venerdì 31 dicembre 2021

Il problema dei no-vax lo risolverà Omicron?

Un mese fa - prima della comparsa ufficiale della variante Omicron - il Ministro della salute tedesco, Jens Spahn, aveva sorpreso tutti con la sua lugubre profezia: "Wahrscheinlich wird am Ende dieses Winters so ziemlich jeder in Deutschland geimpft, genesen oder gestorben sein" (entro la fine di questo inverno, è probabile che in Germania tutti saranno vaccinati, guariti o morti).

Con l'arrivo di Omicron, cresce il rischio di contagio soprattutto per i non vaccinati. Costoro, oltre a non avere alcuna protezione contro il virus, non potranno più contare sulla copertura indotta dai vaccinati che - con le precedenti varianti virali - riuscivano a garantire un sia pur parziale "effetto gregge". Con Omicron questa protezione indiretta è definitivamente saltata.

Tasso di contagio rispetto a qualsiasi tipo di contagio misurato in Italia per i non vaccinati (linea rossa) e per coloro che avevano ricevuto la vaccinazione (linea verde). I dati sono mediati su base mensile e sono aggiornati allo scorso 12 dicembre, prima dell'esplosione dei contagi associati alla variante Omicron. La differenza tra vaccinati e non vaccinati sarebbe molto più grande se si considerassero solo i contagi gravi

I dati mostrati in figura ci fanno vedere che un non vaccinato ha - a parità di tutte le altre condizioni - una probabilità di contagio più elevata rispetto ai vaccinati. Attualmente, i dati ufficiali ci dicono che - ogni settimana - circa l'1% della popolazione italiana si contagia. Tenuto conto che il numero di contagi rilevato ufficialmente è inferiore rispetto al numero dei contagi veri (secondo alcune stime le statistiche perdono circa la metà dei contagi reali), se l'alto livello di contagi dovesse andare avanti per 5 settimane, il 10% degli italiani verrebbe contagiato. Ma se facessimo il calcolo solo per i non vaccinati, la percentuale di contagi crescerebbe ulteriormente: almeno 1/4 dei non vaccinati potrebbe essere contagiato durante il prossimo mese di gennaio. I circa 4 milioni di non vaccinati che hanno più di 40 anni rischierebbero seriamente di finire in ospedale.

Questi sono numeri medi, sia pure molto approssimati. Poi - a livello singolo - molto dipenderà dal comportamento individuale. Se un non vaccinato si rinchiuderà nel suo maso di montagna e bloccherà i contatti con il resto del mondo, potrà ragionevolmente superare la fase apicale del picco pandemico senza contrarre il contagio. Ma il contagio è quasi sicuro per coloro che si ritroveranno negli assembramenti no-vax urlando - senza mascherina - contro la "dittatura sanitaria". Questo vale anche per coloro che hanno già fatto la Covid-19, proprio a causa della resistenza di Omicron rispetto agli anticorpi generati dalle precedenti varianti virali.

Quindi - almeno nel breve periodo - Omicron risolverà il problema dei no-vax, soprattutto di quelli più scalmanati che saranno decimati se continueranno a partecipare ai loro chiassosi raduni.

Anche loro riceveranno il green-pass, come "guariti" naturalmente.

giovedì 30 dicembre 2021

2021: diario di un anno vissuto "virologicamente"

Gennaio: la speranza dei vaccini e la comparsa delle nuove varianti virali 

Il mese di gennaio fa segnare l'avvio delle vaccinazioni (almeno nei Paesi più fortunati che dispongono di dosi sufficienti dei vaccini). Israele aveva anticipato tutti avviando la sua campagna vaccinale già nel mese di dicembre 2020, seguito dalla Gran Bretagna e poi, sia pure con qualche lentezza, dal resto d'Europa. In Italia, i vaccini sono ancora "merce rara" e le somministrazioni sono limitate al personale sanitario più esposto al rischio di contagio ed agli anziani più fragili (più qualche infiltrato "saltafila" che in Italia non manca mai).

In Gran Bretagna si diffonde un nuovo ceppo virale che noi chiamiamo variante "inglese", ma che in Inghilterra viene definita variante del "Kent", regione inglese nella quale si erano manifestati i primi casi. Successivamente l'OMS introdurrà una classificazione delle principali varianti virali basata sull'alfabeto greco e la variane inglese verrà rinominata "Alpha". Sarà solo la prima di una lunga lista di varianti che suscitano preoccupazione (VOC, Variants Of Concern).

Il 30 gennaio, EMA autorizza la somministrazione del vaccino AstraZeneca, ma la storia di questo vaccino inizia subito con il piede sbagliato. Si scopre che, nella sperimentazione di fase 3, AstraZeneca aveva incluso un numero troppo limitato di volontari con più di 65 anni. Questo costringe EMA a limitare l'uso del vaccino solo alle persone più giovani. Sarà solo la prima di una serie di disposizioni destinate a cambiare radicalmente nel corso dei mesi successivi, suscitando sconcerto tra la popolazione e fornendo armi preziose alla propaganda no-vax.

Febbraio: in Italia cambia il Governo nazionale e la campagna vaccinale riparte

All'inizio del mese ECDC classifica il Trentino come "dark red". Qualche settimana dopo arriverà anche la classificazione in zona rossa secondo i parametri nazionali. Nei mesi precedenti, il Trentino, malgrado l'elevatissimo numero di contagi, ricoveri e decessi, era riuscito a rimanere zona gialla (a basso rischio) ricorrendo ad una interpretazione "autonoma" nella rendicontazione dei contagi.

Fino a metà febbraio, in Italia, la campagna vaccinale prosegue a rilento, ma non mancano i progetti faraonici per la costruzione di centri vaccinali "di design". La primula - simbolo della campagna vaccinale - appare ovunque,  ma i vaccini sono sempre troppo pochi. Il nuovo Governo nazionale si insedia a fine febbraio e pone - tra le sue priorità - il rilancio della campagna vaccinale: meno design e più vaccini.

Da Israele incominciano ad arrivare i primi risultati sull'efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech nel "mondo reale". I risultati sono molto buoni e dimostrano che il vaccino, pur essendo stato disegnato sul ceppo virale originale (Wuhan) funziona molto bene anche per la variante Alpha. La pandemia in Israele si trasforma rapidamente in una pandemia dei "non vaccinati". Ovviamente non sono ancora disponibili dati sulla durata temporale della protezione indotta dai vaccini. 

Alpha si diffonde in tutto il Mondo e si avvia a diventare la variante dominante ovunque, anche se - localmente - incominciano a comparire altre varianti.

La Gran Bretagna decide di spostare la somministrazione della seconda dose per coprire con almeno una dose la maggior parte possibile dei suoi abitanti. La strategia è messa in discussione da molti scienziati che ne evidenziano i limiti. Tali preoccupazioni saranno confermate nei mesi successivi quando comparirà la variante indiana (Delta) per la quale una singola dose vaccinale offre una protezione molto limitata.

Marzo: l'ISTAT certifica il reale impatto della pandemia e nascono nuovi problemi con AstraZeneca

All'inizio di marzo l'ISTAT pubblica i dati completi sull'eccesso di mortalità registrato nel corso del 2020 e mostra il grande impatto delle prime due ondate pandemiche. 

Incominciano ad arrivare le prime segnalazioni su una serie di rari effetti avversi a cui sono soggette soprattutto le giovani donne vaccinate con AstraZeneca.  Dopo varie titubanze, l'EMA si pronuncerà per la limitazione dell'uso di AstraZeneca nei soggetti più giovani, riservandolo solo alle persone più avanti negli anni (in pratica, un ribaltamento delle prescrizioni iniziali). Questo fatto, assieme al dato dell'efficacia di AstraZeneca che - pur essendo buona - è decisamente inferiore rispetto a quella dei vaccini ad mRNA, provoca un fuggi-fuggi generale dal vaccino inglese. 

A metà marzo si sperimenta un nuovo anticorpo monoclonale (prodotto anche in Italia) che si rivelerà prezioso perché la sua efficacia cambia poco a seconda delle diverse varianti virali considerate. Oggi - che abbiamo a che fare con Omicron - è praticamente l'unico anticorpo monoclonale disponibile che garantisca una elevata efficacia.

Aprile: il picco pandemico in Italia cala, ma in India nasce una nuova pericolosa variante

In Italia, grazie al ritorno della buona stagione ed ai progressi della campagna vaccinale, la situazione della pandemia mostra un deciso miglioramento. L'attenzione dell'opinione pubblica incomincia ad essere focalizzata sul tema dei nuovi ceppi virali che, fino al quel momento, avevano interessato solo gli specialisti.

In India si registra un drammatico picco pandemico, legato alla diffusione di una nuova nuova variante che, successivamente, sarà chiamata Delta. Per il momento il problema sembra limitato al sub-continente indiano, ma da lì a poco diventerà un problema globale.

