martedì 29 marzo 2022

Segnalazione da Nature: un semplice spray nasale contro tutte le varianti del SARS-CoV-2?

Dopo una lunga incubazione (il lavoro originale era stato sottoposto alla rivista il 14 maggio 2021) la rivista Nature ha pubblicato un articolo nel quale si discute l'effetto protettivo generato da una semplice molecola (chiamata N-0385) che riesce a bloccare l'ingresso del virus SARS-CoV-2 nelle cellule del polmone e di altri organi. Il farmaco può essere somministrato sotto forma di spray nasale e - almeno su cavie animali - ha dimostrato una elevata efficacia nel prevenire l'insorgenza delle complicanze più gravi. 

La sperimentazione su esseri umani è solo all'inizio, ma - se i risultati fin qui raggiunti saranno confermati - il nuovo farmaco potrebbe essere di grande aiuto per combattere la Covid-19, magari in combinazione con i nuovi antivirali che sono disponibili per combattere le infezioni più gravi.

La caratteristica importante del nuovo farmaco è quella di essere efficace per tutte le varianti del SARS-CoV-2. I dati presentati nel lavoro apparso su Nature non comprendono la risposta alla variante Omicron semplicemente perché questa variante è apparsa dopo la scrittura del manoscritto originale, ma i ricercatori hanno nel frattempo verificato che l'efficacia del farmaco non si riduce quando vengono trattate infezioni generate dalla variante Omicron. Questi risultati saranno oggetto di una futura pubblicazione.

lunedì 28 marzo 2022

Strane correlazioni

Un recente sondaggio realizzato da SWG analizza l'atteggiamento dei cittadini italiani rispetto all'invasione dell'Ucraina. Solo il 12% (circa 1 italiano su 8) giustifica la guerra scatenata da Putin, mentre il 71% la condanna senza esitazioni. La massima concentrazione dei sostenitori di Vladimir Putin si trova nel Nord-Est ed è costituita in maggioranza da cittadini di mezza età, politicamente orientati a destra. I risultati del sondaggio sono stati presentati in dettaglio da Il Dolomiti.

Il dato più interessante è certamente quello relativo alla correlazione esistente tra chi sostiene l'invasione russa e le opinioni espresse riguardo ad altre tematiche di interesse generale. In particolare, circa 1/3 di coloro che esprimono idee no-vax o negano l'esistenza di problemi ambientali si ritrovano a sostenere la guerra di Putin. In generale sembra che  costoro abbiano una certa tendenza ad esprimere idee "contro corrente".


 

Ma c'è un'altra chiave di lettura che potrebbe spiegare - sia pure parzialmente - questo tipo di atteggiamento. Vorrei ricordare che molti no-vax si sono per così dire "formati" sui social networks dove è stata fatta una vera e propria campagna di disinformazione rispetto alla pandemia ed ai vaccini. 

Molti dei siti che hanno alimentato questo flusso di fake news sono stati gestiti da fonti russe, le stesse che si sono da anni impegnate per diffondere l'immagine di Vladimir Putin "vero difensore dell'Europa e della fede cristiana". 

Durante questi anni, le stesse fonti si sono opposte in tutti i modi all'abbandono progressivo dei combustibili fossili (che avrebbe fatalmente ridotto il fruttuoso business legato alla vendita in Italia del gas e del petrolio russo).

Quindi - a mio avviso - non è un caso se 1/3 di chi ostenta idee no-vax o nega i problemi ambientali sia anche un sostenitore dell'aggressione dell'Ucraina. In fondo sono vittime della disinformazione proveniente dalle stesse fonti.

Uno studio israeliano sulla quarta dose vaccinale

Vi segnalo un lavoro sottomesso a Nature, ma non ancora approvato per la pubblicazione, nel quale viene analizzato l'effetto protettivo indotto dalla somministrazione di una quarta dose vaccinale. L'argomento è attualmente oggetto di grandi discussioni a livello scientifico. 

Per coloro che sono soggetti ad un rischio particolarmente elevato di contrarre gravi complicanze (grandi anziani e immunodepressi) molti concordano sull'opportunità di somministrare una ulteriore dose vaccinale (la cosiddetta quarta dose) entro 4-6 mesi dalla somministrazione della terza dose. 

Ci sono tuttavia visioni discordanti sulla strategia da utilizzare per coloro che - pur essendo anziani - hanno un'età non troppo elevata e godono di buone condizioni generali di salute. La scelta più drastica è stata quella adottata da Israele che ha suggerito di somministrare la quarta dose vaccinale a tutti coloro che hanno almeno 60 anni (ed anche alle persone più giovani che si trovano in condizioni di immunodepressione). L'Inghilterra ha alzato la soglia d'età a 75 anni, mentre l'Italia non ha ancora preso una decisione in merito, limitandosi a consigliare la quarta dose alle persone immunodepresse di qualsiasi età. Nota aggiunta il 29 marzo 2022: In data odierna la FDA americana ha esteso l'autorizzazione per la somministrazione di una quarta dose di vaccino ad mRNA (Moderna o Pfizer-BioNTech) a tutti i cittadini di età superiore ai 50 anni.

L'esperienza fatta in occasione del picco pandemico associato alla variante Omicron ha mostrato che una quarta dose vaccinale (che ricordiamolo è fatta con un vaccino ancora basato sul ceppo virale originale di Wuhan) non produce un incrementi apprezzabile della protezione rispetto a qualsiasi forma di contagio sintomatico (anche lieve). Questo ha spinto molti a suggerire che la somministrazione su larga scala della quarta dose vaccinale si possa rimandare al prossimo autunno, quando sarà disponibile la nuova generazione di vaccini aggiornati ai ceppi virali più recenti.

