri in funzione del numero complessivo dei contagi. Ambedue le quantità sono normalizzate, ovvero sono riferite ad un campione di 10.000 abitanti per tener conto delle diverse popolazioni presenti nei territori considerati. Con questo tipo di grafico, ci aspettiamo di vedere una curva che parte dall'origine, inizialmente sale in modo più o meno simile per tutti i territori e poi piega verso il basso, più o meno rapidamente in modo inversamente proporzionale alla gravità dell'epidemia. I diversi andamenti ci permettono di capire con un semplice colpo d'occhio analogie e differenze registate a livello territoriale.

La figura che si ottiene è la seguente:
I dati sono filtrati con una media mobile a quattro giorni per ridurre le fluttuazioni
Se il groviglio di curve vi spaventa non preoccupatevi: la cosa è molto più semplice di quanto possiate immaginare. Partiamo dalla provincia di Brescia (linea blu), notoriamente uno dei punti dove l'epidemia lombarda ha toccato i livelli più tragici. Non a caso la linea blu è quella che sale più in alto e sta puntando verso l'estremo destro del grafico (in pratica più contagi giornalieri e più contagi totali). Dalla parte opposta abbiamo la provincia di Vicenza (linea verde). Corrisponde alla situazione meno grave: sfiora di poco il livello massimo di un nuovo contagio giornaliero per ogni 10.000 abitanti e subito dopo scende. Al momento osserviamo che, al netto delle oscillazioni, siamo intorno al livello di 0,5 casi per ogni 10.000 abitanti. Tra Vicenza (a sinistra) e Brescia (a destra) troviamo tutta una serie di situazioni intermedie. Notiamo che la provincia Autonoma di Bolzano (linea nera) mostra un andamento molto simile alla Provincia di Verona (linea grigia). Ci sono grosse fluttuazioni, ma le due curve ci appaiono largamente sovrapposte. Analogo discorso, ma con valori decisamente peggiori, si può fare per la provincia Autonoma di Trento (linea rossa) e per la lombarda Provincia di Mantova (linea ocra). Ambedue le curve raggiungono un valore massimo compreso tra 2 e 2,5 nuovi contagi x 10.000 abitanti e sono decisamente più staccati sulla destra come linea di tendenza finale rispetto alla coppia Verona/Bolzano.

Si potrebbe andare ancora avanti perché sappiamo che la media provinciale del Trentino è in realtà la sintesi di un territorio spaccato in due con alcune Valli attestate su livelli molto alti, ed altre vicine alla media veneta. Bisogna tener conto però che quando si disaggregano i dati si perde molto del cosiddetto rapporto segnale/rumore, ovvero le fluttuazioni statistiche dei dati possono diventare molto significative e possono rendere i dati poco leggibili.

Morale della favola? Anche questa analisi conferma che la situazione del Trentino è senz'altro la più compromesse di tutto il  Nord Est. Sento dire che saremmo pronti alla Fase 2 già dal prossimo 27 aprile. Francamente non mi sento molto tranquillo, sopprattutto se anche nella Fase 2 le strategie saranno decise dagli stessi generali che ci hanno ridotto in queste condizioni!


giovedì 23 aprile 2020

Segnalazione: Nature Medicine pubblica un interessante modello matematico dell'epidemia in Italia

La Dr.ssa Giulia Giordano, ricercatrice del Dipartimento di Ingegneria  Industriale dell'Università di Trento è prima firmataria di un interessante articolo apparso sulla prestigiosa rivista Nature Medicine:


L'articolo è il frutto di una collaborazione scientifica che coinvologe alcuni dei centri di ricerca italiani più prestigiosi ed è un vero piacere, non solo per me, vedere che anche in questa occasione l'Università di Trento ha saputo dare un contributo molto significativo. 

