giovedì 30 settembre 2021

Per la prima volta dall'inizio della pandemia aumenta la mobilità delle persone e scendono i contagi

Quando, oltre un anno e mezzo fa, l'Italia si trovò ad affrontare l'inaspettata ondata pandemica, tutti noi scoprimmo il significato della parola lockdown, ovvero la combinazione di chiusure e di limitazioni alla libertà di spostamento delle persone che - soprattutto nella drammatica primavera 2020 - furono l'unico strumento a disposizione delle Autorità sanitarie per cercare di limitare la circolazione del virus. Qualcuno, alla fine di marzo 2020, si illudeva che sarebbero bastate poche settimane di lockdown per mettere la parola fine alla pandemia. In effetti, con il senno di poi, è chiaro che le cose erano molto più complicate.

Anche se nei mesi successivi non sono più stati applicati rigidi lockdown come quello che avevamo sperimentato nella primavera 2020, le limitazioni alla mobilità dei cittadini sono state mantenute per lungo tempo. Oggi rimangono ancora alcuni divieti per specifiche attività (ad esempio le discoteche), ma ormai si sta discutendo di rimuovere tutti i (pochi) vincoli ancora esistenti.

Se andiamo a  "misurare" il livello di mobilità degli italiani possiamo facilmente verificare che siamo ormai tornati a livelli molto alti, i più alti registrati dall'inizio della pandemia. Per capirlo, basta vedere, ad esempio, i dati elaborati e resi disponibili da Apple. L'andamento della mobilità degli italiani è mostrato (tramite una linea grigia) nel grafico seguente che è tratto dal sito di Sergio Sestili, fisico ed esperto di divulgazione scientifica, che è anche l'Autore di uno specifico studio dedicato alla correlazione tra contagi e mobilità.

Andamento della mobilità degli italiani (linea grigia) confrontato con quello degli indici Rt e CovIndex (linee bianca e gialla, praticamente sovrapposte)
 

Il dato della mobilità è confrontato con quello dell'indice Rt e con il cosiddetto CovIndex, un indicatore elaborato da Sergio Sestili che sostanzialmente ricalca i valori dell'indice Rt, ma ha il vantaggio di essere disponibile praticamente "in tempo reale" e di non richiedere 2 settimane di tempo prima di poter essere stimato, così come succede per l'indice Rt.

Si nota il crollo della mobilità a causa del primo lockdown, la parziale ripresa nei mesi estivi del 2020, seguita da una diffusa riduzione tra il mese di ottobre 2020 fino al maggio 2021 a causa della introduzione delle zone giallo-arancio-rosse.

Osservando i dati complessivi si vede che, almeno fino al mese di luglio 2021, la curva grigia (mobilità) e quella gialla (Rt) seguivano andamenti abbastanza simili. Un aumento della mobilità portava in generale ad un aumento dell'indice Rt (e naturalmente dei contagi). Nel luglio 2021 questa correlazione si è interrotta.

Durante l'estate appena trascorsa, la mobilità degli italiani è cresciuta progressivamente. L'arrivo della variante Delta ha determinato un temporaneo aumento dei contagi e - con essi - dell'indice Rt (e del suo equivalente CovIndex), ma - pur in assenza di chiusure di massa - non c'è stata la temuta forte ondata pandemica. 

Già nel mese di luglio, l'indice Rt ha raggiunto il suo valore massimo e durante il mese di settembre è sceso sotto quota 1. In altre parole, i contagi attualmente stanno calando così come sta succedendo per i ricoveri in ospedale. Tutto questo è avvenuto mentre la mobilità degli italiani si è assestata su livelli molto elevati, mai visti nel corso della pandemia.

Oggi non abbiamo certamente a che fare con un virus "clinicamente morto" perché il SARS-CoV-2, nella sua variante Delta, è estremamente contagioso, come ben sanno tanti non vaccinati che finiscono in ospedale, talvolta rischiando anche la vita. Il fatto che la situazione sia sotto controllo è dovuto senz'altro all'alto livello di vaccinazione che è stato raggiunto in Italia. Questo ci consente di limitare i danni, pur mantenendo un elevato livello di mobilità, a cui corrisponde un tasso di crescita economica che l'Italia non vedeva da decenni.

Tutto bene dunque? La risposta non può che essere improntata alla consueta prudenza. Il fatto che esista ancora una consistente fascia di cittadini che rifiutano il vaccino espone fatalmente a rischio tutti gli altri, specialmente le persone più anziane e fragili. Per loro è partita la somministrazione della terza dose vaccinale in modo da prevenire la possibile perdita di efficacia del vaccino dopo che siano passati 6-9 mesi dalla data di somministrazione. 

Forse chi rifiuta il vaccino dovrebbe pensare all'impatto devastante provocato dalla variante Delta in India e, più recentemente, nei  Paesi europei a basso tasso di vaccinazione come, ad esempio, la Bulgaria. Poi ognuno - per carità - è libero di decidere come vuole, ma non chieda - per favore - la "libertà" di infettare gli altri.


domenica 26 settembre 2021

Può arrivare una variante del virus così aggressiva da superare completamente le nostre difese immunitarie?

Questa è la domanda che oggi molti si pongono e alla quale non è possibile dare una risposta certa. Possiamo però cercare di capire quali dovrebbero essere le caratteristiche di questa versione "super" del virus SARS-CoV-2 e cercare di capire se e come potremmo difenderci da essa.

Un nuovo studio, pubblicato su Nature, suggerisce che sarà difficile per il virus produrre tale mutazione. Studiando dozzine di mutazioni naturali o selezionate in laboratorio, comprese quelle trovate nella variante Delta e altre varianti VOC (Variants Of Concern), i ricercatori hanno stabilito che - almeno in linea di principio - potrebbe essere possibile che appaia una nuova variante del SARS-CoV-2 super-aggressiva, purché sia in grado di raggruppare circa 20 delle giuste mutazioni che attualmente sono presenti nelle diverse varianti studiate. 

Si tratta di un evento possibile, ma statisticamente molto improbabile, a meno che la circolazione virale continui ad essere molto elevata a livello mondiale. Sappiamo infatti che ogni contagio, soprattutto nei soggetti immunodepressi, è una possibile "fabbrica di nuove varianti" e se i contagi dovessero continuare ad essere molto alti ancora per molto tempo, prima o poi, la variante "super" riuscirebbe a diffondersi.

Una tale variante sarebbe in grado di aggirare completamente le difese immunitarie che una persona mediamente genera dopo avere contratto la malattia o dopo essere stata sottoposta a vaccinazione.

Ma anche se il virus riuscisse in questa impresa, rimarrebbe comunque vulnerabile agli anticorpi che si trovano mediamente nelle persone che abbiano già contratto la malattia e siano state successivamente vaccinate con i vaccini ad mRNA. Queste persone potrebbero avere un elevato grado di protezione anche in caso di future epidemie prodotte da altri Coronavirus simili al SARS-CoV-2.

Insomma, almeno per loro, anche la forma più aggressiva del SARS-CoV-2 non sarebbe così pericolosa. Ulteriori studi sono necessari per verificare se un simile effetto si potrebbe osservare anche in coloro che non hanno mai contratto la malattia, ma attualmente sono sottoposti alla terza dose vaccinale.

Ricordo che questo studio è basato su misure di neutralizzazione del virus fatte in laboratorio e che si potrebbe discutere a lungo sul fatto se questo tipo di indagine dia informazioni complete sulle possibili difese messe in atto dal sistema immunitario umano. Si tratta comunque di un risultato incoraggiante che riduce i nostri timori rispetto alla possibile futura diffusione di forme più aggressive del virus.

Comunque, la cosa più sicura sarebbe quella di estendere la vaccinazione a livello mondiale, riducendo drasticamente la circolazione virale. Meno contagi significa anche una minore probabilità di vedere comparire nuovi ceppi virali. 

