Durante gli ultimi giorni abbiamo sentito molti esperti - più o meno autorevoli - pronosticare che la Covid-19 si stia trasformando da pandemia ad endemia. A mio avviso, è quasi sicuro che "prima o poi" questo avvenga, ma - come al solito - il vero problema è quello di capire cosa significhi "prima" e cosa voglia dire "poi". In altre parole, i tempi necessari affinché si realizzi il passaggio da pandemia ad endemia non sono affatto certi.
Vorrei farvi notare che - da un punto di vista quantitativo - non esiste una soglia ben definita sotto la quale si possa parlare di "endemia" e sopra la quale si parli invece di "epidemia" (o di "pandemia" se il fenomeno è presente a livello globale). Il rischio è che, a livello di pura comunicazione, si cambi il nome per rendere il fenomeno socialmente "più accettabile", anche se attualmente stiamo pagando un conto piuttosto severo in termini di vite perse (sono circa 2 mila i deceduti settimanali per/con Covid in Italia, dato da confrontare contro un numero medio di decessi settimanali (per qualsiasi causa) dell'ordine di 12 mila casi. Senza contare la forte pressione che i malati di Covid-19 stanno esercitando sugli ospedali italiani.
Per cercare di capire un po' meglio quali siano i termini della questione possiamo fare riferimento al caso dell'influenza, tipico esempio di malattia endemica. L'influenza si caratterizza per le seguenti particolarità:
- La malattia ha andamento tipicamente stagionale: sparisce durante i mesi estivi e riappare in contemporanea con i primi freddi.
- Ogni anno, in Italia, muoiono circa 10 mila persone a causa delle complicanze prodotte dall'influenza. Il numero è relativamente esiguo rispetto al numero complessivo delle persone che muoiono in un anno (circa 650 mila prima dell'arrivo della Covid-19), ma può variare sensibilmente di anno in anno a seconda dei ceppi virali che circolano e dell'andamento stagionale (il clima freddo non aiuta).
- Chi perde la vita a causa del contagio muore "con l'influenza" nel senso che si tratta di persone affette da gravi patologie preesistenti. L'effetto delle complicanze generate dall'influenza è solo "la goccia che ha fatto traboccare il vaso". I casi di persone decedute in assenza di altre gravi patologie sono rarissimi. In pratica, durante la stagione invernale, arriva l'influenza e "raccoglie" le vite delle persone più fragili (si tratta di quello che gli epidemiologi chiamano effetto "harvesting").
- Durante i momenti in cui l'epidemia stagionale di influenza colpisce più duramente ci può essere un impatto sia sui posti di lavoro (legato alle assenze dei malati), sia sugli ospedali (con un sovraccarico di ricoveri), ma si tratta di un effetto passeggero che tipicamente si esaurisce nel giro di 2 o 3 settimane.
L'attuale situazione della Covid-19 è ancora molto peggiore rispetto a quella di una "normale influenza". Il livello dei decessi e dei ricoveri è decisamente superiore rispetto a quella di una ondata influenzale, per non parlare della durata del fenomeno che non si limita certamente a generare 2 o 3 settimane critiche nel cuore dell'inverno. Tuttavia va anche segnalato che la situazione potrebbe evolvere verso un quadro decisamente meno critico.
Oggi l'Agenzia Reuters ha diffuso la seguente notizia:
La quasi totalità dei pazienti Covid
ricoverati in terapia intensiva ha la variante Delta, nonostante
l'attenzione mondiale sia sulla grande infettività della Omicron, almeno
all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. "La
caratteristica comune dei pazienti Covid in terapia intensiva è che sono
quasi tutti non vaccinati e praticamente tutti con la variante Delta",
dice a Reuters Luca Lorini, direttore del dipartimento di anestesia e
rianimazione e di quello di emergenza e area critica dell'ospedale di
Bergamo, provincia epicentro della prima ondata di coronavirus nel 2020.
Come ben sappiamo, le statistiche non si fanno raccogliendo aneddoti, ma analizzando il numero più ampio possibile di dati. Tuttavia, considerato che - almeno fino a pochi giorni fa - accanto ai contagi dovuti alla variante Omicron c'erano ancora un numero consistente di contagi legati alla variante Delta, il dato che arriva da Bergamo potrebbe avere una valenza di carattere generale che va ben oltre le dimensioni del singolo reparto di terapia intensiva considerato.
