lunedì 30 novembre 2020

Ancora sui vaccini in arrivo ...

Nei salotti televisivi infuriano le polemiche tra esperti (più o meno affidabili) rispetto al ruolo effettivo che potrà essere svolto dai vaccini nella lotta alla Covid-19.

Non ci consola il fatto che una persona qualificata come il prof. Guido Rasi, che ha da pochi giorni lasciato l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), da lui diretta per 9 anni, abbia dichiarato: "95%, 90%, 62%. I dati diffusi dalle aziende sono buoni per il bar dello sport. La partita deve ancora iniziare. E il risultato, sui vaccini, sarà l’EMA a darlo". Osservazione forte, ma giusta considerato che un conto è inviare notizie agli azionisti ed un conto è sottoporre le informazioni necessarie per ottenere il via libera alla somministrazione di un vaccino. 

Dall'intervista del prof. Rasi apprendiamo anche che EMA, in collaborazione con ECDP, costruirà un data base europeo per tenere sotto controllo la durata temporale dell'immunità indotta nelle persone vaccinate e la presenza di eventuali effetti collaterali di medio-lungo termine. A mio parere, un approccio serio, l'unico che abbia senso in questo momento.

Per tornare alle polemiche che animano i salotti televisivi, consiglio a chi volesse schiarirsi le idee, di consultare il sito della piattaforma svizzera di informazione sui vaccini INFOVAC. In particolare consiglio di leggere questo breve documento. Nel sito si spiega bene la differenza tra un vaccino che fornisca una vera e propria immunità ovvero blocchi la possibilità di essere infettato rispetto ad un vaccino che impedisca al virus di propagarsi oltre le mucose di naso e gola, raggiungendo i polmoni e altri organi dove può generare le complicanze più gravi.

Afferma INFOVAC: "Forse occorrerà accontentarsi di vaccini in grado di proteggere contro le complicazioni del COVID-19, cioè capaci di rallentare la moltiplicazione e la diffusione del virus ad altri organi. Resterebbe, ovviamente, un passo molto importante! Ma significherebbe anche che avremmo un vaccino a priori inutile per 8 persone su 10 in quanto in queste persone il virus non causa complicazioni. Sarebbe un vaccino che richiederebbe comunque un'eccellente sicurezza ma allo stesso tempo non sarebbe in grado di interrompere il contagio, in quanto il virus resterebbe libero di moltiplicarsi nel naso e nella gola". Mi sembra abbastanza chiaro, non vi pare?

Sulla base dei comunicati stampa fin qui rilasciati dalle ditte produttrici non sappiamo ancora bene quali siano le caratteristiche dei vaccini di "prima generazione" che saranno presto disponibili. L'uso che ne faremo ed, in particolare, la scelta delle persone che saranno sottoposte per prime ai vaccini dipenderà criticamente da queste caratteristiche. Per questo è di fondamentale importanza che EMA svolga il suo lavoro di controllo e di verifica dei dati senza ritardi, ma anche senza pericolose accelerazioni. 

Personalmente mi fido di quello che EMA farà e delle sue future indicazioni e farò certamente il vaccino quando sarà disponibile (purché non finisca come con il vaccino dell'influenza che, quest'anno, non sono riuscito a fare)


domenica 29 novembre 2020

Aggiornamento sull'anomalia trentina

É trascorsa una settimana dalla pubblicazione del post dove descrivevo con dati inoppugnabili l'effetto della bizzarra decisione delle Autorità trentine di non confermare con tampone molecolare gran parte dei nuovi contagiati individuati tramite tampone rapido antigenico nel corso del mese di novembre. 

Il post è stato il più letto in assoluto da quando ho iniziato a scrivere su questo blog: quasi 10.000 lettori a cui si aggiungono coloro che lo hanno letto sui mezzi di informazione trentini. Eppure non è successo proprio niente: Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità continuano a far finta di nulla anche se non possono dire di non sapere. Le Autorità provinciali trentine si rallegrano per lo scampato pericolo e continuano a ripetere - come se niente fosse - che il livello dei contagi in Trentino è decisamente inferiore rispetto alla media nazionale. 

Da  domani qualcosa è destinato a cambiare. Dovranno essere comunicati a Roma i dati completi dei contagi. Secondo anticipazioni de il Dolomiti ai 219 positivi comunicati in Trentino ieri 28 novembre se ne dovrebbero aggiungere 550 da tamponi antigenici non confermati col tampone molecolare. Capite che se tutta Italia avesse seguito il metodo trentino domani, a livello nazionale, rischieremmo di contare circa 75.000 nuovi contagi. A questo punto non c'è che da aspettare e vedere come riusciranno a cavarsela.

Per il momento vi aggiorno sull'andamento dei dati che vi avevo mostrato lo scorso 22 novembre.

Partiamo dall'origine di tutta questa storia: un tentativo di vedere se ci fosse una qualche forma di correlazione tra il tasso di ricovero delle persone virologicamente positive (rapporto tra persone ricoverate e persone attualmente positive) e l'indice di vecchiaia delle diverse Regioni/PPAA:

L'anomalia trentina è sempre ben visibile (punto rosso). La "rossissima" Valle D'Aosta con il suo terribile primato di decessi da Covid-19 e la Liguria si distaccano in maniera apprezzabile rispetto al valor medio nazionale (punto verde). Notiamo che la Liguria è effettivamente la regione con indice di vecchiaia più alto a livello nazionale. I valori più bassi del rapporto ricoverati/positivi si registrano in Campania, Veneto, Basilicata e Molise. 
 
Guardando i dati di oggi, l'ipotesi di lavoro che aveva dato origine a questa analisi non sembra essere sostenuta dai fatti. Tolti Trentino e Valle D'Aosta solo la Liguria  mostra  valori compatibili con l'ipotesi sotto esame. Tutte le altre Regioni/PPAA, pur avendo indici di vecchiaia che vanno da circa 120 fino a 230, evidenziano valori del rapporto ricoverati/positivi abbastanza simili e non c'è evidenza della correlazione ipotizzata.

Insomma, un esperimento fallito, ma comunque a qualcosa è servito: fino alla fine di ottobre il Trentino stava nel gruppo assieme alle altre Regioni/PPAA con un valore abbastanza simile a quello della Campania, ma poi improvvisamente ha iniziato ad andare per un'altra strada.

Vediamo adesso l'aggiornamento di tutti gli altri grafici. La sorgente dei dati è - come al solito - il sito della Protezione Civile Nazionale. Qui non vi mostro i dati aggiornati di AGENAS, ma se vi interessano potete vederli sull'apposito sito che, recentemente è stato arricchito di ulteriori informazioni.
Durante la settimana che si conclude oggi i nuovi contagi sono calati sia in Trentino che in Italia. La discesa in Trentino sembra essere meno marcata rispetto al dato nazionale

L'anomalia trentina sembra crescere meno di quanto facesse durante le scorse settimane. comunque la media nazionale è leggermente diminuita, mentre il dato del Trentino cresce ancora, sia pure di poco

I ricoveri incominciano (per fortuna) a calare, sia a livello provinciale che nazionale. Il dato dei ricoveri in Trentino è ancora nettamente superiore rispetto alla media nazionale

Il dato dei decessi in Trentino si conferma saldamente al di sopra della media nazionale

 
Ho posto volutamente alla fine il grafico degli attualmente positivi, quello che potremmo definire "la madre di tutte le anomalie trentine". Siamo a circa 1/3 della media nazionale, lontanissimi da qualsiasi altra Regione/PPAA. Non ci vuole molto per dimostrare l'assurdità di questi numeri. Il Comune di Trento (circa 1/5 dell'intera popolazione del Trentino) lo scorso 25 novembre contava 2500 attualmente positivi (numeri veri, inclusi i positivi antigenici lasciati nel limbo delle statistiche ufficiali). Alla stessa data, la Provincia Autonoma di Trento ha comunicato al Ministero della Salute di avere 2447 attualmente positivi su tutto il territorio provinciale. A occhio e croce ne mancano 10.000.