Abbiamo molta fiducia negli studi che i virologi fanno nei loro laboratori, ma è decisamente meglio non esporci a rischi inutili!

In Israele ci sono anche gli "ultra-no-vax"

Se i no-vax di casa nostra vi sembrano quantomeno imprudenti, sappiate che non c'è limite al peggio. Israele, alle prese con una forte diffusione del virus (anche se i dati dell'ultima settimana mostrano finalmente un consistente calo dei nuovi contagi), ha avviato un programma per la somministrazione di anticorpi monoclonali (Regen-COV) ai pazienti a rischio che sono stati trovati positivi al virus e potrebbero ritrovarsi, entro pochi giorni, tra i ricoverati in gravi condizioni.

Attualmente il livello dei pazienti classificati come gravi è più o meno stazionario e oscilla intorno a quota 700. Tale dato non è molto distante dal limite massimo (circa 1.000 casi) dei pazienti gravi che le Autorità sanitarie ritengono di poter trattare senza intaccare il livello di assistenza per coloro che soffrono di gravi patologie non Covid. Tuttavia - nei giorni scorsi - è già stata segnalata la saturazione di alcuni dispositivi medici ed in particolare degli ECMO (ossigenatori extra-corporei) che devono essere utilizzati per trattare i pazienti in condizioni più critiche. Attualmente Israele dispone di circa 50 dispositivi ECMO, di cui 37 utilizzati da pazienti Covid (31 di loro non sono vaccinati e la maggioranza ha meno di 60 anni). Sono già stati segnalati casi di pazienti affetti da altre gravi patologie che sono deceduti senza poter essere sottoposti al trattamento ECMO così come previsto dai protocolli di cura.

Gli ultimi dati provenienti da Israele confermano che i casi gravi comprendono una forte presenza di cittadini non vaccinati. Parliamo infatti di circa 170 malati gravi per ogni 100 mila abitanti non vaccinati, contro i 4 casi gravi ogni 100 mila abitanti rilevati tra coloro che hanno già ricevuto la terza dose vaccinale. Per coloro che sono stati vaccinati con 2 dosi, ma non hanno ancora fatto il richiamo, i casi gravi sono 35 per ogni 100 mila abitanti.

Come riferito dalla stampa israeliana, spesso i non vaccinati contagiati a cui viene proposto di ricevere il trattamento con anticorpi monoclonali rifiutano il farmaco. A quanto pare, non vogliono essere curati e sembra che la questione sia legata - per molti di loro - a questioni di carattere religioso. La situazione sta creando non poco imbarazzo tra le Autorità sanitarie israeliane e alcuni medici si sono spinti a parlare di "tendenze suicide". 

Talvolta gli approcci religiosi troppo integrali giocano brutti scherzi.

sabato 25 settembre 2021

Contagi nelle Scuole: la mascherina fa la differenza

L'Agenzia americana CDC (Centers for Desease Control and prevention) fa il punto sull'utilizzo delle mascherine nelle Scuole degli Stati Uniti. I risultati presentati da CDC si riferiscono a due studi diversi.

Il primo studio ha seguito l'andamento dei contagi in circa 1.000 Scuole dell'Arizona. Si è trovato che la presenza di focolai pandemici è stata 3,5 volte superiore nelle Scuole che non avevano adottato l'uso della mascherina rispetto a quelle che l'avevano imposta.

Il secondo studio è stato esteso a tutto il territorio nazionale ed ha riguardato 520 delle 3.142 contee in cui sono suddivisi gli Stati Uniti. In particolare, è stato analizzato l'incremento dei contagi tra i giovani in età scolastica a seguito dell'apertura delle Scuole. I dati confermano un aumento dei contagi associato all'apertura delle Scuole, nettamente più forte per le contee dove non si usavano le mascherine in ambiente scolastico:

Aumento giornaliero dei contagi registrato a seguito dell'apertura delle Scuole tra i giovani in età scolastica, a seconda dell'uso delle mascherine, in diversi momenti subito prima o subito dopo la riapertura delle Scuole. Le barre blu si riferiscono alle contee dove le Scuole non imponevano l'uso delle mascherine, mentre le barre azzurre si riferiscono alle contee dove c'era l'obbligo di indossare la mascherina all'interno delle Scuole. Tratto da CDC

I lavori pubblicati da CDC sono stati ripresi e commentati dalla CNN. Il commento finale è il seguente: "Le Scuole non sono ambienti intrinsecamente sicuri, ma possono essere rese più sicure adottando le dovute precauzioni. A tal fine, le mascherine sono sicuramente uno strumento utile".

I genitori no-mask che (negli Stati Uniti, ma anche in Italia) protestano contro le Scuole che impongono l'uso delle mascherine ai loro figli, dovrebbero leggere con attenzione i risultati pubblicati da CDC.

Se qualcuno sostiene che i vaccini non servono, mostrategli questi dati

Tra le tante sciocchezze che sentiamo ripetere frequentemente dai no-vax (e dai politici che lisciano loro il pelo) la più assurda si rifà all'affermazione secondo cui "i vaccini non danno una protezione assoluta e quindi servono a poco" con il corollario "se servono a poco, perché farsi vaccinare rischiando che ti inoculino qualche misterioso chip che ti comanderà il cervello oppure che ti capitino terribili e indefiniti futuri effetti avversi?".

Alcune delle persone che fanno questo tipo di affermazioni sono assolutamente irrecuperabili perché sono guidate da una sorta di furore ideologico ed altre sono in perfetta malafede (strizzano l'occhio ai no-vax, ma si sono fatti vaccinare). Per quelli - pochi o tanti che siano - che hanno ancora un pizzico di sale in zucca, potrebbe essere utile leggere questo post.

Qui di seguito vi presento una rielaborazione grafica dei dati su contagi, ricoveri e decessi in funzione dello stato vaccinale della popolazione italiana, pubblicati ieri dall'Istituto Superiore di Sanità. L'analisi è simile a quella fatta alcune settimane fa. Ho ripetuto l'esercizio per vedere se, con il passare del tempo, ci fosse una qualche evidenza di un calo dell'efficacia dei vaccini, soprattutto per la parte più anziana della popolazione. I dati di partenza sono quelli mostrati nella tabella seguente:

Dati relativi a vaccinazioni, contagi, ricoveri e decessi Covid in Italia pubblicati da ISS il 24 settembre 2021

Complessivamente, nei 30 giorni presi in considerazione, ci sono stati 877 decessi tra persone non vaccinate, 509 tra le persone completamente vaccinate e 57 decessi tra coloro che avevano ricevuto solo la prima dose. Se restringiamo la nostra attenzione alla categoria più a rischio - ovvero coloro che avevano almeno 80 anni d'età - troviamo 364 decessi tra le persone completamente vaccinate e 338 decessi tra quelle non vaccinate. Apparentemente i numeri sono abbastanza simili e qualche tifoso no-vax potrebbe essere tentato di concludere che il vaccino non serve a nulla (come puntualmente succede quando le cronache riportano di qualche anziano vaccinato morto di Covid-19). 

Dobbiamo però ricordare che la platea dei non vaccinati con almeno 80 anni di età comprendeva solo 283.500 persone, mentre i loro coetanei completamente vaccinati erano ben 4.562.910. I numeri complessivi dei decessi erano più o meno gli stessi per ambedue le categorie, ma la probabilità di morire di Covid-19 è stata 13,7 volte più alta per i non vaccinati

Vediamo ora una analisi più dettagliata. Non mi dilungo nella descrizione della metodologia seguita perché è la stessa utilizzata in precedenti post. Partiamo dal livello di protezione rispetto ai contagi:

Andamento dei contagi suddiviso per classi d'età e stato vaccinale. I dati sono normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti

A fronte di una media di 263 casi per ogni 100 mila abitanti nell'intero periodo considerato (dal 20 agosto fino al 19 settembre), si nota che il dato relativo ai vaccinati (barre blu) è di poco superiore ai 100 casi per 100 mila abitanti, mentre quello per i non vaccinati è 5-6 volte superiore. Quindi una prima risposta è che - per i vaccinati - la probabilità di contagio è - a parità di altre condizioni - decisamente inferiore rispetto a quella dei non vaccinati.

