In questi giorni si discute molto della possibile attivazione di un “passaporto vaccinale” (meglio noto come “Green Pass”) che consentirebbe alle persone vaccinate di superare le residue limitazioni che ancora ci sono nel territorio italiano. L’idea non è nuova ed è già stata applicata in Israele. Anche a livello europeo si sta lavorando (con calma) per arrivare ad un modello unico che potrebbe essere utilizzato per riattivare la mobilità tra i diversi Paesi.
Le diverse proposte sono state oggetto di ampie discussioni che hanno coperto diversi aspetti. In particolare hanno riguardato a) il rispetto della privacy, b) l’eventuale violazione dei diritti fondamentali di coloro che non volessero (o semplicemente non potessero) essere vaccinati e c) la sicurezza dei dati ed i metodi da utilizzare per evitare possibili contraffazioni.
In attesa di arrivare ad un modello europeo condiviso, in Italia si sta discutendo dell’attivazione immediata di una sorta di certificato “light” da rilasciare a chiunque abbia fatto almeno una dose vaccinale. Per costoro verrebbero a cadere tutte le restrizioni, anche per i residenti in Regioni/PPAA che non siano ancora diventate “zona bianca”.
Personalmente non sono sicuro che sia una buona idea rilasciare il Green Pass anche a coloro che hanno ricevuto solo una dose vaccinale. In particolare, vedo due ordini di problemi: a) una volta ottenuto il certificato molti sarebbero disincentivati a fare la dose di richiamo, con il rischio di avere una copertura meno efficace e meno duratura nel tempo e b) come dimostra il caso inglese, non è affatto detto che una sola dose fornisca una adeguata copertura quando circolano particolari ceppi virali.
L’Italia - fedele al motto “Io speriamo che me la cavo” - fa pochissime analisi genetiche dei ceppi virali in circolazione e rischia di lasciare un'autostrada aperta davanti alle nuove varianti virali più pericolose.
Nel frattempo cresce il tam-tam di coloro che premono per avere al più presto il certificato “light”. Sento ripetere da molti la fake news che “35 giorni dopo la prima dose vaccinale non si correrebbe più alcun rischio”.
Con i 20 milioni di vaccini in arrivo entro la fine di giugno potremo somministrare una dose vaccinale a gran parte degli italiani che non lo hanno ancora ricevuto e così – magicamente – non dovremo più preoccuparci del livello di colore assegnato alle Regioni/PPAA. Semplice, non vi pare?
A me francamente sembra che questa sia una scorciatoia un po’ furbetta, non priva di rischi.
Covid: in Alto Adige al ristorante anche senza Corona-Pass
RispondiElimina18 maggio 2021 – ladige.it
L'Alto Adige, dal giorno 1 giugno, in linea con le indicazioni di Roma, consentirà l'accesso ai locali interni dei ristoranti ANCHE SENZA Corona-Pass. In provincia di Bolzano attualmente i testati, vaccinati e guariti, tramite un'apposita app, possono già consumare il pasto al chiuso.
"Si tratta - ha detto il governatore Kompatscher - di uno strumento valido, che infatti viene preparato anche a livello nazionale ed europeo". Il Corona-Pass altoatesino, per il momento, resterà comunque in vigore per matrimoni, feste ed eventi con somministrazione di cibo.
Kompatscher, infine, ha accolto favorevolmente l'ipotesi di consentire l'accesso al Green-Pass già con un'unica dose somministrata. "Questo - ha detto - ci aiuterà A CONVINCERE LA GENTE per il vaccino AstraZeneca, ma sarà anche un vantaggio per un territorio come il nostro con un elevato numero di persone che hanno già ricevuto UNA DOSE. Sarà anche interessante per i turisti stranieri".
(NdC) La logica inversa: da “Vi vacciniamo, così potrete girare tranquilli in sicurezza” a “Vi promettiamo il Green Pass, così usiamo AstraZeneca che non vuole quasi nessuno”.
L’incredibile pasticcio del fascicolo sanitario elettronico
RispondiEliminaCHE SPARISCE (con tutti i dati) se si cambia regione
È a quel punto che ha scoperto l’incredibile verità: non essendo più residente in F.V.G., non ha più la possibilità di accedere al suo file.
E nessuno può farlo. Cioè i dati ci sono, sono caricati, ma sono irraggiungibili. E, soprattutto, sono intrasmissibili alla banca dati di un’altra regione.
«Ho chiamato la Regione (titolare del sistema telematico, ndr) ma mi ha detto di chiamare la Asl», racconta Paola, «la Asl mi ha detto di chiamare l’Urp, l’Urp di contattare la Regione…».
Morale: «Non posso avere documenti che sono miei!».
https://it.businessinsider.com/kafka-un-dilettante-lincredibile-pasticcio-del-fascicolo-sanitario-elettronico-che-sparisce-con-tutti-i-dati-se-si-cambia-regione/