Appaiono nuovi studi in doppio cieco condotti per validare l'utilizzo di terapie che erano state adottate - sulla base di scelte emergenziali - nella fase iniziale della pandemia. Viene definitivamente dimostrata l'inefficacia del trattamento con plasma iperimmune (donato da guariti) che tante speranze aveva generato (e anche qualche spericolata speculazione politica).

Maggio: qualcuno millanta vacanze Covid-free e intanto Delta incomincia a diffondersi

Invece di vaccinare al più presto i più anziani e fragili, qualche politico fantasioso si inventa l'idea di vaccinare i (pochi) abitanti delle isole minori per poterle dichiarare "Covid-free". Un'idea assurda, a meno di non vaccinare anche tutti i turisti che le frequenteranno durante le imminenti vacanze estive. Ma si tratta di una formidabile idea di marketing, con decine di migliaia di turisti "boccaloni" che si precipitano a prenotare le vacanze nei nuovi paradisi "liberati dal virus". I Presidenti delle Regioni/PPAA che non hanno neppure un'isoletta da "sanificare" cercano disperatamente idee alternative. In mancanza di isole, c'è chi si spinge anche a proclamare alcune località montane "Covid-free".

L'Unione Europea decide di non rinnovare il contratto d'acquisto per il vaccino AstraZeneca che ha generato troppi problemi e che ormai rischia di rimanere inutilizzato nei magazzini. Qualche Paese diventa improvvisamente "generoso" e dona le scorte residue ai Paesi africani più poveri. Tutti discutono di varianti virali, ma solo pochi capiscono l'importanza di diffondere la vaccinazione a livello globale per prevenire la nascita di nuove varianti virali. Intanto la variante Delta incomincia a diffondersi al di fuori dei confini indiani. 

Giugno: in Europa tutto sembra andare per il meglio, ma ci sono alcune nuvole all'orizzonte

Finalmente l'Europa dispone di tutti i vaccini necessari per procedere ad una somministrazione generalizzata. I dati dei contagi diminuiscono e la pandemia incomincia ad effettuare una certa pressione selettiva su coloro che, volontariamente, hanno deciso di non vaccinarsi. Incomincia a prendere forma il "green-pass" che assumerà un ruolo via via crescente nei mesi successivi.

Sul fronte delle terapie, vengono annunciati i risultati preliminari relativi alla sperimentazione di nuovi antivirali, disegnati specificamente per combattere il SARS-CoV-2. Non sono una alternativa ai vaccini, ma possono diventare uno strumento prezioso per limitare i casi più gravi. In realtà diventeranno disponibili solo nel primo trimestre 2022, ma rappresentano comunque un importante punto di svolta nel contrasto alla pandemia.

A inizio giugno vengono segnalati i primi casi di miocarditi che possono colpire soprattutto maschi di giovane età dopo la somministrazione della seconda dose di un vaccino ad mRNA. Si tratta di eventi molto rari e facilmente risolvibili. La loro evidenziazione ci fa capire l'accurato lavoro di controllo che ha accompagnato quella che è destinata a diventare la più ampia somministrazione vaccinale di massa nella storia dell'Umanità.

A metà giugno la società tedesca Curevac conferma di avere grosse difficoltà per completare il progetto del suo candidato vaccino ad mRNA. Il progetto aveva generato grandi speranze anche perché era l'unico a gestione completamente europea, ma i risultati sul campo sono nettamente inferiori rispetto a quelli dei concorrenti americani. L'efficacia è troppo bassa.

Intanto la variante Delta è arrivata in Inghilterra. Da qui - nei mesi successivi - farà il salto verso il continente europeo.

In Israele, i primi studi evidenziano il calo di efficacia vaccinale dopo un certo numero di mesi dal completamento della vaccinazione. Qualcuno incomincia a parlare di somministrazione di una terza dose vaccinale.

Luglio: tifo calcistico e contagi crescono sia in Italia che in Inghilterra. Delta diventa dominante e la terza dose non è più un'ipotesi remota

Le aggregazioni associate alla fase finale del campionato europeo di calcio creano un terreno fertile per il dilagare della variante Delta che diventa dominante in Inghilterra e, con qualche settimana di ritardo, anche in Italia. Alla fine il campionato lo vince l'Italia, ma il virus vince ovunque.

Le mutazioni del ceppo virale Delta riducono l'efficacia dei vaccini, soprattutto per chi ha ricevuto solo la prima dose. In Italia, qualcuno ipotizza un picco di 30 mila contagi entro Ferragosto, ma in realtà - esaurito l'effetto calcistico, la situazione evolverà in modo meno critico rispetto a quanto previsto (forse anche grazie ai tanti positivi che "fuggono dal tampone" per timore di finire in quarantena durante le agognate vacanze estive).

A fine luglio, Israele rompe gli indugi e decide di somministrare una terza dose del vaccino Pfizer-BioNTech a coloro che avevano completato la vaccinazione iniziale più di 6 mesi prima. 

Nel frattempo, il premier inglese BoJo decide che la pandemia è finita ed elimina tutte le misure non sanitarie per il contenimento dei contagi. Pur in presenza di ampie fluttuazioni, l'andamento dei parametri pandemici inglesi tende a stabilizzarsi su livelli piuttosto alti sia di contagi che di decessi. Per gli inglesi è il "new normal".

Agosto: pandemia non ti conosco

In Italia tutti sono in vacanza e si preoccupano poco dei contagi. Intanto si ipotizza di limitare l'accesso dei non vaccinati ad alcune attività e le truppe no-vax si organizzano (anche grazie all'appoggio implicito di alcune forze politiche che - di fronte alla vaccinazione - tengono un atteggiamento quanto meno ambiguo).

Settembre: riaprono le Scuole, ma non è stato fatto nulla per gestirle meglio

La situazione della pandemia in Italia è abbastanza tranquilla e la progressiva riapertura delle Scuole non provoca l’immediata crescita dei contagi che molti temevano. Nel frattempo sono stati rottamati i banche a rotelle, ma non è stato fatto nulla (salvo alcuni rari casi isolati) per migliorare la qualità dell’aria delle aule scolastiche (siamo ancora fermi all'improbabile raccomandazione di tenere le finestre aperte anche in pieno inverno) e non si è neppure pensato a dotare le Scuole di mascherine più efficaci (FFP2).

Da Israele arrivano i primi risultati sulla terza dose che dimostrano la capacità di restituire una forte copertura contro i contagi, anche quelli dovuti alla variante Delta ormai dominante.

Viene annunciata l’imminente disponibilità del vaccino Pfizer-BioNTech in formulazione pediatrica. La notizia scatena le ire dei no-vax e dei loro sostenitori politici.

Ottobre: un mese abbastanza tranquillo, ma la prossima tempesta è già in arrivo

L'andamento della pandemia in Italia durante il mese di Ottobre 2021 è decisamente migliore rispetto al corrispondente mese dell'anno precedente. La campagna vaccinale italiana, pur essendo partita in grave ritardo, ha complessivamente registrato uno dei migliori risultati riportati a livello internazionale. Pur in presenza di una rumorosissima minoranza no-vax, gli Italiani si sono fatti vaccinare in massa e incominciano a sperare in un inverno tranquillo.

Intanto EMA autorizza la somministrazione della terza dose vaccinale anche in Europa e Curevac abbandona ufficialmente il suo progetto di candidato vaccino ad mRNA.

Novembre: ripartono i contagi, ma la situazione italiana è migliore rispetto a molti altri Paesi europei. A fine mese esplode la bomba Omicron

Pur in presenza di una significativa ripresa dei contagi e dei ricoveri, la situazione italiana rimane decisamente migliore rispetto a quella di molti altri Paesi Europei. Le misure italiane tra cui l'obbligo vaccinale per alcune categorie professionali ed il progressivo utilizzo del green-pass contribuiscono a mitigare la crescita dei parametri pandemici. Aumentano - arrivando spesso a gravi eccessi - le manifestazioni dei no-vax e dei no-pass, spesso strumentalizzate dai movimenti politici di estrema destra.

Pfizer annuncia i risultati della sperimentazione del suo nuovo antivirale: un passo importante per mitigare i danni più gravi della pandemia. 

Intanto Austria e Germania, dopo aver a lungo tollerato gli atteggiamenti anti-vaccini di una larga parte delle loro popolazioni, decidono di cambiare strategia attuando politiche di lockdown selettivo nei confronti dei non vaccinati ed introducendo (Austria) l'obbligo vaccinale a partire dal prossimo 1 febbraio 2022. I risultati non tardano ad arrivare e la situazione pandemica di quei Paesi viene rapidamente riportata sotto-controllo. Un modello che l'Italia tarda a copiare a causa delle resistenze da parte di alcune delle forze politiche che costituiscono il Governo di coalizione nazionale.

