L'Istituto Superiore di Sanità ha rilasciato il consueto bollettino settimanale nel quale vengono riportati alcuni dati sull'andamento della pandemia in Italia. Aldilà dei limiti di impostazione e dei ritardi che caratterizzano il bollettino ISS, i dati di questa settimana sono più interessanti del solito perché si riferiscono ad una situazione in cui si incomincia a vedere una forte presenza della variante Omicron.
Il bollettino non fornisce informazioni di dettaglio sulla mappatura genica dei casi che sono stati individuati (neppure su quelli più gravi), ma questa è una mancanza dell'Istituto Superiore di Sanità piuttosto che degli estensori del bollettino. Purtroppo i dati genici proprio non ci sono perché nessuno si è preoccupato di fare le analisi. Sarebbero stati utilissimi per capire l'effettiva pericolosità della variante Omicron.
Prima di vedere i dati dei contagi, vi presento un grafico relativo al cambiamento della struttura vaccinale della popolazione italiana avvenuto durante lo scorso mese di dicembre. I dati si riferiscono ai cittadini con almeno 12 anni di età:
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Numero di cittadini italiani con almeno 12 anni di età che hanno fatto 2 o 3 dosi vaccinali durante lo scorso mese di dicembre
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Si nota una forte crescita di coloro che hanno ricevuto la terza dose vaccinale (booster), praticamente triplicati nel corso del mese di dicembre (linea rossa). Contemporaneamente si è osservata una forte discesa di coloro che avevano fatto una vaccinazione completa (2 dosi o un vaccino "monodose") da meno di 4 mesi (linea verde): con lo scorrere del tempo, coloro che avevano completato la vaccinazione durante lo scorso mese di agosto hanno progressivamente superato la soglia dei 120 giorni dalla somministrazione dell'ultima dose vaccinale e non sono stati sostituiti da un numero sufficientemente ampio di nuovi vaccinati.
Il numero di coloro che avevano fatto una vaccinazione completa da più di 4 mesi (linea nera) è rimasto pressoché costante per gran parte del mese di dicembre, ma ha mostrato una lieve discesa a fine mese.
Complessivamente, si può dire che il numero di coloro che avevano un vaccino più recente (2 dosi da meno di 120 giorni o 3 dosi) è cresciuto, passando da circa 20 milioni di persone a inizio dicembre fino a 23 milioni a fine anno.
Vediamo adesso l'effetto delle vaccinazioni su tutti contagi (qualsiasi tipo di contagio, anche asintomatico) e sui contagi più gravi (quelli che comportano un ricovero ospedaliero o addirittura un decesso). I dati sono normalizzati rispetto ad un campione di 100 mila abitanti (si considerano solo i cittadini con almeno 12 anni di età).
Inizialmente vi presento i dati medi, non disaggregati in base all'età. Poiché i non vaccinati sono mediamente più giovani rispetto ai vaccinati (soprattutto rispetto a chi ricevuto la terza dose) questi dati ci danno solo un'idea parziale dell'effettiva protezione fornita dal vaccino. Al termine di questo post, analizzeremo questo punto con alcuni esempi specifici.
Un altro punto importante, che viene dimenticato nella raccolta dei dati ISS, è quello relativo alla presenza di eventuali infezioni precedenti. Considerata l'ampia circolazione virale che caratterizza questo particolare momento della pandemia, sappiamo che una parte non trascurabile di coloro che si contagiano sono al loro secondo (e in certi casi terzo) contagio.
La questione è particolarmente rilevante per i non vaccinati. Nelle analisi ISS tutti i non vaccinati sono considerati come "sensibili" al virus (si suppone che non possiedano alcun tipo di anticorpo per il SARS-CoV-2), ma molti di loro potrebbero avere acquisito un certo grado di protezione (soprattutto verso i contagi più gravi) grazie ad un precedente contagio. Infatti quando si contagiano, una volta guariti, ottengono il super green-pass esattamente come i vaccinati.
Se l'ISS facesse le sue analisi con maggiore attenzione, dovrebbe tenere conto - almeno per i casi più gravi - anche di eventuali infezioni pregresse (l'informazione è certamente presente nelle cartelle cliniche dei ricoverati per Covid-19 e nei data-base del Ministero della Salute).
Il metodo attualmente utilizzato dall'ISS tende a "smorzare" le differenze tra non vaccinati e vaccinati. Paradossalmente, dopo che tutti i non vaccinati avessero contratto il virus, si potrebbe arrivare alla conclusione che, vaccino o non vaccino, il rischio di contrarre contagi gravi sia più o meno lo stesso.
