giovedì 16 dicembre 2021

Perché le Regioni/PPAA finiscono in zona giallo/arancio?

Anche se la variante Omicron non ha ancora inciso pesantemente sull'andamento dei contagi italiani, domani crescerà il numero di Regioni/PPAA destinate a passare in zona gialla e per alcune di loro si sta avvicinando la concreta possibilità di passare al successivo livello di rischio, indicato con il colore arancione.

Nel tentativo di sfuggire alle maglie dei regolamenti ministeriali, i burocrati regionali si affannano ad inventarsi "posti letto disponibili", chiudendo un numero crescente di attività ordinarie degli ospedali italiani. Grazie a qualche "trucco contabile" alcune Regioni/PPAA forse riusciranno a rimanere in zona bianca ancora per un po', ma si tratterà solo di una tregua illusoria, perché comunque la pandemia sta andando avanti per la sua strada e non guarda certamente al "colore" assegnato dal Ministero della Salute alle diverse realtà regionali.

Poiché i parametri su cui si gioca la classificazione ministeriale sono sostanzialmente legati ai ricoveri ospedalieri, è bene ricordare quale è lo stato vaccinale dei ricoverati. I dati li conosciamo bene perché sono quelli aggiornati settimanalmente dall'Istituto Superiore di Sanità. In questo post ve li presento utilizzando una forma grafica un po' diversa dal solito, utile per capire quello che sta succedendo negli ospedali italiani.

Distribuzione in base allo stato vaccinale dei 9.302 ricoveri nei reparti Covid degli ospedali italiani registrati dall'ISS nel periodo tra il 22 ottobre ed il 21 novembre 2021

Distribuzione in base allo stato vaccinale dei 991 ricoveri nei reparti Covid di terapia intensiva degli ospedali italiani registrati dall'ISS nel periodo tra il 22 ottobre ed il 21 novembre 2021

Questi due grafici sono stati costruiti tenendo conto del numero di ricoveri, suddivisi in base allo stato vaccinale dei pazienti. I dati ci forniscono una indicazione diretta dell'impatto delle diverse categorie vaccinali sull'occupazione dei reparti Covid degli ospedali e pertanto non sono stati normalizzati rispetto al numero di cittadini che appartengono a ciascuna categoria vaccinale.

Se volessimo stimare l'incidenza relativa dei ricoveri, dovremmo normalizzare i dati dei ricoveri rispetto al numero di cittadini che condividono lo stesso stato vaccinale. Questa analisi è già stata presentata in un precedente post. Qui mi limito a ricordare che, al momento della rilevazione fatta dall'ISS, la maggioranza dei cittadini italiani (quasi 31 milioni) era costituita da persone che avevano ricevuto una vaccinazione completa da meno di 5 mesi, mentre coloro che si erano vaccinati da più di 5 mesi erano circa 12 milioni. 

I non vaccinati erano solo 7,3 milioni, di cui 5,8 milioni di età inferiore a 60 anni. La maggioranza degli anziani era vaccinata con 2 e in misura più ridotta con 3 dosi (il dato risale a novembre).

Nel periodo esaminato, le persone di età superiore ai 60 anni (più esposte al rischio di contagi gravi) erano più o meno ugualmente distribuite tra coloro che avevano fatto la vaccinazione completa da meno di 5 mesi e quelli che erano stati vaccinati completamente da più di 5 mesi. Solo il 10% delle persone sopra i 60 anni risultava avere già fatto la terza dose.

Le statistiche ISS hanno considerato solo i cittadini di età superiore ai 12 anni (ovvero quelli vaccinabili al momento in cui sono stati raccolti i dati).

Il quadro che emerge è molto chiaro e mostra il ruolo determinante dei pazienti no-vax nell'occupazione dei reparti Covid degli ospedali italiani

Coloro che avevano fatto la vaccinazione completa più di 5 mesi prima, ma non avevano ancora fatto la terza dose rappresentano il secondo gruppo di ricoverati per numerosità assoluta.

Il dato relativo alle terze dosi è ancora preliminare perché a novembre la somministrazione dei richiami era solo all'inizio. Normalizzando rispetto al numero di persone, c'è comunque evidenza del ruolo protettivo addizionale garantito dalla terza dose. Ruolo che, molto probabilmente, è destinato a salire ulteriormente con l'ormai imminente arrivo della variante Omicron.