A fine novembre 2 novità. In Trentino, l'Azienda sanitaria rivela finalmente la verità sull'effettivo numero di contagi registrato nell'autunno 2020. La notizia ha rilievo solo localmente, ma rappresenta una legittima soddisfazione per tutti coloro che - in questo anno - si erano battuti per sapere come fossero andate effettivamente le cose.

A livello internazionale, le Autorità politiche e sanitarie devono fronteggiare la notizia della comparsa di una nuova variante Omicron che, nelle settimane successive, invaderà tutto il Mondo


Dicembre: fine anno nel segno di Omicron

Mentre i no-vax continuano imperterriti le loro proteste e qualche filosofo in cerca  di visibilità si improvvisa virologo dopo un veloce corso fatto in internet, l'attenzione degli studiosi di tutto il mondo si concentra su Londra dove Omicron è arrivata poco dopo la sua comparsa ufficiale in Sudafrica e si appresta a diventare il ceppo virale dominante.

La crescita dei contagi è impressionante e costringe rapidamente il Sindaco di Londra a dichiarare lo stato di emergenza a causa delle carenze di personale dovute al gran numero di persone costrette ala quarantena. Nel corso del mese di dicembre il numero dei pazienti ricoverati nei reparti Covid degli ospedali londinesi è più che triplicato, ma per fortuna non si osserva una analoga crescita dei ricoveri in terapia intensiva. 

Il quadro che emerge non è ancora ben definito, ma sembra di poter dire che Omicron è molto più contagiosa di Delta, probabilmente perché a causa delle sue numerose mutazioni riesce ad eludere le difese dei vaccini (anche di chi ha fatto 3 dosi). Tuttavia i contagi dei vaccinati sono mediamente di lieve entità e non vanno ad ingrossare le fila dei ricoverati in condizioni più gravi (dove invece ritroviamo principalmente non vaccinati e, a seguire, vaccinati con 2 dosi che hanno completato la vaccinazione da più di 5 mesi e non hanno ancora fatto la terza dose).

Ci vorrà ancora un po' di tempo per chiarire i diversi aspetti legati all'arrivo di Omicron: non è l'Armageddon temuto da alcuni e non è neppure il banale raffreddore sperato da altri. Ancora una volta la pandemia mette alla prova la nostra capacità di reagire a situazioni nuove ed impreviste. Ma - a differenza di quanto accadeva 2 anni fa - non stiamo combattendo a mani nude.

Buon 2022 a tutti e a tutte!

mercoledì 29 dicembre 2021

Oggi c'è stato il record di contagi in Trentino?

I 938 nuovi contagi registrati oggi in Trentino sono stati riportati come "il numero massimo di contagi mai registrato durante tutto il corso della pandemia". In realtà, non è così.

Durante il mese di novembre 2020 il Trentino superò per ben 3 volte il livello dei 1.000 contagi giornalieri, anche se ufficialmente ne furono annunciati meno di 1/3. Il dato emerge da un documento ufficiale dell'Azienda sanitaria che, a un anno di distanza, ha riportato finalmente i veri dati dei contagi registrati nell'autunno 2020:

Le barre verticali mostrano i contagi (veri) registrati in Trentino nell'ultimo trimestre 2020. Tratto dal Bilancio di missione 2020 di APSS Trento (pag. 18). La linea rossa indica il livello dei contagi comunicati ufficialmente dalla Provincia Autonoma di Trento (la linea rossa è stata aggiunta al grafico originale pubblicato da APSS).

Considerato l'elevata contagiosità della variante Omicron è probabile che nei prossimi giorni supereremo veramente il picco registrato poco più di un anno fa, ma - almeno per il momento - il valore massimo dei contagi non è stato ancora superato. 

Come si vede dal grafico mostrato sopra, durante il mese di novembre 2020, il Trentino rimase per circa 4 settimane su livelli di contagi giornalieri che, nei giorni centrali della settimana, erano prossimi a quota 1.000. Allora il ceppo virale dominante era poco diverso rispetto a quello che circolava originariamente a Wuhan, ma non c'erano i vaccini ed il carico in termini di ricoveri ospedalieri e decessi fu particolarmente pesante. Il Trentino rimase in zona gialla, grazie al fatto che il numero di contagi comunicati ufficialmente fu molto minore rispetto ai contagi veri. 

Ormai questa è storia, ma quei dati ci possono aiutare a capire quale potrebbe essere le difficoltà da affrontare nel corso delle prossime settimane. Innanzitutto, i numeri dei contagi attuali sono alti, ma non è la prima volta che il Trentino si trova ad affrontare una situazione simile. 

Il numero dei contagi potrebbe crescere ulteriormente nel corso delle prossime settimane, ma - grazie ai vaccini - l'impatto, soprattutto per quanto riguarda i casi più gravi, non dovrebbe essere particolarmente severo. Non sarà una situazione facile da gestire, ma dovrebbe essere decisamente meno critica rispetto a quanto successe poco più di 1 anno fa. 

A meno che non si allentino troppo le precauzioni (a cominciare dal rispetto delle quarantene e dal controllo dei green-pass) lasciando il virus libero di correre.

2022: ci aspetta un altro anno con 2-3 dosi vaccinali?

Dopo molte esitazioni, Israele ha finalmente fatto partire la sperimentazione per la somministrazione della quarta dose vaccinale. Da una parte, ci sono indicazioni che - anche dopo la terza dose - il livello di anticorpi presenti nel siero dei vaccinati incominci a calare dopo 3 - 4 mesi. Dall'altro lato, alcuni ricercatori sostengono che la somministrazione ripetuta e ravvicinata dello stesso vaccino non produrrebbe l'effetto protettivo sperato, rischiando di mettere inutilmente sotto stress il sistema immunitario dei vaccinati. Come i lettori sanno bene, non sono un medico e non sono in grado di esprimere un parere su questo tema: qui mi limito a riportare le diverse posizioni che sono apparse recentemente sulla Stampa israeliana.

In questa fine 2021 si sta generando - soprattutto in Israele - una sorta di "tempesta perfetta". Israele aveva iniziato a vaccinare i suoi cittadini poco più di 1 anno fa, prima di qualsiasi altro Paese. Durante lo scorso luglio, di fronte all'arrivo della variante Delta, le Autorità sanitarie israeliane avevano capito che il calo dell'efficacia vaccinale dovuta allo scorrere del tempo, assieme alla minore copertura dovuta alle mutazioni presenti nel ceppo virale Delta, stavano mettendo a rischio la stabilità sanitaria del Paese. Da qui la decisione - ancora una volta prima di tutti gli altri Paesi - di dare avvio alla somministrazione di massa della terza dose vaccinale.

La speranza era che la terza dose avesse una durata temporale più lunga rispetto alla vaccinazione normale  (le due dosi canoniche) e che, nel frattempo, non comparissero varianti virali in grado di eludere la copertura vaccinale

L'arrivo di Omicron con le sue 32 mutazioni ha messo tutti in crisi, generando una forte risalita dei contagi. Va detto - tuttavia - che, almeno fino ad oggi, Israele non ha ancora osservato un significativo peggioramento dei casi classificati come "gravi" (meno di 100 di cui solo la metà sono classificati come "critici"). Ancora pochi rispetto ai quasi 1.000 casi "gravi" che erano stati contati questa estate sotto la pressione della variante Delta, prima che la somministrazione delle terze dosi producesse il suo effetto.

Quindi - anche se è calato il livello degli anticorpi nel siero di coloro che hanno fatto la terza dose ad agosto - sembra che, almeno per i casi gravi, la situazione sia ancora sotto controllo. Da qui la decisione di far partire la sperimentazione della quarta dose su un numero limitato di volontari e di posporre le valutazioni relative alla somministrazione di massa di un nuovo richiamo.

Quello che succederà in Israele da qui a febbraio ci permetterà di capire alcuni punti importanti rispetto alla campagna vaccinale italiana del 2022. Al momento, sembra che fare un richiamo vaccinale ogni 4-6 mesi sia l'ipotesi meno probabile. In Israele, potrebbe avere senso somministrare a breve una quarta dose a causa della particolare tempistica delle vaccinazioni eseguite in quel Paese. Ma tale ipotesi si realizzerà solo se Omicron si rivelasse più aggressiva rispetto a quanto sta emergendo dai dati preliminari di cui disponiamo oggi.

L'ideale - per chi in Italia sta facendo la terza dose oggi - sarebbe fare un richiamo nell'autunno 2022 esattamente come si fa tutti gli anni per il vaccino contro l'influenza. Usando - preferibilmente - un vaccino aggiornato che non sia più disegnato sul vecchio ceppo di Wuhan, ma che possa contrastare meglio la variante virale che sarà dominante a fine 2022. 

