Gli ultimi dati rilasciati dall'Istituto Superiore di Sanità ci forniscono una visione della situazione delle vaccinazioni, dei contagi, dei ricoveri ospedalieri e dei decessi durante lo scorso mese di giugno. Durante questo periodo abbiamo registrato un livello decrescente (e comunque molto basso) dei contagi, con un analogo veloce calo dei posti letto occupati negli ospedali. L'analisi dei nuovi ricoveri, fatta in base allo stato di vaccinazione dei pazienti, ha permesso di elaborare anche in Italia una stima - per la verità piuttosto grossolana - dell'efficacia vaccinale nel "mondo reale".
Lo studio dell'ISS ha molti limiti. In particolare, non separa i pazienti vaccinati in base al tipo di vaccino che hanno ricevuto e non considera il ceppo virale che ha prodotto il contagio. Quest'ultimo punto è particolarmente importante perché a giugno c'è stata la transizione che ha portato la variante Delta a diventare dominante in Italia, sostituendo progressivamente la variante Alpha. Siccome ci sono dati in letteratura che indicano che la variante Delta, oltre ad essere più contagiosa, produce anche casi mediamente più gravi, sarebbe stato interessante conoscere i dati italiani disaggregati su base genica, almeno per i casi che hanno comportato il ricovero in terapia intensiva. Purtroppo i noti ritardi italiani nella mappatura del virus hanno precluso la possibilità di disporre di tali informazioni.
Sulla base dei dati disponibili, l'Istituto Superiore di Sanità ha elaborato le sue stime sull'efficacia dei vaccini. Io preferisco mostrare e discutere i dati grezzi perché - a mio avviso - forniscono una informazione più diretta e comprensibile di quanto avviene nel "mondo reale".
Partiamo dal dato dei contagi che sono stati registrati nel corso del periodo considerato (poco più di 4 settimane). Il dato è disaggregato per classe d'età e per stato vaccinale. L'ISS fornisce anche i dati relativi a chi ha ricevuto solo una prima dose vaccinale, ma ho preferito non mostrarli perché forniscono poche informazioni aggiuntive. Inoltre va ricordato che una sola dose vaccinale (per i vaccini a due dosi) offre una protezione davvero scarsa contro la variante Delta e quindi è assolutamente necessario contrarre il tempo tra la prima e la seconda dose al valore minimo strettamente necessario.
Ho normalizzato il dato dei contagi rispetto al numero di abitanti. Per quanto riguarda lo stato vaccinale, ho usato il dato dello scorso 26 giugno pubblicato da ISS. Poiché il periodo di osservazione è stato abbastanza lungo, non c'è dubbio che con il passare dei giorni sia cresciuto il numero delle persone vaccinate e sia contemporaneamente diminuito il numero di coloro che non avevano ricevuto neppure una dose vaccinale. Una analisi più accurata avrebbe dovuto suddividere i dati su base almeno settimanale, calcolando i rapporti per ciascuna settimana e mediando alla fine i risultati. Trattando tutti i dati assieme e usando i dati vaccinali del 26 giugno sono state fatte delle approssimazionini piuttosto grossolane, ma il loro effetto non dovrebbe essere comunque tale da alterare il significato complessivo del grafico.
Contagi x 100 mila abitanti osservati nel periodo 11 giugno - 11 luglio, suddivisi per classi d'età e stato vaccinale |
Si vede chiaramente che il vaccino riduce sensibilmente la probabilità di essere contagiati (parliamo di casi di contagio sostanzialmente sintomatico perché molti dei casi asintomatici non vengono neppure rilevati). I valori assoluti riflettono il basso livello di circolazione virale che caratterizzava lo scorso mese di giugno e l'inizio del mese di luglio.
I dati della figura mostrata sopra possono essere rivisti in un modo leggermente diverso, calcolando il rapporto tra la probabilità di contagio di una persona vaccinata rispetto ad una non vaccinata:
Il valore 1 corrisponde alla probabilità di contagio di una persona non vaccinata nelle medesime condizioni di circolazione virale e per la stessa classe d'età |
Si nota che il livello di protezione dal contagio cresce all'aumentare dell'età. Questo andamento è abbastanza sorprendente, ma potrebbe dipendere anche da un errore sistematico nella stima della popolazione dei vaccinati e dei non vaccinati. Infatti, mentre per la popolazione 80+ lo stato delle vaccinazioni a giugno era abbastanza stabile (i più anziani sono stati vaccinati per primi all'inizio della campagna vaccinale), per i più giovani abbiamo, in generale, un tasso di copertura vaccinale che potrebbe essere sostanzialmente cambiato proprio durante il mese di giugno. Ciò avrebbe potuto influire sul calcolo del numero di contagi per 100 mila abitanti.
Passiamo ora ai ricoveri ospedalieri. In pratica, andiamo a vedere quale è la probabilità di essere ricoverato dopo che è stato diagnosticato un contagio. Il calcolo è stato fatto normalizzando il numero dei ricoveri rispetto al numero dei contagi e quindi non c'è più l'incertezza che caratterizzava la valutazione del numero di contagi per ogni 100 mila abitanti. Tuttavia, anche in questo caso, i dati ISS contengono una incongruenza: i dati dei ricoveri fanno riferimento al periodo 4 giugno - 4 luglio e sono parzialmente antecedenti a quelli dei contagi (avrebbe avuto senso il contrario perché statisticamente i ricoveri avvengono con qualche giorno di ritardo rispetto alla prima diagnosi di positività).
Purtroppo questi sono i dati pubblicati dall'ISS e di questi dati ci dobbiamo accontentare. Lo sfasamento temporale tra la raccolta dei dati relativi a contagi e ricoveri potrebbe aver provocato un leggero sovradimensionamento dei risultati, ma non mi aspetto che ci sia un effetto diverso tra vaccinati e non vaccinati.
L'effetto diventa ancora più evidente se, al posto dei ricoveri generici, consideriamo solo i ricoveri in terapia intensiva:
Ricoveri in terapia intensiva per ogni 1.000 contagi osservati nel periodo 4 giugno - 4 luglio, suddivisi per classi d'età e stato vaccinale |
Il valore 1 corrisponde alla probabilità di ricovero per un contagiato non vaccinato appartenente alla stessa classe d'età |
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