La vitamina D gioca un ruolo fondamentale per la salute delle ossa e per lo sviluppo dei muscoli. Oltre a questo effetto ben noto, molti studi suggeriscono che la vitamina D possa giocare un ruolo positivo per potenziare le difese immunitarie, aumentando la protezione intrinseca verso virus e batteri.
La pandemia di Covid-19 ha stimolato lo sviluppo di nuovi studi ed una recente indagine fatta in Israele ha fornito alcune indicazioni precise su un possibile ruolo protettivo della vitamina D anche nei confronti delle infezioni da SARS-CoV-2.
Un nuovo studio apparso recentemente in letteratura scompiglia le carte in tavola, sostenendo che la protezione immunitaria indotta dalla vitamina D dipenda dal tipo di vitamina D che viene somministrato.
In realtà il termine vitamina D individua una classe di molecole che comprende 2 componenti principali: la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo). La conclusione - per la verità non definitiva - a cui arrivano gli Autori è che solo la vitamina D3 migliori le difese immunitarie, mentre esprimono forti dubbi sul possibile effetto protettivo indotto dalla vitamina D2.
Come riconoscono gli stessi Autori, la loro analisi è stata basata su un numero limitato di casi e gli effetti da loro individuati potrebbero essere influenzati dall'andamento stagionale del livello di vitamina D presente nel sangue (direttamente legato all'insolazione) e da fattori etnici (con particolare riferimento al caso di persone dotate di pelle scura che vivono in località meno solatie rispetto ai Paesi di origine).
Prima di poter confermare i risultati di questo lavoro sarà necessario estendere l'indagine ad un campione numericamente più vasto, in modo da restringere i margini di incertezza. Se il risultato fosse confermato, risulterebbe del tutto inutile rimpinzarsi di funghi, lieviti ed alghe (alimenti che contengono la vitamina D2) sperando di migliorare la risposta del proprio sistema immunitario.
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