Ma il discorso non finisce qui perché la vera domanda è: "se una persona vaccinata viene comunque contagiata quale è la probabilità di contrarre una forma grave di Covid-19 che porti al ricovero o, in casi estremi, al decesso?"

Vediamo, in caso di contagio (che lo ricordo è 5-6 volte meno probabile per  i vaccinati) quale sia la probabilità di finire in ospedale o di morire. Ecco i dati:

Ricoveri per ogni 1.000 contagi in funzione dello stato vaccinale e della classe d'età

Ricoveri nei reparti Covid di terapia intensiva per ogni 1.000 contagi in funzione dello stato vaccinale e della classe d'età

Decessi per ogni 1.000 contagi in funzione dello stato vaccinale e della classe d'età

I grafici ci confermano che -  in caso di contagio - i casi gravi che possono portare al ricovero o al decesso sono decisamente superiori per i non vaccinati (barre rosse) rispetto ai vaccinati (barre blu). 

Riassumendo, i vaccinati sono decisamente meno esposti al contagio e, anche in caso di contagio, hanno una minore probabilità di contrarre forme gravi della malattia. Nessun vaccino può garantire una "protezione assoluta", ma i vantaggi sono evidenti.

Se andiamo a confrontare questi dati con quelli di un mese e mezzo fa, notiamo una certa riduzione del livello di protezione del vaccino. Per fare un confronto serio bisognerebbe fare una analisi statistica completa e tenere conto del margine di incertezza dei dati che soprattutto ad inizio agosto - quando i decessi erano veramente pochi - era piuttosto ampio. 

Se vi accontentate di una analisi "sommaria", vediamo come è cambiato il livello di protezione contro i contagi che portano al decesso nel periodo che va da inizio agosto fino ad oggi. Un calo si osserva sia per le persone di età compresa tra 60 e 79 anni (punti verdi) che per le persone con almeno 80 anni (punti rossi). La maggior parte di queste persone ha ricevuto il vaccino prima dell'inizio dell'estate. 

I dati sono calcolati come rapporto tra la probabilità di decesso delle persone completamente vaccinate rispetto ai coetanei non vaccinati. Il calo non è drammatico, ma si vede chiaramente per ambedue le classi d'età:

 

Grado di protezione rispetto ai decessi Covid per le persone  completamente vaccinate, misurato rispetto ai loro coetanei non vaccinati. I punti rossi si riferiscono alla classe d'età maggiore o uguale ad 80 anni, mentre i punti verdi sono quelli della classe d'età compresa tra 60 e 79 anni. I valori sono stati calcolati sulla base dei dati pubblicati settimanalmente dall'ISS. Le date sono quelle dell'ultimo giorno di raccolta dei dati relativi ai contagi (che precede di 5 giorni la pubblicazione dei rapporti ISS). Le linee tratteggiate sono fit lineari senza alcuna pretesa di carattere previsionale

Alla luce di questi numeri, risulta importante considerare la somministrazione della terza dose vaccinale, secondo la procedura che ormai è stata avviata anche in Italia.

Aggiornamento sulla pandemia: i dati italiani ed uno sguardo al resto del Mondo

I dati dell'ultima settimana confermano l'andamento leggermente calante del picco pandemico, sia in Italia, sia in molti altri Paesi europei.  In questo post vorrei cominciare la discussione partendo dal dato dei contagi mondiali che confermano complessivamente, una tendenza a scendere, pur in presenza di un dato in controtendenza proveniente dal continente americano (dovuto principalmente all'andamento registrato negli Stati Uniti):

Andamento dei contagi registrati a livello mondiale secondo i dati comunicati da ECDC

Ricordo che i dati raccolti da ECDC provengono dai rispettivi Governi nazionali e non sempre possono essere considerati completamente affidabili. In particolare, in molti Paesi a basso reddito (ad esempio, in Africa) si fanno pochissimi tamponi e il dato registrato ufficialmente potrebbe essere largamente sottostimato. In altri Paesi, le Autorità nazionali potrebbero avere comunicato dati "addomesticati" e non rispondenti alla reale situazione sanitaria.

Osservando il grafico si vede chiaramente la sequenza dei picchi pandemici che si sono susseguiti fino ad oggi. Il picco iniziale appare artificiosamente basso perché all'inizio della pandemia quasi nessun Paese era in grado di effettuare il necessario numero di tamponi. 

Si vede anche che l'incidenza dei diversi picchi non è stata la stessa nei diversi continenti. Questo è dovuto sia a motivi stagionali (spesso l'incidenza dei picchi pandemici è stata più alta durante la stagione invernale), sia alle diverse politiche di contenimento della circolazione virale che sono state adottate a livello mondiale. Negli ultimi 6 mesi il dato è stato fortemente influenzato anche dal diverso andamento della campagna vaccinale.

In questo momento è troppo presto per poter affermare che la pandemia si stia definitivamente avviando verso la fase conclusiva. Ragionevolmente, possiamo sperare che la situazione generale sia destinata ad un miglioramento grazie alla progressiva estensione della campagna vaccinale che, entro la prima metà del 2022, potrebbe raggiungere una vasta parte della popolazione mondiale. Tuttavia - al momento - rimangono alcune incognite come, ad esempio, quella legata alla possibile comparsa di nuovi ceppi virali più aggressivi. L'altra questione aperta riguarda la durata nel tempo della copertura vaccinale.

Passando dalla scala mondiale a quella europea, si nota un  diffuso miglioramento con la sola Slovenia che rimane classificata in colore rosso scuro e la ricomparsa di estese zone verdi in Italia (Valle D'Aosta, Piemonte, Lombardia e Molise). Solo Sicilia e Calabria rimangono zona rossa secondo gli standard ECDC:

Stato della pandemia in Europa secondo i parametri ECDC

Per quanto riguarda i dati dei contagi italiani, non si vede ancora un effetto imputabile alla recente riapertura della Scuole. I nuovi contagi sono ancora in calo:

Andamento dei nuovi contagi in Italia

Diminuisce, a livello nazionale, l'occupazione dei posti letto nei reparti Covid ospedalieri, anche se il dato sui nuovi ricoveri in terapia intensiva è rimasto uguale a quello della settimana precedente. Sarà importante vedere cosa succederà nelle prossime settimane perché il dato sulle nuove entrate in terapia intensiva è un indicatore piuttosto sensibile. Potrebbe trattarsi di una fluttuazione temporanea, ma se il valore si dovesse stabilizzare non sarebbe un buon segnale:

Variazione percentuale (mediata su base settimanale) del numero di posti letto occupati nei reparti Covid degli ospedali italiani

Nuove entrate settimanali (normalizzate rispetto ad un campione di 100 mila abitanti) nei reparti Covid di terapia intensiva degli ospedali italiani

Per quanto riguarda i decessi, dopo 3 settimane di sostanziale stabilità, si nota finalmente una certa tendenza a scendere. Per confronto, nello stesso grafico ho messo il numero dei decessi Covid registrati in Gran Bretagna. I dati italiani e britannici sono normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti e sono mediati su base settimanale per eliminare le tipiche fluttuazioni dovute ai ritardi nella registrazione dei decessi che avvengono durante i fine settimana. 

Recentemente, ho sentito una nota esponente del movimento no-vax dichiarare in televisione che i decessi in Gran Bretagna (che non usa il green-pass) sarebbero decisamente più bassi rispetto a quelli italiani. In realtà citava il dato di un lunedì che - per i motivi ricordati sopra - era particolarmente basso. I dati veri sono quelli riportati nella mia figura e mostrano che da molte settimane i decessi che avvengono in Gran Bretagna sono decisamente più numerosi rispetto a quelli che avvengono in Italia. 

