lunedì 5 luglio 2021

I nuovi dati di Israele su vaccini e variante Delta

Il Ministero della Salute israeliano ha reso noto i primi dati relativi al livello di copertura offerto da due dosi del vaccino Pfizer-BioNTech nei confronti della variante Delta. I risultati non sono stati ancora pubblicati su una rivista scientifica e quindi vanno considerati come assolutamente preliminari

Il dato più significativo riguarda il vero e proprio crollo registrato nel livello di protezione rispetto ai contagi sintomatici. Nel periodo compreso tra il 6 giugno ed il 3 luglio (quando in Israele circolava la variante Delta) l'efficacia del vaccino è risultata pari al 64%, contro il 94% che era stato misurato nel periodo compreso tra il 2 maggio ed il 5 giugno (quando la variante dominante in Israele era ancora la variante Alpha).

Rispetto ai contagi più gravi (quelli che comportano il ricovero e, in casi estremi, portano al decesso) il livello di protezione è sceso dal 98% di maggio fino al 93% di giugno. Un dato in diminuzione, ma non così forte come quello riferito a qualsiasi tipo di contagio sintomatico.

I dati israeliani sono peggiori rispetto a quelli stimati in Gran Bretagna specialmente per quanto riguarda l'efficacia contro tutti i contagi sintomatici (64% in Israele contro l'88% della Gran Bretagna). Per quanto riguarda il livello di protezione rispetto alle forme di contagio più grave il risultato israeliano (93%) e quello britannico (96%) sono abbastanza simili.

I bassi valori rilevati in Israele per l'efficacia vaccinale corrispondono ad una impennata dei contagi: ad inizio giugno era stato osservato un minimo corrispondente a circa 20 nuovi contagi giornalieri. Il 5 luglio, i contagi hanno superato quota 500, tornando a livelli che non si vedevano dallo scorso mese di marzo. Circa la metà dei contagi era rappresentato da giovani in età scolare.

Israele non ha diffuso dati relativi ad una singola dose vaccinale. D'altra parte Israele ha sempre somministrato la seconda dose del vaccino Pfizer-BioNTech nei tempi canonici (tre settimane dopo la prima dose).

Difficile dire quale siano le stime più affidabili anche perché parliamo comunque di situazioni non esattamente sovrapponibili a causa della diversa evoluzione temporale nella circolazione dei diversi ceppi virali nei due Paesi. 

Se il dato israeliano fosse confermato, verrebbero a cadere alcune "certezze" relative all'impatto dei vaccini: in particolare - anche dopo la seconda dose - rimane una elevata possibilità di contrarre il contagio (e più in generale di poter contagiare altre persone). In questo scenario, potremo definitivamente scordarci di raggiungere la sospirata immunità di gregge.

Il fatto confortante è che, pur in presenza di una crescente numero di contagi (anche tra persone completamente vaccinate), in Israele (analogamente a quanto si è fin qui visto in Gran Bretagna) non c'è stata una crescita altrettanto ampia dei ricoveri e soprattutto dei decessi

Quindi si conferma l'assoluta necessità di vaccinare al più presto soprattutto le persone sopra i 40 anni (ricordo che solo lo 0,25% delle persone fin qui decedute a causa della Covid-19 aveva meno di 40 anni) in modo da ridurre al minimo i danni più gravi causati dalla pandemia

Chi avesse dubbi in proposito, può confrontare i dati della Russia con quelli di Israele e della Gran Bretagna: l'attuale picco di decessi registrato in Russia è strettamente correlato al basso livello di vaccinazioni fatte in quel Paese.

1 commento:

  1. In realtà la drastica riduzione dell'efficacia sembra relativa al contrarre l'infezione, quindi mi aspetto l'efficacia contro l'infezione sintomatica sia più alta. L'articolo israeliano non è chiarissimo

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