La rivista The New England Journal of Medicine ha pubblicato il primo studio dettagliato sull'andamento temporale degli anticorpi misurati nelle persone che sono state vaccinate con Pfizer-BioNTech. Lo studio è stato condotto in Israele ed ha riguardato quasi 5.000 operatori del sistema sanitario che sono stati sottoposti a regolari prelievi per un periodo di 6 mesi dopo la somministrazione della seconda dose vaccinale.
Qui di seguito riporto la figura che sintetizza i principali risultati del lavoro:
A sinistra viene riportato l'andamento temporale del livello di anticorpi anti-spike IgG, mentre a destra viene riportato il titolo degli anticorpi neutralizzanti. I dati sono analizzati per tutta la popolazione e per gruppi d'età e genere. Si noti che le scale verticali sono logaritmiche. Tratto da NEJM |
Per comprendere i risultati di questo lavoro, è utile evidenziare alcuni punti:
- Notiamo - prima di tutto - l'estrema variabilità dei dati che si riscontrano a livello dei singoli individui. Tuttavia, se osserviamo i valori medi, vediamo che c'è una significativa tendenza a scendere in funzione del tempo.
- Le persone più avanti negli anni tendono ad avere un livello di anticorpi mediamente più basso rispetto alle persone più giovani, ma il calo in termini percentuali è simile a quello delle persone più giovani.
- La tendenza al calo è molto marcata per gli anticorpi anti-spike IgG, mentre se si fa riferimento agli anticorpi neutralizzanti, il calo è abbastanza rapido durante i primi 3 mesi, mentre nei mesi successivi si vede un calo molto più contenuto.
- Ricordo che la misura degli anticorpi non è una misura diretta dell'efficacia del vaccino. Prima di tutto il livello di anticorpi ci dice quale sia la cosiddetta risposta "umorale" del sistema immunitario, ma non ci dice nulla sulla cosiddetta risposta "cellulare". Inoltre non c'è una relazione lineare tra anticorpi e efficacia vaccinale ed è difficile dire quale sia il livello "minimo" di anticorpi necessario per garantire un adeguato livello di protezione.
Tutto ciò premesso, i risultati di questo studio, pur confermando l'esistenza di un calo evidente degli anticorpi nell'arco di 6 mesi, non forniscono la prova definitiva che il vaccino Pfizer-BioNTech perda completamente la sua efficacia dopo un semestre. Inoltre, l'estrema variabilità dei dati riscontrata a livello personale (pur trattandosi di un campione di persone generalmente in buone condizioni di salute che escludeva i cosiddetti "grandi anziani") ci fa capire la difficoltà di individuare regole rigide valide per tutti.
Alla luce di queste considerazioni, mi pare quantomeno affrettata la decisione adottata da Israele di somministrare la terza dose vaccinale, dopo almeno 6 mesi dalla seconda dose, ai cittadini con almeno 12 anni di età. Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno adottato - almeno per il momento - un approccio più prudente riservando la terza dose vaccinale alle persone sopra i 60-65 anni, a meno che non siano affette da particolari patologie o siano esposte per motivi professionali ad un elevato rischio di contagio. Per i più giovani - che comunque corrono rischi ridotti di gravi complicanze in caso di contagio - il residuo livello di protezione che il vaccino fornisce dopo 6 mesi sembra, almeno per il momento, adeguato.
Ovviamente tali valutazioni potranno cambiare quando saranno disponibili informazioni più dettagliate sul livello di copertura vaccinale garantito nei mesi successivi al primo semestre dopo la seconda dose oppure nel caso della comparsa di nuovi ceppi virali.
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