In attesa di poter disporre di vaccini ad ampio spettro che siano efficaci contro tutte le varianti di SARS-CoV-2.

Daltonismo indotto da stress?

Capisco che - di questi tempi - fare l'Assessore al Turismo del Trentino non sia affatto facile e che l'incarico comporti un notevole livello di stress. Tra i contagi che esplodono e le disdette che fioccano, le preoccupazioni sono davvero tante e nessuno sa bene cosa fare per tentare di salvare la stagione.

Ciò premesso, sono rimasto assai sorpreso quando ho sentito l'Assessore Failoni affermare che il Trentino sarebbe "più vicino alla zona bianca che a quella arancione". Definirei il caso come un classico esempio di daltonismo indotto da stress. Forse l'Assessore Failoni confonde i colori o forse non gli hanno spiegato bene come si valutano i livelli di rischio delle Regioni/PPAA. Perché il Trentino, come contagi e come ricoveri in terapia intensiva, purtroppo ha ormai largamente superato le soglie della zona arancione e, se continua così, potrebbe presto avere numeri da zona rossa.

Il Trentino (dato cerchiato di rosso) svetta a livello nazionale per l'occupazione delle terapie intensive, con un livello (26% dei posti disponibili) doppio rispetto alla media nazionale (punto verde) e ormai prossimo alla soglia di zona rossa (30%). Tratto da AGENAS

Il Trentino si è salvato dalla zona arancione grazie al dato relativamente basso dei ricoveri nei reparti Covid ordinari (più o meno in linea con la media nazionale). Dopo la forte crescita registrata nelle precedenti settimane, nel corso degli ultimi 10 giorni il numero dei ricoveri nei reparti Covid ordinari si è improvvisamente stabilizzato, ma non si capisce se questo sia un dato reale o sia solo il frutto del rapido trasferimento di una parte dei pazienti dagli ospedali pubblici alle cliniche private (così come fa da tempo il vicino Alto Adige). Su questo punto le Autorità sanitarie e politiche trentine non dicono nulla. 


Terapia intensiva Altri ricoveri Somma % Terapia intensiva
Italia (senza TN) 1122 9997 11119 10,1%
Trentino 23 92 115 20,0%
Somma
1145 10089 11234

Un confronto statistico (tecnicamente si calcola il cosiddetto chi-quadro ed il relativo p-value) tra i dati del Trentino e quelli del resto d'Italia (aggiornato al 28 dicembre) mostra che c'è una anomalia tra la percentuale di pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva in Trentino (20% del totale dei ricoverati) rispetto alla media del resto d'Italia (10,1%). Il valore del p-value risulta essere minore di 0.001, il che significa che la differenza è statisticamente significativa. I casi sono due: o in Trentino i contagi sono particolarmente gravi (strano, perché - dopo la Toscana - il Trentino è la Regione/PA con la percentuale più bassa di cittadini no-vax), oppure ci sono altri ricoveri nei reparti ordinari che sfuggono alle statistiche ufficiali.

In passato, il Trentino si è distinto per l'adozione di pratiche elusive atte ad aggirare i criteri di classificazione del rischio pandemico. Speriamo che la storia non si ripeta.

Nel frattempo, l'Assessore lancia i suoi proclami sui social network sperando di convincere i turisti a venire comunque in Trentino. Ma i turisti non sono stupidi e sanno leggere i dati veri della pandemia.

Temo che questa tattica non produrrà buoni frutti e che potrebbe rivelarsi addirittura controproducente. Una parte non trascurabile del valore che i turisti attribuiscono al Trentino è legata alla percezione di avere a che fare con persone serie che dicono la verità e fanno le cose nel modo migliore possibile

Negando l'evidenza, rischiamo di disperdere questo patrimonio di credibilità.

martedì 28 dicembre 2021

Segnalazione: chi si contagia con Omicron acquisisce anticorpi che funzionano anche con la variante Delta?

La domanda non è rilevante solo per gli addetti ai lavori perché - a seconda della risposta - si possono disegnare diversi scenari sul futuro della pandemia: Omicron potrebbe sostituire completamente la variante Delta oppure potremmo avere - davanti a noi - un futuro di "pandemie parallele" con i due ceppi virali destinati a convivere per chissà quanto tempo.

Un piccolo (e ancora incompleto) studio proveniente dal Sudafrica cerca di rispondere alla domanda analizzando il potere neutralizzante del siero estratto da pazienti che hanno recentemente contratto un contagio indotto dalla variante Omicron. Complessivamente sono stati considerati solo 13 casi, abbastanza disomogenei tra loro. Alcuni pazienti erano stati vaccinati, mentre altri avevano contratto in precedenza la Covid-19. Tutti i pazienti sono stati ricoverati in ospedali, ma nessuno ha avuto bisogno della somministrazione di ossigeno.

Il lavoro attualmente si trova sotto forma di pre-print, ancora non sottoposto a revisione. In gergo, potremmo dire che i dati presentati in questo lavoro sono molto "sporchi", ma sono i primi di cui disponiamo. Certamente nelle prossime settimane appariranno altre pubblicazioni dedicate a questo tema e solo allora si potrà tracciare un quadro meglio definito.

Basandoci sui dati preliminari fin qui disponibili, sembra di poter dire che l'infezione da Omicron aumenta le difese anticorpali anche rispetto a Delta e quindi Omicron dovrebbe diventare il ceppo dominante in tempi abbastanza brevi. Contemporaneamente dovremmo assistere alla progressiva scomparsa della variante Delta.

Se l'ipotesi fosse definitivamente confermata e se fosse confermata anche la minore pericolosità media dei contagi indotti da Omicron, sarebbero due buone notizie.

Segnalazione da Nature: quali sono gli anticorpi monoclonali che neutralizzano Omicron?

Segnalazione di conflitto di interessi: alcuni degli Autori dell'articolo citato in questo post fanno parte di USI (Università della Svizzera Italiana)

Vi segnalo quello che - a mio parere - è il migliore articolo apparso fino ad oggi sul potere neutralizzante di una vasta gamma di anticorpi rispetto al nuovo ceppo virale Omicron (come si vede dalla dichiarazione posta all'inizio di questo post, il mio giudizio potrebbe essere influenzato da valutazioni di parte). 

L'articolo è il frutto di una importante collaborazione che ha mobilitato alcuni dei migliori gruppi di ricerca a livello internazionale e che comprende un significativo contributo da parte di ricercatori milanesi e della Svizzera italiana. 

L'articolo è stato accettato per la pubblicazione da Nature lo scorso 23 dicembre ed è stato immediatamente diffuso attraverso la procedura di pubblicazione accelerata. Oltre ad analizzare il potere neutralizzante di una vasta gamma di anticorpi rispetto ad Omicron, il lavoro ha studiato il comportamento degli stessi anticorpi rispetto a numerose varianti apparse in precedenza ed ha anche considerato il potere neutralizzante del siero estratto da persone vaccinate con una combinazione di 2 o 3 dosi di diversi vaccini.

Lo studio ha confermato l'elevata capacità neutralizzante dell'anticorpo monoclonale sotrovimab ed ha permesso di individuare altri anticorpi con un elevato potere neutralizzante non solo per la variante Omicron, ma anche rispetto ai precedenti ceppi virali di SARS-CoV-2 e ad altri sarbecovirus (sottogenere di virus appartenente al genere Betacoronavirus).

Questo lavoro, oltre a porre le basi per lo sviluppo di farmaci basati su anticorpi monoclonali che, analogamente a quanto succede per il sotrovimab, potranno funzionare ugualmente bene per diverse varianti del SARS-CoV-2 (e per virus simili), può essere utile per lo sviluppo dei vaccini "universali" che, oltre a contrastare l'attuale pandemia, sarebbero estremamente utili anche nel caso di possibili future epidemie legate allo spill-over (transizione da animali all'uomo) di virus simili al SARS-CoV-2.

lunedì 27 dicembre 2021

Zangrillo dixit "Da Omicron no impatto su ospedali, perché raccontare altro?"

Il prof. Zangrillo è uno stimatissimo clinico, ma spesso - quando si trova davanti al microfono di un giornalista - si lascia sfuggire affermazioni avventate. 

Nell'estate del 2020 ci illuse con la famosa storia del "virus clinicamente morto". Oggi di fronte alla diffusione della variante Omicron ci tranquillizza con una frase lapidaria: "Da Omicron no impatto su ospedali, perché raccontare altro?".

