giovedì 22 aprile 2021

E adesso arriva la variante indiana

Nella ormai lunga storia della pandemia, si annuncia un déjà-vu: si sta diffondendo una nuova variante – detta “variante indiana” o B.1.617 – che in questo momento sta provocando una forte crescita di contagi e di decessi nel sub-continente indiano. Il nuovo ceppo virale contiene due mutazioni della proteina spike: E484Q e L452R. La prima mutazione è simile a quella trovata nei ceppi virali presenti in Brasile e Sud Africa, mentre la seconda è stata trovata in alcuni ceppi virali identificati in California.
 
Andamento dei nuovi contagi giornalieri in India. Tratto da Our World in Data

Mentre in Italia stiamo perdendo tempo con le schermaglie tra i partiti, con alcune forze politiche che “bombardano” lo stesso Governo di cui fanno parte, altri Paesi hanno già fatto scattare l’allarme rosso. La variante indiana è già stata identificata sia in Gran Bretagna che in Israele in alcuni viaggiatori provenienti dall’estero ed è possibile che sia già presente anche in Italia. Per il momento si tratta di casi isolati, ma non c’è da stare troppo tranquilli. Il meccanismo di diffusione è più o meno lo stesso che ha accompagnato la propagazione della variante inglese: identificata in Inghilterra alla fine del 2020, nel giro di 3 mesi è diventata dominante in tutta Europa. Le nuove aperture e la ripresa dei viaggi internazionali potranno rendere il processo di diffusione della nuova variante ancora più veloce.

Come per tutte le altre varianti che l’hanno preceduta, il problema del ceppo virale B.1617 è la possibile resistenza agli anticorpi neutralizzanti presenti in coloro che hanno contratto forme precedenti di Covid-19 o sono stati vaccinati. Attualmente in Israele sono in corso le prime valutazioni relative all’efficacia del vaccino Pfizer BioNTech. Secondo alcune indiscrezioni di stampa l’efficacia per la variante indiana sarebbe inferiore rispetto al ceppo “inglese” che attualmente è quello dominante in Europa. Di quanto inferiore ancora non lo sappiamo.


 

2 commenti:

  1. W. Ricciardi, Avvenire, 22/4/2021
    Cosa hanno in comune l’India e l’Italia, la Germania e gli Stati Uniti, la Francia e i Paesi est-europei? La scelta di pensare di poter convivere con il virus e/o di pensare che una singola arma, la campagna vaccinale di massa, possa riportare l’epidemia a livelli sopportabili. Non sarà così: solo motivando l’intero Paese ad azioni coraggiose e non cedendo a stimoli divisivi e populistici che fanno leva su una popolazione provata tutta psicologicamente e in parte anche economicamente si potrà affrontare una battaglia lunga e faticosa, in cui ogni deroga all’evidenza scientifica e alla crudezza dei dati potrebbe portare a bilanci drammatici in termini di sofferenza e morte.

    I sociologi conosco bene i cedimenti che molti governi stanno praticando: "imperativo democratico", così definiscono l’azione di un governo che fa cose sbagliate perché lo chiedono gruppi importanti di cittadini. È quello che ha fatto il governo indiano cedendo alle pressioni degli induisti di non rimandare la cerimonia di purificazione che si svolge periodicamente, consentendo loro di ammassarsi in prossimità di grandi corsi d’acqua. Il risultato, ineluttabile, è stata un’esplosione di casi e di morti, cadaveri ammassati in strada, ospedali al collasso e la possibilità di una nuova variante, forse più contagiosa e aggressiva di quelle fin qui conosciute che sta provocando grandi preoccupazioni in tutto il mondo.

    La catastrofe ha portato fatalmente a un lockdown di sei giorni per tentare di fermare la curva del contagio. Naturalmente non sarà sufficiente, ma il primo ministro Arvind Kejriwal, anche di fronte alla tragedia epocale ha ritenuto di doversi giustificare: «Sono sempre stato contrario alle chiusure, ma questo ci aiuterà ad aumentare il numero di letti d’ospedale disponibili, è stata una decisione difficile da prendere, ma non avevamo altra scelta». E questo di fronte a oltre 300mila nuove infezioni ogni giorno, e a migliaia di morti quotidiane.

    A preoccupare è soprattutto la pressione sugli ospedali. Diversi Stati della Federazione indiana hanno segnalato la saturazione dei reparti di terapia intensiva.

    I social media sono pieni di video di funerali in cimiteri affollati, lunghe file di ambulanze fuori agli ospedali che trasportano pazienti ansimanti, obitori pieni di morti, carenza di ossigeno e farmaci, pazienti, a volte anche in due in un letto, nei corridoi e nelle sale di attesa dei nosocomi.

    Il governo indiano ha semplicemente ignorato gli avvertimenti della comunità scientifica. Solo all’inizio di marzo, il ministro della Salute indiano Harsh Vardhan, un medico, aveva dichiarato che il Paese era «alla fine» della pandemia dopo che all’inizio dell’anno si era verificata una discesa significativa della curva epidemiologica. K. Srinath Reddy, presidente della Public Health Foundation of India aveva avvertito: «Tutti volevano tornare al lavoro. Alcuni pensavano che avessimo raggiunto l’immunità di gregge e questa narrazione è stata utilizzata da molti, mentre le poche voci che invitavano alla cautela non sono state ascoltate».

    In questo contesto gran parte dell’Europa sta seguendo una strategia di convivenza mentre dovrebbe perseguire una strategia di eliminazione del Covid-19, e l’Italia si sta muovendo in analogia a quanto sottovalutato dal governo indiano. Pressato da forze politiche al suo interno e da settori della società esasperati dalle perdite economiche il governo italiano sta cioè riaprendo pezzi significativi di attività in presenza di un’ampia circolazione del virus, una forte pressione sui servizi sanitari, un sistema sanitario sofferente per carenza di personale, un personale mediamente anziano e provato fisicamente e psicologicamente e coperture vaccinali non ancora soddisfacenti.

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  2. India - 1 miliardo e 390 milioni di abitanti
    Critiche e censura

    Appelli per medicinali e ossigeno affollano i social, invasi anche da video strazianti di malati boccheggianti sdraiati per strada. Ieri IL PREMIER MODI, sott’attacco per la gestione della pandemia, ha ordinato ai social media di oscurare i post critici, definendoli tentativi di creare il panico.

    Alla sofferenza diffusa si sono aggiunte rabbia e indignazione. «Per lui è più facile far rimuovere i tweet che assicurare rifornimenti di ossigeno» polemizza Aftab Alam, professore di scienze politiche all’Università di Delhi.

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