L'articolo presenta un modello matematico dell'epidemia, molto utile per quantificare l'effetto del lockdown e anche per valutare gli strumenti che sono necessari per passare alla cosiddetta Fase 2 senza fare troppi danni in termini di vite umane. Un articolo molto chiaro, anche se richiede conoscenze matematiche molto più approfondite rispetto al livello elementare usato in alcuni dei miei post. Ne consiglio comunque la lettura anche a chi, senza cercare di capire gli aspetti per così dire piu "tecnici", volesse farsi una idea delle complesse relazioni esistenti tra diverse categorie di persone che condizionano lo sviluppo della epidemia.

Idee per il riavvio. Elogio della Flessibilità

Noi dobbiamo definire gli obiettivi,
analizzare le risorse disponibili, programmare
le azioni da fare e verificare l’attuazione del crono-programma.
Tuttavia, quando ti ritrovi con gli alligatori attaccati al c..o è
difficile ricordare che il tuo obiettivo era quello di svuotare la palude!


Il concetto di programmazione flessibile può apparire quasi un ossimoro, almeno per chi concepisce l’idea della programmazione in stile “vecchia Unione Sovietica”. E in questo momento in cui tanti si stanno ponendo il problema di come affrontare la cosiddetta “Fase 2” di programmi in stile vecchia Unione Sovietica se ne stanno vedendo già un certo numero. Ed è paradossale osservare che molti di questi programmi vecchio stile siano proposti da soggetti che si dichiarano “liberisti” e pensano (si illudono) di tornare al Mondo di prima, come se questa esperienza fosse solo un brutto sogno da dimenticare al più presto. Altri sono più fantasiosi. C’è qualcuno che già si dichiara avviato verso la “Fase 3”, ma nessuno sa cosa sia esattamente. A me sembra il riciclo della vecchia idea di “lanciare il cuore oltre l’ostacolo!”. I più flessibili di tutti se ne fregano di pianificare alcunché e vanno avanti ispirati dall’italico motto “io speriamo che me la cavo!”, pensando di cavarsela dando a qualcun altro la colpa dei disastri che saranno causati dalla loro leggerezza. Insomma una vera e propria Babele in cui è difficile capire esattamente cosa fare e quasi siano i vincoli esterni da soddisfare.

Qui di seguito ho provato a raccogliere alcune riflessioni che certamente non coprono in maniera esaustiva le molte sfaccettature dei problemi che saremo chiamati ad affrontare. Consideratele come un contributo, parziale e ancora molto grezzo, al dibattito che ci impegnerà nel corso dei prossimi mesi.

Nessuno in questo momento può dirci quale sarà l’evoluzione futura della pandemia di Covid-19. Questo è un dato di fatto e non c’è bisogno che ripeta qui le motivazioni per le quali il cosiddetto “consenso scientifico” ha bisogno di tempo per consolidarsi. Andiamo da scenari disastrosi come quelli descritti in uno studio che vi ho segnalato qualche giorno fa, alle previsioni più ottimistiche che parlano di un indebolimento della letalità di Covid-19 o della quasi certa messa a disposizione di un vaccino in tempi molto brevi. In mezzo troviamo le posizioni di chi pensa che la Pandemia potrebbe avere un comportamento di tipo “carsico”, ovvero potrebbe sparire per alcuni mesi, salvo riaffiorare con rinnovata intensità tra uno o più semestri. Per farla breve, chi deve fare programmazione non ha, al momento, uno scenario di riferimento consolidato. Il primo elemento di flessibilità che viene richiesto è dunque quello di rendere il sistema sufficientemente reattivo per adattarsi alle possibili variazioni del quadro pandemico. Sposare una delle ipotesi di evoluzione dell’epidemia e definire i nostri programmi prendendo quell’ipotesi per buona, sarebbe un grave errore. D’altra parte, di fronte al dubbio la reazione non può neppure essere quella di bloccare qualsiasi decisione sine die, in attesa che il consenso scientifico si consolidi. Oggi i danni dell’inazione sono ormai confrontabili se non superiori rispetto ai danni dell’epidemia. Bisogna quindi fare delle scelte sulla base delle informazioni disponibili oggi, sapendo che dovremo rivederle in futuro sulla base dell’evoluzione dell’epidemia.

