Uno dei problemi principali incontrati nello studio della Covid-19 è legato all'impossibilità di conoscere esattamente il momento e le condizioni del contagio che ha provocato l'insorgenza della malattia. Fino ad oggi, non erano noti studi condotti su persone sane che si fossero fatte infettare volontariamente in laboratorio. Per motivi etici, era sempre stata esclusa la possibilità di condurre esperimenti di questo tipo (e se qualcuno lo ha fatto, si è ben guardato dall’ammetterlo pubblicamente).
Lo scorso 1 febbraio un gruppo di ricerca dell'Imperial College (Londra) ha reso noto il contenuto di un lavoro (ancora sotto forma di preprint da sottomettere al giudizio dei referee) nel quale vengono presentati i risultati di uno studio che ha coinvolto 36 volontari sani, di età compresa tra i 18 ed i 29 anni ed in buone condizioni di salute, che sono stati sottoposti al contagio in condizioni controllate. Nessuno dei volontari era stato vaccinato o si era precedentemente ammalato di Covid-19. L'autorizzazione per lo sviluppo di questo esperimento è arrivata dopo la valutazione fatta da un Comitato etico indipendente che ne ha attentamente soppesato rischi e benefici.
Il 53% dei volontari esposti al virus ha contratto la Covid-19. Il ceppo virale usato nell'esperimento è quello originale di Wuhan. L'inoculazione è avvenuta per via intra-nasale, con quantità di virus equivalenti a quelle che possono essere tipicamente contenute in una particella di aerosol che viene liberata nell'aria da una persona positiva. L'89% delle persone risultate positive ha mostrato sintomi (lievi o moderati) tra 2 e 4 giorni dopo il momento del contagio. Il massimo della carica virale è stato raggiunto entro 5 giorni dal contagio.
Il virus è stato identificato inizialmente nella gola dei contagiati, ma - al momento del picco - la massima presenza del virus è stata segnalata nel naso. Non è stata trovata alcuna correlazione quantitativa tra la carica virale e l'intensità dei sintomi. Alcuni volontari asintomatici possedevano una elevata carica virale, ma il numero dei casi considerati era troppo piccolo per poter ricavare risultati statisticamente significativi.
A causa del numero limitato di volontari che sono stati coinvolti nell'esperimento, lo studio ha una valenza ridotta, ma è comunque importante perché è il primo condotto in condizioni controllate (in precedenza, studi analoghi erano stati sviluppati analizzando i contagi che avvenivano in ambienti ristretti come, ad esempio, i nuclei familiari, ma si trattava comunque di analisi che mancavano di informazioni essenziali legate al momento esatto ed alla carica virale con cui era avvenuto il contagio). I risultati di questa indagine possono contribuire a chiarire alcuni aspetti delle fase iniziale della proliferazione del virus che porta allo sviluppo della Covid-19.
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