Il presidente pro-tempore del Trentino - durante le ultime settimane - ha tenuto un profilo particolarmente "basso". Forse timoroso di irritare il suo "capitano" padano, ha esitato a lungo prima di allinearsi alle richieste che sono state formulate dai suoi colleghi leghisti, presidenti di Veneto e Friuli V. G.
Fino a qualche giorno fa sosteneva che la situazione del Trentino non destasse alcuna preoccupazione. Oggi qualcuno deve avergli spiegato che - nel corso dell'ultima settimana - il Trentino ha registrato 55 nuovi ricoveri nei reparti ospedalieri Covid, in pratica 10 nuovi ricoveri settimanali per ogni 100 mila abitanti. Se fossimo in Germania, avremmo superato il livello di massima allerta (quello corrispondente alla soglia di 9 nuovi ricoveri settimanali per ogni 100 mila abitanti).
Comuque - sia pure con grande ritardo - anche il Trentino si è allineato con la richiesta del Nord-Est di attivare il modello "2G", argomentando che - in sua assenza - si metterebbe a rischio l'ormai imminente stagione turistica.
Purtroppo, come dimostrano i dati dei nuovi ricoveri, la situazione del Trentino oggi non è più tranquillizzante e difficilmente potrà essere affrontata ricorrendo solo al "2G" (od anche a forme più estreme di segregazione dei non vaccinati). Anche perché - a differenza del vicino Alto Adige - la presenza di non vaccinati in Trentino non è particolarmente elevata (se consideriamo solo la popolazione over-12, ovvero quella attualmente vaccinabile).
La Provincia autonoma di Trento è sempre stata piuttosto restia a fornire informazioni dettagliate sulla pandemia. Sappiamo solo che i 6 pazienti attualmenti ricoverati in terapia intensiva non sono vaccinati, ma non sappiamo nulla sullo stato vaccinale degli altri ricoverati. Per capire qualcosa di più, sarebbe importante conoscere lo stato vaccinale di tutti i ricoverati e capire, ad esempio, quanti di loro hanno completato la vaccinazione più di 6 mesi fa. Questo è il parametro da tenere sott'occhio perché la lentezza con cui il Trentino procede nella somministrazione della terza dose, espone una parte della popolazione ad un rischio crescente di contagio e questo può portare anche ad un incremento dei ricoveri.
Pensare di risolvere tutti i problemi impedendo l'accesso a bar e ristoranti ai non vaccinati, rischia di rivelarsi una pia illusione. L'esempio di Israele ci dimostra l'importanza della terza dose per arrivare ad una drastica riduzione del carico di lavoro degli ospedali. Ricordando che salvare la stagione turistica significa - tra l'altro - garantire ai turisti in arrivo un sistema sanitario efficace e funzionale. Per non parlare dell'esempio austriaco dove - di fronte all'ondata dei contagi - alla fine il Governo è stato costretto a tornare al più classico dei lockdown.
In conclusione, ben vengano le regole "2G" (purché poi ci siano i controlli e multe severe per chi non le rispetta), ma senza una rapida somministrazione delle terze dosi rischiamo comunque di mettere a rischio la prossima stagione invernale.
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