Per essere flessibili e reattivi bisogna sapere esattamente cosa sta succedendo. Se le informazioni di cui disponiamo sono incomplete, confuse e arrivano in ritardo la probabilità di adottare con successo un sistema di programmazione flessibile si riducono al lumicino. Anzi potremmo fare danni ancora maggiori specialmente se le risposte arriveranno con troppo ritardo. Potrebbe succedere, su una scala molto più ampia e complessa, quello che succede in taluni circuiti elettronici quando si sbaglia il cosiddetto “feed-back”. Il circuito elettronico “impazzisce” e satura, oppure oscilla tra un estremo all’altro. Qualche volta si vede un filo di fumo ed il problema finisce lì. Ma quando abbiamo a che fare con gli esseri umani, l’approccio non può essere quello di un tavolo da laboratorio di elettronica.

Bisogna mantenere e valorizzare le esperienze di flessibilità che l’emergenza ci ha fatto conoscere. In un post di qualche giorno fa ho brevemente discusso del ruolo che la didattica a distanza potrebbe assumere anche dopo il ritorno alla “normalità”. Lo stesso si potrebbe dire per le esperienze di lavoro a distanza che hanno coinvolto milioni di persone in tutta Italia. In un mese siamo stati costretti a fare un salto che, in condizioni pre-Covid, avrebbe richiesto molti anni. Non tutte le esperienze sono state positive. Ci siamo resi conto che disporre di una vera “banda larga” non è un lusso, ma è ormai una necessità primaria. Abbiamo verificato i limiti delle tecnologie attuali che ci rendono dipendenti da multinazionali americane o cinesi, a cui regaliamo quotidianamente i nostri dati e le nostre informazioni riservate (incluse le nostre conversazioni), salvo poi preoccuparci per la privacy quando ci chiedono di installare una app per il tracciamento dei nuovi focolai di infezione. Insomma problemi ce ne sono tanti e lungi da me sostenere che le attività a distanza sostituiranno quelle frontali. Tuttavia, se opportunamente valorizzate, potrebbero utilmente integrarsi con le attività frontali, riducendo la mobilità delle persone con conseguenti miglioramenti in termini di maggiore tempo libero e riduzione dell’inquinamento atmosferico. Quindi qualcosa di utile da sviluppare e valorizzare, purché qualche irriducibile maschilista non pensi di utilizzare queste tecnologie per “rimandare le donne a casa, sia pure collegate a distanza per fare il loro consueto doppio lavoro”.

Ci deve essere anche flessibilità di scala. Devo questa osservazione ad un mio ex studente, il Dr. Fabrizio Merz che ringrazio. Fabrizio vive da 15 anni a Shanghai dove dirige una azienda collegata ad una Società italiana che ha sede a Brescia. Quindi un'esperienza irripetibile dell’impatto di Covid-19 sulle realtà industriali cinese ed italiana. Se qualcuno in Provincia provasse a chiamarlo per sentire il suo pensiero sull’argomento, non sarebbe tempo buttato. Come mi spiega il Dr. Merz uno degli strumenti fondamentali per gestire la ripresa è basato sull'utilizzo di metodi di lockdown anche su scala molto ridotta (un quartiere cittadino o addirittura un blocco di abitazioni). Pensare a lockdown su scala regionale o nazionale ha senso solo quando l’epidemia sfugge di mano. Per evitare che questo accada bisogna, come già detto prima, disporre di dati accurati riguardo all’insorgenza di nuovi possibili focolai, monitorare gli spostamenti delle persone per avvisare subito i possibili contagiati, e applicare immediatamente misure di lockdown localizzate alle micro-zone dove l’epidemia ha incominciato a diffondersi. Poi in Cina, se pensate di fare i furbi e di non rispettare le regole vi sbattono in galera, ma questo è un altro discorso.

mercoledì 22 aprile 2020

Aggiornamento 22 aprile: da oggi andrà avanti con cadenza settimanale

Nota: considerato che l’epidemia è finalmente arrivata alla sua fase calante, d’ora in avanti gli aggiornamenti avranno cadenza settimanale, a meno che non si verifichino eventi che richiedano una particolare e immediata attenzione. Colgo l’occasione di questo aggiornamento per raccogliere in un unico documento diversi dati che consentono di capire meglio cosa sia successo in Trentino, anche in confronto rispetto ad altre realtà.

