L'istituto Superiore di Sanità ha rilasciato il suo quarto rapporto sull'efficacia dei vaccini somministrati in Italia. Per la prima volta, l'analisi dell'ISS è stata focalizzata solo sui vaccini ad mRNA (Pfizer-BioNTech e Moderna). In particolare, sono stati considerati i casi di circa 31,5 milioni di italiani che al 15 settembre 2021 avevano ricevuto un vaccino ad mRNA e non avevano contratto la Covid-19 prima della vaccinazione. Lo scopo di questo studio era quello di verificare se ci fosse una qualche evidenza del calo dell'efficacia vaccinale in funzione del tempo trascorso dopo la somministrazione della seconda dose vaccinale.
I dati sui contagi sono stati classificati distinguendo i contagi che avevano prodotto un ricovero, un ricovero in terapia intensiva o un decesso. I dati relativi a tutti i tipi di contagi sono stati stratificati in base all'età delle persone, e ad alcune loro particolarità (personale sanitario, ospiti di RSA, persone affette da comorbilità ed immunodepresse). Sono stati inclusi anche alcuni dati parziali relativi all'effetto prodotto dai ceppi virali Alpha e Delta, anche se questi dati sono ancora molto grezzi. Gli Autori annunciano che una analisi dedicata all'andamento dell’efficacia vaccinale in funzione della variante virale dominante sarà oggetto di una futura pubblicazione ISS.
Il metodo usato per valutare l'efficacia del vaccino non fa uso di un confronto diretto tra vaccinati e non vaccinati, ma si basa sulla stima del cosiddetto IRR (indice di rischio relativo) nelle settimane successive alla somministrazione della prima dose (IRR = 1 nel momento in cui la persona riceve la prima dose). La stima dell'indice IRR è il frutto di una analisi statistica che deve tenere conto di numerosi parametri (differenze di genere, territorio di residenza, data di vaccinazione e incidenza media settimanale dei contagi nelle diverse Regioni/PPAA ed eventuale appartenenza a categorie prioritarie per la vaccinazione). Il metodo non è particolarmente accurato e può produrre risultati con forti margini di incertezza. In particolare, il metodo va in crisi a causa della ridotta dimensionalità dei campioni statistici quando si vuole vedere l'andamento dei contagi più gravi (e quindi fortunatamente più rari) per particolari categorie di popolazione.
A mio avviso, sarebbe stato decisamente meglio se ISS avesse fatto lo sforzo di confrontare tra loro campioni omogenei di vaccinati e non vaccinati, ma evidentemente ISS non dispone della capacità di raccogliere dati di questo tipo (che Paesi come Israele rendono disponibili ed aggiornano quotidianamente). Dobbiamo quindi accontentarci di quello che ISS è in grado di produrre.
I risultati principali dello studio ISS sono i seguenti:
- Almeno per il momento, se osserviamo l'andamento generale per tutta la popolazione, non c'è evidenza di un crollo dell'efficacia vaccinale nell'arco di 1 semestre dopo la somministrazione della seconda dose.
- Si conferma che la protezione verso la variante Delta è leggermente inferiore rispetto a quella per la precedente variante Alpha. I dati sulla dipendenza temporale rispetto alla variante Delta sono ancora preliminari e saranno completati nel prossimo futuro.
- Non si osserva un calo sensibile dell'efficacia vaccinale in funzione del tempo per il personale sanitario che è più esposto alla possibilità di contagio.
- Nel corso delle ultime settimane si osserva una certa perdita dell'efficacia vaccinale per le persone di età superiore agli 80 anni e per gli ospiti delle RSA che, saggiamente, sono stati inclusi con priorità tra i riceventi della terza dose.
- Diverso è il discorso per gli immunodepressi e per coloro che sono affetti da comorbilità. Per entrambe queste categorie si osserva una efficacia vaccinale mediamente più bassa rispetto al resto della popolazione, che tende a calare significativamente in funzione del tempo.
- Il rapporto ISS non specifica quali siano le comorbilità incluse nell'analisi. In altre parole, non si capisce se basta una modesta ipertensione per includere i soggetti sotto esame tra coloro che soffrono di copatologie. Considerato che la categoria delle "comorbilità" costituiva un campione statistico pari a circa 400 milioni di persone-giorno e che l'intera popolazione di età superiore ai 60 anni di età corrispondeva ad un campione statistico di circa 1.200 milioni di persone-giorno, si deduce che il dato relativo alle comorbilità non sia affatto marginale. A mio avviso, sarebbe utile se ISS discutesse questo punto in modo più chiaro e dettagliato.
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