Chissà cosa intende il prof. Zangrillo per assenza di impatto sugli ospedali. Almeno guardando a quello che sta succedendo negli ospedali londinesi, sembrerebbe che la situazione sia un po' diversa rispetto a quanto lui prospetta:

Nuove entrate giornaliere nei reparti Covid degli ospedali londinesi (linea blu). Pazienti ricoverati nei reparti Covid di terapia intensiva (solo i pazienti collegati al respiratore) degli ospedali londinesi (linea rossa). Elaborato su dati london.gov.uk 

I dati sono quelli che avevo anticipato in un precedente post, aggiornati ad oggi. A causa delle festività natalizie ci sono stati dei ritardi nella raccolta e nella comunicazione dei dati ed è possibile che, nei prossimi giorni, arrivino ulteriori revisioni. Pur con questi limiti, il quadro complessivo è molto chiaro:

  1. L'arrivo della variante Omicron ha provocato nella Grande Londra (8,9 milioni di abitanti) un aumento dei contagi pari a quasi un ordine di grandezza rispetto ai contagi che si contavano fino a metà novembre. I dati degli ultimi giorni sembrano mostrare una tendenza verso un livello abbastanza stabile, compreso tra 25 e 30 mila contagi giornalieri. Ancora non sappiamo se si tratta di un fenomeno reale oppure se sia un artificio dovuto ai problemi di raccolta dei dati durante il periodo natalizio.
  2. A fronte della forte crescita dei contagi, si segnala un incremento significativo dei nuovi ricoveri in ospedale. A novembre, prima dell'arrivo di Omicron, le nuove entrate nei reparti Covid degli ospedali londinesi si attestavano intorno ai 100 casi giornalieri. Negli ultimi giorni, il livello dei nuovi ricoveri oscilla tra 300 e 400 casi giornalieri. Questo non è esattamente quello che si potrebbe definire "nessun impatto sugli ospedali".
  3. L'aumento dei nuovi ricoveri giornalieri è percentualmente minore rispetto all'aumento dei contagi. Questo potrebbe essere legato ad una minore gravità media dei contagi indotti dalla variante Omicron, ma sappiamo che ci possono essere anche altre interpretazioni.
  4. Il fatto che il numero dei pazienti più gravi (linea rossa) non abbia mostrato - almeno fino ad oggi - una forte risalita sembra andare nella direzione di una minore incidenza dei contagi di elevata gravità quando la malattia è causata dalla variante Omicron.
  5. Si potrebbe sperare che, anche se è aumentato sensibilmente il numero delle nuove entrate giornaliere nei reparti Covid, la minore gravità media dei contagi abbia prodotto una riduzione dei tempi medi di degenza. Questo effetto potrebbe compensare - almeno in parte - il maggior numero di entrate giornaliere, stabilizzando il numero totale dei pazienti ricoverati. Purtroppo non è così perché - come si vede nella figura mostrata qui sotto - il numero medio dei pazienti ricoverati nei reparti Covid che, prima di Omicron, era pari a circa 1.000 unità, è già triplicato salendo a circa 3.000 unità e mostra una tendenza verso una ulteriore crescita.
    Numero totale di pazienti ricoverati nei reparti Covid degli ospedali londinesi (linea blu). Pazienti ricoverati nei reparti Covid di terapia intensiva (solo i pazienti collegati al respiratore) degli ospedali londinesi (linea rossa). Elaborato su dati london.gov.uk
In conclusione, non si può dire che l'aumento dei contagi legato all'arrivo di Omicron non abbia prodotto un impatto sulla situazione degli ospedali (che  - tra l'altro - prima dell'arrivo di Omicron non avevano i reparti Covid vuoti, ma stavano fronteggiando l'ondata autunnale dei ricoveri dovuti alla variante Delta). C'è stato un aumento molto significativo sia dei nuovi ricoveri giornalieri che del numero complessivo di pazienti attualmente ricoverati nei reparti Covid degli ospedali londinesi.  
 
Non c'è motivo per ritenere che quanto già accaduto a Londra (che ha fronteggiato la diffusione della variante Omicron con almeno 2 - 3 settimane di anticipo rispetto all'Italia) non si ripeta anche da noi, a meno che le Autorità sanitarie italiane non riescano a rallentare enormemente i tempi di diffusione di Omicron nel nostro Paese (cosa che - temo - non riusciranno a fare).
 
Fortunatamente, sembra che l'impatto di Omicron sulle terapie intensive non sia così importante come quello che è stato evidenziato per i ricoveri ordinari. Ma da qui dedurre che non ci sia un impatto sugli ospedali è solo una fake news.
 
Poi se qualcuno preferisce raccontare favolette consolatorie lo può sempre fare. Ma sono solo favolette.

Tutti in quarantena!

La rapida progressione della variante Omicron sta generando in molti Paesi una sorta di "lockdown alternativo". La messa in quarantena di un grande numero di persone (positivi e loro contatti stretti) sta ponendo seri limiti alla funzionalità degli apparati pubblici e dei sistemi industriali. La recente dichiarazione dello stato di emergenza a Londra è solo un esempio di quello che potrebbe succedere a breve in molte altre grandi città europee.

Le proposte per fare fronte a questa situazione sono le più diverse: c'è chi propone "semplicemente" di non far fare più le quarantene ai contatti stretti, sostituendole con una serie di tamponi ravvicinati (ammesso e non concesso che poi si riesca effettivamente a farli) e di accorciare i tempi di quarantena per i positivi. C'è chi propone di togliere dalla quarantena i positivi asintomatici o pauci-sintomatici, mandandoli comunque al lavoro purché dotati di mascherina. Fino alle proposte estreme di chi sostiene di non fare più tamponi di massa e di limitarsi a trattare i casi sintomatici gravi (in pratica tornando a quello che era l'approccio di inizio pandemia).

Aldilà del merito delle singole proposte, è chiaro che siamo nella classica situazione del "gatto che si morde la coda". Abbiamo troppe persone in quarantena perché la variante Omicron è molto contagiosa, ma se allentiamo le regole sulla quarantena, lasciamo il virus libero di correre ancora più velocemente

In pratica, dietro a queste proposte sull'allentamento della quarantena, spunta la vecchia idea dell'immunità di gregge ottenuta favorendo la rapida diffusione del contagi (ricordate l'invito di BoJo a "prepararsi a dire un addio prematuro ad alcuni dei nostri cari"?). Ma oggi c'è una differenza sostanziale: grazie ai vaccini ed alle precedenti infezioni la sensibilità della popolazione rispetto al virus è notevolmente più bassa rispetto a 2 anni fa. Questo fa sperare che una forte crescita dei contagi non produrrà un aumento proporzionale in termini di ricoveri e decessi.

Si tratta - a mio avviso - di un forte azzardo perché l'effetto di Omicron sui ricoveri ospedalieri non è affatto trascurabile. Senza contare che una forte crescita dei contagi metterebbe a rischio due categorie di persone: i non vaccinati ed i fragili che - pur avendo ricevuto il vaccino - non hanno acquisito una sufficiente protezione a causa della limitata funzionalità del loro sistema immunitario.

Per quanto riguarda i no-vax si potrebbe dire che hanno fatto una scelta consapevole e quindi ne pagherebbero le conseguenze. Peccato che poi vadano ad intasare i reparti di terapia intensiva mettendo in affanno tutto il sistema sanitario.

Diverso è il discorso per le persone vaccinate e fragili. Molte di loro potrebbero morire prematuramente a causa di scelte politiche che hanno permesso al virus di circolare senza limiti. Trovare un giusto equilibrio tra le esigenze complessive e la protezione dei più fragili è una sfida che i decisori politico-sanitari devono affrontare ogni giorno.

Non è facile trovare una ragionevole sintesi tra le diverse esigenze, ma si deve cercare di trovarla. Non credo che "scaricare sui più fragili" il peso di tutti i problemi sia una scelta eticamente accettabile.

domenica 26 dicembre 2021

Adesso ce lo dice anche l'OMS: ventilate i locali!

La sfida alla pandemia si può vincere solo agendo contemporaneamente su molti fronti. L'idea che esista una soluzione "definita e semplice", si è rivelata falsa perché:

  1. Non bastano i lockdown perché bloccano i contagi, ma distruggono la nostra vita economica e sociale. 
  2. Non bastano i vaccini perché - almeno quelli di prima generazione - sono sensibili alle mutazioni dei ceppi virali e la loro efficacia tende a diminuire con il passare del tempo
  3. Non bastano le mascherine perché non sempre vengono usate in modo corretto e soprattutto non possono essere utilizzate in certi ambienti chiusi (come bar o ristoranti).
  4. Non bastano i nuovi farmaci (anticorpi monoclonali e antivirali disegnati specificamente per il SARS-CoV-2) perché funzionano solo se vengono somministrati nei primissimi giorni dopo il contagio, altrimenti non servono a nulla.
Sappiamo che d'estate - quando si vive di più all'aperto - i contagi tendono a calare, mentre risalgono durante la stagione invernale (analogamente a  quanto accade per molte altre malattie che colpiscono il sistema respiratorio). 
 