A questo punto, mi permetto di consigliare alla Provincia Autonoma di Trento di mandare al Ministero della Salute, già domani mattina 30 novembre, un bel "conguaglio" con i circa 10.000 positivi mancanti. Dovremo pagar pegno perché ECDC ci metterà per un paio di settimane in zona "scurissima" così come era già successo questa estate dopo il "conguaglio di San Vigilio", ma è senz'altro meglio farlo adesso prima che parta la stagione turistica invernale. Un conguaglio fatto più avanti metterebbe in fuga molti turisti interessati a venire a fare le vacanze in Trentino. E senza conguaglio, sarà fatalmente avoided crossing!

Se il Ministro Speranza si arrabbia, pazienza. Il Ministero della Salute sapeva e fin qui non ha mosso un dito. Quindi vuol dire che gli va bene così.


venerdì 27 novembre 2020

Aggiornamento settimanale 27 novembre

Ultimo aggiornamento settimanale del mese di novembre che parte - come di consueto - dall'analisi dei decessi. Ci aspettiamo che la seconda ondata dei decessi sia l'ultima a raggiungere il punto di massimo (passano 12 giorni - valore della mediana - tra il contagio e l'eventuale  decesso).

Osservando l'andamento della curva possiamo prevedere che il picco potrebbe essere vicino, anche se purtroppo ormai da tre settimane stiamo viaggiando con un livello di decessi particolarmente alto (superiore a 5 decessi settimanali per ogni 100.000 abitanti). Purtroppo dovremo attendere ancora molte settimane prima di scendere su livelli meno critici. 

Continuano a girare fake news secondo cui il gran numero di decessi Covid sarebbe dovuto ad una impropria classificazione delle cause di morte. In particolare, qualcuno sostiene che vengano classificati come morti Covid casi legati a incidenti stradali o arresti cardiaci solo perché al momento del ricovero in ospedale le persone coinvolte erano state trovate casualmente positive al tampone. Non ci vuole una approfondita conoscenza della statistica per capire se questo effetto fosse vero, salirebbero i morti Covid "ufficiali", ma non avremmo un incremento di mortalità a livello dell'intera popolazione simile a quello che, purtroppo, stiamo osservando durante questo mese di novembre.

Per quanto riguarda il Trentino (vedi sotto, barra rossa) il dato dei decessi si conferma stabilmente tra i più alti a livello nazionale (la media nazionale è mostrata tramite la barra verde). Notiamo che questa settimana finalmente la Valle D'Aosta è "rientrata in scala" anche se mostra ancora un tasso di mortalità decisamente più alto rispetto a tutte le altre Regioni/PPAA:

Confermo la buona notizia sui ricoveri ospedalieri che vi avevo anticipato la scorsa settimana. I posti letto occupati stanno finalmente calando (come dato nazionale) sia nelle terapie intensive che negli altri reparti Covid. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che attualmente i reparti sono strapieni ed i cali di questi giorni sono fortemente influenzati dal numero dei decessi (anche questo è ahimé un modo per liberare posti letto). Prima che qualche clinico "di un certo livello" ci annunci che il virus sia nuovamente "clinicamente morto" ci vorranno ancora parecchie settimane. Comunque il fatto che il numero di pazienti ricoverati stia finalmente calando è un'ottima notizia, oltre ad essere la conferma dell'effettivo calo dei nuovi contagi.

Media settimanale della derivata logaritmica del numero di posti letto occupati nei reparti Covid (tutti i reparti). Il dato odierno (media 21-27 novembre) è leggermente negativo (l'occupazione dei posti letto sta calando).

Vediamo questi nuovi contagi (dato nazionale) finalmente in calo:


L'indice R nazionale sta scendendo. Oggi l'Istituto Superiore di Sanità ha comunicato la stima per le due settimane che terminavano lo scorso 18 novembre: 1,08 (CI 95% 0,91 - 1,25). I valori dell'indice comunicati da ISS li vedete nel grafico sottostante, rappresentati tramite i punti rossi:

I valori numerici (ed i punti blu) sono quelli stimati sulla base del mio modellino empirico. La stima per il prossimo 2 dicembre è una proiezione basata su un set di dati parziale. Probabilmente la stima finale sarà un po' più bassa.

Quando vi ho presentato le prime proiezioni basate sul mio modellino non pensavo che funzionasse così bene. Attualmente la differenza tra le mie proiezioni ed i dati ISS è incredibilmente piccola. Siccome il modellino nasconde al suo interno una divergenza quando R diventa molto basso, io spero vivamente che la divergenza si manifesti al più presto. Così io mi libero del modellino empirico e tutti noi ci liberiamo dei troppi contagi.

Quanto ai contagi del Trentino, riprenderò a commentarli quando saranno comunicati quelli veri. Qui mi limito a ricordare che l'incidenza dei ricoverati nei reparti Covid delle RSA rispetto al numero delle persone attualmente positive continua a crescere ed attualmente ha stabilmente superato la soglia del 10%:


Diamo infine una rapida occhiata al dato europeo. La seconda ondata sta passando. Penisola iberica e Francia si stanno lentamente "schiarendo". Le cose vanno piuttosto bene in Irlanda, Scozia, Islanda e buona parte della Scandinavia (Svezia a parte). L'Italia (specialmente al Nord) è allineata con i Paesi europei dove la circolazione del virus è più alta:

Tratto da ECDC





Commento sui dati dello screening fatto in Alto Adige (con una raccomandazione per chi volesse imitarlo)

Vi presento un primo commento sui risultati dello screening fatto recentemente su una significativa parte della popolazione dell'Alto Adige. L'operazione ha dimostrato notevoli capacità dal punto di vista organizzativo, ha certamente contribuito a sensibilizzare la popolazione sui temi della pandemia ed è stata accompagnata da una efficacissima campagna di comunicazione. I numeri finali sono stati comunicati nell'apposito sito curato dalla Provincia Autonoma di Bolzano:

Tratto da: https://coronatest.sabes.it/it/muni

La prima cosa importante da notare è che i numeri complessivi sui casi di positività non riguardano solo i tre giorni ufficiali dello screening (20-22 novembre), ma anche ulteriori 5 giorni di cui due prima (18-19 novembre) e tre dopo (23-25 novembre). Durante questi giorni aggiuntivi sono stati raccolti i risultati dei tamponi rapidi antigenici che vengono correntemente eseguiti da medici e farmacie convenzionate. Non si tratta quindi dei tamponi del vero e proprio screening di massa, ma di quelli che si fanno (esattamente come accade in Trentino) per valutare in tempi brevi lo stato virologico di persone che manifestano sintomi tipici della Covid-19 o che sono state a stretto contatto con persone virologicamente positive.