Il lavoro che vi segnalo è importante perché analizza l'incidenza della mortalità legata alla Covid-19 tra i cittadini israeliani over-60 che avevano ricevuto la quarta dose vaccinale, confrontandola con quella dei loro coetanei che si erano limitati a sole 3 dosi, con l'ultima vaccinazione fatta da almeno 120 giorni. Le misure sono state fatte in occasione del picco pandemico associato alla variante Omicron. Il risultato principale del lavoro è riassunto nella figura seguente:

Incidenza della mortalità cumulativa registrata tra coloro che hanno ricevuto 4 dosi vaccinali (linea azzurra) confrontata con il dato di coloro che avevano ricevuto solo 3 dosi. Il tempo 0 corrisponde alla data nella quale sono passati 120 giorni dalla somministrazione della terza dose.

In effetti si vede che che l’incidenza della mortalità è decisamente inferiore tra chi ha ricevuto 4 dosi vaccinali. Complessivamente lo studio ha analizzato i dati di poco più di mezzo milione di cittadini, con una età media pari a 73 anni. Ovviamente il dato è stato analizzato attentamente per tenere conto di molteplici fattori che possono influire sulla mortalità (età, genere, presenza di altre patologie, appartenenza a determinati gruppi sociale, ecc.).

Malgrado il numero elevato di soggetti che sono stati analizzati, lo studio non permette di stabilire quale potrebbe essere l'età oltre la quale sia effettivamente raccomandabile la somministrazione della quarta dose. C'è certamente un effetto protettivo, ma - a mio avviso - i dati presentati in questo studio non permettono di capire se un uso efficace e tempestivo dei trattamenti antivirali previsti per i contagiati ad alto rischio di gravi complicanze non consentirebbe di raggiungere una riduzione dei decessi superiore a quella ottenuta con la somministrazione diffusa della quarta dose vaccinale. Ulteriori studi sono necessari prima di poter trarre conclusioni sufficientemente dettagliate.

venerdì 25 marzo 2022

Aggiornamento sulla pandemia: una notizia buona ed altre meno buone

Considerati i tempi, ci accontentiamo di diffondere almeno una notizia buona: questa settimana - pur in presenza di un aumento dei contagi - la nuova ondata sembra avere raggiunto il suo massimo. Più di una vera e propria nuova ondata, sembra che abbiamo a che fare con una sorta di "rimbalzo pandemico". I contagi giornalieri sono tornati a sfiorare quota 100 mila, ma a giudicare dall'andamento della derivata logaritmica dei contagi sembra che ormai la spinta all'aumento si sia esaurita. Complice la primavera ormai arrivata, nel corso delle prossime settimane speriamo di assistere ad un nuovo calo dei contagi.

Nuovi contagi giornalieri (linea grigia) e loro valore medio stimato su base settimanale (linea blu)

 
Variazione percentuale dei contagi  misurata rispetto allo stesso giorno della settimana precedente. Il dato è - in prima approssimazione - proporzionale alla derivata logaritmica della curva dei contagi. Nel corso degli ultimi giorni, si nota che il valore è tornato verso lo 0, corrispondente ad un punto di massimo relativo nella curva dei contagi. Se la tendenza in atto sarà confermata nei prossimi giorni, dovremmo assistere ad un ritorno della derivata logaritmica in zona negativa, corrispondente ad un calo dei contagi

Purtroppo, i dati dei ricoveri - notoriamente in ritardo temporale rispetto alla curva dei contagi - hanno mostrato un aumento, corrispondente ad un passaggio in zona positiva della variazione percentuale dei ricoveri rispetto alla settimana precedente. Il dato relativo ai ricoveri complessivi mostra con chiarezza l'aumento, sia pure ancora abbastanza limitato in termini percentuali:

Variazione percentuale del numero di posti letto occupati nei reparti Covid degli ospedali italiani (somma di tutti i reparti), misurata rispetto alla settimana precedente. Il dato dell'ultima settimana mostra il passaggio in zona positiva, corrispondente ad un aumento del numero delle persone ricoverate

Se andiamo a vedere il numero di nuovi ricoveri nei reparti Covid di terapia intensiva, notiamo un andamento molto simile a quello registrato nel corso delle 3 settimane precedenti. Il dato ci dice che - almeno per il momento - l'aumento del numero di posti letto occupati non ha riguardato i posti di terapia intensiva.

Nuovi ricoveri settimanali nei reparti Covid di terapia intensiva. Il dato è normalizzato rispetto ad un campione di 100 mila abitanti. Nel corso delle ultime 4 settimane il dato è rimasto sostanzialmente stabile

Un dato interessante è quello che viene mostrato nel grafico seguente:

Andamento, su scala semilogaritmica, del numero di posti letto occupati nei reparti Covid di terapia intensiva (linea rossa) e numero totale dei ricoveri Covid (linea verde)

Alla fine del 2021, i posti letto occupati in terapia intensiva corrispondevano a circa il 10% del totale dei posti letto complessivi occupati nei reparti Covid. Attualmente, la percentuale è scesa poco sotto al 5% (le 2 curve rossa e verde del grafico precedente si sono allontanate). Questa è una chiara conferma del fatto che la nuova variante Omicron (e le sue diverse sottospecie) produce mediamente casi meno gravi rispetto alla precedente variante Delta.

Purtroppo anche il dato sui decessi mostra, dopo molte settimane di calo, un leggero aumento:

Numero dei decessi giornalieri normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti (linea grigia) e loro media stimata su base settimanale (linea rossa). Dopo 6 settimane di calo, nel corso dell'ultima settimana è stato osservato un leggero aumento dei decessi

Qui di seguito mostro il confronto tra l'andamento dei nuovi ricoveri settimanali in terapia intensiva ed il numero di decessi settimanali. Ambedue i dati sono normalizzati rispetto ad una campione di 100 mila abitanti. La scala verticale è logaritmica per facilitare il confronto tra le due curve su base percentuale.