Dopo aver a lungo discusso di "distanza minima", finalmente si è capito che il veicolo fisico che il virus utilizza per spostarsi da un individuo all'altro è rappresentato dai cosiddetti aerosol (particelle di dimensioni micrometriche costituite principalmente da acqua che vengono emesse parlando e rimangono sospese nell'aria anche per molte ore). Se le persone si trovano all'aperto, gli aerosol vengono rapidamente dispersi ed il pericolo di contagio scende a livelli trascurabili (a meno che le persone stiano a stretto contatto). 
 
Negli ambienti chiusi il discorso cambia completamente. Una persona contagiosa, nell'arco di poche decine di minuti, è in grado di disperdere nell'ambiente circostante (anche a molti metri di distanza) una considerevole quantità di aerosol contenenti virus (specialmente se non usa la mascherina). Senza un adeguato sistema di ricambio e/o di sanificazione dell'aria, la probabilità di contagio diventa molto alta.

Questo lo sappiamo ormai da oltre 1 anno, ma non è stato fatto quasi nulla  per migliorare la qualità dell'aria negli ambienti chiusi, a cominciare dalle aule scolastiche.

Eppure non si tratta di un problema enorme, né dal punto di vista dei costi né da quello tecnologico. Anche gli esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ci ricordano l'importanza di lavorare sulla qualità dell'aria per ridurre i rischi di contagio. Su questo punto, l'OMS ha già rilasciato un documento ufficiale e ulteriori iniziative sono in preparazione.
 
Sarebbe un investimento "ad ampio spettro" perché servirebbe a contrastare i contagi da SARS-CoV-2, ma sarebbe ugualmente efficace contro tutti i virus respiratori (anche quando la pandemia di Covid-19 sarà finita).

sabato 25 dicembre 2021

I contagi di Natale: Italia e Austria a confronto

L'evoluzione recente della pandemia in Italia ed Austria ha seguito percorsi molto diversi. Dopo un iniziale periodo di scarsi controlli e con una forte presenza di non vaccinati, l'Austria si è ritrovata con un elevatissimo livello di contagi ed una situazione sanitaria critica. Tutto questo avveniva prima della comparsa della nuova variante Omicron. Ad un certo punto, l'Austria è stata costretta ad imporre un severo lockdown (inizialmente esteso a tutti, ma oggi limitato solo ai non vaccinati) e ad imporre l'obbligo vaccinale che scatterà dal prossimo 1 febbraio.

Durante lo stesso periodo l'Italia ha visto una crescita costante - anche se non particolarmente intensa - sia dei contagi che dei ricoveri. La situazione italiana è seriamente degenerata - almeno per quanto riguarda il numero dei contagi - nell'ultima settimana ed attualmente mostra una preoccupante divergenza. 

A fronte di questa situazione, il Governo italiano ha assunto alcune ulteriori (blande) misure restrittive, ma (a parte le discoteche) tutte le attività potranno proseguire senza particolari limitazioni. Anche la chiusura delle discoteche solleva qualche dubbio, perché non c'è alcuna limitazione per le feste di natura privata. Basterà riunirsi nelle abitazioni e chiunque potrà organizzare affollatissimi veglioni di Capodanno.

Lo scorso 20 dicembre l'Italia ha trovato che quasi 1/3 dei contagi (media nazionale) era dovuto alla variante Omicron. Probabilmente entro fine anno, Omicron diventerà la variante dominante anche in Italia. I dati diffusi dall'Austria indicavano una presenza di Omicron pari al 14% lo scorso 14 dicembre. Probabilmente, la diffusione di Omicron in Italia ed Austria sta seguendo due percorsi abbastanza simili.

Se confrontiamo i dati sui contagi e sui decessi di Italia ed Austria, vediamo che la situazione attuale è molto differente:

Confronto dell'andamento recente della pandemia in Austria (linee blu) e Italia (linee rosse). Il pannello superiore riporta i contagi giornalieri, normalizzati per 1 milione di abitanti. Il pannello inferiore riporta i decessi, sempre normalizzati rispetto ad 1 milione di abitanti. Tratto da Our World in Data

Vediamo che l'Austria, grazie al lockdown ed alle rigide misure applicate ai non vaccinati ha riportato l'ondata dei contagi a livelli relativamente bassi. Al momento non si vede ancora l'evidenza di una forte crescita legata alla diffusione della variante Omicron. Prima della discesa dei contagi, l'Austria ha pagato un duro prezzo in termini di vite umane, ma - anche su questo fronte - la situazione mostra un recente significativo miglioramento.

Da qualche giorno la situazione italiana dei contagi è diventata peggiore, in termini assoluti, rispetto a  quella austriaca, ma quella che preoccupa davvero è la tendenza per il prossimo futuro. Un analogo andamento, anche se ritardato nel tempo di circa 2 settimane, lo stiamo osservando per i decessi.

L'analisi di questi dati fa sorgere alcune domande:

  1. Può essere utile - analogamente a quanto fatto da Austria ed altri Paesi Europei - considerare un breve periodo di lockdown per riportare il livello dei contagi italiani su livelli più accettabili?
  2. Non varrebbe la pena di pensare - analogamente a quanto fatto dall'Austria - a misure specifiche di lockdown per i non vaccinati? Forse impedir loro di andare a prendere un caffè al bar - ammesso e non concesso che si facciano effettivamente i controlli - è un po' troppo poco.

Israele e la quarta dose: sì, no, forse!

Due giorni fa Israele aveva annunciato l'imminente partenza della somministrazione della quarta dose vaccinale per il personale sanitario più esposto al rischio di contagio e per i cittadini con più di 60 anni di età. Nel frattempo, l'annuncio è stato ritirato e ufficialmente non è ancora partita neppure la sperimentazione su volontari che avrebbero dovuto ricevere la quarta dose per verificare la sua reale efficacia nella protezione contro la variante Omicron. 

Un discorso a parte va fatto per i pazienti immunodepressi che sono comunque sottoposti a frequenti richiami periodici per compensare la limitata funzionalità dei vaccini, legata al particolare stato del loro sistema immunitario.

L'ipotesi della quarta dose in Israele va contestualizzata nella particolare situazione di quel Paese. Israele aveva iniziato la campagna vaccinale prima di qualsiasi altra Nazione e nello scorso mese di agosto aveva iniziato a somministrare le terze dose vaccinali. A quasi 5 mesi di distanza, con l'arrivo di Omicron, Israele aveva ipotizzato di somministrare la quarta dose per aumentare il livello di protezione dei suoi cittadini, partendo da quelli a più alto livello di rischio (anche alla luce dei dati inglesi secondo cui la terza dose vaccinale fornirebbe una protezione contro il contagio sintomatico da Omicron di durata relativamente breve).

Secondo notizie di stampa, il ripensamento sarebbe stato indotto dalle notizie provenienti dalla Gran Bretagna sulla gravità media dei casi di Omicron. Le Autorità sanitarie israeliane avrebbero deciso di spostare più avanti la decisione sulla eventuale somministrazione della quarta dose in attesa di capire meglio i dati britannici e di valutare nel modo più accurato possibile l'impatto della variante Omicron sulla situazione degli ospedali.

Venerdì scorso, Israele (circa 9,2 milioni di abitanti) ha contato circa 1.800 contagi, di cui circa 1/3 attribuiti alla variante Omicron. I casi dovuti al nuovo ceppo virale sono triplicati nel corso di soli 4 giorni. Secondo alcune stime, Israele potrebbe raggiungere un picco di 10 mila contagi Omicron entro un paio di settimane da oggi (altri parlano di 20-30 mila casi). 

Attualmente, il numero di pazienti Covid ricoverati negli ospedali israeliani in condizioni "gravi" (in pratica le nostre terapie intensive ed i reparti "ad alta intensità") è inferiore a 100 (dato abbastanza stabile da alcune settimane). L'80% di loro è costituito da non vaccinati. Non c'è quindi - almeno per il momento - l'evidenza di un forte incremento dei casi gravi, soprattutto per coloro che hanno ricevuto 3 dosi vaccinali.

Contemporaneamente, Israele ha avviato con Pfizer la negoziazione per acquistare 100 mila dosi del suo nuovo farmaco antivirale che - se assunto entro pochissimi giorni dopo la scoperta della positività - si è dimostrato molto efficace per limitare i ricoveri ed i decessi per le persone ad alto rischio di gravi complicanze.

Al momento non è chiaro se il rinvio della quarta dose sia solo momentaneo o sia invece l'indice di un cambio di strategia. Alcuni preferirebbero attendere l'arrivo di nuovi vaccini formulati esplicitamente per contrastare il contagio da Omicron. E - in attesa dei nuovi vaccini - si potrebbero limitare i casi più gravi grazie al nuovo antivirale Pfizer.