Partiamo dal dato sui tamponi fatti e sulla frazione di tamponi positivi. Il dato è aggregato su base settimanale per ridurre le fluttuazioni presenti nei dati giornalieri. La fonte dati è unica e fa riferimento all’archivio fornito dalla Protezione Civile Nazionale (PSN), su dati del Ministero della Salute. Considerate le incertezze associate ai dati forniti localmente ho preferito ricorrere ad una fonte unica, anche per garantire omogeneità nel confronto con altre realtà territoriali.

Per quanto riguarda il numeri di tamponi fatti, ho stimato il numero di tamponi effettivamente dedicati alla ricerca di nuovi positivi sottraendo al numero di tamponi che risulta dall’archivio PCN un numero pari a due volte il numero di persone che sono state classificate come dimesse/guarite. Fortunatamente questo numero sta crescendo rapidamente e se non si correggono i dati adeguatamente si rischia di introdurre errori sistematici significativi.

Qui sotto viene mostrato l’andamento del numero di tamponi fatti (sempre al netto di quelli fatti per il controllo dei guariti) per ogni 10.000 abitanti e la frazione di tamponi che sono risultati positivi. Il dato viene mostrato per Trentino, Alto Adige, Veneto e, in forma aggregata, per tutto il resto d’Italia. Va detto che il dato aggregato comprende al suo interno realtà molto diverse che vanno dalla Lombardia martoriata dall’epidemia fino alle regioni del Sud Italia che hanno registrato danni molto inferiori. Si tratta quindi di un valore che non è particolarmente significativo.



Dall’analisi delle figure risulta che, durante il mese di marzo (il periodo cruciale per l’espansione dell’epidemia, prima che il lockdown avesse effetto) il Trentino ha fatto più tamponi per abitante che nel resto d’Italia, ma molto meno rispetto a Veneto e Alto Adige. Sono le settimane durante le quali in Trentino si definiva “illogica” la richiesta dell’Ordine dei Medici di sottoporre a tampone tutto il personale sanitario. A partire dall’inizio di Aprile, il gap con Veneto e Alto Adige è stato colmato in termini di densità di tamponi somministrati, ma è significativo che la percentuale di tamponi positivi in Trentino sia ancora quasi doppia rispetto a Veneto e Alto Adige. Difficile dire se questo andamento sia dovuto a “serbatoi” dove l’epidemia era già dilagata (come circa la metà delle RSA trentine) o ad una maggiore diffusione dell’epidemia tra il resto della popolazione trentina. Quando finalmente sapremo cosa sia effettivamente successo nelle RSA potremo fare qualche valutazione di merito.

Completiamo l'analisi dell'andamento settimanale con il dato relativo ai decessi. Notiamo che durante le ultime due settimane prese in considerazione il numero dei decessi si è stabilizzato interrompendo la tendenza a scendere che aveva manifestato all'inizio Aprile. Qualche idea sulle possibili motivazioni la ho, ma aspetto di avere dati più completi prima di esprimermi.