Se andiamo a disaggregare i dati, balza subito agli occhi che la densità di tamponi positivi riscontrata durante i due giorni precedenti ed i tre giorni successivi allo screening di massa è notevolmente più elevata rispetto ai risultati dei tre giorni dello screening. La cosa non è affatto sorprendente perché è più facile "pescare" i positivi "andando con la barca dove il sonar ci dice che c'è il branco dei pesci".

La differenza è ben visibile nel grafico che ho ricavato dai dati illustrati in tabella:

La linea rossa tratteggiata indica il livello di falsi positivi atteso quando si utilizza uno dei tamponi rapidi antigenici utilizzati durante lo screening. La barra orizzontale dei dati sperimentali indica il periodo di raccolta dei dati

Notiamo che nei giorni 21 e 22 il livello di positivi individuati nel corso dello screening di massa è molto vicino alla linea rossa tratteggiata.

Per capire come ho ricavato l'andamento della linea rossa tratteggiata bisogna andare a vedere le specifiche tecniche dei tamponi rapidi antigenici utilizzati in Alto-Adige. Secondo notizie di stampa durante lo screening di massa sono stati impiegati test di produttori diversi. Io faccio riferimento ad uno di questi prodotti (gli altri hanno caratteristiche simili). Vediamo dunque cosa possiamo imparare dalle specifiche tecniche di un tampone antigenico.


Notiamo che si parla di una sensibilità pari al 93,3% e di una specificità pari al 99,4%. La sensibilità, ovvero la capacità di identificare coloro che risultano positivi anche al tampone molecolare sale al 98,2% per campioni con un numero di cicli di amplificazione Ct inferiore a 33 (ma non specifica quale sia la distribuzione dei valori di Ct di questi campioni). Il numero di cicli di amplificazione Ct utilizzati nelle misure molecolari (PCR) è tanto più basso quanto maggiore è la concentrazione iniziale del virus presente nel tampone. In linea di principio, ogni ciclo raddoppia la quantità di specifiche parti dell'RNA virale presenti nel campione. Tamponi che risultano positivi con Ct minore di 20-25 sono caratterizzati da un'alta concentrazione virale. In genere vengono classificati come virologicamente negativi i tamponi che non generano un  segnale apprezzabile dopo circa 37-40 cicli di amplificazione. Quindi, molto grossolanamente, Ct = 33 corrisponde ad una concentrazione virale che è 10-100 volte superiore rispetto al valore minimo misurabile con la tecnica PCR. 

Rappresentazione ultra-semplificata dell'andamento della carica virale di una persona infettata da SARS-CoV-2 in funzione del tempo. Il valore massimo della carica virale varia sensibilmente a seconda della persona infettata. Per i sintomatici, la comparsa dei sintomi coincide - più o meno - con il raggiungimento del picco della carica virale. A causa della sensibilità limitata, i tamponi rapidi antigenici riescono a rivelare solo le persone virologicamente positive con carica virale più alta. In genere viene raccomandato di effettuare il tampone subito dopo la comparsa dei sintomi. Per i soggetti asintomatici manca il riferimento ad una data certa (comparsa dei sintomi) e quindi la somministrazione del tampone antigenico avviene forzatamente "alla cieca".

Qui di seguito, mostro il risultati di uno studio indipendente fatto presso l'Università di Ginevra dove si confrontano i positivi rilevati con un tampone rapido rispetto a quelli ottenuti con tecnica PCR, in funzione del valore di Ct. Vedete come all'aumentare di Ct il tampone rapido antigenico perda progressivamente un numero crescente di positivi:

 


Cosa vogliono dire questi numeri? I tamponi antigenici non trovano i positivi con carica virale più bassa, quelli che si sarebbero potuti trovare usando i tamponi molecolari. Queste persone possono avere carica virale bassa perché stanno per uscire dalla condizione virologicamente positiva (e tutto sommato non è un grosso problema) oppure  perché sono stati contagiati da pochissimi giorni e non hanno ancora raggiunto il livello massimo di carica virale (e la manifestazione degli eventuali sintomi). Questa seconda categoria di falsi negativi genera un problema significativo perché ci impedisce di individuare e mettere sollecitamente in quarantena persone che entro pochi giorni potrebbero diventare fortemente contagiose.

Il problema opposto è costituito dai falsi positivi. Ecco cosa scrive in proposito la FDA: "Like molecular tests, antigen tests are typically highly specific for the SARS-CoV-2 virus. However, all diagnostic tests may be subject to false positive results, especially in low prevalence settings. Health care providers should always carefully consider diagnostic test results in the context of all available clinical, diagnostic and epidemiological information. Test interference from patient-specific factors, such as the presence of human antibodies (for example, Rheumatoid Factor, or other non-specific antibodies) or highly viscous specimens could also lead to false positive results". Sulla base delle specifiche, per il test rapido antigenico PANBIO ci attendiamo uno 0,6% di falsi positivi ovvero di persone che sarebbero non infette (negative al tampone molecolare), ma che il tampone antigenico individua erroneamente come positive. Non sono molte in percentuale, ma  - se la prevalenza del campione di persone sottoposte a test è bassa - possono produrre un effetto ragguardevole.

Notiamo inoltre che nel foglio delle specifiche non viene detto nulla rispetto al livello di confidenza con cui sono stati stimati i valori della sensibilità e della specificità. Cercando tra i documenti si scopre che la misura è stata fatta su un campione di soli 241 casi, di cui 60 positivi e 181 negativi al tampone molecolare. Un po' pochi per fare una statistica degna di questo nome. Ad esempio, per la specificità è stato individuato un falso positivo su 181 casi. Brutalmente parlando, potremmo dire che il livello di confidenza (95%) della specificità potrebbe andare da 98,2 fino a 100. Ovviamente servirebbero misure più accurate per approfondire questo punto. Ma anche prendendo per buono il valore che appare nel foglio delle specifiche (99,4%) dovremmo comunque aspettarci uno 0,6% di falsi positivi che è esattamente il livello indicato dalla linea rossa tratteggiata che appare nel grafico mostrato sopra.

Cosa possiamo ragionevolmente dedurre da questi dati?

