Israele (circa 9 milioni di abitanti) ha vaccinato oltre il 56% della sua popolazione con due dosi del vaccino Pfizer-BioNTech. Il 90% dei cittadini ultra-sessantenni è stato vaccinato.
In questo momento, Israele sta affrontando una nuova ondata pandemica associata alla diffusione della variante Delta, con i contagi quotidiani che stanno puntando verso quota 1.000 (erano 10 - 20 a metà giugno), con circa la metà dei casi che riguardano giovani sotto i 20 anni. Circa il 10% dei contagi registrati durante le ultime settimane sono collegati a casi importati dall'estero e per questo motivo il Governo israeliano sta valutando la possibilità di introdurre nuove e più severe limitazioni ai viaggi internazionali non essenziali.
A fronte del forte aumento dei contagi, c'è stato anche un aumento dei ricoveri. Attualmente Israele conta circa 6.600 casi attivi (erano circa 80 mila al massimo del picco pandemico dello scorso mese di gennaio), con 121 ricoverati (erano circa 2.000 nel gennaio scorso). Di questi, circa la metà (61) sono classificati come "casi gravi o severi", d'ora in avanti indicato come "casi più gravi". Il dato include anche 14 pazienti collegati al ventilatore polmonare. Un mese fa i pazienti che si trovavano nelle condizioni più gravi erano erano solo 19.
Una prima osservazione riguarda il numero dei ricoveri rapportato al numero di casi attivi. In proporzione rispetto a quanto osservato durante il picco pandemico dello scorso mese di gennaio (2.000 ricoverati su 80 mila casi attivi) i 121 ricoveri attuali (con 6.600 casi attivi) sono un po' meno, ma il calo dei ricoveri non è così accentuato come ci saremmo potuti aspettare tenuto conto dell'alto livello di vaccinazioni fatte in Israele. Questo conferma la maggiore pericolosità della variante Delta, anche per le persone completamente vaccinate.
Può essere interessante analizzare lo stato vaccinale dei casi più gravi: 24 pazienti non sono vaccinati, mentre la maggioranza (37) sono completamente vaccinati. Questo fatto non è sorprendente perché sappiamo che il vaccino, per quanto efficace, non garantisce una copertura assoluta verso i contagi più gravi. Se - in astratto - tutti i cittadini fossero vaccinati, ci sarebbe comunque un piccolo numero di casi gravi o severi che riguarderebbero solo persone vaccinate.
L'età rimane un forte elemento di rischio, anche per i vaccinati: c'è un solo cinquantenne tra i 37 vaccinati che si trovano nelle condizioni più gravi. Tutti gli altri hanno più di 60 anni. Se invece andiamo a vedere i 24 pazienti più gravi non vaccinati, troviamo ben 14 persone sotto i 50 anni, di cui 2 sotto i 40 anni. Sulla base delle informazioni diffuse dalla stampa locale, non sono in grado di dirvi quanti di loro abbiano un'età superiore ai 60 anni: al massimo 10, considerato che 14 hanno meno di 50 anni. Questo dato, sia pure molto parziale, evidenzia che:
- I cittadini di 60 o più anni (vaccinati al 90%) occupano la maggioranza dei posti letto riservati ai malati più gravi: 36 di loro sono vaccinati e ce ne sono altri 10 (al massimo) che non sono vaccinati. Questo dato ha fatto temere che la protezione del vaccino verso i
contagi più gravi provocati dalla variante Delta fosse molto minore rispetto a quanto stimato inizialmente. Va comunque detto che su numeri così piccoli ci potrebbero essere forti effetti legati ai comportamenti individuali. Inoltre bisognerebbe fare una analisi dettagliata dei dati perché sappiamo che il rischio di gravi complicanze - anche per i vaccinati - cresce fortemente con l'aumentare dell'età e con la presenza di altre patologie. Poiché il tasso di vaccinazione per le persone più a rischio è maggiore rispetto al valor medio del 90% (che riguarda la generalità dei cittadini sopra i 60 anni), solo facendo una analisi dettagliata dei casi è possibile trarre indicazioni sull'effettivo grado di protezione offerto dal vaccino.
- Le persone sotto i 50 anni non vaccinate corrono comunque seri rischi e, in caso di contagio, possono contrarre forme gravi di Covid-19. Attualmente sono il 23% circa dei pazienti più gravi. Ricordo inoltre che, al momento, tra questi pazienti non ci sono persone vaccinate di età inferiore ai 50 anni.
Nel frattempo Israele ha iniziato a somministrare una terza dose di vaccino a particolari categorie di persone che sono potenzialmente meno protette dai vaccini. Parliamo in particolare di persone immunodepresse, inclusi i trapiantati di cuore, fegato e rene. Per il momento, non si parla ancora di praticare una terza dose vaccinale alla generalità della popolazione.
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