Vediamo adesso il dato complessivo su contagi e decessi trentini disaggregato sulla base delle comunità di Valle. Qui la sorgente dati è APSS Trento, perché a livello nazionali non ci sono dati disaggregati a questo livello. I dati PCN sono usati per il riferimento ai valori medi di Veneto e Alto Adige. Con il passare del tempo si consolida ad una vera è propria divisione in due del territorio provinciale. Da una parte, le Comunità di Valle che hanno valori abbastanza vicini a quelli del Veneto (indicati dall’ellisse tratteggiata verde. Dall’altra, ben separate le sei comunità di Valle che hanno una densità di decessi confrontabile o superiore al valore medio della Lombardia (raggruppati dall’ellisse tratteggiata rossa. In mezzo, il valore medio del Trentino con Paganella, Rotaliana e Alta Valsugana. E qui torniamo al vecchio discorso di disaggregare i dati delle RSA per capire meglio cosa sia successo. Ma, come ben sapete, non ho ancora ricevuto le informazioni necessarie per fare questo lavoro.
Il grafico è stato corretto per tener conto dei decessi avvenuti negli ospedali veneti di pazienti provenienti dal Primiero


Torniamo un passo indietro per capire meglio come si collochi il Trentino rispetto alle altre regioni del Nord-Italia. I due grafici seguenti ce lo mostrano in modo abbastanza chiaro



Purtroppo siamo nelle prime posizioni di questa triste classifica, nettamente distanziati dal resto del Nord-Est. Poi c’è chi si accontenta di questi risultati e dichiara che sarebbe stato fatto tutto il possibile per proteggere la popolazione trentina dall’impatto dell’epidemia. Personalmente, credo proprio di no!


Concludiamo l’aggiornamento con il grafico dei nuovi contagi e dei decessi complessivi. Ho dovuto rivedere il semplice modello che utilizzavo per descrivere i dati perché la discesa dei nuovi contagi è molto più lenta di quanto potevamo ipotizzare due settimane fa. Ho provato a descrivere questi dati con un brutale modello a decadimento esponenziale (linea blu tratteggiata) che, al momento, fornisce un tempo di dimezzamento dei casi dell’ordine di due settimane. Forse, come dicevo prima, stiamo “svuotando” serbatoi di contagi che erano stati trascurati fino alla fine di marzo. Un’altra causa potrebbe essere legata alla consuetudine, ora rivista dopo la specifica richiesta dell’Ordine dei Medici, di lasciare i positivi non gravi in isolamento familiare, con elevata probabilità di contagiare i congiunti. Sono tutte questioni che andranno risolte prima di ripartire con le attività ancora sospese perché se si mescolano questi effetti con la comparsa di nuovi eventuali focolai legati alla fine del lockdown si rischia veramente grosso. Quello che sta succedendo attualmente lo vediamo anche (purtroppo) nella curva dei decessi. È partire dall’inizio di aprile, il dato dei decessi complessivi (punti rossi) mostra una chiara impennata e si stacca dalla linea rossa del modello. Impossibile al momento fornire una cifra attendibile per il numero totale di decessi che potremmo contare entro l’inizio dell’estate. Qualsiasi numero che vedo in giro per i decessi totali, così come per l’ipotetica data di “contagio zero” mi sembra più adatto per essere giocato al Lotto piuttosto che per essere preso in seria considerazione.


Il caos dei numeri rilasciati da APSS Trento

Per una volta non voglio parlarvi dei numeri relativi alle RSA trentine che ancora cerchiamo di capire, ma vorrei attirare la vostra attenzione sulle inconsistenze presenti nella base dati che viene aggiornata quotidianamente da APSS Trento. Parliamo di dati relativi ad una epidemia ed è chiaro che specialmente durante le fasi più acute del contagio ci possono essere stati errori di trascrizioni o ritardi nella segnalazioni dei dati. Di solito quando elaboro dati di questo tipo li sottopongo preliminarmente ad una analisi nello spazio delle frequenze per vedere se ci siano tracce di errori, manipolazioni o filtraggi. Ma per i dati forniti da APSS Trento non c'è bisogno di scomodare l'analisi di Fourier. Basta guardarli e munirsi di una semplice calcolatrice. 

Avere dati affidabili è condizione essenziale per fare analisi che non siano campate per aria ed anche per fare previsioni che abbiano un minimo di consistenza. Come pensiamo di monitorare la cosiddetta Fase 2 ed il possibile ritorno di fiamma dell'epidemia se non disponiamo di una base dati completa, aggiornata ed affidabile?

