domenica 31 maggio 2020

Le task force degli altri: il caso inglese

In occasione della pandemia di Covid-19 numerosi Paesi hanno costituito comitati tecnico-scientifici incaricati di consigliare Governo e Parlamento sulle strategie da adottare per gestire l'emergenza.  In Italia abbiamo avuto una vera esplosione di comitati, denominati "Task Force", pensando che il nome inglese fosse sinonimo di serietà ed importanza. Leggendo un articolo apparso oggi su The Guardian ho avuto modo di approfondire la realtà inglese, che è molto diversa da quella italiana. Tanto per cominciare, in UK l'organizzazione di comitati per la gestione di emergenze non è una novità, ma è una abitudine consolidata ed istituzionalizzata. Non la chiamano Task Force, ma più propriamente Scientific Advisory Group for Emergencies che, come acronimo fa SAGE (saggio in italiano). Il comitato fu costituito la prima volta nel 2009 in occasione dell'epidemia di influenza suina ed è stato ricostituito varie volte in occasione di emergenze di diverso tipo, non solo sanitario. Il comitato si avvale a sua volta di sotto-comitati tecnici che raccolgono esperti di settori specifici. Maggiori dettagli sul comitato SAGE nominato per affrontare la pandemia di Covid-19 li potete  trovate qui. Ad esempio, vi segnalo la sezione in cui il comitato discute della stima dell'indice di trasmissione del contagio R. In Gran Bretagna come in Germania l'indice R viene stimato per l'intera Nazione e non per le singole regioni. Solo in Italia, per quanto mi risulta, ci siamo cacciati in questa follia degli R regionali, tanto amata dai nostri politici che tuttavia talvolta non ne capiscono il significato.

Citavo all'inizio un articolo di The Guardian che contiene un'intervista al prof. Karl Friston, neuroscienziato che fa parte di un altro comitato, il cosiddetto "Independent SAGE". Independent SAGE è un comitato non-governativo costituito da scienziati che si sono auto-organizzati per studiare l'andamento dell'epidemia e offrire a tutta l'opinione pubblica le loro previsioni e proposte. In altre parole, una sorta di alternativa al SAGE governativo, fatta da scienziati di grande livello che operano su base volontaria ed in modo indipendente. Molto British direi. L'articolo apparso su The Guardian parla in particolare di un metodo di modellazione matematica dell'epidemia che non è basato sui modelli epidemiologici tradizionali di tipo SEIR. Questi modelli suddividono la popolazione tra quattro diversi stati  (susceptible,  exposed, infected recovered) e sulla base di un sistema di equazioni calcolano la variazione temporale delle diverse frazioni. L'approccio proposto dal prof. Friston trae ispirazione dalle idee del grande fisico Richard Feynman ed è stato applicato a diverse discipline tra cui le neuroscienze. Il modello viene chiamato Dynamic Causal Modelling (DCM). L'applicazione di questo modello all'epidemia di Covid-19 è descritta in un articolo che al momento è ancora in attesa di ricevere il giudizio dei referee.  Mi sembra interessante che SAGE e Independent SAGE operino con rigore e trasparenza offrendo ai cittadini britannici l'opportunità di conoscere nel dettaglio i risultati dei loro studi e le argomentazioni che li supportano. Di fronte alle magre figure rimediate da tante Task Force italiche, mi viene un po' di tristezza.

sabato 30 maggio 2020

Aggiornamento di fine maggio

Siamo arrivati a fine maggio e finalmente l'epidemia di Covid-19 si sta esaurendo. I ricoveri ospedalieri sono ormai molto ridotti rispetto alla fase acuta che abbiamo attraversato tra fine marzo ed inizio aprile, ed anche il numero dei nuovi contagi mostra finalmente un calo più deciso. L'andamento dell'epidemia è ben rappresentato dal grafico che riporta l'occupazione dei posti di terapia intensiva Covid-19 in Trentino:

Nessuno al momento è in grado di dire se la Covid-19 potrà essere definitivamente archiviata come un brutto ricordo, oppure se il futuro ci riserverà nuove difficili sfide. Questo è il momento in cui, oltre a fare i bilanci, si dovrebbero mettere le basi per evitare di ripetere gli errori fatti ad inizio anno. In un sistema che funzioni, si dovrebbe valutare l'azione dei responsabili tecnici e politici della gestione dell'epidemia, sostituendo le persone che non si sono rivelate all'altezza del compito loro affidato. Ma siamo in Italia, ed è illusorio pensare che meriti e demeriti contino qualcosa.

Vediamo ora un po' di grafici. Partirei dalla rappresentazione dei nuovi casi in funzione dei casi totali. Avevamo già visto questo tipo di grafico nelle settimane scorse. Vi ricordo che la fine dell'ondata epidemica corrisponde a disegnare in questo grafico una sorta di lettera U rovesciata.

Fonti: APSS Trento e Protezione Civile Nazionale per Veneto e Alto Adige

Finalmente anche il Trentino (punti rossi) mostra la "gamba" discendente che tutti attendevamo con ansia. Il grafico del Veneto (punti verdi) è quello più netto. Va detto però che l'Alto Adige (punti gialli) è penalizzato in questa particolare rappresentazione (scala verticale logaritmica) perché ormai ha molti giorni a "contagio zero" e questi punti non sono rappresentabili nel nostro particolare grafico.

Vediamo più in dettaglio l'andamento dei nuovi contagi del Trentino e dell'Alto Adige. I dati sono filtrati con media mobile a sette giorni per ridurre le fluttuazioni statistiche che sono percentualmente molto significative (fortunatamente - aggiungo io - perché vuol dire che i numeri dei nuovi contagi giornalieri sono piccoli e vale la statistica di Poisson).

Fonti: APSS Trento e Protezione civile nazionale per i dati dell'Alto Adige
 
L'andamento è il linea con quanto comunicato ieri sera dall'Istituto Superiore di Sanità. La situazione del Trentino è meno buona rispetto a quella dell'Alto Adige, ma c'è comunque un netto calo dei nuovi contagi che si allontanano decisamente dalla soglia utilizzata in Germania per identificare le "zone rosse" (linea rossa tratteggiata).

Poiché nel mese di maggio il numero di tamponi eseguiti in Trentino ha subito forti oscillazioni, è interessante vedere quale è la tendenza della frazione di tamponi positivi:
Fonte Dati: APSS Trento
 
Negli ultimi 6 giorni, quattro risultati sono sotto la linea tratteggiata che mostrava l'andamento medio (decrescente) della percentuale di tamponi positivi eseguiti da metà aprile in poi. Le prossime due settimane ci consentiranno di chiarire quale sia l'effettivo andamento della curva. Il numero assoluto dei tamponi fatti è mostrato qui di seguito:
 
Fino a metà maggio c'è stata una tendenza alla crescita dei tamponi eseguiti giornalmente, mentre nell'ultima metà del mese sembra che la tendenza si sia invertita. Vedremo nelle prossime settimane quale strategia sarà adottata nell'esecuzione dei tamponi. Il numero riportato in figura è il numero complessivo e comprende anche la quota, non trascurabile, dei tamponi utilizzati per verificare se le persone attualmente positive siano tornate virologicamente negative. Gli altri tamponi possono essere suddivisi grossolanamente in due categorie: tamponi usati per il monitoraggio periodico di categorie a rischio (ad esempio, personale sanitario o di RSA) ed i veri e propri tamponi diagnostici ovvero quelli utilizzati per individuare i nuovi contagiati e per monitorare i loro contatti più stretti e recenti. A seconda della strategia adottata, capiremo se l'utilizzo dei tamponi sarà parte integrante di un approccio complessivo volto ad identificare ed estinguere sul nascere l'insorgenza di nuovi eventuali focolai, oppure se dovremo affidarci alla buona sorte.

