Di fronte alle tragiche notizie che arrivano dall'Ucraina martoriata dall'esercito russo anche la pandemia diventa, a livello dell'opinione pubblica, un evento quasi "normale e tutto sommato accettabile". Poco importa se le conseguenze sanitarie della pandemia - pur essendo attualmente in calo - sono ancora molto gravi. C'è la forte speranza che l'ormai imminente buona stagione possa rimettere le cose a posto e poco importa se nel corso delle ultimissime settimane stiamo assistendo ad un nuovo importante incremento dei contagi.
Il mantra che sentiamo ripetere è che la stragrande maggioranza dei casi sono poco più che banali raffreddori e che i contagi veramente gravi sono percentualmente pochi. Vero, ma se i contagi salgono, fatalmente aumenteranno anche i casi gravi.
Il Governo nazionale ha scelto di smantellare tutte le barriere fin qui poste per cercare di limitare la circolazione virale. La decisione ha una motivazione squisitamente politica che si può condividere oppure no, ma ha una sua logica che mi permetto di riassumere così:
"Con l'avvento dei vaccini, chi lo voleva ha avuto l'ampia possibilità di ricevere una forte protezione, almeno rispetto ai casi di contagio più grave. I casi di ricovero e di decesso che riguardano persone che non siano molto anziane e affette da altre gravi patologie riguardano quasi esclusivamente non vaccinati che hanno fatto le loro scelte e non potranno certamente lamentarsi se ne sconteranno le conseguenze. A questo punto, tanto vale allentare ogni forma di contenimento della circolazione virale: per i vaccinati in buone condizioni generali di salute un eventuale contagio non produrrà gravi conseguenze, funzionando al massimo come una sorta di "quarta dose". Per le persone più a rischio (e solo per loro) si valuterà se somministrare una ulteriore dose di vaccino, analogamente a quanto fatto in Israele o in Gran Bretagna. Per tutti gli altri, vedremo cosa fare dopo che sarà passata l'estate".
Credo che le tragiche notizie di guerra abbiano contribuito ad accelerare questa scelta. In fondo nessuno può resistere allo stress generato da troppi fattori concomitanti: pandemia, paura della guerra e dei missili nucleari di Putin, preoccupazioni legate all'inflazione e alla scarsità di energia e materie prime. Mancano solo le cavallette e l’intero armamentario delle piaghe bibliche è stato sfoderato.
Meglio dunque narrare che la pandemia si sta ormai esaurendo e che i reparti Covid degli ospedali si stanno irreversibilmente svuotando. Gli italiani hanno già troppi guai a cui pensare senza che debbano continuare a preoccuparsi della pandemia.
Ma le cose - dal punto di vista scientifico - stanno esattamente così?
Lungi da me la voglia di esercitare il ruolo della Cassandra, ma siccome questo sito ha sempre cercato di analizzare i numeri così come sono, aldilà degli auspici dei politici, credo che valga la pena di effettuare una sintetica analisi dei dati per cercare di capire quanto siano fondate le aspettative per un declino (speriamo irreversibile) della pandemia.
Per fare questa analisi partiamo dai dati inglesi ed, in particolare, da quelli relativi alla cosiddetta "Grande Londra", circa 9 milioni di abitanti che vivono nella capitale inglese e nelle aree immediatamente circostanti. Questi dati sono molto importanti, sia per l'elevata qualità del sistema statistico che li raccoglie e li analizza, sia soprattutto perché Londra ha fin qui anticipato di alcune settimane (rispetto all'Europa continentale) i fenomeni legati alla diffusione di tutte le principali varianti virali. Si tratta quindi di un osservatorio privilegiato, soprattutto oggi perché, già da alcune settimane, l'Inghilterra ha eliminato qualsiasi forma di contenimento della circolazione virale, anticipando di fatto l'approccio che recentemente è stato adottato anche dal Governo italiano.
Non mi dilungo sui dati dei contagi che hanno un senso limitato (dipendono dalla quantità e dalla qualità dei tamponi fatti). Anche i dati sui decessi non sono molto affidabili, perché si possono usare criteri molto diversi per conteggiarli e questo rende difficile fare confronti diretti. I dati sui ricoveri sono molto più omogenei ed interessanti anche se - lo ricordo - in Inghilterra si considerano come pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva solo coloro che sono intubati.
Preferisco concentrarmi sui dati dei ricoveri ospedalieri perché questi ci danno una misura diretta dell'impatto della pandemia sul sistema sanitario. Ricordo che quando i ricoveri salgono oltre ad una certa soglia, si riducono fatalmente le possibilità di curare tutte le altre patologie, con un grave impatto sulla sanità pubblica. In altre parole, possiamo parlare di pandemia "finita" solo se i reparti Covid sono vuoti.