La situazione in Gran Bretagna era migliore a fine primavera quando il Regno Unito traeva vantaggio da due diversi fattori: l'avanzata campagna vaccinale e l'esaurimento dell'ondata pandemica legata alla diffusione della variante Alpha che in Gran Bretagna è nata e si è diffusa con almeno 2 mesi di anticipo rispetto all'Italia. Con l'arrivo della variante Delta, molto più contagiosa della variante Alpha anche per le persone vaccinate (soprattutto per coloro che avevano fatto solo una dose vaccinale), la situazione britannica è rapidamente peggiorata ed è tuttora decisamente più critica rispetto a quella italiana:

Andamento dei decessi - normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti per l'Italia (linea rossa) e la Gran Bretagna (linea blu). I dati sono quelli giornalieri, mediati su base settimanale. Il dato britannico include solo i casi di coloro che sono deceduti entro 4 settimane dal primo tampone positivo. Se si dovesse tener conto di tutti i decessi (anche quelli avvenuti oltre il limite delle 4 settimane) il dato britannico dovrebbe essere aumentato di circa il 25%. Anche senza tenere conto di questo fattore, dall'inizio di luglio in poi, i decessi avvenuti in Gran Bretagna sono molti di più rispetto a quelli che sono avvenuti in Italia

Sempre a proposito di green-pass invito coloro che sostengono che viene utilizzato solo in Italia a farsi un giro nel vicino Canton Ticino, dove il green-pass viene controllato sempre quando si entra in zone a "rischio contagio" e tante volte ti chiedono anche la carta d'identità per verificare che non ci siano furbetti con il certificato di un altro. Ecco un esempio di vita reale:

Festa (all'aperto) con gli studenti nel nuovo campus universitario di Lugano

Prima di farti entrare, ti controllano il green-pass e la carta d'identità e poi ti mettono il braccialetto verde anti "infiltrati". Cosa avrebbero dichiarato i nostri professori "no-green-pass" se fosse accaduto in Italia?

Concludo con l'aggiornamento di un dato che avevo discusso in precedenti post, ma che suscita in me sempre una forte incredulità. In particolare, mi riferisco al dato dei decessi Covid registrati in Russia. I maligni sostengono che il presidente Putin avrebbe ordinato di "non superare quota 800 decessi giornalieri" e questo è quello che puntualmente succede da oltre due mesi, almeno secondo le statistiche ufficiali:

L'incredibile andamento dei decessi Covid avvenuti in Russia secondo le statistiche ufficiali comunicate dalle Autorità sanitarie di Mosca

martedì 21 settembre 2021

Che fine hanno fatto i tamponi salivari in Trentino?

A lungo annunciati, ma di fatto quasi mai utilizzati, i tamponi salivari sono diventati una sorta di "mistero trentino". Oggi il Dolomiti pubblica una sintesi della risposta di APSS Trento ad una richiesta formale di accesso agli atti dove vengono fornite alcune informazioni sullo stato di avanzamento del progetto.

I documenti APSS, almeno per quanto si riesce a capire da quanto è stato pubblicato da il Dolomiti, non sono molto dettagliati. In particolare, vengono riferiti i risultati su una indagine relativa a 1.003 persone che sono state sottoposte sia al tradizionale tampone naso oro-faringeo che al tampone salivare. Tutti i campioni sono stati sottoposti ad analisi PCR (reazione a catena della polimerasi). Sono stati confrontati i dati positivi e negativi, evidenziando le discordanze sui campioni relativi alla stessa persona ottenuti usando i due diversi metodi di prelievo. Solo 819 test su 1003 hanno dato un esito concordante.

La cosa non è sorprendente e corrisponde a quanto si legge in numerose pubblicazioni apparse in letteratura. Infatti i prelievi fatti con tamponi salivari sono molto più semplici da realizzare, ma sono soggetti a forti fluttuazioni della concentrazione virale. 

Il vero problema - a mio parere - è che non basta classificare i risultati come positivi o negativi. Le cose sarebbero decisamente più chiare se si potesse sapere, per ciascuna analisi, il valore esatto dei cicli di amplificazione a cui è stato sottoposto il campione (un numero basso di cicli implica una maggiore carica virale). Solo disponendo di tali dati si potrebbe capire se la differenza tra campioni salivari e oro-faringei è sistematica oppure se si ha a che fare solo con forti fluttuazioni statistiche.

In estrema sintesi, i prelievi con tampone salivare sono ben lungi dall'aver raggiunto il livello di affidabilità dei tamponi naso oro-faringei che - al momento - rappresentano ancora il metodo di riferimento per i prelievi. La semplicità d'uso dei tamponi salivari e la loro invasività decisamente minore rispetto ai tamponi tradizionali li rendono comunque attrattivi, soprattutto quando si ha a che fare con bambini o persone fragili.

Danni collaterali della pandemia

Il quotidiano inglese Evening Standard segnala un curioso aumento dei danni da caduta che, nel corso degli ultimi mesi, sono avvenuti tra i passeggeri che si muovevano lungo le scale mobili della metropolitana londinese (più nota come "Tube"). La causa sarebbe legata al fatto che molti passeggeri eviterebbero di appoggiare la mano sul corrimano, timorosi di contrarre il contagio da SARS-CoV-2.

Un anomalo incremento di incidenti legati a cadute accidentali è stato segnalato anche per la rete degli autobus urbani dove - a quanto pare - molti passeggeri stanno in piedi in precario equilibrio, preferendo evitare di "aggrapparsi agli appositi sostegni". 

Malgrado il potenziamento del programma di pulizia e l'introduzione - ancora parziale - di sistemi automatici di sanificazione basati su radiazione ultravioletta - i passeggeri della Tube sono ancora riluttanti ad utilizzare i corrimano. Gli incidenti - talvolta anche mortali - si contano a decine. A nulla sono valsi i ripetuti controlli effettuati dal prestigioso Imperial College che non hanno mai evidenziato la presenza di virus SARS-CoV-2 sui corrimano delle scale mobili della metropolitana londinese.

Non rimane che notare la palese contraddizione nei comportamenti dei passeggeri. Dopo che l'Inghilterra ha tolto tutte le restrizioni ufficiali, molti utenti della metropolitana non indossano più la mascherina, ma evidentemente hanno ancora paura di contrarre il contagio toccando superfici - secondo loro - infette. Forse sarebbe meglio disinfettarsi le mani con un po' di gel alla fine del viaggio ed evitare il rischio di brutte cadute.

lunedì 20 settembre 2021

Pfizer-BioNTech ha chiesto alla FDA l'autorizzazione per la distribuzione del suo vaccino per bambini di età compresa tra 5 ed 11 anni

Pfizer-BioNtech ha annunciato di avere messo a punto una versione "pediatrica" del suo vaccino ottimizzata per la somministrazione ai bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni. Rispetto al vaccino "standard" che è già stato autorizzato per coloro che hanno almeno 12 anni di età, il nuovo prodotto si distingue per il dosaggio ridotto (pari ad 1/3 rispetto a quello del vaccino "standard"), ma mantiene la stessa formulazione e la procedura di somministrazione in due dosi. 

Nello stesso comunicato Pfizer-BioNTech ha fatto sapere che - entro fine anno - dovrebbe essere completata anche una ulteriore sperimentazione finalizzata ad estendere l'età di somministrazione del vaccino tra i 2 ed i 4 anni.

Secondo quanto dichiarato da Pfizer-BioNTech, il livello di anticorpi  misurato nei bambini tra 5 ed 11 anni, un mese dopo aver ricevuto la seconda dose del vaccino "pediatrico", è simile a quello trovato nei giovani di età compresa tra 16 e 25 anni che avevano ricevuto la versione "standard" del vaccino.