  • Durante la seconda e terza giornata dello screening di massa sono stati trovati 1468 positivi. La maggioranza di questi casi potrebbero essere falsi positivi legati alla specificità del tampone antigenico.
  • 884 positivi (probabilmente quasi tutti veri considerato il tasso di positività molto superiore allo 0,6%) sono stati riscontrati nei due giorni precedenti lo screening di massa e nei tre giorni successivi. A livello di comunicazione, questo dato è stato aggiunto a quello dello screening di massa facendo apparire numeri complessivi di positivi decisamente più alti rispetto a quelli dello screening vero e proprio.
  • Durante il primo giorno dello screening di massa sono state testate 92.620 persone trovando 1118 positivi. Di questi circa la metà erano probabilmente falsi positivi.
  • In sintesi, tolti i probabili falsi positivi, il numero di positivi effettivamente individuato durante i tre giorni dello screening di massa ammonta a circa 750 casi contro un valore ufficiale pari a 2731 positivi e rispetto ai 3615 casi comunicati ai mezzi di informazione sommando ai dati dello screening quello dei giorni precedenti e successivi. Risultato apprezzabile, ma circa 1/5 di quanto comunicato.
  • Impossibile stimare quanti siano stati i "debolmente positivi" che sono stati classificati come "falsi negativi" a causa della limitata sensibilità del test antigenico. Sarebbe comunque interessante sapere quanti di coloro che sono risultati negativi durante lo screening di massa siano stati trovati positivi nei giorni immediatamente successivi. Facendo un contact-tracing a ritroso di questi contagiati (da chi e quando sono stati presumibilmente contagiati)  potremmo ricavare informazioni molto interessanti.
  • Quanto ai 95.000 nuovi contagi che l'operazione di screening di massa avrebbe potenzialmente evitato, stendo un velo pietoso e invito chi ha fatto il calcolo ad un rapido ripasso del concetto di indice di trasmissione del contagio.
Prima di concludere, mi permetto di dare un consiglio (non richiesto) a quegli amministratori pubblici che vorrebbero estendere al Trentino l'esperienza dell'Alto Adige
 
Io non ho mai fatto sconti alla Provincia di Trento ed ho sempre segnalato quelli che ritenevo (e ritengo) essere gravi errori nella gestione della pandemia. Ma devo dichiararmi d'accordo quando si sottolinea che invece di spendere tempo e denaro in operazioni "molto fumo e poco arrosto" sia molto più utile garantire a tutti i trentini l'accesso immediato ai tamponi rapidi antigenici utilizzando strutture facilmente accessibili 7 giorni su 7, diffuse su tutto il territorio provinciale. Concordo anche sul fatto che l'accesso ai tamponi antigenici debba essere filtrato dai medici per selezionare solo le persone che - sulla base delle specifiche dei tamponi utilizzati - ha senso sottoporre a questo tipo di analisi. Purché poi i dati sui positivi vengano resi pubblici.

giovedì 26 novembre 2020

Irlanda, Belgio e Italia: tre strategie a confronto

In questo post vi mostro l'andamento della seconda ondata pandemica in tre diversi Paesi: Irlanda, Belgio e Italia. 

L'Irlanda è stato il primo Paese europeo ad affrontare la seconda ondata della pandemia tramite una forma di lockdown attivata già durante lo scorso mese di ottobre. Gli effetti sono stati evidenti: il picco della seconda ondata è stato molto contenuto ed ora la circolazione del virus è tornata ad un livello accettabile. I miei amici irlandesi non sono stati certamente felici nel vedere i loro amati pub rigorosamente chiusi, ma le Scuole hanno sempre funzionato regolarmente.

Il Belgio, pur presentando già da settembre una situazione abbastanza preoccupante, si è inizialmente illuso di poter gestire la seconda ondata senza adottare misure particolari. Ma ad ottobre la situazione si è ulteriormente aggravata facendo del Belgio uno dei Paesi europei più colpiti dalla seconda ondata. A questo punto sono scattate misure tanto rigide quanto efficaci. Ho letto su alcuni quotidiani italiani una certa ironia riguardo alla notizia della legge che autorizza la polizia belga a "controllare i cenoni di Natale". I cittadini belgi sono molto attenti al rispetto delle libertà individuali, ma evidentemente dopo aver visto il carico di contagi (e di decessi) associati alla seconda ondata pandemica hanno deciso di usare le maniere forti. I risultati si vedono perché - rapidamente come erano cresciuti -  i nuovi contagi stanno discendendo. Il Belgio non è ancora tornato ad un livello di circolazione del virus accettabile, ma è decisamente avviato lungo la buona strada.


Il dato italiano lo conosciamo bene. A settembre ci illudevamo che la seconda ondata riguardasse solo gli altri Paesi europei. Purtroppo, anche se i contagi italiani erano ancora bassi, era solo una questione di tempo. Con circa due settimane di ritardo rispetto al Belgio, la seconda ondata pandemica è arrivata anche in Italia. I vari DPCM che si sono susseguiti da metà ottobre ad oggi hanno consentito di evitare un picco di ampiezza simile a quello del Belgio, ma per l'Italia la discesa dei contagi è appena iniziata. Non sappiamo cosa succederà nelle prossime settimane e c'è sempre il rischio che Natale diventi un nuovo Ferragosto, innescando la terza ondata pandemica.

E adesso vi pongo una domanda: chi pensate che potrà gestire meglio - soprattutto da un punto di vista economico - le festività di fine anno? L'Irlanda che ha fatto le sue scelte in anticipo ed ora può controllare l'evoluzione della pandemia senza particolari affanni o l'Italia che a un mese dal Natale si trova ancora con gli ospedali pieni di pazienti Covid ed il sistema di tracciatura dei nuovi contagi sostanzialmente evaporato?


Finalmente un po' di verità! (ma solo dalla prossima settimana)

Finalmente, a partire dalla prossima settimana, saranno comunicati tutti i dati dei contagi, sia quelli verificati con tampone molecolare che quelli verificati con tampone antigenico. Non bisogna essere Frate indovino per pronosticare che l'anomalia trentina rientrerà rapidamente.

Intanto nella conferenza stampa di questa sera, la Provincia festeggia la discesa dell'indice di trasmissione del contagio sotto il valore 1 pur con la spiacevole osservazione che il livello dei ricoveri in Trentino è peggiorato rispetto alla scorsa settimana. Immagino che anche questa volta l'Istituto Superiore di Sanità abbia fatto lo struzzo e che il calcolo di R sia stato fatto con i dati parziali dei tamponi molecolari.

Comunque, almeno questa farsa dei contagi spariti sotto il tappeto finirà. Sperando che la fervida fantasia di qualche addetto ai lavori non partorisca qualche altra idea bizzarra per abbellire i dati della pandemia in Trentino. Dopo i "5 giorni" di maggio ed i "contagi fantasma" di novembre, ne abbiamo viste già abbastanza!

I dati Covid del Comune di Trento: un faro nella nebbia provinciale

Mentre la Provincia Autonoma di Trento continua, come se niente fosse, a mettere sotto il tappeto una gran parte dei nuovi contagi, il Comune di Trento rende noti i dati veri dei contagi (quelli ufficiali e quelli mai verificati con il tampone molecolare e quindi non inclusi nelle comunicazioni mandate a Roma). A questa informazione si aggiunge una analisi della distribuzione dei contagi fatta a livello di circoscrizione molto utile per capire meglio cosa stia accadendo.

Ricordo che il Comune di Trento - da solo - raccoglie circa un quinto dell'intera popolazione del Trentino. Non possiamo dire che i dati del solo Comune capoluogo possano essere rappresentativi per l'intero territorio provinciale, ma qualche informazione utile ce la forniscono.