Ecco alcuni esempi che tutti voi potrete facilmente verificare. Partiamo dal dato relativo ai cosiddetti "dimessi". C'è una ambiguità tra i "dimessi" ed i "guariti" perché a volte si considerano solo coloro che sono stati dimessi dalle strutture ospedaliere, mentre con guariti si parla di coloro che sono "virologicamente negativi", ovvero sono stati per due volte negativi al test di presenza del virus. Solo la confusione tra questi due concetti potrebbe spiegare il crollo di dimessi registrato tra il 13 ed il 14 aprile (il numero complessivo dei dimessi può rimanere stabile, ma non può mai scendere!)
Andiamo poi a leggere la parte inziale del cruscotto dati che APSS Trento ci fornisce:
Secondo la tabella ci sarebbero attualmente 2549 persone positive, suddivise tra residenze private, RSA e ricoveri ospedalieri a vario livello di intensità. Provate a fare la somma 1668 + 530 + 237 + 17 + 38 = 2490, 59 in meno rispetto 2549. Se poi proviamo a sottrarre al numero del totale contagi (4254) il numero dei decessi (376) e dei dimessi (985) otterremmo un numero di attualmente positivi molto più alto 4254 - 376 - 985 = 2893!

Per cercare di capire qualcosa di più sono andato a vedere i dati che l'APSS di Trento comunica al Ministero della Salute e che vengono poi difffusi dalla Protezione Civile Nazionale:
Se confrontate i numeri nazionali con quelli del sito APSS di Trento si vede che almeno alcuni dei dati coincidono. Sono gli stessi i numeri dei decessi e dei ricoveri ospedalieri (nel dato nazionale ricoveri semplici e ad alta intensità vengono accorpati). Ma il numero totale dei contagi è inferiore: 3614 contro 4254. Immagino che la differenza sia dovuto al fatto che 3614 siano le persone sottoposte a tampone, mentre la differenza tra il numero locale e quello nazionale sia dovuta a coloro che sono stati posti in quarantena senza sottoporli a tampone perché molto probabilmnete contagiati da un convivente. Scelta che poteva avere un senso quando non c'era la possibilità di fare abbastanza tamponi, ma che oggi non ha molto più senso visto che usiamo solo una parte dei tamponi che si potrebbero fare. Comunque sarebbe bene che APSS Trento spiegasse come calcola i suoi dati prima di diffondere dati discordanti. Sempre dal sito nazionale si apprende che in Trentino ci sono (al 21 aprile) 1329 "dimessi/guariti". Confrontando il dato trentino dei "dimessi" che sono pari a 985 emerge una differenza di 344 persone che non saprei come classificare, forse sono guariti senza essere stati ricoverati, ma è solo una mia ipotesi. Notate che se calcolo 4254 - 376 - 1329 = 2549 ecco che appare magicamente il numero mostrato nella prima casella della tabella trentina.

Come vedete un bel rompicapo. Ma attenzione, non è solo una questione che può interessare ad un vecchio professore che passa il suo tempo con la matita rossa e blu a segnare gli errori degli altri. Queste incongruenze sono - a mio parere - il sintomo di una carenza nella gestione dei dati che andrebbe risolta con la massima urgenza. Se ci sono inconsistenze nei dati devono essere corrette e se non è possibile ricostruire i dati corretti deve essere spiegato perché. E se posso aggiungere un semplice consiglio, ci dovrebbe essere, analogamente a quanto fa la Protezione Civile Nazionale, un archivio in cui siano depositati tutti i documenti che l'APSS emette giornalmente. Attualmente cì sono  solo i "file del giorno" e se non vengono scaricati immediatamente dal giorno successivo non sono più disponibili. La fiducia dei cittadini si ottiene non solo con vuoti proclami di trasparenza, ma con la precisa e puntuale messa a disposizione delle informazioni sull'epidemia.