venerdì 24 dicembre 2021

Perché è difficile stimare quantitativamente le caratteristiche della variante Omicron

Da quasi un mese tutto il Mondo discute della nuova variante Omicron e quotidianamente ci arrivano notizie contrastanti sulle caratteristiche di questo nuovo ceppo virale. La forte crescita dei contagi ha fatto pensare a molti che Omicron sia caratterizzata da un elevatissima contagiosità. In altre parole, ci aspettiamo che l'indice di trasferimento basale del contagio Ro della variante Omicron dovrebbe essere superiore rispetto a quello di tutte le altre varianti del virus SARS-CoV-2.

Ricordiamo la definizione di Ro: si tratta del numero medio di persone che vengono contagiate da ciascun positivo durante il periodo in cui il soggetto rimane contagioso. La stima di Ro si può ottenere assumendo che siano soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. Le persone virologicamente positive conducono una vita normale e nessuno adotta misure per la prevenzione di contagi (mascherine, distanziamento, quarantena, ecc.).
  2. Tutta la popolazione (escluso un numero limitato di soggetti virologicamente positivi) è sensibile al virus, ovvero non ha mai contratto la Covid-19 e non è stata vaccinata.
Vediamo subito che le condizioni necessarie per effettuare la stima di Ro erano strettamente verificate solo 2 anni fa, quando il virus comparve per la prima volta a Wuhan. Man mano che passa il tempo, è sempre più difficile soddisfare le condizioni richieste per la stima di Ro. Per i nuovi ceppi virali Ro viene stimato indirettamente, per confronto rispetto al ceppo originale di Wuhan. Ad esempio, per il ceppo originale Ro era compreso tra 2,5 e 3, mentre per la variante Delta si parla di un indice pari a circa 6.
 
Ricordo ancora che, nella pratica (ovvero quando si vuole calcolare la variazione nel tempo del numero dei contagi) quello che conta è l'indice di trasferimento del contagio "efficace" Rt, parametro di cui abbiamo sentito molto parlare durante la pandemia. In pratica quindi diversi fattori come il comportamento delle persone, lo stato vaccinale della popolazione, l'accumulo di infezioni precedenti e l'adozione di misure di contenimento non sanitario del contagio concorrono ad abbassare il valore di Rt che, a seconda delle condizioni, potrà assumere un valore compreso tra 0 ed Ro. Se cambia il ceppo virale e la nuova variante ha un valore di Ro maggiore rispetto alla variante precedente, è chiaro che - a parità di tutte le altre condizioni - il valore di Rt crescerà, con un incremento proporzionale all'aumento di Ro.
 
Quando si parla di una maggiore contagiosità della variante Omicron rispetto alla Delta, al momento non è chiaro se l'innegabile forte crescita dei contagi sia dovuta al fatto che Omicron abbia un indice Ro superiore a quello della variante Delta (qualcuno ha ipotizzato che potrebbe arrivare a 10 o essere addirittura superiore) oppure se l'aumento dei contagi sia da attribuire al fatto che Omicron aggiri la barriera dei vaccini (almeno per chi non ha fatto recentemente la terza dose). In altre parole, passando da Delta a Omicron, Ro potrebbe non essere cambiato, ma essendo venuta meno (almeno in parte) la copertura dei vaccini contro il contagio sintomatico, aumenterebbe il valore di Rt, con la corrispondente crescita più rapida dei contagi.
 
La questione non è di poco conto perché se fosse valida la prima ipotesi avremmo a che fare con un virus che - a livello molecolare - ha perfezionato la sua capacità di infettare le cellule dell'organismo ospite. Nel secondo caso,  è come se avessimo a che fare (almeno in parte) con una pandemia generata da un nuovo virus che i vaccini riesco a contrastare meno bene rispetto a prima.

