Benché, fino dalla scorsa estate, fosse già chiara l'importanza della somministrazione della cosiddetta terza dose, l'Italia non si è distinta per una particolare sollecitudine nell'esecuzione dei richiami vaccinali. La campagna è partita a rilento, dopo che molte Regioni/PPAA avevano un po' troppo precipitosamente smantellato molti hub vaccinali. C'è stata certamente una accelerazione nel corso degli ultimi giorni, ma siamo ancora lontani dall'aver raggiunto un livello di vaccinazioni soddisfacente, soprattutto alla luce dei rischi associati all'arrivo della nuova variante Omicron.
Utilizzando i dati dei Bollettini dell'Istituto Superiore di Sanità è possibile ricostruire (sia pure con circa 2 settimane di ritardo) l'andamento della somministrazione della terza dose, confrontando l'andamento di coloro che hanno già ricevuto il richiamo con quelli di coloro che hanno ricevuto la seconda dose più di 5 mesi fa. I dati sono mostrati in figura:
Malgrado la crescita del numero di persone che hanno ricevuto la terza dose, si vede che - per tutto il mese di novembre - le terze dosi fatte non sono state sufficienti per ridurre il numero delle persone vaccinabili (che hanno continuato a crescere man mano che il limite dei 5 mesi scattava per nuove persone che erano state vaccinate durante lo scorso mese di giugno). Eppure gli stessi dati dell'ISS ci dimostrano che - dopo i non vaccinati - coloro che hanno fatto il vaccino da più di 5 mesi rappresentano la categoria più a rischio di contagi gravi o decessi.
I ritardi nella somministrazione delle terze dosi causano ricoveri negli ospedali e decessi che, almeno in parte, si sarebbero potuti evitare.
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