Confronto tra l'andamento settimanale dei nuovi ricoveri nei reparti di terapia intensiva (linea blu) ed i decessi (linea rossa). Ambedue i valori sono normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti

Notiamo che durante gli ultimi due mesi dello scorso 2021 le due curve procedevano con un andamento sostanzialmente parallelo. Il numero dei decessi era leggermente superiore rispetto a quello dei ricoveri in terapia intensiva perché sappiamo che c'è una fascia di popolazione (grandi anziani, affetti da altre gravi patologie) che non viene ricoverata in terapia intensiva anche se affetta da forme gravissime di Covid-19. Le loro condizioni generali di salute sono tali da escludere che possano trarre un qualche beneficio da un eventuale trattamento con i sistemi di ventilazione forzata. D'altra parte, molte delle persone ricoverate in terapia intensiva si possono salvare grazie alle cure mediche ricevute e quindi - anche a fine 2021 - una parte significativa dei decessi avveniva tra persone che non erano mai state ricoverate in terapia intensiva

Notiamo che da circa metà gennaio in poi (più o meno in corrispondenza con il valore massimo dei contagi), le 2 curve hanno iniziato ad allontanarsi. Ci sono diverse spiegazioni che possono essere invocate per giustificare questo andamento:

  1. C'è senz'altro un effetto di ritardo temporale: una parte dei decessi registrati da metà gennaio in poi può essere legato a "lungo-degenti" che hanno contratto il contagio a fine 2021 e sono deceduti dopo un lungo ricovero in ospedale (sono quelli che gli inglesi escludono dalle loro statistiche quando il decesso interviene dopo più di 4 settimane dal primo tampone positivo).
  2. Da metà gennaio in poi, ci potrebbe essere una maggiore incidenza dei decessi tra "grandi anziani" o persone fragili che difficilmente vengono ricoverate nei reparti di terapia intensiva. Questo fenomeno potrebbe essere legato ad un calo della protezione garantita dai vaccini dovuto al tempo trascorso dopo la somministrazione dell'ultima dose vaccinale.
  3. Potrebbe essere un effetto legato ai trattamenti preventivi somministrati ai soggetti a rischio di gravi complicanze, utilizzando i nuovi antivirali che finalmente sono diventati disponibili anche in Italia.
  4. Potrebbe dipendere, almeno in parte, dalle caratteristiche del nuovo ceppo virale dominante.
Al momento non abbiamo dati sufficienti per valutare l'incidenza di queste o altre possibili cause, ma si tratta di un fenomeno statisticamente significativo che meriterebbe un ulteriore approfondimento.

In conclusione, se i dati dell'ultima settimana saranno confermati nel corso dei prossimi giorni, possiamo ragionevolmente sperare che il recente aumento dei contagi sia destinato ad esaurirsi e non produca un sostanziale aggravamento della situazione ospedaliera, specialmente per quanto riguarda i ricoveri nei reparti Covid di terapia intensiva. Il dato dei decessi è ancora relativamente alto e sembra aver (speriamo solo temporaneamente) arrestato il suo declino. 

Stando così le cose, l'ipotesi di somministrare su vasta scala una quarta dose vaccinale potrebbe essere ragionevolmente archiviata, almeno fino al prossimo autunno. Un discorso diverso andrà  fatto per i soggetti più anziani e fragili per i quali - forse - la somministrazione di una quarta dose vaccinale potrebbe essere opportuna già adesso.

mercoledì 23 marzo 2022

Sanificare l'aria degli ambienti chiusi con la radiazione far-UVC (222 nm)

Un lavoro apparso sulla rivista Scientific Reports descrive il funzionamento di un sistema per la sanificazione dell'aria basato sulla radiazione alla lunghezza d'onda di 222 nm (far-UVC). Questo tipo di radiazione, pur essendo letale per virus e batteri, non produce danni particolarmente rilevanti negli esseri umani (pur non essendo totalmente innocua, soprattutto se le sorgenti di radiazione non sono opportunamente filtrate per rimuovere eventuali code di radiazione a lunghezze d'onda maggiori) e quindi può essere utilizzata con precauzioni decisamente inferiori rispetto a quelle adottate quando si utilizza  la radiazione UVC (compresa tra 250 e 280 nm) che è quella solitamente utilizzata a scopo germicida. Questo semplifica la struttura dei dispositivi utilizzati per la sanificazione dell'aria.

Questo lavoro non riporta novità di particolare rilievo, ma è il primo nel quale si studia l'utilizzo della radiazione a 222 nm su grandi volumi. I risultati sono molto incoraggianti perché dimostrano l'elevata efficacia dei sistemi di sanificazione basati sulla radiazione far-UVC.

Aldilà dei problemi specifici legati alla pandemia di Covid-19, la ventilazione forzata e la sanificazione dell'aria sono fondamentali per migliorare la qualità dell'aria negli spazi chiusi, eliminando qualsiasi forma di virus o batterio che si trasmette per via aerea. Si tratta quindi di una tematica legata alla salute pubblica, di grande rilevanza non solo per ambienti critici come ospedali o case di riposo, ma anche per numerosi spazi pubblici come, ad esempio, aule scolastiche, uffici, negozi e - in generale - qualsiasi luogo chiuso dove soggiorni una elevata densità di persone.