Non c'è molto da aggiungere perché i dati si spiegano da soli. Se la campagna vaccinale avesse raggiunto più persone e se le terze dosi fossero stare somministrate con maggiore sollecitudine, oggi la situazione degli ospedali italiani sarebbe molto più tranquilla e sarebbe anche minore l'ansia per il possibile impatto di Omicron. 

Purtroppo non è così, sia a causa del comportamento dei singoli che hanno rifiutato il vaccino, sia per i ritardi con cui le Autorità sanitarie hanno realizzato la campagna dei richiami vaccinali d'autunno. Inutile "piangere sul latte versato" perché ormai i danni sono stati fatti e non si può più trovare un rimedio.

Tuttavia, se la situazione dovesse peggiorare ulteriormente e se fosse necessario erogare ulteriori aiuti economici per fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia, spero che neppure 1 Euro di denaro pubblico sia usato per sostenere quegli operatori economici che non si sono vaccinati. Mi sembra davvero "il minimo sindacale".

4 commenti:

  1. In base ai numeri ed ai grafici sopracitati si desume facilmente che oltre il 50% dei costi di ospedalizzazione ( ricoveri normali + alta intensità + terapie intensive) è dovuto a chi non è vaccinato.
    Voglio semplificare. Dato che la quota dei vaccinati si avvicina al 90% mentre i non vaccinati sono al 10% si può desumere facilmente che circa il 45% dei costi totali di ospedalizzazione potrebbe sparire se tutti fossimo vaccinati.
    La conclusione per me è che pertanto basterebbe applicare ad ogni persona non vaccinata senza giustificazione una “ tassa di mancata vaccinazione” pari a:
    45% dei costi totali di ospedalizzazione / numero soggetti non vaccinati non giustificati.

    Desidero precisare che sto ignorando:
    -il costo collegato ai contagi generati da questi soggetti verso chi è regolarmente vaccinato
    -i costi legati alla mancata produttività dei soggetti non vaccinati che si ammalano con maggiore probabilità dei soggetti vaccinati
    -il monte dei costi generati dall’esagerato volume di tamponi sostenuti dai soggetti non vaccinati
    -il costo legato alle mancate cure di altre persone affette da patologie diverse dal Covid.
    La lista potrebbe proseguire...

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  2. Se si volesse mettere una tassa sulle mancate vaccinazioni (analogamente a quanto fatto in Austria o in Grecia), l'importo dovrebbe essere destinato ad incrementare i fondi per il Sistema sanitario nazionale e dovrebbe essere progressivo (legato al reddito personale, come fa la Svizzera per le multe).

    Aggiungerei anche un bel controllo patrimoniale, per verificare se il reddito dichiarato è quello giusto.

    Con tutti gli evasori che ci sono in Italia (sia tra no che tra i sì-vax), credo che una bel po' di no-vax correrebbero subito a vaccinarsi.

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    1. In effetti in Austria pare introducano una MULTA da 600 euro al trimestre alle persone non vaccinate (con oltretutto una supermulta di 3600 euro per chi non paga in tempo utile) Io credo che far pagare MULTE sia un concetto che fa apparire i no-vax degli esseri tartassati. Più corretto dire invece: cari amici no-vax, siete "LIBERI" di scegliere cosa fare, ma sappiate che questa scelta, dati alla mano, ha costi quasi 10 volte superiori alla media. Pertanto agli effetti di una comunicazione corretta è più giusto imporre un RIMBORSO PARZIALE DEI COSTI sostenuti dal Sistema Sanitario nazionale (e pertanto da noi tutti) da addebitare ai no-vax non giustificati da solide ragioni.

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  3. Desideravo aggiungere che l'Austria con le cifre che ha comunicato dovrebbe incassare min. 2.400 euro/anno per ogni no-vax. Se la calcolatrice non mi inganna questo significa 2,4 miliardi di euro all'anno per ogni milione di no-vax. Considerando che la popolazione austriaca è a circa 9 mil di abitanti e che il tasso di vaccinazione è intorno al 70% ne deduco che con i miliardi incassati l'Austria potrà spesare integralmente sia la campagna di vaccinazione che tutti i ricoveri Covid-19.

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