L'andamento territoriale dell'epidemia non mostra particolari novità rispetto all'ultimo aggiornamento. Viene confermato il netto peggioramento del Primiero, dovuto principalmente alla diffusione del contagio all'interno di una RSA:
 
A proposito di RSA, qualcuno in APSS Trento legge questo misero blog e ha fatto una analisi dei contagi (prevalenza) nelle diverse Comunità di Valle  escludendo dal conto i contagi delle RSA. Il risultato è rappresentato tramite una scala colori (dal verde al rosso) ed è stato reso pubblico da parte della Provincia Autonoma di Trento. Peccato che l'operazione trasparenza si sia fermata a metà e non sia stata specificata la scala con i valori assoluti.

Prevalenza dell'epidemia di Covid-19 nelle Comunità di Valle trentine, escludendo i contagi avvenuti all'interno delle RSA. Fonte: Provincia autonoma di Trento.

La situazione dei decessi si sta stabilizzando, anche perché i nuovi casi mostrano mediamente sintomi meno gravi rispetto a marzo-aprile. Anche il quadro di riferimento nazionale è ormai abbastanza consolidato:

Nel grafico che segue rappresento la densità dei decessi registrata a fine maggio in funzione della densità di contagi rilevati a fine febbraio. In pratica vediamo che Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono partiti tre mesi fa da livelli di contagi abbastanza simili, anche se poi l'epidemia ha avuto decorsi molto diversi. Il Trentino assieme e la Val d'Aosta mostrano andamenti simili: zero contagi a fine febbraio ed una densità di decessi elevata (anche se inferiore rispetto a quella lombarda) a fine epidemia. Qualcuno l'ha definito "effetto settimana bianca".
 

venerdì 29 maggio 2020

Rapporto ISS 29 maggio: "al buio tutti i gatti sono grigi"

L'Istituto Superiore di Sanità ha rilasciato il bollettino relativo all'andamento dell'epidemia nella settimana che andava dal 18 al 24 maggio compreso. Il formato del documento è cambiato rispetto alle settimane precedenti e sono sparite le "classifiche" tra Regioni che tanto avevavo fatto discutere. Si accenna appena all'andamento dell'indice di trasmissione (il famoso Rt) salvo dire che è inferiore ad uno ovunque. Forse dopo il polverone sollevato con la Val d'Aosta la scorsa settimana, anche in ISS si sono convinti a guardare i dati prima di cercare di sintetizzarli con indici di scarso significato statistico, specialmente quando parliamo di pochissimi eventi.

Quanto alla densità dei nuovi casi non viene fatto alcun confronto regionale (da qui il titolo di questo post), ma vengono allegate le schede di tutte le Regioni/Province autonome in cui sono riportati i dati dei nuovi contagi. Da queste schede è possibile ricavare le informazioni per ricostruire quella che nelle scorse due settimane era stata definita la "pagella delle regioni". Considerato che non l'ha fatta l'ISS, la classifica la faccio io. In particolare per il Trentino, nella settimana considerata sono stati registrati 12,57 nuovi contagi  per ogni 100.000 abitanti. Un valore inferiore alle settimane precedenti come era d'altra parte atteso sulla base dei dati dei contagi giornalieri. Per confronto, la Lombardia ha fatto registrare 16,68 nuovi casi alla settimana per ogni 100.000 abitanti, mentre il Piemonte si attesta su 12,46 nuovi contagi per ogni 100.000 abitanti, un livello appena inferiore rispetto a quello del Trentino. Notiamo che finalmente il Trentino lascia alla Lombardia lo scettro del territorio italiano con il maggior numero di nuovi contagi registrato su base settimanale, pur rimanendo nel gruppo dei territori dove si registra ancora un numero relativamente alto di nuovi contagi. Ricordo che 50 nuovi contagi alla settimana per ogni 100.000 abitanti sono il limite adottato dalla Germania per individuare le "zona rosse". Giusto per avere un'idea di come procede l'epidemia in altri territori del Nord-Est, l'Alto-Adige ha segnalato 1,51 casi per ogni 100.000 abitanti, il Veneto 1,63 casi per ogni 100.000 abitanti ed il Friuli Venezia Giulia 2,3 casi per ogni 100.000 abitanti. Infine, la regione Emilia Romagna ha registrato 6,32 nuovi contagi per ogni 100.000 abitanti.

Ancora una volta, scena muta da parte dell'ISS rispetto alla densità di tamponi diagnostici effettuati dalle diverse Regioni/Province autonome. Se si esplicitasse questo dato i numeri dei nuovi contagi assumerebbero un significato diverso. Ma in questo momento la parola d'ordine sembra essere quella di sottacere le differenze e proclamare un sostanziale "liberi tutti".

giovedì 28 maggio 2020

Segnalazione: un interessante articolo su Science a proposito dell'uso delle mascherine

La prestigiosa rivista Science ha pubblicato un interessante articolo dedicato all'uso delle mascherine per limitare la diffusione del Covid-19 (Sars-Covid-2 secondo la notazione tecnica esatta). Potete trovare l'articolo qui:

Kimberly A. Prather, Chia C. Wang and Robert T. Schooley; Reducing transmission of SARS-CoV-2

L'articolo pone l'enfasi in particolare sul meccanismo di trasmissione del virus tramite gli aerosol che sono generati anche semplicemente parlando, in assenza di starnuti o colpi di tosse. Si tratta quindi del meccanismo più importante su cui si basa il contagio diffuso da portatori asintomatici. L'articolo mette in evidenza come l'uso della mascherina sia uno degli elementi portanti di una strategia ottimale volta a contrastare la diffusione del Covid-19. La mascherina non è l'unico elemento da tenere in considerazione. Altrettanto importanti sono le azioni intraprese per identificare i nuovi contagiati (anche asintomatici) ed i loro contatti ed il mantenimento delle distanze di sicurezza. Anche senza arrivare a misure drastiche come il lockdown è possibile contenere lo sviluppo dell'epidemia se c'è da parte di tutti la consapevolezza dell'importanza di adottare comportamenti adeguati.

In fondo, più o meno quello che diceva anche il mitico governatore De Luca quando se la prendeva con quelli che girano con la mascherina calata sul collo (salvo non accorgersi che uno del suo staff aveva la mascherina sulla bocca, ma il naso scoperto!)

Apriamo tutto il 3 giugno? Si, no, forse

Il fatidico 3 giugno è ormai vicino. Entro domani sera il Ministero della Salute dovrebbe  acquisire tutti i dati necessari per monitorare lo stato di avanzamento dell'epidemia e prendere le decisioni conseguenti. Nel frattempo assistiamo ad una sorta di batracomiomachia nella quale vediamo schierati governatori in cerca di facile pubblicità, sindaci rancorosi che minacciano oscure vendette a cui si aggiungono stime più o meno fondate che cercano di anticipare quali potrebbero essere le future decisioni ministeriali.

Una di queste stime individua anche il Trentino (assieme a Lombardia, Piemonte e Liguria) tra i territori da tenere ancora bloccati. E per fortuna, aggiungo io, fa riferimento ai dati pubblicati dalla Protezione civile nazionale che, come ricordato più volte in questo blog, riportano per il Trentino dati dei contagi abbondantemente sottostimati rispetto ai dati reali. Altre stime tengono conto del numero di tamponi diagnostici fatti dalle diverse Regioni/Province autonome e limitano a Lombardia Piemonte e Liguria la lista delle regioni da tenere chiuse dopo il 3 giugno.

Il vero problema di queste valutazioni è rappresentato dalla qualità dei dati e dalla mancanza di un controllo di qualità effettuato a livello centrale sui dati fornire da Regioni e Province autonome. Oggi chiedere ad un governatore se ci siano ancora molti contagi nel suo territorio equivale a "chiedere all'oste se il vino è buono". Ciascuno procede a modo suo, fa i tamponi diagnostici che vuole, più preoccupato di far apparire una situazione positiva piuttosto che di controllare lo stato effettivo delle cose e, soprattutto, di prevenire eventuali recrudescenze dell'epidemia. In tutto questo lo Stato centrale è il grande assente perché manca di una struttura adeguata per monitorare il comportamento delle singole realtà regionali. Dobbiamo fidarci dei dati che vengono mandati a Roma e non sempre facciamo bene a fidarci.