In occasione della pandemia, anche in Italia sono state avviate alcune interessanti sperimentazioni dedicate al tema della circolazione e sanificazione dell'aria in ambienti chiusi (in particolare nelle aule scolastiche). Si tratta di sperimentazioni ancora limitate, ma i primi risultati sembrano andare nella giusta direzione. I (pochi) investimenti fatti si sono rivelati decisamente più fruttuosi rispetto a quelli dilapidati per acquistare i famosi banchi a rotelle.

Come ho già scritto in precedenti post, sono sorpreso che in Trentino non si sia fatto nulla: il Trentino possiede tutte le competenze necessarie per sviluppare un progetto ambizioso la cui utilità andrebbe oltre all'emergenza Covid. Peccato che manchi la consapevolezza del problema e l’ambizione di fare qualcosa di veramente utile.

venerdì 18 marzo 2022

Guerra e pandemia: chiodo scaccia chiodo?

Di fronte alle tragiche notizie che arrivano dall'Ucraina martoriata dall'esercito russo anche la pandemia diventa, a livello dell'opinione pubblica, un evento quasi "normale e tutto sommato accettabile". Poco importa se le conseguenze sanitarie della pandemia - pur essendo attualmente in calo - sono ancora molto gravi. C'è la forte speranza che l'ormai imminente buona stagione possa rimettere le cose a posto e poco importa se nel corso delle ultimissime settimane stiamo assistendo ad un nuovo importante incremento dei contagi.

Il mantra che sentiamo ripetere è che la stragrande maggioranza dei casi sono poco più che banali raffreddori e che i contagi veramente gravi sono percentualmente pochi. Vero, ma se i contagi salgono, fatalmente aumenteranno anche i casi gravi. 

Il Governo nazionale ha scelto di smantellare tutte le barriere fin qui poste per cercare di limitare la circolazione virale. La decisione ha una motivazione squisitamente politica che si può condividere oppure no, ma ha una sua logica che mi permetto di riassumere così:

"Con l'avvento dei vaccini, chi lo voleva ha avuto l'ampia possibilità di ricevere una forte protezione, almeno rispetto ai casi di contagio più grave. I casi di ricovero e di decesso che riguardano persone che non siano molto anziane e affette da altre gravi patologie riguardano quasi esclusivamente non vaccinati che hanno fatto le loro scelte e non potranno certamente lamentarsi se ne sconteranno le conseguenze. A questo punto, tanto vale allentare ogni forma di contenimento della circolazione virale: per i vaccinati in buone condizioni generali di salute un eventuale contagio non produrrà gravi conseguenze, funzionando al massimo come una sorta di  "quarta dose". Per le persone più a rischio (e solo per loro) si valuterà se somministrare una ulteriore dose di vaccino, analogamente a quanto fatto in Israele o in Gran Bretagna. Per tutti gli altri, vedremo cosa fare dopo che sarà passata l'estate".

Credo che le tragiche notizie di guerra abbiano contribuito ad accelerare questa scelta. In fondo nessuno può resistere allo stress generato da troppi fattori concomitanti: pandemia, paura della guerra e dei missili nucleari di Putin, preoccupazioni legate all'inflazione e alla scarsità di energia e materie prime. Mancano solo le cavallette e l’intero armamentario delle piaghe bibliche è stato sfoderato. 

Meglio dunque narrare che la pandemia si sta ormai esaurendo e che i reparti Covid degli ospedali si stanno irreversibilmente svuotando. Gli italiani hanno già troppi guai a cui pensare senza che debbano continuare a preoccuparsi della pandemia.

Ma le cose - dal punto di vista scientifico - stanno esattamente così?

Lungi da me la voglia di esercitare il ruolo della Cassandra, ma siccome questo sito ha sempre cercato di analizzare i numeri così come sono, aldilà degli auspici dei politici, credo che valga la pena di effettuare una sintetica analisi dei dati per cercare di capire quanto siano fondate le aspettative per un declino (speriamo irreversibile) della pandemia.

Per fare questa analisi partiamo dai dati inglesi ed, in particolare, da quelli relativi alla cosiddetta "Grande Londra", circa 9 milioni di abitanti che vivono nella capitale inglese e nelle aree immediatamente circostanti. Questi dati sono molto importanti, sia per l'elevata qualità del sistema statistico che li raccoglie e li analizza, sia soprattutto perché Londra ha fin qui anticipato di alcune settimane (rispetto all'Europa continentale) i fenomeni legati alla diffusione di tutte le principali varianti virali. Si tratta quindi di un osservatorio privilegiato, soprattutto oggi perché, già da alcune settimane, l'Inghilterra ha eliminato qualsiasi forma di contenimento della circolazione virale, anticipando di fatto l'approccio che recentemente  è stato adottato anche dal Governo italiano.

Non mi dilungo sui dati dei contagi che hanno un senso limitato (dipendono dalla quantità e dalla qualità dei tamponi fatti). Anche i dati sui decessi non sono molto affidabili, perché si possono usare criteri molto diversi per conteggiarli e questo rende difficile fare confronti diretti. I dati sui ricoveri sono molto più omogenei ed interessanti anche  se - lo ricordo - in Inghilterra si considerano come pazienti Covid  ricoverati in terapia intensiva solo coloro che sono intubati. 

Preferisco concentrarmi sui dati dei ricoveri ospedalieri perché questi ci danno una misura diretta dell'impatto della pandemia sul sistema sanitario. Ricordo che quando i ricoveri salgono oltre ad una certa soglia, si riducono fatalmente le possibilità di curare tutte le altre patologie, con un grave impatto sulla sanità pubblica. In altre parole, possiamo parlare di pandemia "finita" solo se i reparti Covid sono vuoti.

