giovedì 28 ottobre 2021

Segnalazione: due interessanti articoli apparsi su NEJM

L'edizione del 27 ottobre della prestigiosa rivista The New England Journal of Medicine contiene numerosi articoli dedicati alla pandemia. Ve ne segnalo 2 particolarmente interessanti. 

Un articolo scritto di Y. Goldberg et al. discute i dati israeliani relativi alla riduzione dell'efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech in funzione del tempo trascorso dopo la somministrazione della seconda dose. Benché il Ministero della salute israeliano aggiorni quotidianamente una dettagliatissima pagina web dedicata ai numeri della pandemia, questa è la prima volta che i dati relativi al calo di efficacia dei vaccini vengono presentati e discussi su una rivista scientifica. I dati fanno riferimento ad un campione di circa 5 milioni di cittadini israeliani e tengono conto sia della suddivisione per fasce d'età, che del momento della somministrazione del vaccino.

La figura seguente mostra l'incidenza - nel periodo 11 - 31 luglio - dei contagi riscontrati tra persone completamente vaccinate. Sono stati considerati tutti i contagi sintomatici oppure solo quelli che hanno portato ad un ricovero ospedaliero in condizioni classificate come "gravi". 

Questi sono i dati che hanno indotto Israele ad attivare - a partire dallo scorso mese di agosto - una massiccia campagna di somministrazione della terza dose vaccinale:

In alto: incidenza dei contagi in base all'età ed al momento della vaccinazione (variabile tra circa 2 e 6 mesi rispetto al momento della rilevazione dei contagi). Le barre bianche si riferiscono a coloro  che hanno ricevuto il vaccino prima che si rendesse disponibile per tutti i loro coetanei (personale sanitario o pazienti fragili). In basso: lo stesso dato riferito solo all'incidenza dei contagi che hanno provocato ricoveri ospedalieri in condizioni classificate come "gravi" (in pratica, ricoveri in terapia intensiva oppure nei reparti ad alta intensità)

Anche se il campione statistico era piuttosto ampio, le barre di errore non sono affatto trascurabili, soprattutto per i casi gravi che, ovviamente, sono meno frequenti. Si osserva comunque una tendenza molto chiara, con una incidenza dei contagi che è più alta per coloro che erano stati vaccinati prima.

Non sorprendentemente, l'incidenza, sia per tutti i contagi che per i contagi "gravi", è stata molto più alta per i non vaccinati.

Il secondo articolo, scritto da A. Gupta et al., illustra i risultati di fase 3 di un articorpo monoclonale (Sotrovimab) che è stato provato per il trattamento preventivo di pazienti trovati positivi al SARS-CoV-2 che presentavano particolari fattori di rischio (età superiore ai 55 anni e presenza di altre patologie). La sperimentazione ha mostrato una forte riduzione delle ospedalizzazioni per chi aveva ricevuto il farmaco (il confronto è stato fatto rispetto a chi aveva ricevuto il placebo). 

Lo studio di fase 3 è stato sviluppato tra la fine di agosto 2020 e l'inizio di marzo 2021 e quindi non ha consentito di valutare la risposta rispetto alla variante Delta, anche se - sulla base delle prove di laboratorio effettuate con diverse varianti virali - gli Autori si aspettano che l'efficacia del Sotrovimab possa rimanere abbastanza elevata per una ampia gamma di ceppi virali. La sperimentazione di fase 3 non ha evidenziato eventi avversi di particolare rilievo, pur ricordando che, essendo stata limitata a poche centinaia di pazienti, non ha potuto escludere la possibilità di eventi avversi particolarmente rari.

Le conclusioni sono che il Sotrovimab - da solo o combinato con altri anticorpi monoclonali - potrebbe essere utile per il trattamento di soggetti a rischio di gravi complicanze, purché sia somministrato immediatamente dopo la scoperta della positività.

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