Partiamo dalla distribuzione d'età dei contagiati:

Attualmente positivi (linee rosse) e percentuale di positività (linee blu) per classi di età. Le linee nere sono una guida per gli occhi. Tratto da: Comune di Trento

Almeno a Trento, la presenza di contagi tra gli ultra-settantenni non è così rilevante come qualcuno cerca di farci credere durante le conferenze stampa della Provincia. Notiamo che la curva blu (tasso di positività suddiviso per classi d'età) mostra - pur in presenza di evidenti fluttuazioni statistiche - una riduzione significativa della percentuale dei contagi tra i 60 e gli 80 anni. Oltre gli 80 anni si osserva una crescita progressiva con un picco per i quasi centenari. Si tratta di un effetto ampiamente spiegabile considerando che - statisticamente parlando - le persone più anziane sono spesso più fragili e tenendo conto della propagazione del virus all'interno di RSA ed in altre comunità di anziani (pensiamo ad esempio ad alcune comunità di religiosi e religiose).

Se analizziamo i dati della curva rossa (attualmente positivi), ricaviamo che a Trento ci sono 317 persone virologicamente positive con età superiore a 70 anni (12,7% del totale). Il dato nazionale, riferito alla media degli ultimi 30 giorni, riporta una percentuale di contagi per persone con più di 70 anni pari al 14,9%. Notate che il dato delle persone attualmente positive a Trento andrebbe corretto per tener conto dei decessi avvenuti durante (più o meno) le ultime due settimane. Non ho il dato preciso, ma ricordando che Trento ha registrato 110 decessi durante tutto il corso della pandemia, la correzione legata ai decessi delle ultime due settimane non è comunque tale da alterare sensibilmente la percentuale di ultra-settantenni che hanno contratto il virus. Diciamo che anche per questo dato siamo in linea con la media nazionale.

Molto interessante anche la distribuzione dei contagi a livello di circoscrizione che vede una forte variazione territoriale. I valori massimi si trovano a Mattarello (2,52%), Gardolo (2,46%), Ravina-Martignano (2,38%) e Sardagna (2,34%). Tutte queste circoscrizioni si sono pericolosamente avvicinate al livello di prevalenza oltre il quale scatta la zona rossa (3%).

Le percentuali di contagi minori si trovano in Centro Storico - Oltrecastello (1,76%), Villazzano (1,77%), Argentario (1,85%) e Povo (1,87%). La domanda se esista una qualche correlazione inversa tra reddito medio dei cittadini e probabilità di contagio sorge spontanea.

Tratto da: Il Dolomiti su infografica elaborata dal Comune di Trento


Ulteriori informazioni le trovate su Il Dolomiti e nel sito del Comune di Trento.


mercoledì 25 novembre 2020

Finalmente R sotto a 1

Vi anticipo la mia stima basata su un modello empirico molto semplificato per l'indice di trasmissione del contagio R:


I punti rossi sono i dati ufficiali rilasciati dall'ISS. I punti blu sono il risultato del modello semplificato

In attesa che venerdì prossimo l'ISS rilasci la sua stima ufficiale per lo scorso 18 novembre, il dato di oggi (mediato sulle ultime due settimane) scende finalmente sotto al valore critico pari ad 1. In realtà i dati degli ultimi giorni sono già vicini a 0,75 quindi un valore non ancora ottimale, ma non lontano da quanto sarebbe auspicabile (almeno 0,5). Ricordiamo che questo è un dato nazionale e che attualmente la grande maggioranza degli Italiani si trovano in zona arancio/rossa. A breve potrebbe esserci un rilassamento di alcune delle limitazioni più severe e questo potrebbe determinare una inversione di tendenza per l'indice R.

Direttamente dalle anagrafi comunali: mortalità legata alla seconda ondata della pandemia

 NOTA aggiunta il 27 novembre:
i dati di questo post ed i relativi commenti sono stati aggiornati con l'ultimo rilevamento disponibile

I dati riferiti ad alcune città campione italiane sono stati aggiornati allo scorso 17 novembre. Ecco i grafici:

 

Tratto da : SiSMG, 17 novembre

Alla luce dei dati dell'ultima settimana, possiamo azzardare che in tutta Italia si registri una tendenza verso l'appiattimento della curva di mortalità che ci fa sperare di raggiungere a breve il picco della seconda ondata di decessi. Per quanto riguarda il confronto con l'eccesso di mortalità registrato durante la prima ondata pandemica è evidente che al Centro-Sud gli effetti della seconda ondata sono stati molto più pesanti. Nel caso del Nord, dobbiamo ancora attendere prima di poter fare un confronto. Possiamo comunque affermare che i dati sui decessi registrati dalle anagrafi delle città campione confermano che - anche per la seconda ondata pandemica - l'aumento della mortalità registrato al Centro-Sud è stato inferiore rispetto a quello del Nord.  Un interessante spunto di discussione per chi descrive talune Regioni del Centro-Sud come casi di assoluto degrado e parla del Nord come un paradiso.


Fact checking: il plasma iperimmune è davvero utile per curare i malati gravi di Covid-19?

L'argomento è stato oggetto di accese discussioni durante gli scorsi mesi, con qualche maldestro tentativo di dare una colorazione politica alla questione. Della serie "c'è una cura semplice, economica ed efficace, ma ve la vogliono nascondere". Purtroppo quando le questioni legate alla salute finiscono nel "tritacarne" della polemica politica non si capisce più nulla e, alla fine, si producono solo danni.

Finalmente, superata la fase iniziale della sperimentazione d'emergenza, siamo passati agli studi clinici completi (in gergo "test randomizzati") Quelli, per intenderci, dove il trattamento farmacologico da sperimentare viene somministrato ad un gruppo controllato di pazienti mentre - in parallelo - un analogo gruppo di pazienti viene trattato con un placebo. Alla fine si controllano i risultati e si vede se ci sia l'evidenza statistica di una qualche forma di beneficio che possa essere attribuita al farmaco sotto esame.

La prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine ieri ha pubblicato un articolo in cui si illustrano i risultati di un test randomizzato che ha riguardato pazienti Covid-19 in condizioni gravi:

V. A. Simonovich et al. "A Randomized Trial of Convalescent Plasma in Covid-19 Severe Pneumonia", New England Journal of Medicine, DOI: 10.1056/NEJMoa2031304

I risultati sono perentori: almeno per i pazienti con il livello di gravità considerato all'interno di questo studio, osservando il decorso della malattia per un periodo di 30 giorni, il trattamento con plasma iperimmune non ha prodotto benefici statisticamente apprezzabili rispetto al placebo

Questo risultato negativo potrebbe non valere per pazienti che si trovano in condizioni meno gravi. Ma chi sperava che il plasma iperimmune potesse diventare un'arma risolutiva nella lotta contro la Covid-19 purtroppo dovrà ricredersi.

Commento flash sui 21 parametri

In varie interviste e dibattiti televisivi sento esponenti del Governo e del Comitato Tecnico Scientifico vantarsi del fatto che "l'Italia è l'unico Paese al mondo ad utilizzare un monitoraggio avanzato per valutare la progressione della pandemia".