Partiamo dal dato dei nuovi ricoveri ospedalieri nei reparti Covid degli ospedali della Grande Londra. Da oltre 2 settimane si nota una significativa tendenza all'aumento, segno che la crescita dei contagi non comporta solo l’insorgenza di casi lievi. Attualmente siamo su un livello circa doppio rispetto allo scorso novembre (quando circolava la variante Delta), con una ulteriore tendenza a crescere:
Nuovi ricoveri giornalieri nei reparti Covid degli ospedali londinesi. Elaborato su dati London Datastore. L'aumento registrato nel corso delle ultime 3 settimane è evidenziato in rosso |
Se consideriamo il numero complessivo di persone ricoverate nei reparti Covid degli ospedali londinesi si nota un ritardo di circa 1 settimana rispetto alla curva dei nuovi ricoveri, ma gli andamenti sono abbastanza simili. Attualmente ci sono circa 2 mila posti letto occupati, circa il doppio rispetto al livello osservato durante lo scorso mese di novembre:
Posti letto occupati nei reparti Covid degli ospedali londinesi. Elaborato su dati London Datastore. L'aumento registrato nel corso delle ultime 2 settimane è evidenziato in rosso |
L'aumento recente può essere collegato con la diffusione del ceppo Omicron BA.2, ma ci potrebbe essere anche un effetto legato al comportamento delle persone, poco inclini ad adottare comportamenti prudenziali che ormai non sono più imposti per legge, ma sono lasciati alla decisione dei singoli.
Il dato sulle terapie intensive è - a mio avviso - particolarmente interessante. Benché, durante questo primo scorcio del 2022, il dato dei ricoveri complessivi sia stato sempre al di sopra dei livelli registrati nel novembre 2021 (quando circolava Delta), dall'inizio di febbraio in poi i ricoveri in terapia intensiva erano scesi sotto al livello dello scorso novembre. Questo ci conforta perché conferma la minore aggressività della variante Omicron.
Purtroppo, nel corso dell'ultima settimana anche il dato sui ricoveri in terapia intensiva mostra una tendenza al rialzo, meno marcata rispetto a quella dei ricoveri complessivi, ma potrebbe trattarsi solo di un ritardo temporale (ci vuole mediamente una settimana prima che le condizioni dei pazienti si aggravino costringendoli a ricorrere alle cure dei reparti di terapia intensiva).
Pazienti ricoverati nei reparti Covid di terapia intensiva degli ospedali londinesi (solo i pazienti collegati al respiratore). Elaborato su dati London Datastore. L'aumento registrato nel corso dell'ultima settimana è cerchiato in blu |
Tenuto conto della popolazione, i circa 2 mila ricoveri Covid (di cui circa 100 corrispondenti a paziento intubati) degli ospedali londinesi, corrisponderebbero a circa 13.500 ricoveri Covid in Italia (di cui 650 intubati). I numeri attuali dell'Italia sono poco meno di 9 mila ricoverati, di cui poco meno di 500 in terapia intensiva (non sappiamo quanti di questi siano intubati). La situazione degli ospedali inglesi è quindi significativamente più grave rispetto alla media italiana, con una tendenza verso un ulteriore peggioramento.
Attualmente in Italia ci viene ripetuto che i reparti Covid degli ospedali si stanno progressivamente svuotando. In realtà se osserviamo bene i dati si nota che il calo dei ricoveri si sta ormai esaurendo: non siamo in una fase di risalita come a Londra, ma potrebbe essere solo una questione di tempo.
Non è detto - vorrei metterlo in evidenza - che anche in Italia si debba per forza osservare una risalita dei ricoveri uguale a quella che sta avvenendo a Londra. Nel caso più fortunato potremmo limitarci ad una temporanea stabilizzazione del livello dei ricoveri: se la primavera porterà ad una sostanziale riduzione delle attività al chiuso (soprattutto bar e ristoranti) forse riusciremo a limitare i danni. Ma si tratta solo di una speranza, tutta da verificare.
Quindi "forza Primavera", poi a settembre penseremo a cosa fare. Augurandoci naturalmente che termini al più presto il massacro della popolazione dell'Ucraina e che svaniscano le cupe minacce nucleari dell'autocrate moscovita.
Andrea Crisanti: «L’obbligo della mascherina al chiuso è del tutto ininfluente perché per funzionare non bisognerebbe togliersela mai. E invece in molte circostanze, come al bar o al ristorante, bisogna comunque levarsela e quindi l’obbligatorietà è inutile», spiega l’esperto.
RispondiEliminaCome difendersi allora? «Omicron 2 non ha misteri: ha un indice di trasmissibilità, il cosiddetto valore R0, tra 12 e 15.Quindi ogni malato ne può infettare anche 15, come accade per il morbillo. Vanno protetti, lo ribadisco, solo i fragili. E non solo con la quarta dose di vaccino».