Come finira? Temo che alla fine si applicherà l'italico "liberi tutti", con un perverso mix di cialtroneria  e fatalismo, sperando che l'estate che avanza risolva i problemi residui. E poi ci lamentiamo se in Europa non ci prendono sul serio...

P.S.
Gli svizzeri che sono abituati a controllare i dati hanno deciso che la frontiera con l'Italia non riaprirà prima dell'inizio di luglio.

Primi risultati dei test sierologici

Oggi sul Corriere della Sera è uscita una interessante intervista al prof. Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas, riconosciuto a livello internazionale come uno dei più eminenti immunologi. Tra i diversi riconoscimenti che gli sono stati attribuiti, ricordiamo che, nel 2019, è stato il vincitore del premio Pezcolller. Humanitas è un centro di ricerca, formazione e assistenza medica di grande livello, impegnato in prima linea nel contrasto all'epidemia di Covid-19. Nei giorni scorsi ha effettuato test sierologici ai suoi circa 4000 dipendenti dislocati in Lombardia. Si tratta di un campione non rappresentativo (da un punto di vista statistico) della popolazione lombarda perché comprende solo persone attive dal punto di vista lavorativo, anche se con caratteristiche abbastanza differenziate. Si andava infatti dai medici e dagli infermieri impegnati nel reparto Covid-19, ai docenti o agli impegati che durante l'epidemia hanno svolto il loro lavoro tramite tecnologie di smart-working. Nella sua intervista il prof. Mantovani ricorda, prima di tutto, i limiti tecnici delle indagini sierologiche realizzate con dispositivi compatti (kit). La loro affidabilità è limitata ed attualmente in commercio si trovano anche dispositivi di scarsissima qualità. Quando la probabilità che l'esame produca falsi positivi o falsi negativi va oltre qualche punto percentuale (2 o 3% tipicamente) i test rischiano di avere attendibilità pressoché nulla. Comunque, seguendo un rigoroso processo di validazione, è possibile selezionare dispositivi che garantiscano un adeguato livello di specificità e sensibilità. Tutto ciò premesso, i risultati dell'indagine effettuata sui dipendenti di Humanitas ha prodotto risultati molto interessanti: mediamente una percentuale del 12+/-1% del personale è risultato positivo al test, ovvero è venuto in contatto con il virus sviluppando i relativi anticorpi. Il dato varia sensibilmente a seconda della zona della Lombardia in cui vivono le persone sottoposte a test: si va da un minimo del 3% del personale della sede di Varese fino ad un massimo del 35-43% per il personale delle  sedi di Bergamo. Il risultato non è sorprendente ed è in linea con quanto risulta dal numero di positivi individuati con i tamponi, anche se in termini assoluti la percentuale dei positivi al test (che ricordiamo comprende anche moltissimi asintomatici e pauci-sintomatici) è molto superiore rispetto al valore di prevalenza calcolato sulla base dei tamponi. 
Figura tratta da: Corriere della Sera
Un risultato molto importante dello studio fatto sul personale Humanitas è legato al fatto che la percentuale di positivi cambia a seconda del luogo di residenza del personale, ma non cambia in base alla funzione svolta. In altre parole, il personale direttamente impegnato nell'assistenza ai malati di Covid-19 non mostra, a parità di luogo di residenza, un tasso di positività più alto rispetto al personale rimasto a casa a fare smart working. A dimostrazione - ammesso che ce ne fosse bisogno - che l'adozione di rigidi protocolli di sicurezza e la disponibilità di adeguati sistemi di protezione individuale mette al riparo dal contagio anche il personale impegnato in prima linea nella cura dei malati. Purtroppo questo non è successo con il personale di molte RSA trentine.
  
Recentemente sono state diffuse anticipazioni di stampa anche rispetto ai test sierologici effettuati nei comuni trantini più colpiti dall'epidemia di Covid-19. Va detto che i test sierologici fatti in questi comuni sono basati su esami di laboratorio piuttosto che sull'uso di  kit veloci e quindi si tratta di esami più affidabili. I primi dati che emergono per il Trentino parlano di una prevalenza (densità di contagi) dell'ordine del 20 % (parliamo, lo ricordo, dei comuni più colpiti) contro una media calcolata sulla base dei tamponi pari a circa il 4%. Quindi i contagiati effettivi sarebbero circa 5 volte di più rispetto a quelli individuati con i tamponi.

Anche se parliamo ancora di dati assolutamente preliminari, possiamo comunque affermare che i test sierologici stanno confermando quanto si diceva fin dall'inizio dell'epidemia: solo una frazione (fortunatamente) piccola di coloro che vengono a contatto con il virus manifesta sintomi tali da richiedere un intervento medico. C'è una grande frazione di contagiati che sono asintomatici o pauci-sintomatici, ma comunque in grado di trasmettere il virus ad altri. In un post dello scorso 13 marzo discutevo questo problema, quando ancora in APSS si riteneva "illogico" sottoporre a tampone il personale sanitario.

lunedì 25 maggio 2020

Ma questo virus è diventato meno aggressivo, oppure no?

L’argomento è oggetto di vivaci discussioni tra gli esperti di diversi settori: clinici, virologi ed epidemiologi hanno avviato un acceso dibattito che talvolta può disorientare i “non addetti ai lavori”. La domanda è molto importante perché, a seconda della risposta, cambieranno drasticamente gli scenari che abbiamo davanti a noi ed, in particolare, quanto potrà accadere con l’arrivo della stagione autunnale, anche in assenza di un vaccino.

Come ben sapete io non appartengo alla categoria degli esperti e quindi non mi lancio in previsioni più o meno azzardate. In questo post ho cercato di raccogliere i diversi elementi di valutazione che sono alla base della discussione. Poi ciascuno potrà trarne le conseguenze che riterrà più logiche.

  1. Il Covid-19, come tutti i virus, è soggetto a mutazioni casuali che ne possono cambiare le caratteristiche. Non è detto che tutte le mutazioni vadano nella direzione di renderlo meno pericoloso per l’uomo. Tuttavia, da un punto di vista puramente evoluzionistico ci aspettiamo che – prima o poi – abbiano il sopravvento le mutazioni “buone” quelle cioè che producono danni minori al portatore del virus. Ricordiamo che i virus hanno bisogno di un portatore per riprodursi (per il Covid-19 il pipistrello prima, gli esseri umani oggi). Nella comunità scientifica c’è ampio consenso sul fatto che anche il Covid-19 potrebbe diventare meno aggressivo e convivere con tutti noi senza fare troppi danni, così come fanno i virus del comune raffreddore che sono suoi parenti stretti. Nessuno però, almeno fino ad oggi, è stato in grado di dimostrare (sulla base di indagini biologiche) che tali mutazioni siano già avvenute, né tanto meno garantirci che avverranno ed eventualmente dirci entro quanto tempo potrebbero accadere. In altre parole, al momento non c’è ancora alcuna evidenza di una mutazione del Covid-19 che lo abbia reso meno aggressivo.
  2. I medici che seguono i malati di Covid-19 negli ospedali sono concordi nell’affermare che i pazienti ricoverati nelle ultime settimane presentano quadri clinici mediamente molto meno preoccupanti rispetto ai pazienti che venivano curati all’inizio dell’epidemia. Questo fatto è molto positivo e potrebbe rappresentare una evidenza empirica di una minore pericolosità del virus. Tuttavia non possimo scartare a priori altre possibili spiegazioni.
  3. Una prima banale considerazione è di natura puramente statistica. Nella fase acuta dell’epidemia venivano lasciate a casa anche persone con sintomi medio-gravi. Molti pazienti sono arrivati in ospedale troppo tardi, quando il loro quadro clinico era sostanzialmente compromesso. I casi delle persone ricoverate oggi sono mediamente meno gravi perché ci sono molto meno contagiati e quindi vengono ricoverate anche persone che due mesi fa sarebbero state lasciate a casa, magari senza neppure fare loro il tampone. 
  4. Una seconda considerazione fatta dagli epidemiologi riguarda quello che gli inglesi chiamano "harvesting" (effetto raccolta, mietitura). La fase iniziale dell'epidemia ha mietuto vittime massicciamente tra la fascia più debole della popolazione (grandi anziani con patologie pregresse plurime) causando un gran numero di casi di elevata gravità e di decessi. In questo momento saremmo in una fase per così dire di pausa, in attesa di un nuova tragica "raccolta". Infatti, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e dell'insorgenza di nuove patologie si riformerà tra breve una nuova "generazione" di persone particolarmente fragili, vittime preferenziali di una eventuale recrudescenza dell'epidemia. Situazioni di questo tipo sono accadute certamente all'interno delle RSA e potrebbero ripetersi già dal prossimo autunno.
  5. Finalmente tutti hanno capito l’importanza di una organizzazione di medicina territoriale che segua, anche con adeguati trattamenti farmacologici, tutti i contagiati, anche quelli in isolamento domiciliare. Coloro che dovessero aggravarsi richiedendo un successivo ricovero ospedaliero, trarranno comunque vantaggio sia dalle cure ricevute prima del ricovero, che – come detto sopra – dal ricovero tempestivo.
  6. Nel periodo della fase critica dell’epidemia proprio il personale sanitario è stata la “cavia” di un terribile esperimento in cui si è dimostrato come una sovra esposizione al virus possa provocare conseguenze molto gravi, in molti casi letali, anche in persone non anziane e in normali condizioni di salute. La quantità di virus a cui viene esposta una persona durante il contagio è un parametro importante che deve essere considerato nelle nostre analisi. Misure come il distanziamento tra persone e l’uso delle mascherine hanno contribuito senz’altro a ridurre l’esposizione al virus. Ci sono stati molto meno contagi e le poche persone che sono state contagiate più recentemente potrebbero essere state esposte a quantità di virus mediamente minori rispetto a quanto avveniva a febbraio-marzo.
  7. La stagione estiva potrebbe aiutarci a rendere temporaneamente la situazione meno grave. Non sarebbe tanto una questione di temperature, quanto di maggiore insolazione con il conseguente aumento di radiazione ultravioletta che è in grado di neutralizzare il virus molto rapidamente. Anche questo può contribuire a ridurre i contagi o comunque la quantità di virus a cui vengono esposti gli eventuali contagiati.

