Ogni giorno si scoprono nuovi aspetti relativi al SARS-CoV-2 che si rivela, sempre di più, una "perfetta macchina molecolare", abilissima per perseguire il suo unico fine: infettare le cellule dell'ospite e riprodursi. I risultati di questi studi danno risposta a domande di carattere generale che potremmo ascrivere tra gli obiettivi della cosiddetta "ricerca di base". Ma, al tempo stesso, offrono nuove idee per identificare farmaci mirati, specificamente disegnati per impedire al virus di riprodursi.
L'articolo che vi segnalo oggi è apparso recentemente su Nature Communications e cerca di dare una risposta alla domanda che molti si erano posti: "La risposta del nostro sistema immunitario all'attacco di un virus si esercita su vari livelli. Ci sono anticorpi specializzati che cercano di neutralizzare il virus prima che infetti le cellule, ma ci sono anche meccanismi del sistema immunitario (basati sulle cellule T) in grado di sopprimere le cellule infettate dal virus, in modo da bloccare la riproduzione del virus stesso. Come mai questa seconda linea di difesa funziona molto male con le cellule infettate dal SARS-CoV-2?".
L'articolo citato fornisce, per la prima volta, una risposta alla domanda. Senza entrare nei dettagli che richiedono la discussione di argomenti molto "tecnici", basterà ricordare che affinché il sistema immunitario possa identificare (e quindi eliminare) una cellula che è stata infettata da un virus, deve ricevere un "segnale" che è mediato da un gene specifico, chiamato NLRC5. In pratica, il motivo per cui SARS-CoV-2 può replicarsi così facilmente è perché il virus trasporta un gene soppressivo, chiamato ORF6, che agisce per inibire la funzione di NLRC5. Il risultato finale è che il sistema immunitario non riconosce le cellule infettate, lasciando il virus libero di riprodursi.
Fin qui abbiamo visto - sia pure in forma estremamente semplificata - quale sia il meccanismo utilizzato dal virus per aumentare le sue possibilità di riprodursi. La sfida aperta è ora quella di identificare un farmaco in grado di bloccare il gene ORF6 del SARS-CoV-2. Un tale farmaco andrebbe ad interferire sulle capacità riproduttive del virus, rendendolo maggiormente esposto agli attacchi del sistema immunitario.
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