La proposta del professore dell’Università di Padova è quella di «consentire a chi è in età di lavoro di poter fare lo smart working da casa» in modo da evitare il più possibile «i contatti a rischio».
E ancora «garantire un bonus alle persone fragili seguite dalle badanti per consentire a queste ultime di fare spesso il tampone e scongiurare il pericolo di infettare i propri assistiti».
Test che secondo il professore dovrebbero ora essere soltanto molecolari e non antigenici rapidi. «Il margine di errore dei tamponi rapidi è troppo alto per Omicron, intorno al 30%».
In quanto al resto della popolazione, secondo Crisanti non ci sarebbero troppe altre scelte: «Dobbiamo metterci in testa che se non siamo persone fragili e siamo vaccinati, anche se ci prendiamo il Covid non ci succede nulla di grave. È come un’influenza».
Difficile ancora classificare questa risalita dei casi Covid in Italia. Aumento che c'è, ma per ora concentrato in alcune aree del Paese. I dati sono infatti troppo eterogenei tra i vari territori per poter emettere già una sentenza e dare un'etichetta all'attuale situazione.
RispondiEliminaIncidenza per 100mila abitanti più alta al centro-sud, in particolare in 8 regioni (Umbria, Puglia, Calabria, Marche, Basilicata, Lazio, Abruzzo e Toscana) mentre per ora va meglio il Nord con minore circolazione virale nelle tre maggiori regioni dove vivono quasi 20 milioni di persone (Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna) nonostante la prevalenza di Omicron 2 sia più elevata (68%), mentre risulta più bassa (32%) al Sud.
Questa l'analisi del presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta, che ha fatto il punto sull'andamento dell' epidemia nel nostro Paese evidenziando anche, con l'incremento dei casi, "segnali iniziali d'impatto, seppur limitato, sugli ospedali".
Gli Usa si preparano alla quarta dose
RispondiEliminaAureliano Stingi - repubblica.it
È di qualche giorno fa la notizia che Pfizer-Biontech avrebbe richiesto un'autorizzazione di emergenza a FDA per poter somministrare un secondo booster alla popolazione americana oltre ai 65 anni
Nelle ultime settimane i casi di Covid19 in Europa sono iniziati a risalire e la risalita purtroppo coincide con la decisione di molti governi di allentare o addirittura eliminare le misure anti-contagio.
In Francia dal 14 Marzo non sono più obbligatorie le mascherine nei luoghi chiusi, cosi come in Svizzera e Regno Unito, nel frattempo Germania e Italia prendono tempo.
Giovanni Sebastiani (CNR):
RispondiEliminaMolto dipenderà anche dalle vaccinazioni
"Solo il 50% degli over 80 ha avuto la terza dose entro i 120 giorni. Se l'efficacia del vaccino contro le forme gravi della malattia e il decesso calasse significativamente oltre questo arco temporale come per la seconda dose, un over 80 su due sarebbe a grande rischio e si potrebbe pensare a una quarta dose. Per capire come stanno realmente le cose, occorrono dati analoghi a quelli delle seconde dosi. Indipendentemente da questo però, c'è un 13% di persone over 90 e un 9% tra 80 e 89 anni che non ha avuto la terza dose.
Per cui credo che andrebbe fatta una campagna di vaccinazione con terza dose per questi soggetti che non l'hanno fatta. A lunga scadenza andrebbe infine programmata bene anche la nuova campagna vaccinale in modo tale che possiamo arrivare a ottobre con un'alta copertura".
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La nuova ondata di Covid che appare montare giorno dopo giorno in Italia potrebbe rallentare il percorso delle riaperture decise dal governo in un contesto dove oltre 7 milioni di italiani non si sono sottoposti ancora alla terza dose.
RispondiElimina"La variante Omicron BA.2. ha preso il sopravvento su Omicron. E ormai vediamo nei nuovi contagiati solo questa", ricorda Claudio Mastroianni, ordinario di Malattie infettive all'Università di Roma. "Chi non è vaccinato può rischiare un quadro clinico severo e anche di finire in terapia intensiva. Mentre chi è immunizzato non ha grandi conseguenze.
L'alto tasso di reinfezioni che stiamo registrando con Omicron 2, anche in chi è immunizzato con tre dosi - sottolinea - ci induce a pensare che la risposta immunitaria sia inferiore rispetto a Delta. Ma comunque il booster va fatto perché è l'unico strumento che ci mette in sicurezza dalla malattia severa".
Per dirla con le parole di Andrea Cristanti "Omicron 2 è contagiosissima, se una persona non è vaccinata o è fragile, Omicron 2 dà MALATTIA SEVERA. Ecco perché è cruciale proteggere i fragili, perché oggi le vittime del virus sono in particolare loro".