lunedì 4 maggio 2020

Quanti tamponi dovremmo fare in Trentino?

La storia dei tamponi fatti in Trentino è ben nota ed è stata ampiamente discussa in questo blog. È passato ormai molto tempo dallo scorso 14 marzo quando in una mia mail ad un dirigente (non sanitario) della Provincia scrivevo “… Non se ne esce se non si aumenta di almeno un ordine di grandezza il numero dei tamponi …” . Come ho evidenziato in un post più recente, a partire dal mese di aprile c’è stato un cambio di passo, tardivo ma comunque benvenuto.

Ancora oggi sono numerose le voci che si alzano per chiedere di migliorare la strategia di somministrazione dei tamponi, anche alla luce del perdurare di una coda epidemica piuttosto sostenuta. Io non ho le competenze mediche necessarie per dare indicazioni relativamente alle priorità da adottare, ma vorrei presentarvi uno schema di ragionamento che può essere utile, una volta completato con le necessarie informazioni di natura sanitaria, per capire quali siano le esigenze del Trentino in termini di numero di tamponi da fare.

Per prima cosa partirei dalla domanda “a cosa servono i tamponi?”. A seconda delle risposte che forniremo e delle relative priorità cambieranno le esigenze in termini di tamponi da fare. Provo a presentare una lista delle possibili risposte, riportandole – lo ripeto – in ordine casuale (per le priorità chiedete ad altri).

  1. Verifica che i cosiddetti “guariti” siano virologicamente negativi. Sappiamo che ci vogliono due test negativi prima di escludere che le persone che sono state contagiate possano, a loro volta, contagiarne altre. Questo è il dato più facilmente programmabile: se oggi abbiamo complessivamente N persone positive sappiamo che dovremo fare almeno 2 x N tamponi nell’arco delle prossime settimane. Come margine di sicurezza potremmo indicare 3 x N poiché i tempi di guarigione possono cambiare sensibilmente a seconda del paziente. Questo numero oggi è piuttosto alto e assorbe una frazione non trascurabile dei tamponi che si fanno giornalmente. Negli ultimi 5 giorni in Trentino ci sono stati circa 500 nuovi guariti, corrispondenti ad almeno 200 tamponi al giorno utilizzati per la verifica della negatività virologica. Nell’arco delle prossime settimane, confidando su una progressiva attenuazione dei nuovi contagi, anche il contributo di tamponi utilizzati per la verifica delle “guarigioni” dovrebbe calare sensibilmente.
  2. Attività di monitoraggio costante delle categorie più a rischio (personale sanitario e delle RSA). L’esperienza nazionale ci insegna che le strutture per anziani e gli ospedali sono i punti più delicati dove il virus può fare danni ingenti, soprattutto quando viene diffuso inconsapevolmente da portatori asintomatici. In Trentino abbiamo avuto situazioni molto critiche nelle RSA, mentre il sistema ospedaliero ha retto molto bene e non si sono verificati casi di diffusione del contagio simili a quelli accaduti in alcuni ospedali lombardi. Monitorare con opportune procedure lo stato di salute del personale è uno strumento efficace per prevenire eventuali nuovi problemi. Ho letto alcune dichiarazioni secondo cui “sottoporre a test periodico il personale indurrebbe un falso senso di sicurezza e potrebbe portare il personale ad assumere comportamenti a rischio”. Personalmente non sono affatto d’accordo con questo punto di vista. Mi sembra un modo per scaricare sul personale che combatte il virus in prima linea responsabilità che invece dovrebbero essere addebitate a chi non ha adottato per tempo le giuste procedure di prevenzione. Comunque il Ministero della Salute nelle sue linee guida per il monitoraggio della Fase 2 prevede esplicitamente che una parte dei tamponi siano utilizzati per il monitoraggio di routine di personale a rischio (per sè e per gli altri). La Regione Veneto ha adottato, almeno come programma dal prossimo settembre, l’idea di sottoporre a test il personale sanitario con una cadenza di 11 giorni. Io non ho le competenze per discutere se la scelta sia più o meno corretta. Se usassimo il modello Veneto, supponendo che tra personale sanitario ed RSA si siano 11.000 persone da monitorare costantemente (facciamo cifra tonda, così è più semplice fare i conti), sarebbero necessari 1000 tamponi al giorno. Ovviamente allargando o restringendo la platea del numero di persone da sottoporre a monitoraggio costante il numero dei tamponi cambierà proporzionalmente.
  3. Monitoraggio dei pazienti che si presentano in ospedale, sia agli specifici triage Covid-19, sia come controllo di pazienti che vengono ricoverati in altri reparti (ad esempio prima di parti o interventi chirurgici). Questo è il numero che l’APSS conosce meglio e dipende ovviamente dallo stato di sviluppo dell’epidemia. Provo a mettere un numero esclusivamente come ordine di grandezza: diciamo 500 tamponi al giorno.
  4. Monitoraggio dei potenziali nuovi casi di Covid-19 segnalati dai medici di base. Nella fase acuta dell’epidemia i tamponi non sono statti fatti neppure a persone che avevano forti sintomi, a meno che non si presentassero in ospedale. Su questo punto si è espresso con chiarezza l’Ordine di medici di Trento, richiamando con forza la necessità di adottare un nuovo modello organizzativo che potenzi il presidio del territorio. La possibilità che il medico di base possa far fare il tampone a tutti i pazienti in cui sospetta la presenza del virus è un elemento importante di questa strategia, anche al fine di valutare se sia il caso di adottare specifiche terapie senza aspettare che i sintomi si aggravino. Quanti tamponi servano per questo tipo di attività io non sono in grado di valutarlo. Certamente durante la stagione estiva, in assenza di falsi allarmi legati a sintomi influenzali, la richiesta potrebbe essere abbastanza limitata, salvo crescere sensibilmente nel prossimo autunno. Anche in questa casella provo a mettere un numero, senza alcuna pretesa di accuratezza: diciamo 500 tamponi al giorno, variabili a seconda della stagione e dello stato di sviluppo dell’epidemia
  5. Monitoraggio dei contatti più stretti dei nuovi positivi. Supponendo di avere un sistema che ci permetta di identificare rapidamente i contatti più stretti dei nuovi contagiati, dovremmo essere in grado di verificare la presenza di nuovi focolai fin dal loro primo insorgere. Supponendo che i nuovi contagi scendano stabilmente sotto il livello di 10 casi al giorno, 100 tamponi al giorno dovrebbero essere sufficienti per svolgere questa funzione.
  6. Monitoraggio di un campione di popolazione usata come “sentinella” per seguire lo sviluppo dell’epidemia. Sappiamo che i numeri dei tamponi positivi ci danno una visione alquanto parziale sull’effettivo sviluppo dell’epidemia. La probabilità di individuare positivi asintomatici è molto bassa (a meno che non siano calciatori di serie A o parlamentari) e rimane sempre una grande incertezza sul fattore che dovremmo usare per moltiplicare il numero di contagi noti per arrivare ad una valutazione realistica dei contagi effettivi. Si è molto discusso dei test sierologici “rapidi” per verificare la presenza di anticorpi in una campione rappresentativo della popolazione. Gli esperti ci hanno spiegato che questi test hanno una validità limitata e possono dare una frazione di risposte false dell’ordine di qualche percento. Assumendo che l’accuratezza del test sia superiore al 95%, possiamo comunque pensare di somministrali periodicamente ad un campione rappresentativo della popolazione trentina non tanto per assegnare improbabili “patenti di immunità”, ma al solo scopo di monitorare lo stato di evoluzione dell’epidemia. Come dovremmo scegliere questo campione? È più o meno la tecnica che si usa per fare i sondaggi elettorali. Si tratta di selezionare alcune migliaia di persone, differenziate per età, genere e luogo di residenza, che non risultino tra quelle che siano già state riconosciute come positive al virus e non appartengano alle categorie sottoposte a monitoraggio costante. Diciamo che al momento possiamo scegliere tra circa 450.000 trentini. Le persone che eventualmente risultassero positive al test “rapido” dovrebbero essere subito dopo essere sottoposte a tampone per verificare se siano eventualmente ancora contagiose. Se supponiamo di sottoporre a test rapido 15.000 trentini al mese e che il 20% di queste persone risulti avere gli anticorpi, dovremmo eseguire 3000 tamponi al mese per le successive verifiche, 100 al giorno.