Per il momento si tratta solo di congetture, ma - come al solito - Israele si conferma come una "sentinella avanzata" rispetto all'andamento della pandemia. Ancora una volta le decisioni di Israele potrebbero anticipare quelle degli altri Paesi.

Un suggerimento per APSS Trento: comunicate i dati sullo stato vaccinale dei ricoverati come fa l'Alto Adige

L'Alto Adige ha iniziato a pubblicare un bollettino (che sarà aggiornato su base settimanale) che fornisce  informazioni sullo stato vaccinale dei ricoverati negli ospedali altoatesini. Il formato grafico, conciso e compatto, favorisce la lettura immediata dei dati, rendendoli comprensibili a tutti, anche a quelli che non hanno tempo o voglia di leggere il consueto comunicato stampa:

Distribuzione dei ricoverati in terapia intensiva dei reparti Covid dell'Alto Adige, in funzione dello stato vaccinale. Tratto da bollettino Azienda Sanitaria Alto Adige

Non sarebbe male se anche a Trento, aldilà delle comunicazioni che vengo fatte saltuariamente, si decidesse di informare sistematicamente i cittadini sull'impatto che le vaccinazioni producono a livello ospedaliero





Buon Natale!

 


venerdì 24 dicembre 2021

Perché è difficile stimare quantitativamente le caratteristiche della variante Omicron

Da quasi un mese tutto il Mondo discute della nuova variante Omicron e quotidianamente ci arrivano notizie contrastanti sulle caratteristiche di questo nuovo ceppo virale. La forte crescita dei contagi ha fatto pensare a molti che Omicron sia caratterizzata da un elevatissima contagiosità. In altre parole, ci aspettiamo che l'indice di trasferimento basale del contagio Ro della variante Omicron dovrebbe essere superiore rispetto a quello di tutte le altre varianti del virus SARS-CoV-2.

Ricordiamo la definizione di Ro: si tratta del numero medio di persone che vengono contagiate da ciascun positivo durante il periodo in cui il soggetto rimane contagioso. La stima di Ro si può ottenere assumendo che siano soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. Le persone virologicamente positive conducono una vita normale e nessuno adotta misure per la prevenzione di contagi (mascherine, distanziamento, quarantena, ecc.).
  2. Tutta la popolazione (escluso un numero limitato di soggetti virologicamente positivi) è sensibile al virus, ovvero non ha mai contratto la Covid-19 e non è stata vaccinata.
Vediamo subito che le condizioni necessarie per effettuare la stima di Ro erano strettamente verificate solo 2 anni fa, quando il virus comparve per la prima volta a Wuhan. Man mano che passa il tempo, è sempre più difficile soddisfare le condizioni richieste per la stima di Ro. Per i nuovi ceppi virali Ro viene stimato indirettamente, per confronto rispetto al ceppo originale di Wuhan. Ad esempio, per il ceppo originale Ro era compreso tra 2,5 e 3, mentre per la variante Delta si parla di un indice pari a circa 6.
 
Ricordo ancora che, nella pratica (ovvero quando si vuole calcolare la variazione nel tempo del numero dei contagi) quello che conta è l'indice di trasferimento del contagio "efficace" Rt, parametro di cui abbiamo sentito molto parlare durante la pandemia. In pratica quindi diversi fattori come il comportamento delle persone, lo stato vaccinale della popolazione, l'accumulo di infezioni precedenti e l'adozione di misure di contenimento non sanitario del contagio concorrono ad abbassare il valore di Rt che, a seconda delle condizioni, potrà assumere un valore compreso tra 0 ed Ro. Se cambia il ceppo virale e la nuova variante ha un valore di Ro maggiore rispetto alla variante precedente, è chiaro che - a parità di tutte le altre condizioni - il valore di Rt crescerà, con un incremento proporzionale all'aumento di Ro.
 
Quando si parla di una maggiore contagiosità della variante Omicron rispetto alla Delta, al momento non è chiaro se l'innegabile forte crescita dei contagi sia dovuta al fatto che Omicron abbia un indice Ro superiore a quello della variante Delta (qualcuno ha ipotizzato che potrebbe arrivare a 10 o essere addirittura superiore) oppure se l'aumento dei contagi sia da attribuire al fatto che Omicron aggiri la barriera dei vaccini (almeno per chi non ha fatto recentemente la terza dose). In altre parole, passando da Delta a Omicron, Ro potrebbe non essere cambiato, ma essendo venuta meno (almeno in parte) la copertura dei vaccini contro il contagio sintomatico, aumenterebbe il valore di Rt, con la corrispondente crescita più rapida dei contagi.
 
La questione non è di poco conto perché se fosse valida la prima ipotesi avremmo a che fare con un virus che - a livello molecolare - ha perfezionato la sua capacità di infettare le cellule dell'organismo ospite. Nel secondo caso,  è come se avessimo a che fare (almeno in parte) con una pandemia generata da un nuovo virus che i vaccini riesco a contrastare meno bene rispetto a prima.

Fin qui la questione della contagiosità. Passiamo ora al tema della aggressività del virus, ovvero della gravità media dei sintomi associata ai contagi con la variante Omicron. Questo discorso è strettamente collegato con l'argomento discusso precedentemente. Infatti, se Omicron infettasse facilmente anche le persone vaccinate, ci aspetteremmo comunque che chi ha un sistema immunitario addestrato a combattere efficacemente le altre varianti del SARS-CoV-2, avrebbe - anche in caso di contagio con Omicron - una certa protezione contro i contagi più gravi. In altre parole, anche se il sistema immunitario della persona vaccinata non riesce ad impedire che il virus si installi nell'organismo, riuscirà comunque ad organizzare una "seconda linea di difesa" impedendo al virus di generare gravi complicanze. 
 
Se questa ipotesi fosse vera, avremmo molti contagi perché anche i vaccinati sarebbe poco protetti dal contagio sintomatico, ma - in percentuale - meno casi gravi perché, come succede per tutte le altre varianti, i non vaccinati sarebbero comunque quelli più a rischio di gravi complicanze, seguiti dai vaccinati che hanno fatto la seconda dose da più di 5 mesi e non hanno ancora fatto il richiamo. Gli altri vaccinati, anche se infettati, manifesterebbero comunque sintomi mediamente lievi (a parte i più fragili che soffrono di altre gravi patologie), contribuendo ad abbassare la gravità apparente dei contagi da variante Omicron.

Riassumendo, Omicron non sarebbe un virus "meno aggressivo",  ma sarebbe un virus capace di contagiare molte più persone (inclusi molti di coloro che hanno fatto il vaccino). Tuttavia i contagi dei vaccinati che non sono affetti da altre gravi patologie produrrebbero quasi sempre sintomi lievi, non tali da richiedere il ricovero.

Per il momento, quelle che vi ho esposto sono solo semplici congetture e le poche pubblicazioni scientifiche fin qui disponibili non aiutano a chiarire la situazione. Soltanto raccogliendo un adeguato numero di informazioni sul decorso della malattia in funzione dello stato vaccinale dei contagiati sarà possibile dare una risposta alle domande che vi ho presentato. 
 
Le interpretazioni dei pochi dati fin qui raccolti non sono univoche ed è certamente troppo presto per tirare conclusioni dotate di una qualche affidabilità.
 

giovedì 23 dicembre 2021

Ma quanti sono i casi di Omicron in Italia? Perché serve conoscere questo dato?

Ufficialmente i contagi italiani associati alla variante Omicron sono poche centinaia, ma sappiamo che si tratta di dati non attendibili. Eppure - come ho spiegato in un altro post - non sarebbe difficile farsi un'idea (sia pure approssimativa) del reale impatto della variante Omicron, semplicemente guardando più in dettaglio ai risultati dei tamponi molecolari.

Sulla base di osservazioni di questo tipo e dei risultati dei (pochi) sequenziamenti genetici eseguiti, giungono, da varie parti d'Italia, segnalazioni secondo cui la variante Omicron sarebbe arrivata, in alcuni territori, al 50% dei contagi. Mediamente si stima una incidenza del 20% su base nazionale. Il dato non sarebbe sorprendente considerato l'ampia diffusione che la variante Omicron ha già raggiunto in Paesi vicini a noi come, ad esempio, la Francia e la Spagna.

A Trento, come al solito, si preferisce seguire il metodo degli struzzi. C'è stata recentemente la segnalazione del caso di un residente in Trentino che è stato trovato positivo alla variante Omicron a seguito dei controlli propedeutici al ricovero in un ospedale di Brescia, ma - a livello locale - ufficialmente Omicron non è ancora stata trovata. Sembra che le Autorità politico-sanitarie trentine preferiscano raccontarci la storiella del "Trentino isola felice", salvo poi "cascare dal pero"  quando la realtà si presenta per come è davvero.