Per prudenza, bisognerebbe tener conto anche del tempo che passa tra l'insorgenza del contagio e l'aggravamento che comporta il ricovero in terapia intensiva. Il numero fin qui limitato di pazienti gravi osservati dopo un contagio Omicron potrebbe essere solo un effetto transitorio, destinato a svanire con il passare dei giorni.
Ecco perché il dato sulla variante che ha contagiato i ricoverati in terapia intensiva (ed i deceduti) non è una semplice curiosità per statistici pignoli, ma rappresenta un elemento di fondamentale importanza per capire se abbia senso parlare di prossima "endemizzazione" della Covid-19.
Se fosse vero che Omicron, malgrado l'elevatissimo numero di contagi, provoca solo un numero esiguo di ricoveri in terapia intensiva, la situazione degli ospedali sarebbe destinata a cambiare decisamente in meglio. Oltre a non mettere più in crisi i reparti di terapia intensiva degli ospedali italiani, l'avvento di Omicron dovrebbe portare anche ad un consistente calo della mortalità, riportando l'impatto della Covid-19 su livelli decisamente meno gravi rispetto a quelli attuali. A questo punto, l'idea della Covid-19 come semplice "endemia" potrebbe incominciare a prendere consistenza.
Al momento - lo ricordo - parliamo di pure congetture perché i dati sulla mappatura genetica dei malati più gravi e dei decessi proprio non ci sono. E non possiamo dimenticare il "convitato di pietra" legato alle continue mutazioni virali. SARS-CoV-2 ci ha mostrato una forte capacità di evolvere e non è detto che le sorprese siano finite.
A corollario di questo post, mi sento di dire (e` una schematizzazione, ma la ritengo abbastanza verosimile) che se TUTTI fossimo vaccinati la Covid si potrebbe considerare endemica. Qualcuno si ammalerebbe, con dei picchi nella stagione fredda, ma in ospedale ci andrebbero solo le persone con difese immunitarie ridotte.
RispondiEliminaPurtroppo sappiamo che se il virus "tira fuori dal cilindro" una nuova variante, si ritorna daccapo.
Aggiungo un commento sui dati pubblicati/da pubblicare.
Se ne parla da qualche giorno sui media.
A mio parere i dati pubblicati ogni giorno devono rimanere, ma i dati vanno anche un po' interpretati ed elaborati, altrimenti servono a poco.
Non mi interessa sapere che la Lombardia ha il maggior numero di infetti: e` ovvio, ha dieci volte la popolazione di una regione media. Quello che mi interessa e` l'incidenza (contagi per 100,000 abitanti), cosa che trovo in questo blog ma non sui giornali o in TV.
Altro dato che potrebbe essere interessante e` il numero di ricoveri/terapia intensiva suddiviso per persone con vaccinazione valida / con vaccinazione scaduta / non vaccinati.
E da quando circolano due varianti assieme (Delta e Omicron) sarebbe bello conoscere quanti dei ricoverati hanno una o l'altra variante: pare che questo dato non esista (oggi e` la prima volta che vedo questo dato, ma e` limitato ad un ospedale)
Michele
"Da ottobre, con l'avvio della cosiddetta quarta ondata, abbiamo avuto 83 malati di Covid in terapia intensiva, 81 dei quali con la Delta e solo 2 con la Omicron", precisa il professor Lorini.
RispondiElimina"In totale, di queste persone in terapia intensiva, il 70% sono non vaccinati e il 21% con la vaccinazione 'scaduta', cioè vaccinati da più di sei mesi - prosegue il primario - La caratteristica comune è: non vaccinato e con la Delta. E' assolutamente così".
"I ricoverati nei reparti ordinari invece sono quasi tutti Omicron - continua il professor Lorini - Ma difficilmente questi finiscono in terapia intensiva".
A parte l'essere non vaccinati e con la Delta, non c'è invece una unica fascia d'età per le persone in intensiva. "La popolazione nella terapia intensiva è eterogenea per età, dai 40 in su - spiega il direttore - In questi giorni abbiamo 16 persone ricoverate, fra queste anche una donna di 40 anni e un uomo di 52".