Ma a nessuno è mai venuto il dubbio che tutti gli altri Paesi usino sistemi "meno sofisticati" semplicemente perché il sistema italiano basato sui famosi 21 parametri è incoerente, inutilmente complicato e facilmente aggirabile fornendo dati falsi?

martedì 24 novembre 2020

Bignamino per utilizzare l’indice di trasmissione del contagio Rt senza fare troppi errori

NOTA: solitamente nei miei post uso la notazione R al posto di Rt non fosse altro perché è più comoda da editare. Le due notazioni sono del tutto equivalenti.

Nei commenti del post precedente, il lettore Maurizio mi chiede di fornire una spiegazione dell’indice di trasmissione del contagio che sia – possibilmente – semplice e facilmente comprensibile. Premetto che più che un fisico, forse sarebbe più utile interpellare un sociologo per farci spiegare come mai in Italia – unico Paese al mondo – tutti si appassionano a questo indice Rt. Sovente il significato dell’indice viene frainteso e rischia di produrre seri danni specialmente quando finisce nella mani incerte di taluni politici. L’unica leader mondiale che abbia dimostrato di sapersi destreggiare agevolmente con l’indice Rt è stata la cancelliera tedesca Angela Merkel con la quale – in gioventù – ho condiviso una comune passione per la Quantum Chemistry. Poi lei si è dedicata con grande successo alla politica, ma le è evidentemente rimasto il gusto per la divulgazione scientifica.

Provo ad imitarla, procedendo con una serie di domande e risposte.

Perché l’epidemia si propaga?
Il virus circola perché le persone contagiate (virologicamente positive) ne contagiano a loro volta altre.

Come avviene il contagio?
Il principale canale di passaggio del virus da una persona all’altra è costituito dalle via aeree. La probabilità di contagio dipende da una molteplicità di fattori microbiologici, sanitari, fisici, chimici, ambientali e sociali.

Tutti possono essere contagiati?
Solo le persone che si definiscono “sensibili” possono essere contagiate. In pratica sono coloro che non possiedono difese immunitarie specifiche per il virus SARS-CoV-2. Tali difese immunitarie vengono naturalmente acquisite da coloro che hanno già fatto la Covid-19 (ma ancora non sappiamo per quanto tempo durano). I vaccini ed (almeno in parte) i farmaci basati su anticorpi neutralizzanti che saranno presto disponibili potranno fornire una copertura immunitaria mirata. Anche in questo caso è troppo presto per poter stimare quale sarà il tempo di durata della copertura.

Come si definisce l’indice di trasmissione del contagio Rt?
Rt è il numero medio di nuovi infettati prodotto da ciascuna persona virologicamente positiva, nell’arco dell’intero periodo in cui la sua carica virale è sufficientemente alta per trasferire il contagio. Questo tempo varia da caso a caso. Tipicamente parliamo di una settimana, massimo due.

Che differenza c’è tra R0 ed Rt?
R0 è il valore che Rt assume all’inizio di una pandemia quando – di fronte ad un virus completamente sconosciuto – tutte le persone sono “sensibili” e nessuno adotta precauzioni atte a limitarne la circolazione del virus (mascherine, lavaggio delle mani, distanziamento sociale, ecc.). Il valore di R0 per il SARS-CoV-2 è circa uguale a 2,5 – 3. A meno di funeste mutazioni del virus che ne aumentino la contagiosità, il valore di Rt sarà sempre minore o uguale ad R0.

Cosa ci insegna il valore di Rt?
L’unica rilevante informazione contenuta nella stima dell’indice è legata al suo valore assoluto: se l’indice è superiore ad 1 vuol dire che la circolazione del virus sta crescendo e ci aspettiamo che il numero dei nuovi contagiati cresca nel tempo. Se l’indice è inferiore ad 1 vuol dire che l’epidemia è in una fase decrescente e ci aspettiamo che il numero di nuovi contagiati diminuisca con il passare del tempo. Se l’indice dovesse rimanere per lungo tempo intorno ad 1 vuol dire che da una fase epidemica siamo passati ad una fase endemica, con un numero di nuovi contagi che non cambia sostanzialmente nel tempo. 

Cosa possiamo fare per far calare il valore di Rt?
Rt in generale diminuisce quando cala la percentuale di popolazione sensibile. Il distanziamento sociale, l’uso corretto della mascherina e di altri dispositivi di protezione individuale, il lavaggio frequente delle mani, l'areazione frequente e la sanificazione dei locali pubblici sono tutti fattori che contribuiscono a far calare Rt. Il valore di Rt dipende criticamente anche dalla capacità di individuare prontamente e di porre in quarantena le persone virologicamente positive ed i loro contatti più stretti. Quando nessuno di questi strumenti funziona, l’unica soluzione è il lockdown

Se Rt è minore di 1 possiamo stare tranquilli?
Assolutamente NO! La stima di Rt va sempre letta in parallelo con il dato della prevalenza (percentuale della popolazione attualmente positiva). Ad esempio se Rt fosse leggermente inferiore ad 1, ma avessimo 500.000 persone virologicamente positive la situazione sanitaria del Paese sarebbe ancora critica. Continueremmo ad avere gli ospedali intasati dai pazienti Covid e sarebbe impossibile curare adeguatamente tutte le altre patologie. Se questa situazione si protraesse per molte settimane correremmo il rischio che ai decessi direttamente collegati alla Covid-19 se ne aggiungerebbero molti altri legati ad altre gravi patologie che non sono state adeguatamente trattate.

A quanto dovrebbe scendere Rt per poter tirare un respiro di sollievo?
In questo particolare momento (caratterizzato da una elevata prevalenza del virus) bisognerebbe far scendere Rt almeno a 0,5 per due-tre settimane. Questo ridurrebbe i nuovi contagi a circa 1/10 dei valori iniziali con un immediato beneficio per il sistema sanitario e per l’economia del Paese. Poi Rt potrebbe anche risalire e riportarsi leggermente sotto ad 1. Ma se tornassimo al “liberi tutti” come durante la scorsa estate rischieremmo una terza ondata. Questo è uno scenario pre-vaccino. Quando i vaccini saranno effettivamente disponibili (e se gli Italiani si faranno vaccinare) produrranno una forte riduzione della frazione di popolazione sensibile e questo farà calare Rt anche senza la necessità di adottare rigide misure di distanziamento sociale. Il vaccino serve a proteggere non solo la salute, ma soprattutto l'economia del Paese.

Si può misurare Rt?
La risposta esatta è NO! Rt non si misura, ma se ne può stimare il valore a posteriori analizzando l’andamento dei nuovi contagi in funzione del tempo. Da qui segue che qualsiasi stima che noi abbiamo di Rt è sempre retroattiva ovvero descrive il passato.

Quanto è retroattiva la stima di Rt?
Dipende dal metodo utilizzato per la stima. Ci sono metodi più o meno sofisticati. In genere si media la stima su più giorni consecutivi (minimo 4, massimo 14) in modo da smorzare l’effetto delle fluttuazioni statistiche che affliggono i dati sperimentali. Minori sono le dimensioni del campione di contagi considerati, maggiori saranno le fluttuazioni statistiche e quindi l'incertezza statistica associata alla stima.

