In questi giorni di fine epidemia è stato giustamente sollevato il problema della ricerca dei positivi asintomatici che ancora ci sono in Trentino. Tuttavia secondo quanto apprendiamo dalla stampa la campagna di tamponi avviata nei comuni trentini a più alta prevalenza si sarebbe rivelata un flop. Solo una minima parte dei cittadini ha accettato di sottoporsi al tampone, mentre la grande maggioranza ha lasciato cadere l'invito. Quali sono le motivazioni alla base di questo comportamento? Probabilmente più di una. Qui di seguito, ho cercato di elencarne alcune senza pretesa di completezza.
- Il primo elemento da considerare è quello che chiamerei l'effetto "liberi tutti". Dopo due mesi di severo lockdown vorremmo tutti gettarci alle spalle questa dura esperienza. A questo si aggiungono interventi pubblici di esperti che, partendo da dati veri (progressivo svuotamento dei reparti Covid-19 ospedalieri) arrivano a conclusioni al momento non dimostrate (sostanziale sparizione della pericolosità del virus) e lo fanno in modo apodittico nei salotti televisivi invece che nei convegni scientifici. Se il virus non fa più paura, perché preoccuparci e sottoporci a tampone?
- Un secondo elemento da considerare è legato a ciò che succede ai nuovi positivi, anche se completamente asintomatici: almeno due settimane di isolamento. Soluzione drastica, ma necessaria per bloccare la circolazione del virus. L'isolamento oltre che essere fastidioso per chi lo sostiene, può comportare anche seri danni economici. Pensate ad esempio, a chi ha una attività commerciale o alberghiera. Essere trovato positivo significa bloccare nuovamente tutto rendendo ancora più difficile la già - di per sé critica - ripresa delle attività. Col rischio di mandare tutto all'aria e di dover chiudere per sempre. Molte persone messe di fronte alla scelta tra il potenziale beneficio pubblico (riduzione della circolazione del virus) ed il sicuro danno economico personale preferiscono non rischiare e non fanno il tampone. Comportamento non encomiabile dal punto di vista civico, ma prima di giudicare dovremmo metterci nei panni di chi ha già scontato duramente i danni economici dell'epidemia e rischierebbe il fallimento. Forse potrebbe essere di un qualche aiuto la possibilità di fornire una sorta di copertura assicurativa per i danni economici subiti a seguito di una eventuale quarantena, ma francamente non mi è chiaro se una operazione del genere sia fattibile.
- A queste considerazioni aggiungerei l'andamento ondivago tenuto dalla Provincia e da APSS Trento rispetto ai tamponi. Durante il mese di marzo (quando sarebbero serviti per contenere l'esplosione dell'epidemia) non si facevano abbastanza tamponi. Tre mesi fa sentivamo i vertici di APSS definire "illogica" la somministrazione dei tamponi al personale sanitario. Oggi si fanno molti tamponi, ma ancora recentemente ho sentito dire che sottoporre periodicamente a tampone il personale delle RSA darebbe "un falso senso di immunità spingendo a comportamenti a rischio". Finalmente (e tardivamente) scopriamo che ci sono in giro ancora molti asintomatici e si lanciano campagne per tracciarli. Insomma, trovo difficile individuare una linea strategica chiara nella somministrazione dei tamponi. Mi sembra che siamo sempre in affanno rispetto alla evoluzione della situazione reale, con una tendenza costante a fare le cose in ritardo rispetto a quando si sarebbero dovute fare. Anche questa sorta di "operazione Vò Euganeo" con tre mesi di ritardo sembra rientrare in tale logica.
Tutto ciò premesso il problema della circolazione del virus tramite positivi asintomatici o pauci-sintomatici rimane. Difficilmente risolveremo il problema effettuando una sorta di "pesca a strascico". Questo lo fanno alla Casa Bianca dove, secondo notizie di stampa, il Presidente ed il suo staff sarebbero sottoposti a tampone ogni due giorni. Non ho verificato la notizia e non garantisco sulla sua autenticità. Capite comunque che un metodo simile non si può applicare all'intera popolazione del Trentino. Sarebbe tra l'altro uno spreco di risorse che sarebbero fatalmente sottratte ad altri settori della Sanità pubblica. A mio avviso sarebbe comunque importante sottoporre a controlli periodici le persone che svolgono attività a rischio, specialmente quelle a contatto con le persone più fragili oppure i pazienti che hanno accesso a taluni ambulatori o reparti ospedalieri. In questa fase residuale dell'epidemia, questi tamponi, oltre a individuare gli eventuali positivi asintomatici, potrebbe segnalare con un certo anticipo un eventuale aumento della circolazione del virus che dovesse verificarsi nei prossimi mesi.
Se con il ritorno della stagione fredda non ci sarà un ritorno dell'epidemia il problema si risolverà da solo. Se invece ci dovesse essere un qualche ritorno dell'epidemia, ridurre al minimo possibile la circolazione del virus durante la stagione estiva sarebbe comunque di grande aiuto perché ci darebbe preziosi margini di tempo per mantenere la situazione sotto controllo.
Per ottenere questo risultato temo che il richiamo al senso civico dei cittadini non basti. Ci vogliono strategie e azioni coordinate. Insomma ci vorrebbe un piano d'azione razionale, sostenibile e dettagliato e non semplici slogan da sbandierare nelle dirette FB.
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