Come vedete il puzzle è abbastanza complicato e molti fattori possono essere invocati per spiegare l’evidenza empirica che – fortunatamente – viene segnalata dai medici ospedalieri. In attesa di capire meglio cosa stia succedendo credo che un po' di prudenza  sia ancora necessaria. Intanto godiamoci l’estate ed il sole (ma non dimentichiamo di mettere la crema antisolare!)


Per approfondimenti:

Coloro che si sono stufati delle argomentazioni un po' noiose e talvolta discordanti degli scienziati e sono interessati ad un giudizio più tranchant possono andarsi a rivedere le dichiarazioni sull'argomento rilasciate dal governatore Zaia. Quelli che volessero approfondire gli aspetti matematico-statistici della questione potrebbero chiedere un parere originale al lombardo assessore Gallera. Per noi trentini, temo che sarebbe una perdita di tempo chiedere cosa ne pensi l’assessora Segnana perché sono quasi certo che risponderebbe: “Il virus è cambiato? Nessuno me l’ha detto e comunque non è colpa mia!”.

domenica 24 maggio 2020

La vittoria ha molti padri, la sconfitta “non è colpa mia”

Negli ultimi giorni si è consumata in Veneto una clamorosa rottura tra il governatore Zaia e il professor Crisanti. È un classico caso di vittoria con molti padri. La miccia è stata innescata da un recente intervento di alcuni super-burocrati della Sanità veneta che si sono auto-celebrati come artefici del cosiddetto “modello Veneto”, dimenticando quanto accaduto a metà febbraio. Prima dell’inizio ufficiale dell’epidemia in Italia, il prof. Crisanti anticipò con grande lungimiranza l’importanza di tracciare tutti i contagiati, inclusi gli asintomatici. Fu allora che la burocrazia sanitaria veneta intervenne con tanto di lettera di diffida, ricordando che i costi dei tamponi che il prof. Crisanti proponeva di fare a tutti le persone tornate dalla Cina non sarebbero stati coperti dal finanziamento del sistema sanitario. Insomma una storia di ordinaria burocrazia come ne abbiamo viste molte durante questa terribile epidemia.

La storia completa dell’epidemia in Veneto è ancora tutta da scrivere anche se mi aspetto che un’analisi più distaccata e serena potrà mettere in evidenza molti diversi fattori che, assieme, hanno contribuito a mitigare l’impatto dell’epidemia di Covid-19 in Veneto. Certamente la politica dei tamponi di cui il prof. Crisanti è stato promotore ha avuto un ruolo fondamentale. Vorrei ricordare che oltre a teorizzare la necessità di fare tamponi in modo esteso, il contributo del prof. Crisanti è stato essenziale per dotare il Veneto di attrezzature avanzate e, grazie ai suoi canali privilegiati con l’Imperial College di Londra, per acquisire i materiali necessari per la preparazione “in casa” dei cosiddetti reagenti. Senza il suo intervento, il Veneto avrebbe fatto a febbraio-marzo (quando servivano di più) pochi tamponi come le altre Regioni. Va detto però, che la storia del successo veneto non è stata solo una questione di tamponi. Quando a fine febbraio furono scoperti i primi contagi a Vo’ Euganeo, la regione Veneto chiuse immediatamente l’Ospedale di Schiavonia dove da circa una decina di giorni erano ricoverati pazienti poi identificati come Covid-19. L’ospedale di Schiavonia non è diventato un centro di diffusione del contagio come è successo per gli ospedali lombardi di Codogno e di Alzano e questo è senz'altro dovuto alla tempestiva chiusura della struttura con immediato “sequestro” e tampone di tutte le persone che si trovavano al suo interno. Va aggiunto inoltre che il Sistema sanitario veneto è caratterizzato da una struttura territoriale molto diversa rispetto a quella lombarda. C’è in Veneto un attento presidio territoriale che ha evitato il vero e proprio assalto alle strutture di pronto soccorso avvenuto nella vicina Lombardia. Senza contare che il Veneto dispone di un sistema informativo robusto, molto efficace nella localizzazione dei contagiati e dei loro potenziali contatti. Altre regioni del Nord Italia procedono ancora con le e.mail (talvolta cancellate) e con le tabelle Excel (zeppe di errori). Secondo il mio parere, quando si farà una analisi completa di quanto è successo in Veneto durante questa prima parte del 2020, sia al prof. Crisanti che al governatore Zaia verranno riconosciute le giuste dosi di merito. Quando due persone dotate di grande capacità di leadership collaborano è quasi inevitabile che possano scoccare scintille. Sarebbe un vero peccato se questa storia di successo fosse messa in crisi da incomprensioni e scontri personalistici. E se poi qualche burocrate, dopo aver tentato di sabotare le iniziative del prof. Crisanti, prova a salire sul carro del vincitore, pazienza. Tanto lo sappiamo tutti come è andata la storia vera.

Nella vicina Lombardia di “padri della vittoria” non se ne vedono molti. Il governatore Fontana ogni tanto dichiara di “aver combattuto l’epidemia meglio di qualsiasi altro governatore”, ma se lo guardate in faccia mentre fa queste dichiarazioni si capisce chiaramente che il primo a non crederci è proprio lui. Il tutto è stato brillantemente riassunto dal mitico Maurizio Crozza in una scenetta che potete trovare qui:


Per quanto riguarda il Trentino, di “non è colpa mia” e “non me lo avevano detto” ne abbiamo già sentiti molti. Anche qui purtroppo di vittorie da spartirsi non se ne sono viste.

venerdì 22 maggio 2020

E "avoided crossing" fu: l'aritmetica pazzerella della Provincia autonoma di Trento

In un post precedente avevo segnalato la strana situazione che si stava generando nei dati romani del Trentino. L'esistenza di una doppia contabilità e lo scarso controllo esercitato sulle cifre comunicate giornalmente al Ministero della Salute aveva generato una situazione paradossale con il numero dei guariti (abbastanza vicino al vero) che ormai si apprestava a superare quello dei contagiati (questo largamente inferiore al vero). La situazione di ieri era la limite di rottura, con solo 66 attualmente positivi (mentre sappiamo che ieri 21 maggio erano più di mille). 

