mercoledì 15 dicembre 2021

Convivere con il virus: il caso Veneto

Il dott. Luciano Flor, direttore generale della Sanità della Regione Veneto, ha inviato una circolare alle Ulss della Regione (prossima ad entrare in zona gialla) nella quale si annuncia il rinvio degli interventi chirurgici classificabili come "non urgenti" nel caso in cui prevedano il possibile utilizzo delle terapie intensive nella fase post-operatoria. Tutto rimandato a tempi migliori, quando sarà stata superata l'attuale ondata pandemica e si potrà disporre del personale e dei posti letto di terapia intensiva attualmente impegnati per la cura dei malati Covid.

Nulla di straordinario: è già successo varie volte nel corso della pandemia, anche se rimane un po' di amaro in bocca pensando a quei pazienti - affetti da gravi patologie - costretti, loro malgrado, a rimandare importanti interventi chirurgici.

Rimane la foglia di fico: "gli interventi chirurgici urgenti si faranno comunque". Chiunque può capire quanto possa essere labile il confine tra gli interventi chirurgici classificabili come "urgenti" e quelli che possono essere spostati nel tempo.

Molti ospedali italiani sono ancora alle prese con gli "arretrati" dovuti agli interventi rimandati durante le precedenti ondate pandemiche ed oggi si trovano di fronte ad una nuova emergenza. 

La situazione appare ancora più grave se consideriamo il fatto che - attualmente - almeno la metà dei posti letto di terapia intensiva sono occupati da pazienti che hanno deliberatamente rifiutato la vaccinazione. Dopo averci "bombardato" con i loro proclami contro la "dittatura sanitaria", molti di loro sono stati  prontissimi a correre al Pronto Soccorso appena la Covid-19 gli ha tolto il respiro.

C'è un enorme problema etico che nessuno sembra voler davvero affrontare, a cominciare dai politici che strizzano l'occhio ai no-vax.

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