Pfizer-BioNTech richiederà a breve alla FDA l'autorizzazione per la distribuzione del nuovo vaccino. Al momento, non è possibile sapere quale sarà la risposta della FDA. Se non ci saranno particolari intoppi, i tempi per l'analisi della documentazione potrebbero richiedere alcune settimane.

Quanto all'utilizzo del vaccino "pediatrico", è prevedibile che Israele possa diventare ancora una volta uno dei primi Paesi a sperimentarlo. Israele, con la sua demografia caratterizzata da una forte presenza delle giovanissime generazioni, è molto esposta al problema dei contagi che si propagano tra la popolazione in età scolare che non è stato ancora possibile vaccinare.

domenica 19 settembre 2021

Come vanno le RSA trentine?

Le RSA italiane - e quelle trentine in particolare - hanno pagato un duro tributo in termini di sofferenze e vite umane durante le ondate pandemiche che sono avvenute durante lo scorso anno 2020. A partire dal mese di gennaio 2021 - con l'arrivo dei vaccini - le RSA hanno registrato un rapido miglioramento, molto più veloce rispetto al resto della popolazione che ha ricevuto il vaccino nei mesi successivi. 

All'inizio dell'estate i casi di contagio nelle RSA trentine erano completamente azzerati. Poi, con l'arrivo della variante Delta e con la ripresa dei contatti con i familiari, c'è stata una certa crescita dei contagi, ma - fortunatamente - la situazione è ancora sotto controllo.

Il dato delle RSA è importante dal punto di vista epidemiologico perché riguarda pazienti spesso molto fragili a causa dell'età avanzata e della presenza di patologie multiple. Ambedue questi fattori tendono a ridurre le capacità difensive del loro sistema immunitario. Inoltre, avendo ricevuto il vaccino all'inizio del 2021, cì sono seri sospetti che l'efficacia della vaccinazione possa essere ormai entrata nella fase calante. Non a caso gli ospiti delle RSA sono tra le persone per le quali si sta programmando la somministrazione di una terza dose vaccinale.

C'è quindi un forte interesse per capire cosa stia succedendo tra gli ospiti delle RSA, osservando, in particolare, l'andamento dei contagi. La Provincia Autonoma di Trento è sempre stata molto "riservata" nel comunicare i dati relativi all'andamento epidemiologico delle RSA, ma leggendo attentamente i dati pubblicati è possibile ottenere qualche informazione più dettagliata.

Se andiamo a vedere i dati diffusi dalla Provincia e presentati dall'IRST (che si limita a dare una veste grafica ai dati distribuiti dalla Provincia) oggi ci sono in Trentino 500 persone virologicamente positive, ma nessuna di loro risulta essere ospite di una RSA

In realtà si tratta di un "trucco contabile" perché gli ospiti delle RSA positivi al virus vengono immediatamente spostati dalla RSA di appartenenza alle cosiddette "strutture intermedie" che altro non sono che strutture RSA esclusivamente dedicate al ricovero ed alla cura dei pazienti Covid (solo raramente qualcuno di loro viene ricoverato nei normali reparti ospedalieri). 

Leggendo con attenzione i dati ufficiali si trova una colonna denominata "tot_rsa" che rappresenta la somma dei positivi che ancora si trovano nella RSA di appartenenza (dall'inizio di maggio e fino ad oggi, questo numero è sempre stato uguale a 0) e di quelli ricoverati nelle strutture intermedie (oggi sono 7). Il grafico seguente fa vedere l'andamento dei positivi registrati tra gli ospiti delle RSA trentine (esclusi gli eventuali ospedalizzati) durante questa estate 2021:

 

Residenti nelle RSA trentine positivi al virus

Tenuto conto che le RSA ospitano circa l'1% degli abitanti del Trentino, la percentuale di ospiti positivi al virus è più o meno in linea con quella dell'intera popolazione (ricordo che in Trentino ci sono 500 attualmente positivi). Anche tenendo conto che, rispetto al resto della popolazione, gli ospiti delle RSA sono mediamente meno esposti al rischio di contagio (soprattutto se i loro familiari si sono vaccinati ed assumono comportamenti prudenti), possiamo comunque dedurre che - almeno fino ad oggi - non si è ancora manifestato il temuto crollo dell'efficacia dei vaccini

Malgrado la forte contagiosità della variante Delta, siamo - per fortuna - molto distanti dalle criticità che erano state osservate durante i picchi pandemici del 2020 quando i vaccini non erano ancora disponibili. Ricordo che durante la prima ondata pandemica gli ospiti delle RSA positivi al virus avevano raggiunto quota 600, poco meno di 1/4 del numero complessivo di coloro che risultavano virologicamente positivi in tutto il Trentino. All'inizio del 2021 (vedi figura) tale rapporto era pari a circa 1/10 ed è progressivamente diminuito con il progredire della campagna vaccinale:

Confronto dell'andamento del numero di persone positive all'interno delle RSA rispetto a quello degli altri residenti in Trentino durante il picco pandemico avvenuto in concomitanza con la diffusione della variante Alpha. Si nota il forte effetto delle vaccinazioni avvenute durante lo scorso mese di gennaio

In pratica, anche per il picco pandemico associato alla variante Delta, stiamo osservando un elevato livello di protezione per gli ospiti delle RSA trentine, analogo a quello osservato la scorsa primavera quando si registrò il picco pandemico legato alla diffusione della variante Alpha (vedi figura). Da notare che - a differenza di quanto avvenne durante lo scorso mese di marzo - ormai abbiamo a che fare con persone che sono state vaccinate più di 6 mesi fa.

Naturalmente la situazione va seguita con molta attenzione e bisogna essere pronti con il richiamo vaccinale, ma i numeri sono ancora buoni e - al momento - non destano particolari preoccupazioni.


sabato 18 settembre 2021

La proposta della FDA sulla terza dose in USA irrita Israele

Il comitato tecnico indipendente incaricato dalla FDA americana di discutere sulla somministrazione di una terza dose vaccinale ha concluso i suoi lavori raccomandando che - per chi è stato vaccinato con Pfizer-BioNTech - sia prevista la possibilità di somministrare un richiamo solo per chi ha almeno 65 anni di età o soffra di particolari fragilità. La proposta non è stata ancora accolta ufficialmente, ma solitamente le Autorità sanitarie americane si attengono strettamente alle raccomandazioni fatte dai comitati tecnici indipendenti.

Israele, inizialmente, aveva seguito la stessa strada, ma poche settimane dopo l'inizio della somministrazione del richiamo ha deciso di renderlo disponibile per tutti coloro che avessero ricevuto la vaccinazione da almeno 6 mesi, inclusi i giovani con almeno 12 anni d'età.

L'argomento è controverso ed - a livello scientifico - è stato oggetto di vivaci polemiche. Di fronte all'autorevole presa di posizione della FDA, la reazione delle Autorità israeliane è stata un po' stizzita. A quanto pare Israele è deciso a continuare a somministrare la terza dose a tutti, dodicenni inclusi, anche se c'è il timore che, dopo la raccomandazione fatta dalla FDA, molti cittadini israeliani sotto i 65 anni non facciano il richiamo.

Intanto la rivista The New England Journal of Medicine ha pubblicato il primo studio sul livello di protezione indotto dalla terza dose vaccinale nei cittadini israeliani sopra i 60 anni di età. I dati dicono che, rispetto a chi aveva ricevuto solo due dosi vaccinali entro la fine dello scorso mese di febbraio, il livello di protezione rispetto ai contagi sintomatici (anche di lieve gravità che non richiedono ospedalizzazione) cresce di un fattore 11,3 (l'intervallo di confidenza al 95% è compreso tra 10,4 e 12,3). Per i contagi che comportano l'ospedalizzazione, il livello di protezione cresce di un fattore 19,5. In questo secondo caso l'intervallo di confidenza è più ampio perché i casi sono meno numerosi e va da 12,9 a 29,5. Questi dati sono stati rilevati durante un intervallo di tempo della durata di 17 giorni, misurati a partire dal 12-esimo giorno dopo la somministrazione della terza dose. 