Fin qui la questione della contagiosità. Passiamo ora al tema della aggressività del virus, ovvero della gravità media dei sintomi associata ai contagi con la variante Omicron. Questo discorso è strettamente collegato con l'argomento discusso precedentemente. Infatti, se Omicron infettasse facilmente anche le persone vaccinate, ci aspetteremmo comunque che chi ha un sistema immunitario addestrato a combattere efficacemente le altre varianti del SARS-CoV-2, avrebbe - anche in caso di contagio con Omicron - una certa protezione contro i contagi più gravi. In altre parole, anche se il sistema immunitario della persona vaccinata non riesce ad impedire che il virus si installi nell'organismo, riuscirà comunque ad organizzare una "seconda linea di difesa" impedendo al virus di generare gravi complicanze. 
 
Se questa ipotesi fosse vera, avremmo molti contagi perché anche i vaccinati sarebbe poco protetti dal contagio sintomatico, ma - in percentuale - meno casi gravi perché, come succede per tutte le altre varianti, i non vaccinati sarebbero comunque quelli più a rischio di gravi complicanze, seguiti dai vaccinati che hanno fatto la seconda dose da più di 5 mesi e non hanno ancora fatto il richiamo. Gli altri vaccinati, anche se infettati, manifesterebbero comunque sintomi mediamente lievi (a parte i più fragili che soffrono di altre gravi patologie), contribuendo ad abbassare la gravità apparente dei contagi da variante Omicron.

Riassumendo, Omicron non sarebbe un virus "meno aggressivo",  ma sarebbe un virus capace di contagiare molte più persone (inclusi molti di coloro che hanno fatto il vaccino). Tuttavia i contagi dei vaccinati che non sono affetti da altre gravi patologie produrrebbero quasi sempre sintomi lievi, non tali da richiedere il ricovero.

Per il momento, quelle che vi ho esposto sono solo semplici congetture e le poche pubblicazioni scientifiche fin qui disponibili non aiutano a chiarire la situazione. Soltanto raccogliendo un adeguato numero di informazioni sul decorso della malattia in funzione dello stato vaccinale dei contagiati sarà possibile dare una risposta alle domande che vi ho presentato. 
 
Le interpretazioni dei pochi dati fin qui raccolti non sono univoche ed è certamente troppo presto per tirare conclusioni dotate di una qualche affidabilità.
 

2 commenti:

  1. https://www.today.it/attualita/covid-omicron-meno-pericolosa-grave-aggressiva.html

    C'è un problema, purtroppo: la più elevata trasmissibilità di Omicron potrebbe in teoria annullare l’effetto della minore gravità e portare comunque alla saturazione delle strutture sanitarie. Non sappiamo cosa succede quando questa variante circolare abbastanza a lungo nelle popolazioni di tutto il mondo.

    Donato Greco, epidemiologo del Cts e padre fondatore degli Ecdc europei, ha spiegato di recente che "gli ultimi studi dei genetisti che abbiamo potuto osservare mostrano come gli epitopi, ossia le piccole parti degli antigeni che si legano agli anticorpi specifici, si fermino nelle prime vie respiratorie, impedendo così al virus di provocare le polmoniti che sono la prima causa di ospedalizzazioni e morti". Tuttavia "Omicron ha una trasmissibilità elevata".

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  2. da repubblica.it

    Omicron è un virus “veloce”, con 3 giorni di incubazione media contro i 4,2 di Delta. Nelle persone immunizzate e fra i giovani sembra avere sintomi più lievi.

    Ma Carlo Signorelli, che insegna Igiene e sanità pubblica al San Raffaele di Milano, ricorda che «ci sono parecchie persone fragili che non sono vaccinate o non hanno ancora fatto in tempo a ricevere la terza dose. Se si allentano le regole, si rischia di mettere loro in pericolo e le terapie intensive in difficoltà».

    Maga spiega: «Chi è vaccinato tende a essere contagioso per un lasso di tempo più breve, ma può comunque infettare gli altri. E la nuova variante è contagiosissima. Allentando le regole si rischia di far aumentare i casi oltre misura, peggiorando la situazione anche sul fronte dei lavoratori e dell’economia.

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