Partiamo dal dato dei nuovi ricoveri ospedalieri nei reparti Covid degli ospedali della Grande Londra. Da oltre 2 settimane si nota una significativa tendenza all'aumento, segno che la crescita dei contagi non comporta solo l’insorgenza di casi lievi. Attualmente siamo su un livello circa doppio rispetto allo scorso novembre (quando circolava la variante Delta), con una ulteriore tendenza a crescere:

Nuovi ricoveri giornalieri nei reparti Covid degli ospedali londinesi. Elaborato su dati London Datastore. L'aumento registrato nel corso delle ultime 3 settimane è evidenziato in rosso
 

Se consideriamo il numero complessivo di persone ricoverate nei reparti Covid degli ospedali londinesi si nota un ritardo di circa 1 settimana rispetto alla curva dei nuovi ricoveri, ma gli andamenti sono abbastanza simili. Attualmente ci sono circa 2 mila posti letto occupati, circa il doppio rispetto al livello osservato durante lo scorso mese di novembre:

Posti letto occupati nei reparti Covid degli ospedali londinesi. Elaborato su dati London Datastore. L'aumento registrato nel corso delle ultime 2 settimane è evidenziato in rosso

L'aumento recente può essere collegato con la diffusione del ceppo Omicron BA.2, ma ci potrebbe essere anche un effetto legato al comportamento delle persone, poco inclini ad adottare comportamenti prudenziali che ormai non sono più imposti per legge, ma sono lasciati alla decisione dei singoli.

Il dato sulle terapie intensive è - a mio avviso - particolarmente interessante. Benché, durante questo primo scorcio del 2022, il dato dei ricoveri complessivi sia stato sempre al di sopra dei livelli registrati nel novembre 2021 (quando circolava Delta), dall'inizio di febbraio in poi i ricoveri in terapia intensiva erano scesi sotto al livello dello scorso novembre. Questo ci conforta perché conferma la minore aggressività della variante Omicron. 

Purtroppo, nel corso dell'ultima settimana anche il dato sui ricoveri in terapia intensiva mostra una tendenza al rialzo, meno marcata rispetto a quella dei ricoveri complessivi, ma potrebbe trattarsi solo di un ritardo temporale (ci vuole mediamente una settimana prima che le condizioni dei pazienti si aggravino costringendoli a ricorrere alle cure dei reparti di terapia intensiva).

Pazienti ricoverati nei reparti Covid di terapia intensiva degli ospedali londinesi (solo i pazienti collegati al respiratore). Elaborato su dati London Datastore. L'aumento registrato nel corso dell'ultima settimana è cerchiato in blu

Tenuto conto della popolazione, i circa 2 mila ricoveri Covid (di cui circa 100 corrispondenti a paziento intubati) degli ospedali londinesi, corrisponderebbero a circa  13.500 ricoveri Covid in Italia (di cui 650 intubati). I numeri attuali dell'Italia sono poco meno di 9 mila ricoverati, di cui poco meno di 500 in terapia intensiva (non sappiamo quanti di questi siano intubati). La situazione degli ospedali inglesi è quindi significativamente più grave rispetto alla media italiana, con una tendenza verso un ulteriore peggioramento.

Attualmente in Italia ci viene ripetuto che i reparti Covid degli ospedali si stanno progressivamente svuotando. In realtà se osserviamo bene i dati si nota che il calo dei ricoveri si sta ormai esaurendo: non siamo in una fase di risalita come a Londra, ma potrebbe essere solo una questione di tempo. 

Variazione percentuale del numero dei posti letto occupati nei reparti Covid degli ospedali italiani. Il dato è calcolato rispetto alla settimana precedente. Il valore stimato durante l'ultima settimana (cerchiato in colore blu) evidenzia che il calo dei ricoveri si è quasi esaurito

 
Nuovi ricoveri settimanali nei reparti Covid di terapia intensiva degli ospedali italiani. Il dato è normalizzato rispetto ad un campione di 100 mila abitanti. Durante le ultime 3 settimane il livello dei nuovi ricoveri (evidenziato con la linea rossa) è rimasto pressoché stabile

Non è detto - vorrei metterlo in evidenza - che anche in Italia si debba per forza osservare una risalita dei ricoveri uguale a quella che sta avvenendo a Londra. Nel caso più fortunato potremmo limitarci ad una temporanea stabilizzazione del livello dei ricoveri: se la primavera porterà ad una sostanziale riduzione delle attività al chiuso (soprattutto bar e ristoranti) forse riusciremo a limitare i danni. Ma si tratta solo di una speranza, tutta da verificare.

Quindi "forza Primavera", poi a settembre penseremo a cosa fare. Augurandoci naturalmente che termini al più presto il massacro della popolazione dell'Ucraina e che svaniscano le cupe minacce nucleari dell'autocrate moscovita.

venerdì 11 marzo 2022

Segnalazione da The Lancet: la pandemia potrebbe aver causato oltre 18 milioni di morti a livello mondiale

La rivista The Lancet pubblica uno studio nel quale - per la prima volta - si cerca di stimare quanti potrebbero essere stati i decessi in più registrati negli anni 2020 e 2021 rispetto agli anni precedenti alla pandemia. 

Si tratta di una analisi di tipo statistico che abbiamo già discusso nel caso specifico dell'Italia, grazie ai dati elaborati dall'ISTAT. In questo studio, viene fatta una analisi a livello mondiale che, al netto di possibili errori legati soprattutto al reperimento di dati affidabili sull'andamento demografico dei diversi Paesi, fornisce un quadro decisamente più fosco rispetto a quanto atteso: a fronte di un numero di decessi Covid che - per il biennio 2020-2021 - sono ufficialmente stati poco meno di 6 milioni (pari a circa 39 decessi all'anno per ogni 100 mila abitanti), il numero di morti in eccesso stimato rispetto all'andamento medio degli anni pre-pandemia è stato pari a oltre 18 milioni, corrispondenti ad una media di 120 decessi in più all'anno per ogni 100 mila abitanti). Ricordo che lo studio fornisce la media dell'eccesso di mortalità calcolata nei 2 anni 2020 e 2021 anche se sappiamo che l'andamento non è stato lo stesso nell'arco dei 2 anni considerati.