Si tratta di dati ancora parziali (la somministrazione della terza dose in Israele è iniziata all'inizio dello scorso mese di Agosto) e non possono dirci nulla sulla durata nel tempo della protezione indotta dal richiamo.

venerdì 17 settembre 2021

Aggiornamento sulla pandemia in Italia: evidenti segni di miglioramento

I dati della settimana che si conclude oggi confermano la tendenza al miglioramento evidenziata nella settimana precedente. In particolare, dopo 8 settimane di aumento, il numero complessivo dei ricoveri - mediato su base settimanale - mostra finalmente un valore di diminuzione.

L'andamento dei contagi mostra un valore calante con una tendenza verso livelli ancora più bassi:

La linea grigia mostra il dato giornaliero dei contagi. La linea blu rappresenta il valore dei contagi mediato su base settimanale

Come anticipato precedentemente, questa settimana sono calati sia il numero di persone ricoverate nei reparti Covid, che i nuovi ricoveri nei reparti Covid di terapia intensiva. Quest'ultimo dato  - lo ricordo - è forse quello meno "manipolabile" tra tutti i parametri utilizzati per controllare l'andamento della pandemia:

Variazione percentuale del numero di pazienti ricoverati nei reparti Covid degli ospedali italiani. Il dato è mediato su base settimanale. Finalmente, dopo 8 settimane di aumenti, assistiamo ad una riduzione

Nuovi ricoveri settimanali nei reparti Covid di terapia intensiva. Il dato è normalizzato rispetto ad un campione di 100 mila abitanti

Il dato settimanale dei decessi è ancora sostanzialmente stabile, ma dovrebbe presto mostrare una inversione di tendenza:

Decessi Covid normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti

Rispetto alla media europea, l'Italia mostra valori abbastanza buoni, con tre sole regioni (Sicilia, Basilicata e Calabria) ancora classificate come "rosse" secondo gli standard ECDC:

Stato della pandemia in Europa secondo i dati raccolti da ECDC

A livello generale si nota un miglioramento specialmente in Spagna e Portogallo e, parzialmente, in Francia.  Rimangono alcune zone "verdi" nella parte centro-orientale dell'Europa, ma sono comunque più ristrette rispetto alle precedenti settimane. Le zone "rosso scure"  sono limitate ad alcune regioni di Francia (Costa Azzurra), Slovenia occidentale, Repubblica d'Irlanda (specialmente al confine con l'Irlanda del Nord) e nel sud della Norvegia (Oslo e la contea di Viken che circonda la capitale, fino al confine con la Svezia). Notiamo che ben 2 delle 4 zone "rosso scuro" attualmente presenti in Europa si trovano ai confini dell'Italia.

La Grecia non ha più zone "rosso scuro": i turisti sono tornati a casa ed i contagi stanno calando.




giovedì 16 settembre 2021

Aggiornamento da Israele: la terza dose riduce drasticamente i casi gravi tra gli anziani

Gli ultimi dati provenienti da Israele confermano che la terza dose vaccinale (ormai somministrata a quasi 3 milioni di cittadini israeliani) riduce drasticamente la probabilità di finire in ospedale in condizioni definite come "gravi". 

Stato attuale della campagna vaccinale in Israele. Si noti la forte presenza, anche nelle classi d'età più avanzata, di cittadini che rifiutano il vaccino, soprattutto per motivazioni di carattere religioso (ebrei ultra-ortodossi) o per la diffidenza nei confronti delle Autorità politiche israeliane (cittadini israeliani di origine araba)

Ricordo che, secondo la definizione usata in Israele, la categoria dei casi "gravi" va ben oltre quei casi che prevedono il ricovero in terapia intensiva. Tipicamente meno di 1/3 dei pazienti classificati come "gravi" sono collegati al respiratore e meno della metà di loro versa in condizioni definibili come "critiche".

Secondo uno studio non ancora pubblicato, ma i cui risultati principali sono stati anticipati dai quotidiani israeliani, l'aumento di anticorpi neutralizzanti indotto dalla terza dose vaccinale (parliamo ovviamente del vaccino Pfizer-BioNTech che è l'unico utilizzato in Israele) sarebbe mediamente superiore per circa un ordine di grandezza (un fattore 10) rispetto a quello indotto dalla seconda dose.

Ovviamente è ancora troppo presto per poter azzardare qualsiasi ipotesi sulla durata nel tempo della protezione aggiuntiva indotta dalla terza dose. Qualcuno ritiene che potrebbe essere più duratura rispetto alla vaccinazione originale (che inizia a decadere sensibilmente dopo 6-9 mesi), ma - al momento - si tratta solo di congetture, tutte da verificare.

Mentre autorevoli scienziati (anche in Israele) criticano fortemente l'idea di sottoporre alla terza dose vaccinale tutta la popolazione e ritengono che il richiamo dovrebbe essere somministrato esclusivamente alle persone più anziane e fragili, i dati provenienti dagli ospedali israeliani dimostrano che, almeno nel breve periodo, la terza dose è stata determinante per proteggere i cittadini con 60 o più anni rispetto ai contagi "gravi":

Cittadini israeliani con 60 o più anni ricoverati nei reparti Covid in condizioni giudicate "gravi". Si noti che la scala del grafico è semi-logaritmica. I dati sono normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti e sono disaggregati in base alla condizione vaccinale dei cittadini

In estrema sintesi, attualmente la probabilità di finire in ospedale in condizioni "gravi" per un cittadino israeliano con 60 o più anni che abbia ricevuto la terza dose vaccinale è solo 1/37 rispetto ad un coetaneo non vaccinato. Per chi ha fatto solo la vaccinazione, ma non ha ancora ricevuto il richiamo, la probabilità di finire in ospedale in condizioni "gravi" è circa  9 volte superiore rispetto a chi ha ricevuto la terza dose.

mercoledì 15 settembre 2021

La mortalità in eccesso registrata in Europa dall'inizio della pandemia fino ad oggi

Dopo oltre un anno e mezzo di pandemia è possibile verificare quale è stato l'effettivo impatto che la Covid-19 ha provocato sulla mortalità registrata nei diversi Paesi Europei. I dati, raccolti su base mensile, sono stati pubblicati da Eurostat che ha anche realizzato una infografica molto efficace per rappresentarli.

Fin dall'inizio della pandemia si è discusso a lungo su quante fossero le vere vittime della Covid-19. In particolare alcuni hanno parlato di morti "per Covid" da distinguerli rispetto ai morti "con Covid". Il ragionamento di fondo era quello che solo persone molto anziane e in condizioni malferme di salute potessero morire a causa del contagio. Secondo questa corrente di pensiero i decessi attribuiti alla Covid 19 sarebbero solo eventi in qualche maniera "anticipati", ma solo di poche settimane perché le stesse persone sarebbero comunque decedute a breve a causa delle precedenti patologie di cui soffrivano.

Non c'è dubbio che numerosi decessi hanno riguardato persone particolarmente fragili, ma c'è una prova "regina" per verificare se la grande maggioranza dei decessi sarebbero comunque avvenuti da lì a breve, anche in assenza della pandemia. Basta valutare l'eccesso di mortalità registrato nel corso di un certo periodo di tempo (tipicamente 1 mese) confrontandolo con la media dei decessi avvenuti durante lo stesso mese nel quadriennio 2016-2019, prima che il SARS-CoV-2 comparisse sulla scena mondiale. L'eccesso di mortalità (quando c'è) può essere senz'altro attribuito alla pandemia ed esclude i decessi che sono stati anticipati di poche settimane. 

