In un articolo pubblicato lo scorso 6 luglio la rivista Nature fa il punto sul vaccino russo Sputnik V, il primo vaccino al mondo approvato per la Covid-19, adottando una procedura ultra-accelerata che a suo tempo suscitò le critiche di molti scienziati.
Il vaccino russo è stato approvato per la somministrazione in circa 70 Paesi, ma attende ancora di ricevere l'autorizzazione da parte dell'Agenzia europea EMA. Il problema è quello delle verifiche sui dati usati per la validazione del vaccino e per il controllo di qualità degli impianti produttivi. EMA adotta standard rigidi e chi non si adegua non può ottenere l'autorizzazione.
Ovviamente ci possono essere anche questioni di natura politica che si intrecciano con i fattori strettamente tecnici. Non è un mistero che i rapporti della Russia con l'Europa (e gli USA) sono attualmente piuttosto complicati e questo può andare ad interferire sulla collaborazione tra le diverse istituzioni sanitarie.
Nature ha cercato di fare il punto della situazione attendendosi alle questioni di natura strettamente tecnica. I dati sull'efficacia di due dosi del vaccino russo sono piuttosto buoni, decisamente migliori rispetto a quelli di AstraZeneca che utilizza lo stesso principio di funzionamento (virus vettore). A differenza di AstraZeneca, Sputnik V usa due adenovirus diversi per veicolare la prima e la seconda dose e questo potrebbe spiegare la maggiore efficacia. Infatti la resa della seconda dose del vaccino AstraZeneca è limitata dalla reazione del sistema immunitario del vaccinato che riconosce l'adenovirus usato come vettore e lo distrugge (in parte) prima che infetti le cellule inducendole a produrre la proteina spike.
Le cronache hanno segnalato anche casi di lotti del vaccino russo che sono stati classificati come difettosi e respinti dai Paesi che li avevano importati. Anche qui è difficile capire se si tratti di epidosi reali o di problemi minori strumentalizzati per motivazioni politiche.
L'aspetto ancora non chiarito riguarda l'assoluta mancanza di episodi di rare trombosi che non sono mai stati segnalati per il vaccino russo, a differenza di quanto è successo per gli altri vaccini a vettore virale (AstraZeneca e Johnson & Johnson). Anche qui non è chiaro se tali eventi avversi non ci siano stati oppure se non siano stati rilevati. Essendo fenomeni molto rari (tipicamente 1 caso ogni 100 mila dosi vaccinali) non è detto che tutti i sistemi sanitari siano in grado di individuarli.
Infine una preoccupante considerazione finale: l'unico fatto certo è che la maggioranza dei cittadini russi non ha alcuna intenzione di farsi inoculare il vaccino Sputnik V. Malgrado le campagne di stampa volte a convincere i 144 milioni di cittadini russi a sottoporsi alla vaccinazione, solo poco più del 15% dei cittadini russi ha fin qui ricevuto la vaccinazione completa (2 dosi). I dati sui contagi e sui decessi in Russia sono molto severi, ma - a quanto pare - non bastano per convincere i cittadini russi a farsi inoculare il vaccino.
Vaccini, stop alle consegne di AstraZeneca e J&J alle Regioni
RispondiEliminaper almeno un mese
tg24.sky.it - 12 luglio 2021
Per almeno UN MESE sono state sospese le consegne alle Regioni dei vaccini di AstraZeneca e di Johnson & Johnson. Dietro a questa scelta non si nasconde un esiguo numero di dosi, bensì UNO SCARSO UTILIZZO delle stesse. Le scorte non mancano, anzi, e alcune Regioni si sono persino trovate nella strana situazione di chiederne la parziale restituzione alla struttura commissariale.
- È il caso dell’Emilia-Romagna, che vorrebbe RICONSEGNARE più di 100mila dosi inutilizzate di AstraZeneca.
- Il Lazio ha addirittura dichiarato di NON AVERE PIU’ BISOGNO di forniture di quel vaccino. Alessio D’Amato, l’assessore alla sanità della Regione, è certo di avere abbastanza fiale per portare a termine i richiami. Una volta finite, si andrà avanti con gli altri vaccini disponibili.
- Varie Regioni, tra cui il Veneto e la Puglia, sono certe di potersela cavare senza problemi con le dosi che hanno già ricevuto.
Nonostante lo stop momentaneo, la struttura commissariale del generale Figliuolo ha comunque messo in chiaro che tutte le Regioni che lo riterranno opportuno potranno chiedere nuove dosi di AstraZeneca e Johnson & Johnson. I dati disponibili indicano che difficilmente qualcuno approfitterà dell’offerta. Nei primi dieci giorni di luglio sono stati somministrati circa 5,4 milioni di vaccini in tutto il territorio nazionale e, tra richiami e prime dosi, Pfizer ha coperto quasi da solo questo totale, con 3,9 milioni di dosi inoculate (1,2 milioni contando solo le prime dosi).
A confronto, sono state usate appena 33mila fialette di Johnson & Johnson (monodose) e 7mila di AstraZeneca. Il vaccino anglo-svedese è usato soprattutto per fare i richiami agli over 60. Ma ormai la copertura vaccinale nelle fasce più anziane della popolazione è a buon punto, dunque l’utilità dei vaccini a vettore virale sta diventando sempre più ridotta.
Un’ulteriore prova dello scarso utilizzo dei vaccini a vettore virale arriva dalle scorte delle varie Regioni. Le dosi di Johnson & Johnson rappresentano circa il 45% di quelle consegnate, mentre quelle di AstraZeneca si aggirano attorno al 17%. Queste percentuali mettono in evidenza un ulteriore problema: l’inutilizzo delle fialette potrebbe portare, nel corso dei mesi, alla SCADENZA di interi lotti. Di fronte a una situazione simile, la scelta di sospendere momentaneamente la distribuzione dei vaccini di AstraZeneca e Johnson & Johnson potrebbe rivelarsi una mossa vincente.
Johnson&Johnson, allerta Fda: «Rischio sindrome rara».
RispondiEliminaSegnalato anche 1 caso di morte
www.ilmattino.it - Lunedì 12 Luglio 2021
Il vaccino Johnson&Johnson può comportare il rischio di una rara patologia neurologica nota come sindrome di Guillain-Barré. Finora sono stati identificati circa 100 casi. Gran parte delle persone si sono riprese, ma è stato registrato anche una morte. La Food and Drug Administration (FDA), l'agenzia Usa preposta alla sicurezza dei farmaci, intende allegare l'avvertimento che. Lo scrive il New York Times, citando diverse persone a conoscenza del dossier. Il rischio è da 3 a 5 volte più alto tra i vaccinati col J&J rispetto alla popolazione generale negli Usa.
I database indicano che i sintomi della sindrome di Guillain-Barré, caratterizzata da debolezza muscolare e lieve perdita della sensibilità distale, sono sviluppati nel giro di circa 3 settimane dalla vaccinazione.
La FDA ha concluso che i benefici del vaccino nel prevenire la morte o gravi forme di Covid PREVALGONO ancora fortemente su questo rischio, ma intende includere l'avvertenza nei fogli informativi per pazienti e fornitori. Le autorità regolatorie europee potrebbero fare una mossa analoga poco dopo. L'amministrazione Biden dovrebbe fare un annuncio entro martedì.
Nessun legame con la sindrome Guillain-Barré è stato trovato invece per i vaccini sviluppati da Pfizer e Moderna, che usano tecnologie differenti. In Usa sono stati vaccinati col J&J quasi 13 milioni di persone ma il 92% degli americani pienamente vaccinati ha ricevuto le dosi di Pzifer e Moderna.