Ero molto curioso di vedere cosa si sarebbero inventati per uscire da questa situazione imbarazzante. La risposta è arrivata poco fa con la nuova tabella giornaliera rilasciata dalla Protezione Civile nazionale. Tira una brutta aria in Trentino avranno pensato a Roma: ieri i guariti erano 3857, ma oggi sono bruscamente calati a 3326. Così d'incanto il problema è stato risolto e gli attualmente positivi che rischiavano di finire sotto zero sono saliti a 607. Il tutto è avvenuto sotto l'occhio indifferente del Ministero della Sanità che evidentemente non se la prende troppo per queste sciocchezzuole matematiche
Per i fisici che usano parole difficili per descrivere cose semplici si tratterebbe di un caso da manuale di "avoided crossing", incrocio evitato se volete. Il tutto è mostrato nel grafico che segue:
Dati del Trentino. Fonte: protezione Civile nazionale su dati del Ministero della Salute

Adesso per qualche giorno potranno andare avanti, segnalando ogni giorno circa la metà dei nuovi casi grazie al famoso "fraintendimendo" sui 5 giorni. Per il futuro, consiglio all'APSS di tagliare un po' di nuovi guariti tutti i giorni senza ridursi all'ultimo minuto e rifare figuracce come quella che ho appena descritto.

Monitoraggio ISS della Fase 2: aggiornamento relativo alla settimana 11-17 maggio

Durante la conferenza stampa di questa mattina l'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il secondo aggiornamento sull'evoluzione dell'epidemia di Covid-19 in Italia nella settimana che andava dal giorno 11 fino al 17 maggio incluso. Il documento di riferimento lo potete trovare qui. Questa è la "pagella" in cui sono ripotati quelli che l'ISS ritiene i dati più salienti:

Notiamo che anche per questa settimana  il Trentino si conferma come il territorio italiano con la maggiore incidenza di nuovi casi (livello di incidenza Alto - Q4), seguito ad una incollatura dalla Lombardia. Purtroppo ancora una volta l'ISS "dimentica" di riportare i dati relativi alla densità di tamponi fatti. 
Indice di trasmissione del contagio Rt (Fonte: ISS)

D'altra parte si continua a dare molta enfasi (sbagliando grossolanamente, a parer mio) all'indice Rt, con tanto di allarme lanciato in conferenza stampa per la Val d'Aosta che avrebbe superato la fatidica soglia 1. Basta guardare la figura qui sopra per capire che le barre di errore sono talmente grandi da rendere le stime dell'indice statisticamente indistinguibili per la maggior parte delle regioni italiane. Inoltre, ricordo che i dati stimati su base regionale hanno il grosso limite di arrivare con circa due settimane di ritardo (nel caso specifico la data di riferimento è il 3 maggio). Quindi sono dati con un grosso margine di errore e ritardati: in estrema sintesi "discuterne sarebbe tempo buttato". Tanto per tornare alla realtà delle cose, la Val d'Aosta (circa 125.000 abitanti) pur avendo fatto molti tamponi ha registrato una dozzina di nuovi contagi nell'arco della settimana presa in considerazione. Indicarla come un caso da "attenzionare" mi sembra una sciocchezza. Sorprende che un Istituto come l'ISS commetta errori di interpretazione dei dati così clamorosi.

Per completare l'informazione ho cercato di evidenziare le informazioni che l'ISS si "dimentica" costantemente di fornire. Nei due grafici che seguono potete vedere la densità di nuovi casi registrati per ogni 100.000 abitanti e la densità di "nuovi" tamponi fatti sempre per ogni 100.000 abitanti. La densità dei nuovi contagi fa riferimento ai dati ISS che sono leggermente diversi da quelli del data base di Trento e dai dati della  Protezione Civile nazionale. Non si sono comunque differenze tali da modificare significativamente l'informazione e come nota l'ISS possono essere spiegate tenendo conto delle diverse tempistiche di aggiornamento dei dati. Per quanto riguarda i "nuovi" tamponi ho fatto riferimento ai dati della Protezione Civile nazionale che indicano, accanto al numero assoluto di tamponi fatti, il numero delle persone a cui sono stati fatti i tamponi (una persona può fare tre o più tamponi nel periodo in cui viene riconosciuta come contagiata). Si tratta di una stima grossolana, ma non completamente distante dalla realtà. Va notato tuttavia che questa stima sfavorisce molto le regioni come, ad esempio, il Veneto che dedicano una frazione significativa dei loro tamponi al monitoraggio periodico del personale sanitario e delle RSA. I tamponi periodici fatti ad appartenenti a queste categorie non contribuiscono ad incrementare il numero delle nuove persone sottoposte a tampone, anche se hanno una grande rilevanza nella strategia complessiva di controllo dell'epidemia. L'ISS dispone dei dati precisi, ma non li ha diffusi. In attesa che lo faccia uso la mia stima grossolana.

Il quadro che emerge si commenta da solo: il Trentino finalmente si è messo a fare i tamponi, mentre altre Regioni evitano di cercare con troppa lena i positivi asintomatici o pauci-sintomatici. La Val d'Aosta ne ha fatti quasi come il Trentino ed è stata pure "mazziata" con la storia dell'indice di contagio superiore ad uno.

Fonte dati: Istituto Superiore di Sanità

Si veda il testo per i dettagli sulla stima di questo parametro
Concludo con un consiglio per la dirigenza della nostra APSS. Almeno due tra le persone ai vertici nella Sanità trentina nei recenti colloqui che hanno avuto con me o nello scambio di e.mail hanno tenuto a farmi sapere di essere in ottimi rapporti con i vertici dell'Istituto Superiore di Sanità. Bene dico io: usino questi contatti e si facciano ascoltare. Convincano l'ISS a dare meno enfasi al traballante indice di trasmissione del contagio e a rendere pubblici i dati molto più interessanti relativi al numero di tamponi che si fanno settimanalmente per la ricerca dei nuovi contagi.


Per approfondimenti:
Coronavirus, «Rt un indice fuoriviante» avverte la Fondazione Gimbe

giovedì 21 maggio 2020

L'INPS fa i conti di quanto risparmia sulle pensioni e ci dice che i numeri dei decessi da Covid-19 sono farlocchi

Ieri è uscito un interessante report elaborato dall'INPS in cui si analizza l'andamento dei decessi registrati nei mesi di marzo e aprile 2020 conforntandoli con il livello die decessi attesi. Non è casuale che l'INPS conosca bene questi dati considerato che per ogni anziano morto prematuramente a casa dell'epidemia, l'INPS realizzerà un imprevisto risparmio sulle spese pensionistiche già preventivate. Il discorso può apparire assolutamente cinico, ma i dati INPS possono essere uno strumento prezioso per conoscere la verità, aldilà delle cortine fumogene che le autorità politiche e sanitarie hanno cercato di alzare a livello sia locale che nazionale. La figura che vedete qui sotto rappresenta drammaticamente l'incremento di mortalità (se volete pensioni non più pagate dall'INPS) nelle diverse province italiane:
Fonte dati: Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)
Il quadro che emerge è quello ormai noto con la Lombardia epicentro di un vero e proprio disastro sanitario e sociale. Veneto e Friuli V.G. sono le uniche Regioni del Nord che sono riuscite a limitare i danni. Interessante anche il confronto tra il dato INPS (pensioni pagate in meno rispetto a quanto atteso) rispetto al numero di decessi segnalati dal sito della Protezione Civile Nazionale (su dati forniti dal Ministero della Salute). Il confronto tra le sue sorgenti di dati mostra una forte differenza, tutta dovuta ai dati provenienti dalle regioni del Nord Italia:
Fonte dati: Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS)
La linea blu mostra l'eccesso di decessi avvenuto in concomitanza con l'epidemia di Covid-19 segnalato dall'INPS, mentre la linea rossa mostra l'andamento dei decessi comunicati al Ministero della salute e riportati nel sito della Protezione Civile nazionale. Il Trentino, nel suo piccolo, ha dato il suo contributo attribuendo ufficialmente a Covid-19 solo una parte (circa la metà) dei decessi imprevisti avvenuti nelle RSA. Immagino che situazini simili si siano verificate in altre regioni del Nord-Italia. Su molti di questi casi sono state avviate indagini giudiziarie ed oggi è molto difficile ottenere dati esaustivi. Comunque possiamo dire che le reticenze o le vere e proprie bugie "hanno le gambe corte". A fine mese basta fare il conto delle pensioni in pagamento per vedere i veri numeri di questa tragica contabilità.

mercoledì 20 maggio 2020

Il Trentino sempre in pole position (ma ne faremmo volentieri a meno ...)