A livello mondiale, si trovano Paesi che hanno registrato un eccesso di mortalità prossimo allo 0 (o addirittura negativo), mentre in altri Paesi si è raggiunto un livello di morti in più pari a circa 500 casi all'anno per ogni 100 mila abitanti. 

Il dato calcolato per l'Italia è stimato per eccesso. Lo studio parla di una media di 225 decessi in più all'anno per ogni 100 mila abitanti, ma i dati ISTAT - molto più accurati - ci dicono che l'eccesso è stato pari a circa 170 casi per 100 mila abitanti nel 2020, sceso a 105 casi per 100 mila abitanti nel 2021. Per avere un'idea più concreta dell'impatto della pandemia, ricordo che nel quinquennio 2015-2019 l'Italia ha registrato mediamente circa 1.150 decessi annuali (per qualsiasi tipo di causa) per ogni 100 mila abitanti.

Lo studio presenta i dati per i diversi Paesi ed, in alcuni casi, presenta anche i dati disaggregati su base regionale (che - personalmente - ritengo siano affetti, almeno per l'Italia, da grossolani errori sistematici). Pur con le dovute cautele, si osservano alcuni andamenti particolarmente interessanti. Ad esempio:

  1. L'Irlanda - che è il Paese europeo con la popolazione più giovane - ha registrato nel biennio 2020-2021 circa 63 decessi Covid per ogni 100 mila abitanti. Ma se si va a vedere l'eccesso di mortalità rispetto agli anni pre-pandemia, il dato scende a soli 12,5 decessi all'anno per ogni 100 mila abitanti. Questo dato può essere interpretato considerando che, grazie all'alta densità di giovani, il sistema sanitario irlandese non sia mai stato messo in grosse difficoltà dalla pandemia e che la maggior parte dei decessi Covid riguardasse persone che - per l'età e/o per la presenza di altre patologie - fossero già in condizioni di salute abbastanza critiche, tali da poterne provocare il decesso entro pochi mesi anche in assenza del contagio.
  2. Un andamento analogo si osserva, ad esempio, in Norvegia: 12,8 decessi Covid ufficiali per ogni 100 mila abitanti che si riducono a 7,2 decessi in eccesso per ogni 100 mila abitanti. Il periodo di riferimento è sempre quello del biennio 2020-2021. Il livello di decessi in più nella vicina Svezia è stato circa 13 volte superiore.
  3. A livello internazionale, i Paesi asiatici ad alto reddito (Giappone, Brunei, Singapore e Corea del Sud) sono tra quelli meno colpiti dalla pandemia: 6,8 decessi Covid ufficiali per ogni 100 mila abitanti, che diventano 30,9 decessi per ogni 100 mila abitanti se si considera l'eccesso di mortalità.
  4. Australia e Nuova Zelanda, grazie al loro relativo isolamento e alla adozione di rigidissime politiche di contenimento della circolazione virale, hanno avuto pochissimi decessi Covid (circa 4 per ogni 100 mila abitanti), mentre si osserva addirittura un calo della mortalità generale. I decessi in questi 2 Paesi sono diminuiti di circa 40 casi all'anno per ogni 100 mila abitanti, probabilmente grazie alle politiche di contenimento della circolazione virale che hanno limitato la diffusione non solo della Covid-19, ma anche di altre malattie a diffusione aerea.
  5. Un caso opposto è rappresentato dalla Bielorussia: appena 31,5 decessi "ufficiali" per ogni 100 mila abitanti, ma una mortalità in eccesso pari a 483 decessi per ogni 100 mila abitanti, uno dei valori più alti registrati a livello mondiale. Qui evidentemente, oltre alla mancata adozione di misure preventive, c'è stato anche un effetto legato al cattivo funzionamento del sistema sanitario, accompagnato da un vero e proprio occultamento del dato reale dei decessi.
  6. Nel caso della Russia, l'articolo riporta un numero di decessi Covid pari a circa 650 mila casi, ma in realtà il dato comunicato dalle Autorità di Mosca si ferma a circa 302 mila casi. La stima dell'eccesso di mortalità in Russia, riportata dall'articolo, supera il milione di casi (più di 3 volte il numero dei decessi Covid "ufficiali"). In termini di incidenza relativa, a fronte di un dato ufficiale pari a circa 105 decessi Covid all'anno per ogni 100 mila abitanti, il dato delle morti in eccesso arriva a 375 casi all'anno per ogni 100 mila abitanti.
  7. Anche l'India non scherza quando si confrontano i dati ufficiali con quelli dei decessi in eccesso. A fronte di 18 decessi ufficiali per ogni 100 mila abitanti, ci sono stati circa 150 decessi in eccesso per ogni 100 mila abitanti, più di 8 volte in più rispetto al numero ufficiale.
  8. Vi segnalo anche il caso della Bulgaria che ufficialmente ha contato 243 decessi Covid per ogni 100 mila abitanti, ma in realtà ha registrato un eccesso di mortalità pari a quasi 650 decessi all'anno per ogni 100 mila abitanti, un chiaro indicatore dei limiti mostrati dal sistema sanitario di quel Paese.
Termino qui i miei esempi, ma chi volesse approfondire l'argomento potrà trovare l'articolo completo collegandosi a questo link.

Aggiornamento sulla pandemia: ripartiamo?

