giovedì 28 maggio 2020

Primi risultati dei test sierologici

Oggi sul Corriere della Sera è uscita una interessante intervista al prof. Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas, riconosciuto a livello internazionale come uno dei più eminenti immunologi. Tra i diversi riconoscimenti che gli sono stati attribuiti, ricordiamo che, nel 2019, è stato il vincitore del premio Pezcolller. Humanitas è un centro di ricerca, formazione e assistenza medica di grande livello, impegnato in prima linea nel contrasto all'epidemia di Covid-19. Nei giorni scorsi ha effettuato test sierologici ai suoi circa 4000 dipendenti dislocati in Lombardia. Si tratta di un campione non rappresentativo (da un punto di vista statistico) della popolazione lombarda perché comprende solo persone attive dal punto di vista lavorativo, anche se con caratteristiche abbastanza differenziate. Si andava infatti dai medici e dagli infermieri impegnati nel reparto Covid-19, ai docenti o agli impegati che durante l'epidemia hanno svolto il loro lavoro tramite tecnologie di smart-working. Nella sua intervista il prof. Mantovani ricorda, prima di tutto, i limiti tecnici delle indagini sierologiche realizzate con dispositivi compatti (kit). La loro affidabilità è limitata ed attualmente in commercio si trovano anche dispositivi di scarsissima qualità. Quando la probabilità che l'esame produca falsi positivi o falsi negativi va oltre qualche punto percentuale (2 o 3% tipicamente) i test rischiano di avere attendibilità pressoché nulla. Comunque, seguendo un rigoroso processo di validazione, è possibile selezionare dispositivi che garantiscano un adeguato livello di specificità e sensibilità. Tutto ciò premesso, i risultati dell'indagine effettuata sui dipendenti di Humanitas ha prodotto risultati molto interessanti: mediamente una percentuale del 12+/-1% del personale è risultato positivo al test, ovvero è venuto in contatto con il virus sviluppando i relativi anticorpi. Il dato varia sensibilmente a seconda della zona della Lombardia in cui vivono le persone sottoposte a test: si va da un minimo del 3% del personale della sede di Varese fino ad un massimo del 35-43% per il personale delle  sedi di Bergamo. Il risultato non è sorprendente ed è in linea con quanto risulta dal numero di positivi individuati con i tamponi, anche se in termini assoluti la percentuale dei positivi al test (che ricordiamo comprende anche moltissimi asintomatici e pauci-sintomatici) è molto superiore rispetto al valore di prevalenza calcolato sulla base dei tamponi. 
Figura tratta da: Corriere della Sera
Un risultato molto importante dello studio fatto sul personale Humanitas è legato al fatto che la percentuale di positivi cambia a seconda del luogo di residenza del personale, ma non cambia in base alla funzione svolta. In altre parole, il personale direttamente impegnato nell'assistenza ai malati di Covid-19 non mostra, a parità di luogo di residenza, un tasso di positività più alto rispetto al personale rimasto a casa a fare smart working. A dimostrazione - ammesso che ce ne fosse bisogno - che l'adozione di rigidi protocolli di sicurezza e la disponibilità di adeguati sistemi di protezione individuale mette al riparo dal contagio anche il personale impegnato in prima linea nella cura dei malati. Purtroppo questo non è successo con il personale di molte RSA trentine.
  
Recentemente sono state diffuse anticipazioni di stampa anche rispetto ai test sierologici effettuati nei comuni trantini più colpiti dall'epidemia di Covid-19. Va detto che i test sierologici fatti in questi comuni sono basati su esami di laboratorio piuttosto che sull'uso di  kit veloci e quindi si tratta di esami più affidabili. I primi dati che emergono per il Trentino parlano di una prevalenza (densità di contagi) dell'ordine del 20 % (parliamo, lo ricordo, dei comuni più colpiti) contro una media calcolata sulla base dei tamponi pari a circa il 4%. Quindi i contagiati effettivi sarebbero circa 5 volte di più rispetto a quelli individuati con i tamponi.

Anche se parliamo ancora di dati assolutamente preliminari, possiamo comunque affermare che i test sierologici stanno confermando quanto si diceva fin dall'inizio dell'epidemia: solo una frazione (fortunatamente) piccola di coloro che vengono a contatto con il virus manifesta sintomi tali da richiedere un intervento medico. C'è una grande frazione di contagiati che sono asintomatici o pauci-sintomatici, ma comunque in grado di trasmettere il virus ad altri. In un post dello scorso 13 marzo discutevo questo problema, quando ancora in APSS si riteneva "illogico" sottoporre a tampone il personale sanitario.

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