Dopo settimane di rumors mai smentiti, è diventata ufficiale la notizia delle dimissioni anticipate del Direttore generale di APSS Trento che lascia il Trentino per trasferirsi a Bologna. La notizia ha generato un qualche sconcerto e, sul fronte politico, ha prodotto sia vivaci prese di posizione che clamorosi silenzi. Personalmente non conosco il Dr. Bordon a sufficienza per esprimere un parere sul suo operato. In generale, sono comunque piuttosto diffidente quando vedo che la valutazione di un manager pubblico diventa oggetto di disputa politica.
A mio avviso, più che di discutere di questo o quel manager, in Trentino ci sarebbe bisogno di una seria ed approfondita discussione sul futuro della Sanità pubblica che di problemi ne aveva già tanti, anche prima della crisi generata dall’inaspettata epidemia di Covid-19. Provo ad elencarne alcuni, senza alcuna pretesa di completezza.
A mio avviso, più che di discutere di questo o quel manager, in Trentino ci sarebbe bisogno di una seria ed approfondita discussione sul futuro della Sanità pubblica che di problemi ne aveva già tanti, anche prima della crisi generata dall’inaspettata epidemia di Covid-19. Provo ad elencarne alcuni, senza alcuna pretesa di completezza.
- Da ormai 9 anni il Trentino si è incartato nel progetto del NOT (Nuovo Ospedale di Trento). Già potremmo notare che chi, a suo tempo, inventò l’acronimo NOT non era scaramantico (o non conosceva l’inglese). Per esperienza, conosco bene le difficoltà che si devono affrontare per costruire grandi strutture pubbliche: sembra che ormai alcune aziende di costruzioni abbiano, al loro interno, più avvocati che ingegneri. Le trappole dei ricorsi legali sono sempre pronte a scattare, ma nove anni per rimanere sostanzialmente al punto di partenza mi sembrano veramente troppi. Non voglio trovare colpevoli a tutti i costi, ma forse qualche errore c’è stato. Possibile che nessuno sia mai stato chiamato a risponderne?
- Sperando che prima o poi il progetto NOT parta, resta irrisolto il problema del modello generale da adottare per la Sanità trentina. Il NOT sarà certamente un punto di forte aggregazione, ma rimane del tutto incerto il modo con cui pensiamo di gestire il rapporto tra Trento ed il resto del Trentino. Qualche forza politica ha giocato pesantemente su questo punto, quasi come se ci fosse un conflitto di interessi tra capoluogo e valli. Se si vogliono prendere voti, è facile promettere tutto a tutti, ma poi bisognerà calarsi nella realtà e fare i conti con le risorse finanziarie e umane che non sono infinite. Fare chiarezza su questo punto è essenziale per capire quale sarà il futuro del Trentino dal punto di vista sanitario.
- L’epidemia di Covid-19 ha colpito duramente il Trentino. In questo blog ho dimostrato, numeri alla mano, come la reazione all’epidemia del Trentino sia stata di gran lunga la peggiore di tutto il Nord-Est. Tutti gli indicatori (prevalenza, densità di decessi, mortalità nelle RSA) confermano come il Trentino sia stato colpito più duramente degli altri territori del Nord-Est con alcune Valli a forte vocazione turistica che hanno registrato una densità di decessi superiore alla media lombarda. Senza contare le magre figure che il Trentino ha rimediato nella divulgazione dei dati relativi all’epidemia. Senza l’abnegazione e la capacità di medici, infermieri e di tutto il personale sanitario i danni da Covid-19 sarebbero stati ancora maggiori. Abbiamo elogiato queste persone chiamandoli eroi, negli stessi giorni in cui qualcuno definiva “irragionevole” verificare il loro stato di salute con i tamponi. Alla fine abbiamo anche scoperto che la tariffa dell’eroismo è di 5 euro (lordi) all’ora. Dovremmo imparare qualcosa da quello che è successo, magari cominciando a ridisegnare la presenza territoriale della Sanità pubblica in modo da assistere il più possibile le persone nei loro luoghi di residenza. Questo non vale solo per il Covid-19 che speriamo stia passando definitivamente. Nei prossimi anni il progressivo invecchiamento della popolazione renderà questi problemi prioritari. Non affrontarli da subito provocherebbe grossi danni.
- Un discorso a parte riguarda quanto è successo nelle RSA. Sappiamo che il vecchio concetto di “casa di riposo” è superato e che le RSA ormai ospitano quasi integralmente grandi anziani con gravi problemi di salute. Il fatto che statisticamente passino mediamente tre anni tra il ricovero dei nuovi ospiti delle RSA ed il loro decesso (dato pre-Covid-19) la dice lunga su come stanno le cose. Non possiamo tuttavia pensare alle RSA come un “deposito di vite marginali”. Ognuno ha diritto a vivere tutti gli anni della sua esistenza con dignità e nel modo migliore possibile e siccome l’unica alternativa alla vecchiaia è costituita dal morir giovani, il problema riguarda tutti, anche coloro che oggi non sono ancora vecchi. In circa metà delle RSA trentine non siamo riusciti a prevenire l’ingresso dell’epidemia di Covid-19, né tanto meno a mitigarne la diffusione. Il periodo a cavallo di marzo-aprile 2020 è stato terribile e tante (troppe) persone ci hanno lasciato prematuramente. Il dato della mortalità delle RSA trentine è tra i più alti d’Italia. Ci sono inchieste della Magistratura in corso, ma come cittadino mi aspetterei che si facesse chiarezza senza scomodare i NAS. Chi ha seguito questo blog ricorderà le mie reiterate richieste di accedere ai dati delle RSA, a cui c’è stata solo una parziale risposta. Fin qui non si è voluto fare chiarezza fino in fondo su quanto è accaduto nelle RSA, ma almeno dovremmo imparare la lezione e ripensare completamente al loro modello organizzativo. In particolare, bisognerà dotare le RSA di un supporto sanitario adeguato rispetto alle reali necessità.
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