martedì 7 dicembre 2021

Come (e quando) si passa in zona arancione?

Purtroppo il progressivo peggioramento della situazione sanitaria sta portando molte Regioni/PPAA nella cosiddetta "zona gialla" e - al momento - non è possibile escludere un ulteriore aggravamento della situazione che comporterebbe il passaggio a livelli di allarme più elevati.

Tutto sommato, gli aggravi associati al passaggio in zona gialla sono poco più che simbolici: si tratta, in pratica, di introdurre l'obbligo della mascherina anche all'aperto (obbligo già imposto autonomamente da molti Comuni italiani, specialmente nei centri più affollati delle grandi città) e di negare l'accesso in alcuni locali pubblici ai non vaccinati. Quando si passa alla zona "arancione" scattano misure più rigide, con un impatto potenzialmente più severo per l'economia.

Giusto a scopo precauzionale, può essere utile ricordare quali siano le regole attualmente in vigore. Forse può essere d'aiuto per ricordare a tutti di essere prudenti

I criteri sono quelli stabiliti dal D.L. 23 luglio 2021, n. 105. Chi lo legge, a meno che non abbia fatto studi giuridici, rischia il mal di testa perché, invece di elencare semplicemente le nuove regole, il decreto rimanda continuamente a precedenti provvedimenti, specificando puntigliosamente le modifiche introdotte. 

Sperando di non essermi perso qualcosa tra le numerose frasi del tipo "sono sostituite con", ecco quali sono le regole attuali: per il passaggio da una zona all'altra si lavora sulla combinazione di 3 parametri che devono essere tutti soddisfatti per far scattare il "downgrade". Il primo (di fatto quasi irrilevante) è legato alla circolazione virale, mentre gli altri 2 riguardano l'occupazione dei "posti letto disponibili" nei reparti Covid ordinari ed in quelli di terapia intensiva degli ospedali.

Le soglie di occupazione sono il 10% di terapie intensive ed il 15% di reparti ordinari per andare da zona bianca a zona gialla. Tali soglie salgono, rispettivamente, al 20% e 30% per passare in zona arancione e al 30% e 40% per passare in zona rossa. 

Quanto ai contagi, la soglia per finire in zona gialla è di 50 contagi settimanali per ogni 100 mila abitanti, mentre 150 contagi settimanali per ogni 100 mila abitanti rappresentano la soglia per passare ai livelli di rischio superiori. Oggi questi livelli sono già abbondantemente superati da parte di moltissime Regioni/PPAA.

Concentriamoci quindi sui livelli di occupazione dei reparti ospedalieri perché è proprio su questi parametri che si gioca il destino delle Regioni/PPAA. Ottimisticamente, qualcuno potrebbe pensare che - ammesso di finire presto in zona gialla - non ci dovremmo aspettare che un ulteriore peggioramento a zona arancione sia esattamente dietro l'angolo. In fondo, affinché venga superata la nuova soglia di rischio bisogna raddoppiare l'occupazione dei posti letto ospedalieri. 

In linea di principio, sarebbe proprio così, ma dobbiamo comunque sempre ricordare che attualmente i contagi salgono con un andamento esponenziale, non particolarmente accelerato, ma pur sempre esponenziale. Questo significa che - se non interverranno novità a breve - la salita dei contagi e dei ricoveri continuerà, anche nelle prossime settimane, con un incremento percentuale settimanale pressoché costante. Giusto per avere un'idea, il tempo di raddoppio dell'occupazione dei posti di terapia intensiva, stimato a livello nazionale, attualmente è dell'ordine di circa 1 mese. Quindi, chi finisce in zona gialla oggi - se non interverrà un sostanziale miglioramento della situazione - finirà in zona arancione più o meno alla fine delle Feste natalizie (parliamo ovviamente di un dato medio che potrebbe vedere forti accelerazioni in singole realtà territoriali).

A questa crescita legata all'andamento attuale della pandemia, si aggiungono degli "effetti collaterali" dovuti alle "furbate" che alcuni burocrati regionali (non tutti, per la verità) hanno fatto, nel corso delle ultime settimane, per "frenare" l'andamento degli indicatori ospedalieri. Mi riferisco, in particolare, ad alcune pratiche specifiche:

  1. Inventarsi posti di terapia intensiva "disponibili" che esistono solo sulla carta. Magari c'è una stanza ed un respiratore polmonare, ma manca il personale sanitario per gestirli. A meno di non chiudere altri reparti ospedalieri.
  2. Classificare come ricoveri "ad alta intensità" ricoveri che, in verità sono veri e propri ricoveri di terapia intensiva. Ad un certo punto i posti letto ad alta intensità si satureranno e quindi il giochino non potrà più andare avanti. Succederà così che i ricoveri ufficialmente classificati come "terapia intensiva" cresceranno più rapidamente di quanto non succedesse prima.
  3. Trasferire il più rapidamente possibile i pazienti non più critici dagli ospedali pubblici alla rete delle cliniche private. In questo modo si liberano posti dei reparti Covid ordinari, abbassando il tasso di occupazione. Tuttavia, anche la ricettività delle cliniche private ha un limite e - quando viene saturata - i trasferimenti calano improvvisamente, con forte risalita dei ricoveri "ufficiali".
Nelle prossime settimane sarà interessante seguire i dati di Agenas e osservare se ci saranno crescite "improvvise" nei ricoveri di alcune Regioni/PPAA. Potrebbero essere legate ad una recrudescenza locale della circolazione virale (e quindi ci dovranno preoccupare). Ma potrebbero anche essere l'indizio di un tentativo, mal riuscito, di manipolare i dati sull'occupazione degli ospedali che non ha alcun collegamento con il vero andamento della pandemia.

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