Passiamo ora ai dati. I periodi di riferimento per il computo dei contagi sono diversi a seconda del loro esito. La prima figura si riferisce a qualsiasi forma di contagio, da quelli asintomatici fino a quelli con gli esiti più gravi. I dati coprono un periodo di 30 giorni terminato lo scorso 16 gennaio. Almeno da un punto di vista qualitativo, possiamo dire che molti di questi contagi dovrebbero essere stati indotti dalla variante Omicron:
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Incidenza dei contagi nel periodo 17 dicembre - 16 gennaio in funzione dello stato vaccinale dei contagiati. Mediamente la probabilità di contagio per un non vaccinato (barra nera) è stata 2,4 volte quella di chi ha ricevuto la terza dose (barre verdi). Come vedremo più avanti, la differenza varia notevolmente in base all'età dei contagiati
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I dati relativi ai ricoveri nei reparti Covid ordinari e di terapia intensiva sono riferiti ad un periodo di tempo antecedente rispetto a quello considerato per il grafico dei contagi. Il ritardo è giustificato perché, dopo il primo tampone positivo. bisogna attendere alcuni giorni prima che si manifestino le complicanze più gravi che possono portare ad un eventuale ricovero ospedaliero.
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Incidenza dei ricoveri ordinari (figura superiore) ed in terapia intensiva (figura inferiore) nel periodo 3 dicembre - 2 gennaio. Il rapporto tra non vaccinati e vaccinati è pari a 12 per i ricoveri ordinari e 39 per i ricoveri in terapia intensiva
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Vediamo il dato dei decessi, che è riferito a contagi avvenuti in un periodo ancora più distante. In pratica, l'ISS raccoglie i dati dei decessi avvenuti entro 3 settimane dal primo tampone positivo. Certamente questa scelta "taglia" alcuni eventi che possono avvenire in un tempo successivo (probabilmente un 10-20% dei decessi complessivi). Si tratta di una scelta necessaria, se si vogliono fornire dati - sia pure incompleti - entro tempi ragionevoli.
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Incidenza dei decessi Covid in funzione dello stato vaccinale. Il rapporto tra non vaccinati e vaccinati con terza dose è pari a 33. Le diagnosi di questi casi risalgono al periodo che andava dal 26 novembre fino al 26 dicembre 2021 e sono state influenzate solo marginalmente dall'arrivo della variante Omicron
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Fino a qui abbiamo visto i dati aggregati, senza considerare l'età dei contagiati. Come ricordato prima, l'età media dei non vaccinati è largamente inferiore rispetto a quella dei vaccinati. Un aumento dell'età comporta una crescente probabilità che le persone soffrano di altre patologie ed è comunque un fattore aggravante rispetto alla possibilità di sviluppare gravi complicanze. Qui di seguito vediamo alcuni esempi che ci mostrano come cambiano in base all'età dei pazienti alcuni dei dati di incidenza che abbiamo mostrato sopra:
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Incidenza dei contagi, in funzione dello stato vaccinale, per due
diverse classi d'età: 12-39 anni (barre blu) e almeno 80 anni (barre
rosse) |
Notiamo che c'è una significativa dipendenza dell'incidenza dei contagi in funzione dell'età dei contagiati. Non sorprendentemente, le persone più giovani - che hanno maggiori relazioni sociali - mostrano un livello di contagi decisamente superiore rispetto a quello delle persone anziane (che oltre ad avere meno contatti con gli altri, forse rispettano con più attenzione le regole per ridurre il rischio di contagio). Il rapporto dell'incidenza dei contagi tra non vaccinati e vaccinati con terza dove va da 1,9 per i più giovani fino a 4,6 per gli anziani (il valore medio - calcolato per tutte le età - è pari a 2,4).
Un andamento un po' diverso si vede per le ospedalizzazioni dove il fattore età è assolutamente determinante, aldilà dello stato vaccinale:
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Incidenza dei ricoveri, in funzione dello stato vaccinale, per due
diverse
classi d'età: 12-39 anni (barre blu) e almeno 80 anni (barre rosse).
Anche se il grafico è molto compresso, si nota che per i giovani di età
compresa tra 12 e 39 anni (barre blu) c'è una incidenza di ricoverati
con terza dose superiore rispetto a quella dei vaccinati con 2 dosi
(indipendentemente dal tempo passato rispetto all'ultima vaccinazione).
Questo si spiega tenendo conto del fatto che la terza dose è stata
somministrata solo ad una piccola parte dei più giovani, dando la
priorità a coloro che soffrivano di altre patologie |
Nel grafico non disaggregato in base all'età (mostrato sopra) si osservava una incidenza media dei ricoveri pari a circa 250 casi per ogni 100 mila abitanti non vaccinati, ma se consideriamo solo i non vaccinati con almeno 80 anni di età l'incidenza sale a ben 1.000 casi. Nel giro di 1 mese, l'1% degli anziani 80+ non vaccinati è finito in ospedale. Se andiamo a vedere l'incidenza dei ricoveri per i loro coetanei che avevano ricevuto la terza dose, il dato scende a circa 40 casi per ogni 100 mila persone, 25 volte meno rispetto ai non vaccinati.
Quando penso a quei fanatici no-vax che hanno plagiato i loro familiari più anziani convincendoli a non vaccinarsi, non riesco a trattenere la mia indignazione.