Le tragiche notizie che arrivano dall'Ucraina invasa dalle armate di Putin hanno relegato nelle pagine interne dei giornali le informazioni relative alla pandemia. Questo ha contribuito ad accrescere nell'opinione pubblica l'idea che la pandemia si sia ormai esaurita, anche se giornalmente i bollettini della Protezione civile ci ricordano che quasi il 10% dei decessi che si registrano giornalmente in Italia riguardano persone affette da Covid-19.

Nel corso delle ultime 2 settimane sono stati registrati 2 eventi incoraggianti: il numero di italiani positivi al SARS-CoV-2 è sceso sotto la soglia di 1 milione, mentre ci sono meno di 10 mila pazienti ricoverati nei reparti Covid degli ospedali italiani. Purtroppo, nel corso dell'ultima settimana, si è verificata anche una netta inversione di tendenza a livello dei contagi che sono tornati a salire piuttosto velocemente.

La pandemia dura da più di 2 anni e ormai avremmo dovuto imparare a capire cosa succede quando aumentano i contagi: l'effetto sui ricoveri e sui decessi non è immediato, ma - prima o poi - più contagi producono anche maggiori danni a livello sanitario. 

Al momento, non abbiamo elementi sufficienti per capire se questo recente aumento sia dovuto ad un eccessivo allentamento delle norme di prevenzione adottate a livello individuale (o al mancato rispetto delle norme che almeno formalmente ci sono ancora a livello nazionale come, ad esempio, quella sull'uso delle mascherine).  Ci potrebbe essere un effetto legato alla diffusione di nuovi ceppi virali, con particolare riferimento alle diverse componenti virali appartenenti alla famiglia Omicron. Purtroppo, la quasi totale assenza di informazioni aggiornate sulla mappatura genetica dei campioni virali non ci permette di capire se questo effetto sia o meno rilevante.

Può comunque essere utile osservare quello che è accaduto recentemente in Gran Bretagna, Paese che ha allentato tutte le misure anti-Covid e che tradizionalmente anticipa gli andamenti che successivamente si osservano anche in Italia. I dati mostrano un forte incremento dei contagi ed un aumento sensibile anche dei nuovi ricoveri nei reparti Covid degli ospedali britannici. A dimostrazione che l'ormai imminente arrivo della primavera non è di per sé sufficiente per garantire che i contagi calino. 

Andamento dei contagi (a sinistra) e dei nuovi ricoveri registrati quotidianamente nei reparti Covid degli ospedali britannici (a destra). Tratto da coronavirus.data.gov.uk

Il dato relativo ai nuovi ricoveri nei reparti Covid degli ospedali della sola "Grande Londra" è ancora più chiaro:

Nuovi ricoveri giornalieri nei reparti Covid degli ospedali della Grande Londra. Il cerchio rosso evidenzia l'incremento che è stato registrato nel corso delle ultime 2 settimane. Elaborato su dati London Datastore

Passiamo ora ai numeri dell'Italia dove, almeno per il momento, l'unico dato che aumenta è quello dei contagi:

Variazione percentuale del numero dei contagi misurata rispetto allo stesso giorno della settimana precedente. Si noti la variazione positiva (aumento dei contagi) e percentualmente crescente (aumento progressivamente più rapido) osservata durante la settimana appena trascorsa. La struttura dei dati è simile a quella del dicembre scorso (anche se allora la forte progressione dei contagi si innescò su un andamento che cresceva stabilmente da molte settimane)

Contagi giornalieri registrati in Italia (linea grigia) e lo valore medio stimato su base settimanale (linea blu). Risulta evidente l'inversione di tendenza che si è generata nel corso delle ultime 1-2 settimane. Al momento non è possibile dire nulla sulla consistenza e sulle cause di questo eventuale nuovo picco pandemico. Un effetto analogo fu osservato più o meno nello stesso periodo del 2021, ma allora l'andamento era legato alla diffusione della variante Alpha

Come anticipato, il dato sui ricoveri non mostra - almeno per il momento - segni di una possibile inversione di tendenza. Anche questa settimana c'è stato un calo dei ricoveri, sia pure meno marcato rispetto alla settimana precedente:

Variazione percentuale del numero di posti letto occupati nei reparti Covid degli ospedali italiani, stimata rispetto alla settimana precedente

Nuovi ricoveri settimanali nei reparti Covid di terapia intensiva, normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti

Il dato sui ricoveri in terapia intensiva mostra una sostanziale stabilità rispetto alla settimana precedente, ma osservando l'andamento della curva si potrebbe attribuire questo dato ad una fluttuazione statistica nell'ambito di un andamento complessivamente discendente.

Anche il dato sui decessi continua a calare, pur rimanendo su valori assoluti ancora piuttosto elevati (corrispondenti a poco meno di 2 decessi settimanali per ogni 100 mila abitanti):

Decessi Covid giornalieri (linea grigia) normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti. La linea rossa rappresenta il valore medio stimato su base settimanale

Concludo con un dato relativo al Trentino ed, in particolare, al numero di persone virologicamente positive trovate tra gli ospiti delle RSA. Il numero assoluto è sceso rispetto a 2 settimane fa, ma si mantiene percentualmente alto rispetto al resto della popolazione (gli ospiti delle RSA trentine sono poco meno dell'1% dell'intera popolazione). L'incidenza dei contagi all'interno delle RSA è nettamente superiore rispetto al resto della popolazione (forse perché nelle RSA fanno ancora i tamponi!)

Ospiti delle RSA del Trentino che risultano virologicamente positivi (linea blu, scala a sinistra). La linea rossa (scala a destra) indica la percentuale di positivi ospiti delle RSA calcolata rispetto al complesso della popolazione del Trentino

domenica 6 marzo 2022

Flash news: i contagi risalgono!

