La società biotecnologica francese Valneva ha annunciato l'esito positivo della sua sperimentazione di fase 3 su un nuovo candidato vaccino denominato VAL2021. Il prodotto è basato su un approccio molto "tradizionale" ovvero utilizza un virus attenuato (non più in grado di riprodursi) associato a due adiuvanti che massimizzano la risposta immunitaria. In linea di principio, si tratta della stessa tecnica utilizzata da alcuni vaccini di produzione cinese.
La sperimentazione di fase 3 del candidato vaccino Valneva è stata fatta per confronto rispetto al vaccino AstraZeneca: i risultati sembrano dimostrare una migliore efficacia di Valneva rispetto ad AstraZeneca, una forte risposta immunitaria anche a livello cellulare ed una minore frequenza dei cosiddetti eventi avversi.
Andando ad analizzare più in dettaglio i contenuti del comunicato stampa di Valneva, si nota che la sperimentazione di fase 3 è stata fatta su un campione di dimensioni piuttosto limitate (circa 4.000 volontari), abbastanza per valutare l'efficacia del candidato vaccino (il confronto veniva fatto rispetto ad un vaccino noto invece che ad un placebo), ma troppo pochi per poter evidenziare la presenza di eventuali effetti avversi rari.
Il candidato vaccino Valneva ha un funzionamento strutturalmente diverso rispetto ai vaccini ad mRNA o a vettore virale fin qui autorizzati in Europa. I vaccini attualmente in uso producono solo la proteina spike del virus SARS-CoV-2 e quindi la loro efficacia può cambiare in maniera significativa quando le mutazioni del virus modificano la struttura di tale proteina. I vaccini come Valneva, che usano un virus attenuato, inducono una risposta immunitaria che riconosce anche le altre proteine virali e - in linea di principio - potrebbero essere meno sensibili rispetto alle mutazioni del virus.
Un vaccino di questo tipo potrebbe essere utile sia per effettuare richiami di tipo eterologo sia per la somministrazione alle persone più giovani (la sperimentazione di una versione pediatrica del vaccino è già iniziata).
Senza contare quella fascia di no-vax che hanno paura dei "vaccini sperimentali" e che forse sarebbero disposti a farsi iniettare un vaccino "tradizionale".
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