Anche i burocrati del Ministero della Salute nazionale non dimostrano una grande solerzia nella quantificazione dell'incidenza di Omicron. Il 20 dicembre è stata lanciata quella che molto pomposamente è stata definita una flash survey ovvero una raccolta coordinata di sequenziamenti genetici che potrà quantificare (tra circa una settimana) lo stato attuale della diffusione di Omicron in Italia. Qualcuno ha definito argutamente l'operazione ministeriale come "un autovelox che arriva in ritardo".

Nota aggiunta la sera del 23 dicembre. 

Poche ore fa, l'ISS ha comunicato che i risultati preliminari della flash survey fatta lo scorso 20 dicembre indicano una presenza media di contagi Omicron pari al 28%, con un tempo di raddoppio dell'ordine di 2 giorni. I forti incrementi dei contagi registrati nel corso degli ultimi 3 giorni ci fanno sospettare che ormai Omicron sia il ceppo virale dominante in molte parti d'Italia. Non è chiaro cosa intenda l'ISS per "risultati preliminari", forse si sono limitati a leggere meglio i risultati delle analisi molecolari. Comunque i risultati definitivi arriveranno il 29 dicembre, quando ormai Omicron potrebbe essere largamente dominante in tutta Italia. A mio avviso, si tratta di un esempio da manuale che ci fa capire come in Italia buttiamo un sacco di soldi per mantenere una burocrazia inadeguata rispetto al compito che le è stato assegnato.

Il dato sulla effettiva presenza di Omicron non è interessante solo per le statistiche degli epidemiologi. In realtà, sapere quanti e quali (e in particolare quale sia il loro stato vaccinale) siano i casi legati alla nuova variante ci può aiutare a capire meglio l'impatto sugli ospedali della forte crescita dei contagi a cui stiamo assistendo. 

Serve anche per capire quali siano le misure non sanitarie per la prevenzione dei contagi da attivare per evitare che, a gennaio, l'Italia si debba bloccare sotto il peso della nuova ondata di contagi. L'arrivo della variante Omicron impone che vengano assunte nuove decisioni di natura politico-sanitaria. In particolare:

  1. Si può decidere di non fare nulla come ha tentato di fare il Premier BoJo in Inghilterra. Alla fine anche lui ha dovuto arrendersi ed attivare il cosiddetto "Piano B", troppo tardi comunque per evitare un raddoppio (almeno per il momento) delle persone ricoverate negli ospedali delle zone più colpite dalla variante Omicron. Che, molto probabilmente, è meno aggressiva rispetto al ceppo virale Delta (e questa - se verificata - sarebbe una buona notizia), ma se i contagi si decuplicano, fatalmente aumentano anche i ricoveri.
  2. Chiudere molte attività e tornare al vecchio lockdown. Questa scelta è stata adottata dall'Olanda e, sia pure a livelli diversi, da molti altri Paesi europei. Si tratta di una scelta obbligata per chi ha gli ospedali intasati dai ricoveri dovuti all'ondata autunnale della variante Delta (e alla forte presenza di no-vax) e non può permettersi un ulteriore aumento dei ricoveri Covid che metterebbe definitivamente in crisi i sistemi ospedalieri.
  3. Aumentare le misure non sanitarie per il contenimento dei contagi senza arrivare a vere e proprie chiusure. Questa è la via seguita dal Governo italiano, forte del buon successo della campagna vaccinale in Italia. Si tratta di una scelta non priva di rischi perché, se la situazione dovesse sfuggire di mano, poi rimarrebbero solo le misure più rigide come un severo lockdown. Per poter affermare che opera secondo criteri di "rischio calcolato" il Governo italiano dovrebbe disporre di dati aggiornati sulla diffusione della variante Omicron ed, in particolare, di una stima affidabile del livello di protezione offerto dalla terza dose vaccinale. Guardando ai dati inglesi - dove la somministrazione della terza dose vaccinale è più diffusa rispetto all'Italia - appare chiaro che lo scudo vaccinale - da solo - non basta. Trovare il giusto livello di misure non sanitarie da adottare (assieme ad una spinta decisa per il rapido completamento della campagna vaccinale) non sarà facile. Soprattutto - lo ripeto - se le misure saranno prese "al buio" senza conoscere l'effettivo impatto della variante Omicron sullo stato della pandemia in Italia.


mercoledì 22 dicembre 2021

Omicron e la "battaglia di Londra": aggiornamento

In un post recente avevo discusso del ruolo di Londra (intesa come Great London, ovvero la capitale inglese più le zone limitrofe per un totale di circa 8,9 milioni di abitanti) come una sorta di laboratorio vivente per capire l'impatto della variante Omicron sul futuro sviluppo della pandemia.

Ad una settimana di distanza i dati sono ancora incompleti, ma è già possibile fare qualche osservazione preliminare. La variante Omicron è ormai il ceppo dominante a Londra e sta progressivamente soppiantando la variante Delta. 

Andamento dei contagi nella zona della Grande Londra

Si nota il forte incremento dei contagi registrato nel corso del mese di dicembre. I dati degli ultimi giorni non sono ancora stabilizzati, ma vediamo che il livello dei contagi è già arrivato al un livello che è pari ad almeno 5 volte il valore medio dei contagi registrato a novembre (prima della comparsa della variante Omicron). 

Il grande numero di contagi ha fatto aumentare enormemente il numero di persone costrette alla quarantena, creando non pochi problemi al regolare funzionamento dei principali servizi di pubblica utilità. Questa situazione ha costretto il Sindaco di Londra a dichiarare lo stato di emergenza.

Sul fronte ospedaliero, si nota un significativo aumento del numero dei pazienti ricoverati nei reparti Covid degli ospedali londinesi. C'è stato un sostanziale raddoppio del numero delle persone ricoverate (con una chiara tendenza ad un ulteriore incremento),  ma non si nota - almeno per il momento - un cambio di tendenza per i casi più gravi.

Andamento dei ricoveri nei reparti Covid degli ospedali londinesi. La linea blu indica il numero di pazienti ricoverati, mentre quella rossa rappresenta i ricoverati in terapia intensiva (solo quelli collegati al respiratore)

La figura seguente mostra, in maggiore dettaglio, l'andamento di 2 parametri cruciali: il numero di nuovi pazienti che sono entrati quotidianamente nei reparti Covid degli ospedali londinesi ed il numero di pazienti che si trovano in terapia intensiva, collegati al respiratore:

Andamento, nel corso degli ultimi 3 mesi, delle nuove ammissioni nei reparti Covid degli ospedali londinesi (linea blu) e dei pazienti che si trovano nei reparti di terapia intensiva, collegati al respiratore (linea rossa). L'aumento dei nuovi ricoveri dovuto all'arrivo della variante Omicron è chiaramente visibile a partire dalla prima settimana di dicembre. L'ultimo dato disponibile è pari a circa 3 volte il livello di nuovi ricoveri che avvenivano a novembre. Il dato sulle terapie intensive non mostra - almeno per il momento - una crescita altrettanto significativa. Elaborato su dati london.gov.uk

Per il momento non abbiamo ancora dati sufficienti per ragionare sull'effettiva gravità media dei contagi causati dalla variante Omicron. I dati mostrati in figura potrebbero essere spiegati assumendo che non sia ancora passato tutto il tempo necessario per vedere gli effetti causati dal recentissimo aumento dei contagi (soprattutto per quanto riguarda i casi più gravi che richiedono il ricovero in terapia intensiva)

Una visione ottimistica potrebbe "cogliere" nei dati l'indicazione di una minore gravità media dei contagi indotti dalla variante Omicron, ma va sottolineato che c'è comunque stato un forte aumento dei pazienti ricoverati negli ospedali londinesi.

Un recentissimo rapporto dell'Imperial College fornisce una stima preliminare secondo cui, a parità di contagi, passando dalla variante Delta alla Omicron i ricoveri calerebbero del 40%.  

Ovviamente la notizia secondo cui Omicron produrrebbe sempre e solo i sintomi di un "banale raffreddore" va presa per quello che è, ovvero una fake news.

In conclusione, il quadro che emerge dai dati londinesi conferma la grande contagiosità della variante Omicron. L'aumento dei ricoveri in ospedale è stato significativo, ma - fino ad oggi - la crescita dei nuovi ricoveri è stata meno impetuosa rispetto a quella dei contagi. Ancora non si vedono effetti significativi sul numero dei pazienti ricoverati nelle terapie intensive.

Questo andamento potrebbe dipendere da una minore gravità media dei sintomi associati alla variante Omicron o potrebbe essere solo temporaneo a causa del tempo limitato che è trascorso dopo la comparsa di Omicron. Entro la fine dell'anno la situazione dovrebbe essere un po' più chiara.