Il Sole 24 ORE presenta oggi  un ampio rapporto sulla evoluzione della pandemia di Covid 19 in Italia elaborato dall'OMS e, tanto per cambiare, il Trentino primeggia per la gravità dell'epidemia. La situazione che appare dalla sintesi che appare sul Sole 24 ORE è rappresentata dalla figura che vedete qui sotto:

Fonte:il Sole 24 ORE
Il grafico è stato calcolato considerando il numero massimo di posti di terapia intensiva utilizzati in ogni Regione e rapportandolo con il numero di posti di terapia presenti prima dell'insorgere dell'epidemia. In effetti, il Trentino è quello che ha dovuto ampliare i posti più di tutti considerato che dai 32 posti disponibili prima dell'epidemia, siamo arrivati ad utilizzarne ben 81. Ricordiamo però che alcuni di questi posti sono stati dedicati a pazienti lombardi e che, nella fase apicale dell'epidemia, la Lombardia è stata costretta a mandare molte decine di pazienti in altre Regioni italiane ed anche in Germania. Purtroppo in Lombardia i posti letto aggiuntivi di terapia intensiva sono riusciti a farli quando non servivano più, grazie alla costosissima operazione Fiera di Milano che si è rivelata, più che altro, come come un effimero episodio di propaganda politica. Spiace che di fronte al disastro lombardo, il Trentino venga esposto come la "pecora nera" d'Italia. In Trentino la situazione è stata molto grave, ma certamente non più grave di quella lombarda

Allora perché il Trentino si trova nella non desiderata "pole position"?. Tutto deriva dal numero di posti di terapia intensiva disponibili in Trentino prima dell'epidemia. Se facciamo un confronto con le altre regioni del Nord Italia, il dato dei posti di terapia intensiva pre-Covid-19 del Trentino è effettivamente il più basso, normalizzando ovviamente per il numero di abitanti. Infatti, secondo i dati OMS avevamo circa 0,6 posti per ogni 10.000 abitanti, contro una media del Nord Italia pari a circa 0,9 posti per ogni 10.000 abitanti. Se a questo aggiungiamo che in Trentino la prevalenza dell'epidemia è stata la più alta di tutto il Nord-Est ecco spiegato il colore marrone scuro che caratterizza in negativo la nostra Provincia.

Sappiamo che decidere il numero di posti di terapia intensiva è anche una scelta politica: i posti costano perché non bastano attrezzature e spazi. Serve personale altamente specializzato e non sempre facilmente reperibile. Decidere di fare più posti di terapia intensiva significa togliere risorse ad altri settori della sanità pubblica, magari più spendibili dal punto di vista elettorale. Io non sono un medico e non ho idea di quale possa essere il numero ideale dei posti di terapia intensiva per un territorio come il Trentino. Resta il fatto che prima dell'epidemia ne avevamo molto meno rispetto alle altre Regioni a noi vicine. 

Quando la fase emergenziale sarà passata credo che gli esperti dovranno avviare un serio lavoro di revisione dei nostri sistemi sanitari. Anche la disponibilità di posti di terapia intensiva dovrà essere oggetto di opportune valutazioni.

martedì 19 maggio 2020

Se li cerchi li trovi (i contagiati!)

Ha fatto molto discutere il recente rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità che ha piazzato il Trentino al primissimo posto (ben distaccato rispetto a tutte le altre Regioni) nella non invidiabile classifica dei nuovi casi di Covid-19 fatti registrare nella settimana dal 4 al 10 maggio. A mio avviso, non c'è alcun dubbio che il Trentino abbia mostrato paurose défaillance nell'afforntare la fase iniziale dell'epidemia. Abbiamo pagato tutto questo con un numero terribilmente alto di lutti ed il fatto che ci siano in Trentino cinque Comunità di Valle con un livello di mortalità da Covid-19 superiore alla media lombarda dovrebbe spingere molti (politici e tecnici) a fare una doverosa autocritica. Tuttavia non ha neanche molto senso presentare il Trentino come se fosse il principale focolaio epidemico d'Italia. Questo vale soprattutto in questa fase calante dell'epidemia in cui se ci limitiamo a fare i tamponi solo alle persone con gravi sintomi è abbastanza facile scendere a numeri trascurabili dei nuovi contagi. Salvo lasciare i positivi asintomatici o pauci-sintomatici liberi di circolare, mantenendo comunque un tasso di diffusione dell'epidemia abbastanza alto, ideale per far ripartire una nuova crisi epidemica durante il prossimo autunno. Cercare il maggior numero di positivi - anche asintomatici - e tracciare i loro contatti è l'unica strategia che avrebbe senso perseguire in questo momento. Purtroppo se l'Istituto Superiore di Sanità rilascia le tabelle "dimenticando" di specificare oltre alla densità dei nuovi contagi anche la densità dei tamponi eseguiti (al netto di quelli utlizzati per la verifica dello stato virologico dei pazienti già in cura) si rischia di spingere le Amministrazioni regionali a frenare sull'utilizzo dei tamponi.

Senza pretese di completezza, ho provato a fare un esercizio in cui confronto l'andamento dei nuovi contagi riscontrati in Trentino e in Lombardia durante l'ultimo mese. La sorgente dei dati è la Protezione Civile Nazionale per la Lombardia, mentre per il Trentino ho usato i dati locali forniti da APSS (sappiamo che quelli nazionali dal 4 maggio in poi sono inaffidabili). Per semplicità ho diviso il numero assoluto di nuovi contagi registrati giornalmente per il numero di tamponi eseguiti. In pratica si tratta del numero di tamponi (nuovi) positivi per ogni 1000 tamponi eseguiti o - se preferite - della percentuale di tamponi (nuovi) positivi moltiplicati per mille Avrei dovuto togliere dal numero dei tamponi quelli che - come già ricordato sopra - vengono utilizzati per verificare lo stato virologico dei malati. Non dispongo di questa informazione e quindi uso per forza il numero assoluto dei tamponi. Questo porta ad una sottostima del rapporto dei tamponi (nuovi) positivi che - presumo - sia più o meno la stessa per ambedue i territori considerati. Il grafico che otteniamo è il seguente:
Nuovi positivi trovati giornalmente per ogni 1000 tamponi eseguiti

La linee tratteggiate sono un semplice fit esponenenziale che mostra come, aldilà delle fluttuazioni giornaliere sia il Trentino che la Lombardia registrino una tendenza alla discesa, più marcata per il Trentino rispetto alla Lombardia (la linea tratteggiata rossa è più pendente). Anche sui valori assoluti si nota una forte differenza: gli ultimi dati del Trentino presentano una incidenza di nuovi positivi pari a circa l'uno per cento contro circa il tre per cento della Lombardia. D'altra parte, se normalizziamo rispetto alla popolazione, solo in uno dei giorni considerati nel grafico la Lombardia ha eseguito un numero di tamponi che equivarrebbe a 1000 tamponi giornalieri del Trentino. In altre parole, in Lombardia è ancora fortemente carente l'attività di screening che consente di individuare anche una quota significativa di positivi asintomatici o pauci-sintomatici.