"Quel che non ho mai visto nel mio reparto di terapia intensiva è un vaccinato con terza dose, non ce ne sono", puntualizza.
A proposito della pressione sulle rianimazioni, il professor Lorini è piuttosto ESPLICITO: "Se non ci fossero i pazienti non vaccinati, io in quattro mesi invece di 83 ne avrei ricoverati 4, per dirla in breve".
(Emilio Parodi, in redazione a Milano Gianluca Semeraro)
https://www.msn.com/it-it/money/storie-principali/covid-in-terapia-intensiva-quasi-tutti-hanno-la-delta-direttore-rianimazione-bergamo/ar-AASYhPO?li=BBqg6Qc
Negli Usa 2.100 vittime in un giorno, record da un anno
RispondiEliminaI decessi per Covid-19 negli Stati Uniti hanno raggiunto il livello più alto dall’inizio dello scorso anno, eclissando le medie giornaliere dalla recente ondata alimentata dal Delta, dopo che la nuova variante Omicron si è diffusa a valanga nel Paese e ha causato un numero di casi da record: nell’ultima settimana sono state raggiunte in media le 2.100 vittime al giorno, record da un anno.
Spagna, contagi in calo, 382 le vittime
RispondiElimina382: Una cifra che non veniva notificata in solo giorno dal periodo febbraio-marzo 2021, segnalano El País e l’agenzia di stampa Efe. Alcuni di questi decessi risalgono però a date precedenti e sono stati poi aggiunti al conteggio successivamente.
I nuovi casi positivi riportati sono 114.877, una cifra giornaliera più bassa rispetto a quelle riportate nel corso delle scorse settimane.
“Siamo in un momento di appianamento dell'evoluzione (dei contagi)”, ha affermato oggi la portavoce del governo, Isabel Rodríguez.
L'incidenza su 14 giorni cala: venerdì scorso era di 3.418 casi ogni 100.000 abitanti, oggi di 3.267. Leggera discesa anche per quanto riguarda il numero dei ricoverati, che sono 360 in meno di ieri. I tassi di occupazione rimangono da giorni poco al di sopra del 15% nei reparti ordinari e del 23% nelle terapie intensive.
La Francia torna sopra quota 30mila ricoverati
RispondiEliminaIl numero di pazienti di Covid ricoverati in ospedale in Francia è tornato per la prima volta da fine aprile sopra quota 30.000, attestandosi questa sera a 30.189, secondo le cifre di Santé Publique France. Continua invece da una decina di giorni il calo dei letti occupati da pazienti Covid in rianimazione: 3.741.
Perché dire che il Covid diventerà un’endemia
RispondiEliminanon significa che il virus sarà meno pericoloso
Con il termine "endemico" non si intende un’infezione meno grave, ma solo che la diffusione del patogeno nella popolazione determina tassi di infezione che sono prevedibili.
“Endemico non significa che il Covid giungerà a una fine naturale” spiega il professor Aris Katzourakis, virologo evoluzionista dell’Università di Oxford che in un articolo pubblicato su Nature si dice “frustrato” nel sentire i politici che invocano la parola "endemico" come scusa per fare poco o niente.
“Un’infezione endemica – sottolinea Katzourakis – è quella in cui i tassi complessivi sono statici, non in aumento e non in calo. Più precisamente, significa che la percentuale di persone che possono ammalarsi bilancia il ‘numero di riproduzione di base’ del virus, ovvero il numero di individui che un soggetto infetto contagerebbe, ipotizzando una popolazione in cui tutti possono ammalarsi.
I comuni raffreddori sono endemici, così come lo è la febbre di Lassa, la malaria e la poliomielite. Così è stato per il vaiolo, fino a quando i vaccini non l’hanno eradicato”.
In altre parole, evidenzia l’esperto, una malattia può essere contemporaneamente sia endemica, sia diffusa e mortale. “La malaria ha ucciso più di 600mila persone nel 2020. In questo stesso anno, si sono ammalate 10 milioni di persone e 1,5 milioni sono morte”.
Pertanto, "endemico" non significa che l’evoluzione abbia in qualche modo reso l’agente patogeno innocuo o che la vita torni semplicemente alla “normalità”.
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