Va ricordato che quando si parla di eccesso di mortalità legato alla pandemia includiamo nel conto sia coloro che sono morti a causa del contagio, sia coloro che soffrivano di altre patologie, ma non sono stati curati adeguatamente a causa della ridotta funzionalità degli ospedali saturati dai pazienti Covid. Questa seconda tipologia di decessi varia sensibilmente a seconda del livello di assistenza offerto dai Sistemi sanitari dei diversi Paesi (è maggiore nei Paesi con strutture ospedaliere più deboli).

I dati Eurostat mostrano una progressiva riduzione dell'eccesso di mortalità nel corso del 2021, man mano che in Europa progrediva la campagna vaccinale. Malgrado l'arrivo della variante Alfa, seguita pochi mesi dopo dalla contagiosissima variante Delta, non si sono rivisti - almeno fino al mese di luglio 2021 - gli eccessi di mortalità registrati nel corso del 2020. 
 
Ovviamente, prima di trarre conclusioni definitive, sarà bene attendere la prossima stagione fredda (nel 2020 il picco di eccesso di mortalità in Europa fu registrato nel mese di novembre), ma i dati fin qui disponibili sono comunque molto incoraggianti.

Sempre collegato al tema dell'impatto dei vaccini sulla mortalità, vi segnalo un articolo apparso sul New York Times nel quale si anticipano i risultati di una analisi dei decessi Covid accaduti in USA durante i mesi di luglio e agosto 2021. La domanda che si sono posta gli analisti è: "Quante vite umane si sarebbero potute salvare se tutti gli Stati americani avessero portato avanti campagne vaccinali rapide ed efficaci come è accaduto, ad esempio, nello Stato del Vermont?"
 
La questione ha assunto anche forte colorazione politica perché generalmente gli Stati con minore tasso di vaccinazione sono quelli che, durante le ultime elezioni presidenziali, si erano espressi per la conferma del Presidente Trump. Ma lasciando stare qualsiasi polemica, è un dato di fatto che - mediamente - ci siano più decessi negli Stati dove la percentuale di popolazione vaccinata è più bassa.
 
L'articolo (che lo ricordo non è ancora apparso su una rivista scientifica e quindi non è stato ancora sottoposto alla valutazione di referee esterni) conclude che - a fronte dei 35.700 decessi Covid registrati in USA nei mesi di luglio e agosto 2021 - se tutti avessero seguito i ritmi vaccinali del Vermont, gli Stati Uniti avrebbero contato 19.500 decessi. 
 
Oltre 15 mila vite umane immolate sui pregiudizi no-vax. Scusate se è poco!


martedì 14 settembre 2021

Aggiornamento dalla Gran Bretagna: green-pass? No, thank you

Contrariamente rispetto a quanto annunciato all'inizio di settembre, l'Inghilterra ha rinunciato ad introdurre l'utilizzo del passaporto vaccinale (o del green-pass come viene chiamato in Europa). La decisione è stata motivata ricordando l'alto tasso di vaccinazione raggiunto dalla popolazione. Per l'intera Gran Bretagna, l'81% di coloro che hanno più di 15 anni sono stati completamente vaccinati. Se si considerano anche coloro che hanno ricevuto solo la prima dose, il tasso di vaccinazione sfiora il 90%. 

Mi sembra che l'ultima scelta inglese sia solo un'altra faccia dell'approccio ondivago fin qui seguito nell'affrontare la pandemia. Inizialmente, il premier BoJo ha cercato di convincere i suoi cittadini che, in fondo, si trattava solo di dare un prematuro addio ad un po' di vecchietti. Poi, quando ha rischiato lui stesso di diventare il soggetto passivo degli addii prematuri, ha cambiato radicalmente idea, attivando drastiche misure di lockdown. Attualmente sembra essere tornato all'idea originale anche se gli va dato atto di avere realizzato una campagna vaccinale molto efficace. 

Nel frattempo l'Inghilterrra procede con quello che è stato chiamato "il piano A": a breve inizierà la somministrazione della terza dose per tutti coloro che hanno almeno 50 anni e per le persone più giovani che soffrono di specifiche fragilità. Recentemente è stato anche deciso di estendere la vaccinazione anche ai giovani di età compresa tra 12 e 15 anni, sia pure somministrando solo una singola dose. Si tratta di una scelta presa dopo molte discussioni di cui - a mio avviso - non si capisce  il razionale,  considerato che tutti gli studi hanno confermato la scarsa efficacia di una singola dose vaccinale nei confronti della variante Delta.

Nel frattempo, l'abolizione di qualsiasi forma di prevenzione non medicale (sostituita da un generico richiamo al "buon senso" dei cittadini) ha determinato un significativo aumento della circolazione virale: praticamente nessuno usa più la mascherina anche nei luoghi più affollati ed i dati dei contagi sono sempre molto alti. Sono alti anche i dati dei ricoveri (nei reparti Covid ordinari e di terapia intensiva), mentre continua a crescere il dato dei decessi.

Per confrontare la situazione della Gran Bretagna con quella dell'Italia bisogna ricordare che i tamponi fatti in Gran Bretagna sono - normalizzati rispetto alla popolazione - circa 3 volte quelli fatti in Italia. Questo può spiegare, almeno in parte, la forte differenza dei contagi che attualmente in Gran Bretagna sono mediamente 6 volte quelli italiani. Anche i dati sulle ospedalizzazioni e dei decessi sono molto più alti in Gran Bretagna (più che doppi rispetto all'Italia) e - soprattutto - fino a questo momento non mostrano una chiara tendenza verso la discesa.

Ecco i dati aggiornati della Gran Bretagna:

Nuovi contagi settimanali per ogni 100 mila abitanti

Nuovi ricoveri settimanali nei reparti Covid per ogni 100 mila abitanti

Pazienti Covid ricoverati nei reparti di terapia intensiva per ogni 100 mila abitanti. Il dato considera solo coloro che sono intubati

Decessi Covid settimanali per ogni 100 mila abitanti (solo i decessi avvenuti entro 4 settimane dalla data del primo tampone positivo)

Ricordo che il dato della Gran Bretagna (circa 66,6 milioni di abitanti) è largamente condizionato dall'andamento dell'Inghilterra che, da sola, conta circa 56 milioni di abitanti. Ricordo inoltre che le politiche sanitarie delle singole Nazioni che costituiscono il Regno Unito sono gestite in totale autonomia dai Governi nazionali. Il Premier Boris Johnson decide quindi solo per la politica sanitaria inglese, ma le sue decisioni hanno ovviamente un peso determinante sull'andamento complessivo dei dati che riguardano l'intera Gran Bretagna.

In conclusione, la decisione inglese di lasciare che la pandemia faccia il suo corso confidando solo sui risultati (significativi) della campagna vaccinale non sembra - almeno per il momento - vincente. Altri Paesi - come l'Italia - che hanno vaccinato meno persone, ma hanno mantenuto alcune misure di prevenzione non sanitaria della pandemia, hanno dati migliori.

L'alta contagiosità della variante Delta ed il possibile calo dell'efficacia vaccinale dopo che sono passati 6-9 mesi dalla somministrazione della seconda dose possono limitare l'effetto positivo dei vaccini. Il fatto che la Gran Bretagna oggi abbia mediamente più di 1.000 pazienti intubati causa Covid non è poca cosa ed il  Sistema sanitario britannico non può certamente essere considerato in condizioni di "normalità". 