Ha senso usare la stima di Rt per fare previsioni per il futuro?
La risposta corretta è NO, non ha molto senso. Poiché la stima è retroattiva, descrive esclusivamente ciò che è accaduto nel passato più o meno recente (da 10 a 20 giorni fa a seconda del metodo utilizzato per analizzare i dati). Usare il valore di Rt per fare previsioni per il futuro sottintende che si faccia una assunzione abbastanza arbitraria, ovvero che l'andamento futuro dell’epidemia segua esattamente quello del passato. Per fare un paragone finanziario, sarebbe come comprare un titolo in Borsa semplicemente perché quel titolo cresceva una o due settimane fa. Un’ottima strategia per perdere denaro.

Possiamo fare previsioni “ragionevolmente” accurate sull'andamento futuro della pandemia?
Purtroppo i modelli teorici di cui disponiamo sono troppo semplificati e sono utili solo per capire grossolanamente i possibili andamenti della pandemia, ma non sono in grado di fornirci previsioni attendibili per il prossimo futuro. Speriamo che questa pandemia stimoli nuovi studi teorici nel campo dell’Epidemiologia che, come disciplina, sembra avere poca dimestichezza con la teoria dei sistemi complessi e non ha ancora scoperto le potenzialità offerte dall’integrazione di “big data” ed intelligenza artificiale. Con gli attuali modelli un po’ vetusti, tutti più o meno legati allo schema SIR, non si può sperare di fare molta strada.

A breve termine che stime possiamo fare?
Inutile cercare di usare modelli complicati per fare stime grossolane. Le estrapolazioni a breve si possono banalmente fare osservando l’andamento di parametri semplici come, ad esempio, la derivata logaritmica dei dati. Ma parliamo ovviamente di stime a brevissimo termine, tipicamente una settimana.







lunedì 23 novembre 2020

Partire dal 2,5% di positivi e finire con lo 0.9%

Lo screening di massa effettuato in Alto Adige durante lo scorso fine settimana è stato un grande successo dal punto di vista partecipativo, organizzativo e mediatico. I cittadini hanno aderito con convinzione, non ci sono stati problemi particolarmente gravi nella somministrazione dei tamponi e l'operazione ha ricevuto una forte attenzione da parte dei mezzi di comunicazione nazionali ed europei.

Quanto ai risultati ed al loro possibile impatto sul fronte sanitario, è ancora troppo presto per poter trarre delle conclusioni. Il risultato finale parla di uno 0,9% di persone trovate positive, pericolosamente vicino al livello di falsi positivi che ci aspettiamo per i test antigenici rapidi utilizzati nell'ambito dello screening. Dubito seriamente che tutte le persone trovate positive lo siano veramente. Il controllo dei dati sarebbe abbastanza facile: basterebbe ricontrollare le stesse persone con il tampone molecolare. Non ho informazioni in merito alle procedure che la Provincia Autonoma di Bolzano intenderà seguire. Se controllasse i positivi antigenici con i tamponi molecolari sarebbe un formidabile test della effettiva specificità dei tamponi rapidi antigenici utilizzati nell'ambito dello screening.

C'è comunque un dato che balza agli occhi: la percentuale dei positivi è progressivamente calata tra l'inizio e la fine dello screening. I dati comunicati a proposito delle persone che si erano sottoposte a test nelle ore iniziale dello screening parlavano di una percentuale di positivi pari a circa il 2,5%. Il dato complessivo reso noto domenica sera parla di un tasso di positività pari allo 0,9%.

Cosa possiamo dedurre da queste informazioni? Tanto per cominciare, sarebbe interessante conoscere la percentuale dei positivi misurata nel corso di ciascuna delle tre giornate. Secondo notizie di stampa, dopo avere controllato le prime 211.957 persone erano stati trovati 2305 positivi (tasso di positività pari allo 1,09%). Le ulteriori 131.270 persone che sono state controllate durante la fase finale dello screening hanno prodotto 880 positivi con un tasso di positività pari allo 0.67%, quasi identico al tasso di falsi positivi calcolato in base alle specifiche delle ditte produttrici dei tamponi antigenici.

Una possibile interpretazione - tutta da verificare - è che durante il primo giorno dello screening si siano presentate molte persone con sintomi (non gravi evidentemente) che abbiano colto l'occasione per verificare il loro stato virologico senza passare dal medico curante o dai pronto soccorso degli ospedali. Esaurito questo blocco di sintomatici, i dati raccolti nei giorni successivi sono scesi, pur senza avvicinarsi allo 0% perché erano comunque condizionati dalla presenza dei falsi positivi. Questa è una buona notizia perché dimostra che, al momento, il virus non dilaga all'interno dell'Alto Adige.

Quanto all'affermazione secondo cui "grazie allo screening sia stato possibile evitare fino a 95.000 nuovi contagi" mi permetto di esprimere seri dubbi sulla consistenza della stima.

Sarà interessante capire se le Autorità dell'Alto Adige si accontenteranno del successo di immagine o se vorranno approfondire nei dettagli tutti i risultati di questa operazione.

domenica 22 novembre 2020

Breve storia di una anomalia trentina

A quanto pare la Provincia Autonoma di Trento si sta attenendo strettamente alle 7 regolette semi-serie che avevo proposto in un post precedente. Con impegno e costanza degni di miglior causa, il Trentino è riuscito a emergere nel panorama nazionale come una anomalia sempre più evidente.

Partiamo dal dato aggiornato ad oggi del rapporto tra persone ricoverate e persone attualmente positive (la fonte dei dati utilizzati per la costruzione di tutti i grafici mostrati in questo post è la Protezione Civile Nazionale, a parte tre grafici che sono stati scaricati dal sito di AGENAS).

Il Trentino è rappresentato dal punto rosso. Il punto verde corrisponde alla media nazionale. I punti blu corrispondono alle altre regioni/PPAA

La figura mostrata sopra era stata originariamente costruita per verificare se ci fosse una qualche correlazione tra il tasso di ricovero e l'indice di vecchiaia delle diverse Regioni/PPAA. A partire dall'inizio di novembre il dato del Trentino (punto rosso) si è progressivamente staccato dalla "nuvola" formata dai dati delle altre Regioni/PPAA mostrando un comportamento anomalo. I dati aggiornati giornalmente del rapporto ospedalizzati/attualmente positivi li possiamo trovare nel sito AGENAS:

 

Tratto da AGENAS

Notiamo che la distanza del Trentino rispetto a tutte le altre Regioni/PPAA italiane è cresciuta rispetto alla situazione di 5 giorni fa, segno di una divergenza ormai in atto che - se non corretta per tempo - porterà in tempi relativamente brevi alla necessità di fare un inevitabile "conguaglio". Non voglio neppure pensare che tutto quello che accade sia il frutto di una ingenua strategia volta a nascondere molti contagi nel maldestro tentativo di salvare la stagione turistica invernale. Comportamenti di questo tipo non pagano perché prima o poi qualcuno all'Istituto Superiore di Sanità si deciderà a chiedere spiegazioni.

La divergenza in atto tra il dato trentino e quello nazionale è ancora più evidente se osserviamo come il valore del rapporto tra ricoverati ed attualmente positivi sia cambiato nel corso delle ultime 8 settimane:

 

Andamento temporale del rapporto tra il numero dei ricoverati nei reparti Covid (tutti i reparti, incluse le terapie intensive) ed il numero delle persone attualmente positive.