Riassumendo: abbiamo identificato sei possibili motivazioni per fare un tampone. I numeri che ho piazzato in ciascuna casella hanno un larghissimo margine di incertezza, ma ci possono aiutare a capire almeno la dimensione del problema. La somma – assolutamente da prendere con le pinze – arriva a 2400 tamponi al giorno, numero che potrebbe crescere in autunno a causa della presenza di falsi allarmi dovuti all’influenza stagionale o in presenza di una ricrescita dei nuovi contagi. Si tratta comunque di un numero grande, quasi doppio rispetto alle attuali possibilità. Se si rinunciasse al monitoraggio delle categorie più a rischio (per sé e per gli altri) la richiesta di tamponi diminuirebbe in modo sensibile e rientreremmo più o meno nel livello di quello che si fa attualmente.Secondo il mio modesto parere, questo non sarebbe il modo migliore per risolvere il problema.

Prima di concludere vorrei discutere un altro punto che, secondo me, andrebbe considerato con urgenza. A fronte della limitata potenzialità della APSS, siamo riusciti a gestire questa fase dell’emergenza tamponi grazie al contributo determinante dell’Università e della Fondazione Mach. Un fatto positivo che dimostra, ancora una volta, l’importanza del gioco di squadra. Tuttavia se l’epidemia dovesse durare ancora molti mesi, dovremmo pensare di superare la fase emergenziale dotando i laboratori APSS delle attrezzature e del personale necessario per riportare l’esecuzione delle analisi in una unica sede. Non possiamo pensare di andare avanti alla cieca, fiduciosi che le cose si mettano a posto da sole. Anche questa - secondo me - è una parte essenziale di quella programmazione che sarà necessaria per gestire al meglio i prossimi mesi.

1 commento:

  1. I dati della fondazione Gimbe di Bologna, a partire dai dati disaggregati della PCN, disponibili nel report su https://coronavirus.gimbe.org

    mostrano che in Provincia di Trento
    nel periodo 22 aprile - 6 maggio 2020:

    - i tamponi eseguiti "per 100mila abitanti al giorno" sono stati pari a 222 (prima realtà in Italia)

    - di questi tamponi: il 46.7 % sono tamponi "diagnostici" e il 53.3 % sono tamponi "di controllo" [effettuati sullo stesso soggetto per confermare la guarigione virologica o per altre necessità di ripetere il test]

    il titolo del report porge una domanda che merita una risposta:
    CORONAVIRUS: LA GIUNGLA DEI TAMPONI. IN ALCUNE REGIONI CON IL CONTAGOCCE PER PAURA DI NUOVI LOCKDOWN?

    D'altra parte una recente analisi della Fondazione Hume ha concluso che:

    il numero di tamponi per 100.000 abitanti/die risulta INVERSAMENTE correlato alla mortalità.

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