Ovviamente le scelte politiche dipendono dal livello di danni sanitari e di lutti che i diversi Paesi sono disposti ad accettare per vivere "come se la pandemia non ci fosse".

lunedì 13 settembre 2021

Il "prestigioso" convegno internazionale ospitato dal Senato sulle fantomatiche "cure domiciliari" della Covid-19

Leggo nelle cronache di oggi una notizia che mi lascia assolutamente stupefatto. Si tratta, in particolare, del convegno ospitato dal Senato della Repubblica (con tanto di messaggio di benvenuto della Presidente Casellati che ringrazia gli organizzatori del "prestigioso" (sic!) convegno internazionale) nel quale è stato fatto il punto sulle terapie domiciliari "alternative" che, a detta dei relatori, garantirebbero una pronta guarigione dalla Covid-19. Un cocktail di farmaci tra cui ci sono anche ivermectina e idrossiclorochina dovrebbe essere eventualmente integrato dal plasma iperimmune in caso di aggravamento del paziente. 

Con un piccolo particolare che dovrebbe far riflettere: i pazienti desiderosi di sottoporsi a tali cure dovrebbero preliminarmente firmare una liberatoria nella quale esonerano il medico curanteda ogni responsabilità civile, penale e morale per effetti collaterali che dovessero  conseguire all’applicazione del suddetto approccio terapeutico (in particolare per ciò che concerne i farmaci off label, il cui uso, ad oggi, è sconsigliato, ma non vietato) assumendosene in pieno gli eventuali rischi”.

Purtroppo numerosi studi indipendenti fatti (in doppio cieco) in diversi Paesi hanno dimostrato che idrossiclorochina, ivermectina e plasma iperimmune  non producono benefici apprezzabili e che - in numerosi casi - possono provocare effetti avversi significativi.

Insomma il peggio della disinformazione scientifica coniugata con il "complottismo senza limitismo". Chi propaganda tali idee rischia di indurre le persone più credulone a non vaccianarsi o a rimandare le cure ospedaliere nel caso di contagio grave.

Non si dovrebbe scherzare con la salute delle persone e la cosa è ancora più grave se questo avviene con il sostegno di un grande partito nazionale che, tra l'altro, in questo momento condivide (almeno sulla carta, o forse solo a giorni alterni) le responsabilità di Governo. Se poi una delle massime cariche dello Stato (forse un po' distratta) aggiunge la sua "benedizione" non mi resta che commentare: "mala tempora currunt!"

Secondo un editoriale apparso su The Lancet non serve la somministrazione generalizzata della terza dose

The Lancet ha pubblicato un editoriale nel quale viene messa in discussione l'opportunità di somministrare in modo generalizzato una terza dose vaccinale. Tale prassi è stata avviata a fine luglio da Israele ed attualmente altri Paesi si accingono a seguire la stessa strada.

Secondo gli Autori dell'editoriale (che hanno svolto un'analisi di tutti i dati sull'efficacia dei vaccini fin qui pubblicati), coloro che hannno ricevuto due dosi mantengono ancora un livello adeguato di protezione rispetto a tutte le varianti attualmente in circolazione, soprattutto se si considera solo la possibilità di contrarre forme gravi di Covid-19. 

Il punto chiave sarebbe che - fatto salvo il discorso delle persone più anziane e fragili - sarebbe inutile estendere la terza dose vaccinale a tutti, inclusi i ragazzi, come è stato fatto in Israele. Per loro, la terza dose vaccinale inciderebbe poco sulla copertura rispetto ai contagi gravi che sarebbe già abbondantemente garantita dalle prime due normali dosi vaccinali.

Se ci sono molti vaccini a disposizione, secondo gli Autori, sarebbe più utile distribuirli nei Paesi dove, fino ad oggi, sono state fatte poche vaccinazioni e dove, statisticamente, è più probabile che nascano nuove varianti virali.

Nel caso in cui, in futuro, dovessero apparire ceppi virali in grado di sfuggire completamente agli attuali vaccini, invece di una ulteriore dose dei vaccini fin qui utilizzati sarebbe molto meglio somministare una nuova versione dei vaccini. Ma, al momento, questo ulteriore passaggio non sarebbe ancora necessario.

La presa di posizione pubblicata da The Lancet sottolinea la necessità di ulteriori approfondimenti scientifici prima di prendere decisioni sulla somministrazione generalizzata della terza dose.

sabato 11 settembre 2021

Aggiornamento sulla pandemia in Italia: 10 settembre

Partiamo subito dalle buone notizie. Finalmente - dopo 8 settimane di continui aumenti - il numero dei nuovi ricoverati nei reparti Covid di terapia intensiva mostra una lieve discesa:

Nuovi ricoveri settimanali nei reparti Covid di terapia intensiva degli ospedali italiani normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti

Il numero assoluto dei nuovi ricoveri in terapia intensiva è ancora attestato intorno ad una media di circa 40 casi al giorno (corrispondenti a poco meno di 0,5 casi settimanali per ogni 100 mila abitanti), ma il fatto che ci sia stata una inversione di tendenza dimostra che la situazione è stata messa sotto controllo. A questo dato si affianca quello relativo al numero complessivo di posti letto occupati in tutti i reparti Covid degli ospedali italiani: sono 4.800 (valore medio dell'ultima settimana) più o meno uguale alla settimana precedente. Nelle prossime settimane - salvo spiacevoli sorprese - dovremmo assistere ad un calo del numero di posti letto occupati

È ancora troppo presto per parlare di ondata pandemica in esaurimento, ma il dato è comunque incoraggiante. Da metà settembre in poi, vedremo quale sarà l'effetto della riapertura delle Scuole e, più in generale, del ritorno a ritmo pieno di tutte le attività economiche e sociali, con particolare riferimento a quelle che richiedono una lunga permanenza in luoghi chiusi. È comunque importante affrontare questi eventi avendo messo alle spalle la parte di crescita più rapida dell'ondata pandemica. Ricordando comunque che basta poco per innescare nuovi aumenti. 

Speriamo che tutti capiscano che le vaccinazioni ed il green-pass - pur non essendo strumenti perfetti - sono l'unica arma concreta a nostra disposizione per ridurre la probabilità di estensione del contagio ed i danni sanitari, sociali ed economici della pandemia.

Il dato dei contagi - dopo avere a lungo oscillato intorno ad una sorta di plateau dovuto, secondo me, ad una forte incidenza dei contagi sfuggiti ai tamponi - mostra una chiara tendenza a scendere:

Contagi in Italia: la linea grigia mostra i dati giornalieri, mentre quella blu indica il valore medio calcolato su base settimanale

Il dato dei decessi è quello che - come ben sappiamo - segue con maggiore ritardo l'andamento dei contagi (quelli veri, naturalmente e non necessariamente quelli comunicati ufficialmente). Inoltre spesso il valore quotidiano dei decessi è alterato da "conguagli" relativi ad eventi accaduti nei giorni o addirittura nelle settimane precedenti. Il dato dell'ultima settimana è sostanzialmente in linea con quello della settimana precedente, sui valori massimi rispetto a tutto il periodo estivo:

Andamento dei decessi Covid in Italia. I dati giornalieri - normalizzati rispetto a 100 mila abitanti - sono rappresentati dalla linea grigia. La linea rossa è la media dei decessi giornalieri, calcolata su base settimanale
 

Concludiamo, come di consueto, con l'aggiornamento sulla situazione della pandemia in Europa, osservando la mappa rilasciata da ECDC giovedì scorso:

Situazione della pandemia in Europa secondo ECDC

Anche a livello europeo si notano chiari segnali di miglioramento, soprattutto nella penisola iberica ed in Francia. Rimangono alcune zone rosso scuro in Costa Azzurra, nella parte più a nord della Repubblica d'Irlanda (probabilmente a causa degli scambi con la Gran Bretagna dove la pandemia sta ancora peggiorando) ed in una piccola parte della Grecia. Le forti ondate di contagi che avevano interessato le mete più gettonate delle vacanze estive si sono quasi del tutto esaurite.

In Italia, il verde torna a fare capolino in Valle D'Aosta, mentre il resto del Paese si trova in zona giallo-rossa, ma nessuna regione italiana è stata classificata come rosso scura nel corso di questa estate.