Il dato nazionale (linea blu) è leggermente calato durante l'ultimo mese, probabilmente a causa dei problemi di saturazione delle strutture ospedaliere in alcune Regioni/PPAA. Opposto andamento si osserva per il dato trentino (linea rossa). La divergenza in atto è molto evidente. Sarebbe assurdo presumere che, a partire dal mese di novembre, circoli in Trentino una mutazione del virus particolarmente aggressiva. Non c'è neppure evidenza che i contagi in Trentino siano concentrati su fasce d'età decisamente più anziane rispetto al resto d'Italia. Dobbiamo quindi cercare altre spiegazioni.

Per capire meglio, vediamo come si è generata nel tempo questa situazione confrontando l'andamento di alcuni parametri trentini rispetto alla media nazionale. Poiché la seconda ondata della pandemia ha colpito tutto il territorio italiano e la maggioranza delle Regioni/PPAA si trova attualmente in zona arancio/rossa, la media nazionale è un buon riferimento per capire come stanno andando effettivamente le cose in Trentino. 

Partiamo dal dato dei contagi settimanali. Il grafico è aggiornato ad oggi:

Nuovi contagi settimanali. La data del punto coincide con l'ultimo giorno della settimana considerata ai fini del conteggio. Il dato è normalizzato rispetto ad un campione di 100.000 abitanti

Si vede con molta chiarezza l'effetto di "troncamento" introdotto dalla arbitraria decisione di inizio novembre di far aspettare 10-15 giorni i positivi (spesso sintomatici) antigenici prima di sottoporli al tampone molecolare. Il numero di nuovi contagi del Trentino (che durante il mese di ottobre era abbastanza allineato rispetto alla media nazionale), improvvisamente a novembre ha smesso di crescere. Durante le prime tre settimane di novembre il numero dei nuovi contagi in Trentino è stato artificialmente stabilizzato spostando progressivamente la diagnostica dei nuovi casi di Covid-19 dai tamponi molecolari ai tamponi rapidi antigenici e lasciando fuori dalle statistiche ufficiali molte migliaia di contagiati. Notate inoltre che essendo il numero dei casi "ufficiali" più o meno costante non sorprendentemente l'indice di riproduzione del contagio R del Trentino è rapidamente sceso ad 1.

Vediamo cosa è successo per le persone attualmente positive. Sappiamo che attualmente la prevalenza della Covid-19 in Trentino si attesta intorno all'1,85%, corrispondente a circa 10.000 attualmente positivi (o se preferite circa 1.850 attualmente positivi per ogni 100.000 abitanti. Vediamo cosa dicono i dati ufficiali comunicati dalla Provincia a Roma (linea rossa):

Andamento temporale del numero di attualmente positivi. Il dato è normalizzato rispetto ad un campione di 100.000 abitanti

Qui l'anomalia trentina è clamorosa. Addirittura osserviamo una tendenza a decrescere, mentre il dato nazionale non ha ancora raggiunto il picco. Peccato che il valore vero del Trentino  (1.850) sia decisamente più alto della media nazionale.

Vediamo allora la tendenza dei ricoveri. Il numero dei ricoveri è un buon indicatore di quante siano effettivamente le persone positive. Se uno si sente male corre al pronto soccorso indipendentemente dal fatto che gli sia stato somministrato il tampone molecolare o quello rapido antigenico. Vediamo come è cambiato nel tempo lo stato dei ricoveri nei reparti Covid del Trentino:

Andamento temporale del numero di ricoveri nei reparti Covid (tutti i reparti). Il dato è normalizzato rispetto ad un campione di 100.000 abitanti

Il dato del Trentino a ottobre era migliore (più basso) della media nazionale, ma poi proprio all'inizio di novembre c'è stato il superamento del dato nazionale con una divergenza che si vede progredire nel corso delle ultime due settimane. Altro che "zona gialla con pochi contagi". Abbiamo una situazione sanitaria peggiore rispetto alla media nazionale come del resto è confermato dall'alto livello di occupazione dei letti disponibili nei reparti Covid. Che la situazione sia molto preoccupante ce lo conferma l'AGENAS. 

I valori di occupazione dei posti letto nei reparti Covid del Trentino, aggiornati al 22 novembre, sono il 46% ed il 70% per le terapie intensive ed i reparti ordinari, rispettivamente. Per confronto, le medie nazionali sono 43% e 51%, nettamente inferiori rispetto al valore del Trentino specialmente per i reparti Covid ordinari. In Trentino, come nel resto d'Italia, l'aumento dei posti letto Covid (che si vedono nei grafici AGENAS come brusche riduzioni del tasso di occupazione dei posti letto) è avvenuto a scapito delle altre attività di tipo ospedaliero.



Occupazione dei reparto Covid ordinari (sotto) e di terapia intensiva (sopra). Notate che a differenza dei grafici precedenti, il colore blu riguarda il dato trentino, mentre il colore giallo indica la media nazionale. Tratto da AGENAS


Concludiamo con il dato (ahimé) dei decessi. Purtroppo, anche riguardo a questo dato, i numeri del Trentino sono peggiori rispetto alla media nazionale:

Pur con le fluttuazioni attese a causa delle limitate dimensioni della popolazione trentina il dato dei decessi registrati in Trentino durante la seconda ondata pandemica è stabilmente superiore rispetto alla media nazionale.


Questi sono i fatti "nudi e crudi". Poi se qualcuno si illude che la furbizia possa pagare e preferisce raccontare favolette, ne prendo atto, sia pure con un misto di delusione e tristezza.

 

 





sabato 21 novembre 2020

Il ruolo di asintomatici e pre-sintomatici nella diffusione del contagio

L'Agenzia federale americana CDC (Centers for Disease Control and Prevention) ha aggiornato le sue linee guida relative alla prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 ribadendo l'importanza dell'uso delle mascherine e mettendo in evidenza come oltre la metà dei nuovi contagi siano da attribuire a persone asintomatiche o pre-sintomatiche (ovvero nella fase iniziale della malattia prima che appaiano i sintomi). Un'interessante sintesi del documento emesso da CDC la potete trovare qui.

In particolare il 24% dei contagi sarebbe dovuto a persone completamente asintomatiche, il 35% avverrebbe nei giorni precedenti alla manifestazione degli eventuali sintomi ed il rimanente 41% sarebbe dovuto a persone che hanno già manifestato i sintomi (come succede spesso in ambito familiare).

Il risultato non è sorprendente perché oggi è esperienza comune allontanarsi immediatamente appena qualcuno tossisce o manifesta altri sintomi anche lontanamente ascrivibili alla Covid-19. Chi non manifesta sintomi è potenzialmente più pericoloso. Il massimo della contagiosità si verifica mediamente 5 giorni dopo il contagio. Nel caso delle persone asintomatiche o pre-sintomatiche un fattore importante è anche quello del tempo di contatto e del mancato utilizzo di protezioni come le mascherine. Tendiamo fatalmente a credere che una persona che non manifesta sintomi non sia contagiosa (specialmente se si tratta di un parente o di una persona amica) e talvolta ci comportiamo imprudentemente. Queste disattenzioni aprono una autostrada davanti al virus.