Utilizzando i dati del Ministero della Sanità diffusi dalla Protezione Civile Nazionale ho provato a calcolare il numero di "nuovi" tamponi fatti nelle regioni del Nord Italia durante la settimana che andava dal 4 al 10 maggio incluso. La stima di quanto siano effettivamente "nuovi" ovvero fatti a persone che non avevano mai fatto un tampone in precedenza è basata sull'incremento settimanale del numero di persone che sono state sottoposte a tampone. Ci sono dei margini di incertezza su cui non mi dilungo, ma il quadro che emerge è piuttosto chiaro:
In conclusione: a mio avviso i dati presentati dall'Istituto Superiore di Sanità mancano di una informazione essenziale (il Governo una volta tanto non c'entra per niente e stiamo attenti a non scadere nelle banalità del tipo "piove, Governo ladro!"!). Non dare la giusta rilevanza alla densità di tamponi rischia di veicolare un messaggio fortemente negativo che potrebbe convincere alcune amministrazioni regionali a tentare di "nascondere la polvere sotto il tappeto". Ovviamente non basta fare molti tamponi. Dietro ci deve essere una precisa strategia perché comunque i tamponi non si possono fare a tutti ogni due giorni (così come succede all'inquilino della Casa Bianca a Washington). Ma non fare abbastanza tamponi è la peggiore delle strategie possibili.

Suggerimento: la Fondazione GIMBE ha dedicato una particolare attenzione alle diverse politiche adottate dalle Regioni per monitorare lo sviluppo dei nuovi contagi durante la Fase 2 (inclusa la Regione che, secondo notizie di stampa, avrebbe chiuso in freezer più di un migliaio di tamponi e non li fa analizzare, così i nuovi positivi vanno certamente a zero!). Vi ricordo che la Fondazione GIMBE fa riferimento ai dati pubblicati dalla Protezione Civile Nazionale e quindi i dati sui contagi del Trentino sono largamente sottostimati.

sabato 16 maggio 2020

Pronti per il 18 maggio?

In fondo a questo post il 18 maggio ho
aggiunto un commento sui dati dei contagi
utilizzati dall'Istituto Superiore di Sanità



L'Istituto Superiore della Sanità (ISS) ha rilasciato, sia pure in zona Cesarini, lo stato aggiornato sull'evoluzione dell'epidemia di Covid-19 nelle Regioni/Province autonome italiane in previsione della ripartenza prevista per lunedi 18 maggio. La tabella riassume, in formato sintetico, lo stato dei 21 indicatori che sono stati identificati con il decreto dello scorso 30 aprile. I dati si riferiscono alla settimana 4-10 maggio, la prima dopo l'allentamento sia pure parziale delle misure di lockdown. Ulteriori informazioni sull'andamento dell'epidemia le potete trovare nel Bollettino ISS aggiornato lo scorso 14 maggio. Qui di seguito potete vedere il quadro complessivo comunicato da ISS:
Il Trentino si trova in una situazione apparentemente molto critica perché presenta l'incidenza di nuovi contagi settimanale più alta d'Italia (55 alla settimana per ogni 100.000 abitanti, al di sopra del livello di 50 casi settimanali per ogni 100.000 abitanti che in Germania servono a individuare una zona rossa). Si tratta, come detto prima, di dati che risalgono ad una settimana fa. Nell'ultima settimana siamo scesi sia pure di poco sotto questa soglia. Tuttavia la valutazione non tiene conto del numero di tamponi fatti in Trentino durante il mese di maggio che sono stati, per abitante, il numero maggiore d'Italia. Il paradosso è che se ne avessimo fatto la metà, avremmo un'incidenza sempre alta, ma almeno allineata con quella di Piemonte, Liguria e Lombardia (tutte nel range tra 25 e 30 nuovi contagi settimanali per ogni 100.000 abitanti). Nel fare la sintesi dei famosi 21 parametri l'ISS ha dimenticato di indicare, accanto al numero dei nuovi casi, anche il numeo di tamponi fatti per ogni 100.000 abitanti, al netto dei tamponi utilizzati per la verifica dello stato virologico di persone già identificate come positive. Un'altro elemento che l'ISS evidenzia in tabella è quello relativo all'indice di trasmissione del contagio Rt che per il Trentino appare piuttosto alto. Osservando il margine d'errore con cui l'indice viene calcolato per le diverse realtà regionali, si capisce come le stime siano affette da un ampio margine di indeterminazione. In Italia ci siamo fissati con questa idea di calcolare l'indice di trasmissione su base regionale, ma - a mio avviso - sono stime prive di vero significato "fisico" perché basate su numeri troppo piccoli. La stima dell'indice fatta a fine aprile per ilTrentino era molto più bassa di quella dell'Alto Adige (ricordiamo che la stima fa riferimento all'andamento del contagio registrato circa due settimane prima della data di calcolo). Adesso saremmo tra le realtà italiane con l'indice più alto. Il realtà - sempre secondo me - stiamo dando troppo significato a stime poco affidabili e la realtà del Trentino non è affatto peggiorata nel corso delle ultime due o tre settimane. Semplicemente sono stati fatti più tamponi e qui torniamo alla storia di prima.

Dove erano i vertici politici e sanitari trentini quando il Ministero della Salute discuteva assieme alle Regioni i criteri da adottare per il monitoraggio e per comunicarne i risultati? Se si impegnassero un po' di più potrebbero parlare con l'ISS e il Ministero della Salute per chiedere di dare il giusto rilievo al numero di tamponi fatti e magari potrebbero trovare il tempo per sistemare il vecchio problema della "doppia contabilità" Trento-Roma

Siamo quindi in una situazione per certi versi paradossale: se guardiamo i dati pubblicati giornalmente dalla Protezione Civile Nazionale il Trentino appare come un territorio quasi Covid-free, mentre secondo il monitoraggio ufficiale della Fase 2 saremmo quelli con il maggior numero di nuovi contagi in Italia. Ovviamente non è vera né l'una, né l'altra affermazione. Abbiamo una situazione certamente peggiore rispetto a molte altre Regioni per quanto riguarda le RSA, mentre per quanto riguarda l'incidenza dell'epidemia sul resto della popolazione sono convinto che almeno gran parte del Trentino sia in linea con il resto del Nord-Est.

Nota
Ringrazio il lettore Maurizio (vedere i commenti alla fine di questo post) per avermi segnalato una incongruenza nei dati dei contagi del Trentino che appaiono nel bollettino ISS.  Se andate a pag. 2 del bollettino vedrete che il Trentino viene segnalato tra i territori con nuovi casi in aumento perché avrebbe registrato 264 casi nella settimana dal 27 aprile al 3 maggio, contro 299 casi nella settimana successiva (dal 4 al 10 maggio compreso). Andando a vedere il numero di casi segnalati da APSS Trento, risultano questi numeri:
26 aprile:  4528 contagi
3 maggio:  4869 contagi
10 maggio:  5111 contagi
Facendo le differenze otteniamo 341 contagi nella settimana dal 27 aprile al 3 maggio e  242 nella settimana dal 4 al 10 maggio. La prima conclusione è che non ci sarebbe stato l'incremento di nuovi contagi settimanali riscontrato dall'ISS. Complessivamente, nella due settimane prse in considerazione, l'ISS riporta  563 nuovi casi, mentre secondo APSS Trento sarebbero 583. Più o meno i conti tornano, ma la tendenza all'aumento dei nuovi casi a me non risulta. Inoltre, come mi è stato fatto notare dal lettore Maurizio, il dato vero dell'incidenza settimanale non sarebbe 55,26 come indicato in tabella, ma circa 44,8. Il dato è sempre il più alto d'Italia, ma come ho ricordato sopra nel post bisognerebbe indicare anche quanti tamponi sono stati fatti per ogni 100.000 abitanti. Ricordo ai lettori che i parametri indicati in tabella sono molto importanti perché sono quelli che saranno considerati per decidere eventuali nuove chiusure a livello regionale. Bisogna quindi essere sicuri che i dati siano corretti e completi, altrimenti potrebbero succedere grossi guai.

venerdì 15 maggio 2020

Ormai il Trentino si è "incartato" nei numeri

 Aggiornamento 20 maggio
In fondo a questo post vedete il grafico dei dati "romani" aggiornato ad oggi. 
Manca poco all'incrocio!


