Una volta si diceva che "le bugie hanno le gambe corte", ma evidentemente il detto non si applica alle fake news. La storia dell'idrossiclorochina è emblematica: proposta come farmaco "risolutivo" contro la Covid-19 divenne molto popolare durante la prima fase della pandemia, anche grazie al sostegno mediatico offerto da alcuni noti esponenti politici. Si è presto capito che - purtroppo - l'idrossiclorochina non serve a nulla, ma - almeno negli Stati Uniti - la fiducia in questo farmaco non sembra aver risentito dei risultati delle indagini scientifiche.
Nel corso del 2020, negli Stati Uniti sono state fatte circa 890 mila prescrizioni di idrossiclorochina, circa 9 volte la media degli anni precedenti. Nel corso del 2021 siamo già arrivati a 560 mila prescrizioni.
L'American Journal of Medicine pubblica un allarmato editoriale rivolto ai medici americani in cui li invita a non prescrivere più l'idrossiclorochina come farmaco per la prevenzione o la cura della Covid-19. L'editoriale analizza i risultati degli studi svolti in doppio cieco osservando che tutti arrivano alla medesima conclusione: il farmaco non ha alcun effetto positivo nè per prevenire, nè per curare la Covid-19, sia nelle forme medie che in quelle più gravi.
Ricordo che l'idrossiclorochina è approvata per il trattamento di alcune patologie autoimmuni (lupus e artrite reumatoide), soprattutto in donne giovani o, al massimo, di media età. Il suo profilo di sicurezza è adeguato per questo tipo di pazienti, ma quando il farmaco viene somministrato a persone anziane, soprattutto se già affette da patologie cardiache, gli effetti avversi possono essere particolarmente significativi e possono generare gravi complicanze a livello cardiovascolare.
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