mercoledì 3 giugno 2020

I mille dubbi dei test sierologici

L'Adige di oggi riporta alcune anticipazioni sui test sierologici effettuati su una campione statisticamente significativo della popolazione trentina. Complessivamente il test dovrebbe riguardare 4.348 persone residenti in 48 comuni trentini e fa parte di un progetto nazionale coordinato dall'ISTAT volto a valutare la prevalenza dell'epidemia di Coronavirus (percentuale di persone contagiate) su tutto il territorio nazionale. Secondo le anticipazioni riportate dal quotidiano L'Adige la percenntuale dei positivi trovati tra le prime 400 persone analizzate oscillerebbe tra l'uno ed il due per cento. Poco per chi si illudeva che la frazione di persone venute a contatto con il virus fosse molto più alta. Quindi parliamo di una popolazione trentina in larghissima parte ancora sensibile, ovvero soggetta al contagio se dovesse venire in contatto con una persona virologicamente positiva.

Le informazioni fin qui disponibili riguardano solo 400 casi, meno del 10% del numero complessivo dei casi da analizzare in Trentino. Si tratta quindi di un numero limitato ed il risultato potrebbe essere soggetto a forti fluttuazioni statistiche. Prima di trarre conclusioni sarà bene aspettare che le indagini siano completate. Tuttavia, fin da subito, è possibile fare alcune considerazioni che ci permettono di capire meglio il significato di questi numeri.

  1. Sulla base del risultato dei tamponi, sappiamo che almeno l'uno per cento della popolazione trentina ha contratto il Covid-19. Si tratta di una media che, come abbiamo ricordato nelle nostre analisi periodiche, è estremamente disomogena su base territoriale. Ci sono grandissime differenze tra le Comunità di Valle, sia in termini di prevalenza che di letalità e, all'interno di alcuni comuni, esistono importanti focolai di contagio localizzati in RSA
  2. I risultati di una indagine sierologica condotta dalla Provincia in cinque piccoli comuni trentini dove il contagio è stato più diffuso (le nostre "zone rosse", circa 6.000 persone complessivamente) ha mostrato una prevalenza effettiva dell'ordine del 20%, circa 5 volte superiore a quella rilevata con i tamponi. Il dato non è ancora ufficiale, ma è stato anticipato dai quotidiani locali.
  3. La grande differenza dell'impatto dell'epidemia tra Trentino ed il resto del Nord-Est è dovuta, in gran parte, ai problemi riscontrati in circa la metà delle RSA trentine. C'è stato un elevato livello di diffusione del contagio tra gli ospiti ed il personale di queste RSA. La Provincia è sempre stata molto parca di informazioni su quanto accaduto nelle RSA. Nell'aggiornamento di fine maggio ho mostrato un grafico della prevalenza in Trentino (misurata coi tamponi)  al netto dei casi delle RSA, ma come ho già ricordato la Provincia si è guardata bene dallo specificare i valori assoluti della prevalenza, limitandosi a mostrare una scala basata sui colori, calibrata secondo unità di misura sconosciute.
  4. L'indagine di cui parla oggi l'Adige riguarderà - a regime - poco meno di 5.000 persone in tutto il Trentino, Non sappiamo quante siano le persone del campione che siano  ospiti o dipendenti delle RSA trentine colpite dall'epidemia. La scelta del campione fatta dall'ISTAT dovrebbe  essere statisticamente significativa dell'intera popolazione trentina, ma non è facile raggiungere un adeguato livello di significatività quando la popolazione è molto disomogenea: molti casi in alcune RSA, relativamente pochi al di fuori, molti casi tra la popolazione delle valli soggette al cosiddetto "effetto settimana bianca", relativamente pochi nelle valli meno turistiche. 
  5. Se consideriamo, ad esempio, i comuni di Trento e Rovereto, la prevalenza misurata con i tamponi (RSA incluse) è di poco superiore allo 0,5%. Non sappiamo quale sia l'impatto delle RSA, ma escludendole, potremmo scendere allo 0,3 % (è solo una stima grossolana su cui non mi sbilancio). E qui scatta un altro grosso problema: quello dell'affidabilità dei test sierologici. Sappiamo che i test sierologici hanno dei limiti legati alla sensibilità e alla selettività. In altre parole possono fornire falsi negativi perché non sono abbastanza sensibili per rilevare la presenza di anticorpi in chi li ha sviluppati in modica quantità (per approfondimenti si veda la referenza riportata alla fine di questo post). D'altra parte, possono generare anche falsi positivi, quando vengono "ingannati" dalla presenza di anticorpi che non sono quelli specifici del Covid-19. In genere l'affidabilità dei test sierologici è pari ad almeno il 97% (parliamo dei test approvati da ISS). Va anche detto che i test effettuati con prelievo di sangue e successiva analisi di laboratorio sono, in genere, molto più affidabili rispetto a quelli fatti con i kit rapidi (prelievo di una sola goccia di sangue).
  6. Quando si analizzano popolazioni con una bassa prevalenza (diciamo inferiore al 5%) la presenza di falsi negativi non è un problema statisticamente rilevante, purché ovviamente i falsi negativi siano meno di qualche unità percentuale. Diverso è il discorso per quanto riguarda i falsi positivi. Se i test li fate a Bergamo oppure nei comuni trentini soggetti all'effetto "settimana bianca" i falsi positivi cambiano di poco il risultato. Ma se analizzate i cittadini di Trento o Rovereto (RSA escluse) il problema ci può essere. Supponiamo che la prevalenza reale sia 5 volte quella misurata con i tamponi e che la probabilità di falsi positivi sia l'uno per cento. Nella pratica, troveremmo un 2,5% di positivi complessivi, di cui 1,5% vero e 1% falso. Il numero totale è comunque basso e dal un punto di vista dell'indagine epidemiologica potrebbe avere comunque un certo significato, ma in termini assoluti il risultato sarebbe quasi il doppio del valore vero.
In conclusione, i test sierologici sono uno strumento per loro natura piuttosto impreciso, soprattutto quando vengono applicati a popolazioni con una bassa prevalenza. Almeno a giudicare dai primissimi dati preliminari (tutti da confermare) questo sembra essere il caso della popolazione trentina (escluse RSA e Valli con "effetto settimana bianca"). Chi si illudeva di poter utilizzare i test sierologici per assegnare alle persone una sorta di "patente di immunità" dovrà rapidamente ricredersi. Sembra anche di poter dire che le ipotesi che si facevano all'inizio dell'epidemia secondo cui i contagiati potessero essere anche 100 volte le persone risultate positive al tampone si sono rivelate infondate (anche perché nel frattempo c'è stato un notevole incremento mella somministrazione dei tamponi).


Per approdondire:
Proprio oggi, negli Stati Uniti, è apparso un lavoro - ancora sotto forma di pre-print - nel quale vengono fortemente criticati i metodi di calibrazione utilizzati per i test sierologici attualmente in uso. Secondo gli Autori, la calibrazione è stata fatta utilizzando il sangue di malati che hanno richiesto un ricovero ospedaliero e hanno sviluppato le forme di infezione più gravi. Per questo motivo viene messa in discussione la possibilità che i test sierologici traccino effettivamente tutti coloro che hanno sviluppato forme asintomatiche o pauci-sintomatiche. Una copia del lavoro la potete vedere qui. Se la tesi sostenuta in questo lavoro fosse effettivamente verificata, tutto il discorso relativo all'attendibilità dei test sierologici ed, in particolare, al valore atteso di falsi negativi sarebbe messo in discussione.

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