domenica 26 dicembre 2021

Adesso ce lo dice anche l'OMS: ventilate i locali!

La sfida alla pandemia si può vincere solo agendo contemporaneamente su molti fronti. L'idea che esista una soluzione "definita e semplice", si è rivelata falsa perché:

  1. Non bastano i lockdown perché bloccano i contagi, ma distruggono la nostra vita economica e sociale. 
  2. Non bastano i vaccini perché - almeno quelli di prima generazione - sono sensibili alle mutazioni dei ceppi virali e la loro efficacia tende a diminuire con il passare del tempo
  3. Non bastano le mascherine perché non sempre vengono usate in modo corretto e soprattutto non possono essere utilizzate in certi ambienti chiusi (come bar o ristoranti).
  4. Non bastano i nuovi farmaci (anticorpi monoclonali e antivirali disegnati specificamente per il SARS-CoV-2) perché funzionano solo se vengono somministrati nei primissimi giorni dopo il contagio, altrimenti non servono a nulla.
Sappiamo che d'estate - quando si vive di più all'aperto - i contagi tendono a calare, mentre risalgono durante la stagione invernale (analogamente a  quanto accade per molte altre malattie che colpiscono il sistema respiratorio). 
 
Dopo aver a lungo discusso di "distanza minima", finalmente si è capito che il veicolo fisico che il virus utilizza per spostarsi da un individuo all'altro è rappresentato dai cosiddetti aerosol (particelle di dimensioni micrometriche costituite principalmente da acqua che vengono emesse parlando e rimangono sospese nell'aria anche per molte ore). Se le persone si trovano all'aperto, gli aerosol vengono rapidamente dispersi ed il pericolo di contagio scende a livelli trascurabili (a meno che le persone stiano a stretto contatto). 
 
Negli ambienti chiusi il discorso cambia completamente. Una persona contagiosa, nell'arco di poche decine di minuti, è in grado di disperdere nell'ambiente circostante (anche a molti metri di distanza) una considerevole quantità di aerosol contenenti virus (specialmente se non usa la mascherina). Senza un adeguato sistema di ricambio e/o di sanificazione dell'aria, la probabilità di contagio diventa molto alta.

Questo lo sappiamo ormai da oltre 1 anno, ma non è stato fatto quasi nulla  per migliorare la qualità dell'aria negli ambienti chiusi, a cominciare dalle aule scolastiche.

Eppure non si tratta di un problema enorme, né dal punto di vista dei costi né da quello tecnologico. Anche gli esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ci ricordano l'importanza di lavorare sulla qualità dell'aria per ridurre i rischi di contagio. Su questo punto, l'OMS ha già rilasciato un documento ufficiale e ulteriori iniziative sono in preparazione.
 
Sarebbe un investimento "ad ampio spettro" perché servirebbe a contrastare i contagi da SARS-CoV-2, ma sarebbe ugualmente efficace contro tutti i virus respiratori (anche quando la pandemia di Covid-19 sarà finita).

2 commenti:

  1. Potrebbe essere interessante avere da Lei qualche informazione in più sul tema QUALITÀ DELL'ARIA all'interno degli ambienti chiusi, anche in relazione alla problematica della trasmissione dei virus in generale. Ad esempio non mi è chiaro se un'umidità più alta è più pericolosa dell'aria secca quando si parla di Coronavirus. Ma ci sono altri fattori tra cui la temperatura, la presenza di anidride carbonica e/o polveri sottili che potrebbero essere rilevanti ai fini della propagazione dell'epidemia. Mi rendo conto che ne sappiamo molto di più sulla qualità dell'acqua anche perché la compriamo in bottiglie con apposta una ricca etichetta relativa alle analisi.
    In conclusione volevo dire che trovo molto probabile che la nuova generazione di smartphone avrà a bordo anche sensori relativi ai parametri fondamentali della QUALITÀ DELL'ARIA.
    Forse allora anche i sistemi di tracciamento tipo IMMUNI saranno più efficaci.

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    1. Professionalmente mi sono occupato del rilevamento di inquinanti ambientali e devo dire che non è un problema tecnologicamente semplice, soprattutto se si vuole affrontarlo con strumenti compatti e a basso costo.

      Ci sono però delle metodologie che integrano sensori a stato solido con intelligenza artificiale che potrebbero diventare molto interessanti.

      Al momento però bisognerebbe pensare solo ad un approccio "basic". I sensori di CO2 (che costano poco e sono facilmente reperibili) sono un ottimo indicatore del livello effettivo di ricambio dell'aria perché la CO2 viene emessa respirando e se si accumula nell'ambiente vuol dire che il ricambio non è sufficiente.

      Per quanto riguarda virus e batteri (che non fanno parte del mio specifico settore di competenza) ci sono molti strumenti commerciali basati sull'utilizzo della radiazione UV che possono essere utilmente impiegati. Il problema è quello di verificare che, come effetto secondario, questi strumenti non emettano gas indesiderati se non addirittura dannosi, che non abbiano perdite di radiazione UV potenzialmente dannosi per le persone che si trovano nel locale e che siano adeguatamente dimensionati rispetto alla capienza del locale.

      Gli esperti del settore sono facilmente reperibili e possono svolgere queste analisi con metodologie ormai consolidate.

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