Il prossimo aggiornamento sui numeri della pandemia sarà messo in rete venerdì prossimo, ma nel frattempo vi anticipo i dati relativi alla variazione percentuale dei contagi misurati rispetto alla settimana precedente. Purtroppo i dati degli ultimi giorni mostrano una risalita dei contagi, ben evidente aldilà delle consuete fluttuazioni sul numero assoluto di contagi misurati nei diversi giorni della settimana.

Variazione percentuale dei contagi misurata rispetto allo stesso giorno della settimana precedente. Il cerchio blu evidenzia la risalita dei contagi che si è manifestata nel corso degli ultimi giorni (la variazione percentuale dei contagi è ritornata positiva)

Per il momento il dato dei ricoveri e dei decessi è ancora in discesa, ma dobbiamo ricordare che c'è sempre un ritardo temporale tra la crescita dei contagi e la crescita dei danni misurati a livello sanitario. Ci vorrebbe una certa prudenza, soprattutto a livello di comportamenti individuali, perché non possiamo escludere un nuovo colpo di coda della pandemia. 

Se i contagi tornassero a salire in modo consistente, sarebbe la quarta volta - a partire dall'estate 2020 in poi - che le nostre speranze sulla fine della pandemia andrebbero deluse. Speriamo proprio di no!

mercoledì 2 marzo 2022

Il VII rapporto ISTAT-ISS sull'eccesso di mortalità in Italia associato alla pandemia

Fin dall'inizio della pandemia, siamo stati sommersi da stucchevoli polemiche sui casi di coloro che sarebbero morti "per" o "con" la Covid-19. L'ipotesi cara a negazionisti e no-vax sosteneva che i danni sanitari provocati dalla Covid-19 siano stati enormemente gonfiati dalle Autorità politiche per poter attuare la loro "dittatura sanitaria". Si tratta di un'ipotesi delirante, ma c'è sempre qualcuno pronto a sostenere che in fondo la Covid-19 è sempre e solo poco più di un raffreddore.

Chi sostiene queste tesi lo fa spesso in malafede, oppure è talmente istupidito dalla propaganda no-vax da non comprendere neppure il più semplice ragionamento statistico. Con encomiabile costanza, ISTAT e ISS continuano comunque a monitorare la situazione, fornendo rapporti periodici che ci danno un quadro quantitativo della situazione. 

Numeri che - aldilà delle vane polemiche - ci confermano la gravità della pandemia e la forte azione di mitigazione esercitata dai vaccini. Il VII rapporto ISTAT-ISS pubblicato oggi copre tutto l'andamento della pandemia in Italia, fino al mese di gennaio 2022 incluso. I principali risultati del rapporto sono raccolti in un documento di sintesi e sono illustrati graficamente qui sotto:

Infografica tratta dal VII rapporto ISTAT_ISS sulla pandemia in Italia

Il rapporto è ricco di dati e di confronti che riguardano non solo la scala nazionale, ma anche quella europea. Il dato che emerge è che dall'inizio della pandemia (marzo 2020) fino alla fine del mese di gennaio 2022 sono stati segnalati complessivamente poco più di 145 mila decessi attribuiti alla Covid-19. Nello stesso periodo di tempo sono stati registrati circa 178 mila decessi in più rispetto a quelli mediamente registrati durante i 5 anni precedenti la pandemia. 

Ricordo che quando si stima l'eccesso dei decessi avvenuto in concomitanza con i picchi pandemici vengono di fatto esclusi dal conto molti dei decessi che potremmo definire "con" Covid, ovvero gli eventi che sarebbero comunque accaduti (magari qualche settimana dopo) coinvolgendo pazienti in gravi condizioni di salute a causa della presenza di altre patologie. In questi casi, l'infezione accelera un processo che sarebbe stato comunque ineludibile, ma non produce - su base annua - un incremento della mortalità generale apprezzabile a livello statistico.

Il fatto che i decessi in più registrati dall'ISTAT superino il numero di decessi attribuiti alla Covid-19 può dipendere da 2 fattori:

  1. Non tutti i decessi dovuti alla Covid-19 sono stati riconosciuti come tali.
  2. A causa della saturazione dei reparti Covid, gli ospedali italiani non sono riusciti a curare adeguatamente altre gravi patologie, provocando indirettamente decessi che si sarebbero potuti evitare con una adeguata assistenza sanitaria. Oltre ai morti "con" e "per" Covid-19 dovremmo aggiungere una terza categoria di morti "senza Covid che sarebbero ancora vivi se gli ospedali avessero potuto occuparsi al meglio anche di loro". Ricordo - ad esempio - la forte pressione esercitata dai malati Covid sui reparti di terapia intensiva che ha spesso costretto al rinvio di interventi necessari per la cura di altre gravissime patologie.
L'anno 2020, con 746.146 decessi, è stato l'anno in cui l'Italia ha registrato - in assoluto - il più alto numero di decessi dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. Nell'anno successivo ci sono stati 709.035 decessi, 63 mila in più rispetto alla media degli ultimi 5 anni pre-pandemia, concentrati soprattutto nel primo quadrimestre ovvero nel periodo in cui la campagna vaccinale era ancora alle sue battute iniziali.

Nel periodo 1° ottobre 2021 - 31 gennaio 2022, malgrado la diffusione di varianti virali molto contagiose (Delta e Omicron) ed il grande numero di contagi, sono stati registrati - a livello generale - circa 250 mila decessi, 40 mila in meno rispetto alla media dello stesso periodo durante i 5 anni precedenti la pandemia. Questo è un dato eclatante: significa che i vaccini hanno effettivamente fornito una forte protezione contro i contagi più gravi.