martedì 14 dicembre 2021

Pfizer conferma che il suo candidato antivirale Paxlovid ha dimostrato una efficacia dell'89% nella prevenzione di ricoveri e decessi nei contagiati ad alto rischio di gravi complicanze

Pfizer ha aggiornato i risultati della sperimentazione sul suo candidato farmaco antivirale Paxlovid, specificamente disegnato per ridurre i ricoveri ed i conseguenti decessi di contagiati Covid-19 ad alto rischio di gravi complicanze. 

La sperimentazione ha riguardato complessivamente 2.246 volontari: a metà di loro è stato somministrato il farmaco, mentre l'altra metà ha ricevuto un placebo. I volontari sono stati scelti tra adulti, non vaccinati e inizialmente non ospedalizzati, che, a seguito del contagio, correvano un elevato rischio di  contrarre gravi complicanze. Il farmaco è stato somministrato in "doppio cieco" ovvero né i volontari, né i medici che li assistevano sapevano se veniva dato il farmaco o il  placebo. Per tutti il trattamento è iniziato entro 3 giorni dalla comparsa dei primi sintomi (per una parte dei volontari il ritardo è stato aumentato a 5 giorni).

Solo lo 0,7% dei volontari che hanno ricevuto il farmaco sono stati ricoverati entro 4 settimane dall'inizio del trattamento e nessuno di loro è deceduto. Il tasso di ricovero è salito 6,5% tra coloro che hanno ricevuto il placebo e alcuni di loro sono deceduti. L'efficacia del farmaco nella prevenzione di ricoveri e decessi è stata valutata pari all'89%, confermando le anticipazioni che erano uscite poco più di un mese fa.

Dopo 5 giorni di trattamento, nei pazienti trattati con Paxlovid è stata osservata una riduzione del carico virale 10 volte più ampia rispetto a quella misurata nei pazienti trattati con il placebo.

Il reclutamento di  nuovi volontari è stato sospeso su suggerimento del Comitato indipendente che supervisiona la sperimentazione. Non sarebbe stato eticamente accettabile esporre altri volontari ad un rischio accertato di ricovero ed eventualmente di morte, nel caso in cui fosse stato loro fornito il placebo.

Le sperimentazioni sono state fatte prima dell'arrivo della variante Omicron. Tenuto conto del principio di funzionamento del farmaco (che blocca la riproduzione del virus e non ha, come bersaglio, la proteina spike) è ragionevole aspettarci che l'efficacia del Paxlovid sia più o meno la stessa per tutte le varianti virali del SARS-CoV-2. Alcune misure in-vitro sembrano confermare il buon funzionamento del Paxlovid anche per la variante Omicron.

Ora il pallino passa alla FDA che, già a novembre, è stata chiamata ad esprimersi sulla richiesta di utilizzo, sia pure in forma emergenziale, del nuovo antivirale. Va notato che la sperimentazione ha riguardato - fino ad oggi - circa 2.000 pazienti e quindi non può avere messo in evidenza la presenza di eventuali effetti avversi del Paxlovid che riguardino, statisticamente, meno dell'1% circa dei pazienti. 

Presumibilmente, almeno in una prima fase, l'uso del farmaco sarà autorizzato solo per pazienti ad elevatissimo rischio di gravi complicanze, anche perché ci saranno senz'altro problemi di disponibilità che limiteranno comunque l'utilizzo del Paxlovid su vasta scala.

In attesa di conoscere le valutazioni della FDA, prendiamo atto che l'arrivo di questo farmaco potrebbe rappresentare un passo - non sappiamo ancora quanto importante - verso quella che potremmo definire una vera e propria "convivenza con il virus". Fermo restando che l'eventuale disponibilità di questo od altri antivirali non ridurrà l'importanza dei vaccini perché comunque "prevenire è meglio che curare".


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