Noto che le Autorità politiche e sanitarie del Trentino hanno deciso di proseguire imperterrite secondo il criterio "autonomo" di definizione dei nuovi contagi e la divergenza tra i numeri pubblicati giornalmente a Roma e quelli pubblicati a Trento cresce ogni giorno di più. Per i più pigri che non vogliono andare a cercare i dati sui siti, mostro qui sotto la situazione aggiornata a stasera:
https://covid19trentino.fbk.eu/
PCM-DPC dati forniti dal Ministero della Salute
La cosa assurda è che, pur in presenza di una doppia contabilità, alcuni dati sono molto vicini. In particolare i decessi a Roma risultano essere 451 contro i 454 comunicati a Trento. La casella guariti/dimessi del sito nazionale mostra correttamente un valore più grande rispetto a quello dei soli guariti mostrati a Trento (3461 mostrati a Roma comprendono anche i dimessi che sono ancora positivi al virus, mentre il numero di Trento 3361 indica solo le persone virologicamente negativizzate. Se andassimo per il sottile a Roma avremmo dovuto indicare come numero esatto 3496, ma sono sciocchezze rispetto alle altre differenze. Notate, ad esempio, quanti sono gli attualmente positivi indicati a Roma: solo 406, mentre dai dati trentini sappiamo che sono 1450. E questo rischia davvero di mandare in crisi tutto il sistema di doppia contabilità. Già attualmente, secondo i dati romani, risulterebbe che la percentuale di positivi che risultano ad oggi guariti o comunquue dimessi sia superiore all'80%. Poichè fortunatamente il numero di guariti cresce ancora rapidamente, nell'arco di una settimana (massimo due) succederà qualcosa di molto strano: in Trentino il numero dei guariti supererà quello dei contagiati! Il tutto è illustrato nella figura che segue dove sono riportati i dati "romani" del Trentino relativi a contagiati, guariti/dimessi e attualmente contagiati. Si vede benissimo che la linea verde (guariti) punta decisamente a incrociare  la linea rossa (contagiati a cui è sottratto il numero di coloro che, purtroppo, sono deceduti). Tra l'altro si nota come dopo il 4 maggio la curva rossa abbia repentinamente cambiato pendenza ed ora cresca molto lentamente. Sono davvero curioso  di vedere se avverrà quello che in fisica si chiama un "avoided crossing". Dall'altra parte, la linea blu degli attualmente positivi è ormai prossima a zero e anche questo è un problema perchè negativa non può diventare!.
Dati aggiornati al 20 maggio

Così dopo aver rovesciato in meno di una settimana la classifica della Fondazione Gimble, in Trentino si verificherà un altro miracolo. Chapeau!


Aggiornamento sulle RSA trentine

Ieri mattina, dopo quasi un mese dalla mia richiesta di accedere ai dati delle RSA trentine, ho ricevuto una sia pur parziale risposta. Parziale perché avevo chiesto di conoscere oltre alla distribuzione temporale dei decessi avvenuti nelle RSA trentine, anche il tempo medio intercorso tra entrata nelle RSA ed i decessi. Questo parametro è fondamentale per capire (in termini statistici ovviamente) quanti sono i mesi/anni di vita perduti a causa delle morti precoci provocate dall'epidemia. Questo dato non c'è nella risposta della APSS e considerato che ormai l'argomento è diventato oggetto di inchieste giudiziarie temo che non avrò modo di approfondirlo. Diciamo che la risposta che ho ricevuto la possiamo considerare come una sorta di "minimo sindacale".

Ho provato comunque a vedere cosa ci dicono i dati a disposizione. Li ho riassunti sinteticamente nella figura che vedete qui sotto:
La figura è piuttosto complessa e richiede un minimo di spiegazioni. I dati relativi agli anni 2018 e 2019 sono stati forniti aggregati su base mensile e sono rappresentati con le curve (costanti a tratti, tecnicamente parlando) di colore blu e verde, rispettivamente. I dati del 2020 sono rappresentati dalla curva di colore rosso e, durante il periodo della fase acuta dell'epidemia, sono stati aggregati su una scala temporale di circa 10 giorni. Osserviamo che l'andamento annuale presenta un massimo collocato nella stagione invernale, con una riduzione abbastanza marcata in corrispondenza della stagione estiva. Le due costanti a tratti di colore nero tratteggiate rappresentano i valori minimi e massimi che, in assenza di eventi particolari, ci aspetteremmo mediando i dati del 2018 e 2019 più quelli del 2020 fino alla data del 10 marzo. Il livello di significanza statistica è quello solitamente utilizzato pari al 95%. Osserviamo che tutti i valori corrispondenti al 2018, 2019 e inizio 2020 stanno all'interno della banda compresa tra la linea nera tratteggiata inferiore e la linea nera tratteggiata superiore. C'è un unico dato che si trova sia pure di poco sopra la linea nera tratteggiata superiore: è quello corrispondente al mese di gennaio 2018, ma la cosa non ha una particolare valenza. Poiché come già ricordato la questione è ormai in mano alla Magistratura vorrei fare alcune precisazioni a rischio di essere pedante:
  1. I dati sono quelli assoluti, ma andrebbero normalizzati rispetto al numero di ospiti effettivamente presenti all'interno delle RSA nel corso del tempo.
  2. Questa analisi considera per gli anni pregressi solo i dati 2018 e 2019. Un lavoro più accurato dovrebbe comprendere anche i dati relativi agli anni 2016 e 2017.
  3. Una analisi più accurata si potrebbe fare disaggregando i dati 2020 tra le RSA in cui sono stati registrati casi di Covid-19 rispetto a quelle dove non sono stati registrati casi.
L'effetto dell'epidemia di Covid-19 è drammaticamente evidente e si stacca nettamente rispetto all'andamento dei decessi prevedibile sulla base dei dati degli anni precedenti. In termini di decessi c'è una rapida salita dopo il 10 marzo, mentre nella prima decade di maggio (ultimo dato disponibile) la linea rossa sta tornando entro i limiti (bisogna però tenere conto che ad inizio maggio molti posti nelle RSA trentine erano purtroppo rimasti liberi). Tra i pochi altri dati disponibili relativi alle RSA trentine il documento più esaustivo è quello che avevo discusso in un post precedente. Il documento fa riferimento ai decessi avvenuti dal 1 marzo al 22 aprile (605 in totale) di cui 296 attribuito a Covid-19 (solo in parte inclusi nei conteggi ufficiali della Provincia). Il periodo in esame è quello rappresentato in figura dalle due frecce di colore blu. Per  la precisione le frecce blu indicano il periodo che va dal 1 marzo al 20 aprile, due giorni in meno rispetto al periodo considerato nell'altro documento. I decessi complessivi registrati dal 1 marzo al 20 aprile 2020 nelle RSA trentine sono stati 607 (fonte dati: documento che mi è stato mandato ieri). Tenuto conto dei due giorni di differenza, dal 1 marzo al 22 aprile avremmo circa 620 casi, una differenza di circa il 2% non particolarmente significativa in termini statistici. Teniamo pure 607 e sottraiamo i 296 casi attribuiti a Covid-19. Rimangono 311 casi, da confrontare con il numero di decessi attesi sulla base dell'andamento degli anni precedenti che risulta essere di 225 +/- 37 casi. In termini statistici, parliamo di un intervallo che va da 188 a 262 casi. Tutto è più chiaro se lo vediamo sotto forma di grafico:
Anche questa analisi conferma quanto già visto con analisi precedenti. L'aumento stagionale della mortalità che oggi abbiamo potuto includere nel conto non basta a spiegare perché il punto rosso non cada all'interno della banda di errore del punto verde, ma si trovi nettamente sopra il livello atteso. C'è quindi un eccesso di mortalità non spiegato come Covid-19 che tuttavia è avvenuto in concomitanza con l'epidemia.
 
 Capire l'origine di questo eccesso di mortalità non spiegato (parliamo di un po' più del 10% dei decessi totali fatti registrare nel periodo considerato) è tuttora un punto aperto.