Uno studio inglese, ancora sotto forma di preprint, analizza i casi di trasmissione del contagio tra persone vaccinate. L'analisi presentata nel lavoro è la più completa tra quelle fin qui rese pubbliche. In particolare, viene considerato l'andamento dei contagi rispetto alle due varianti virali Alpha e Delta, sia per coloro che sono stati vaccinati con AstraZeneca che per i vaccinati con Pfizer-BioNTech.
Lo studio ha analizzato le differenze che ci sono nel trasferimento del contagio in funzione dello stato vaccinale sia del contagiante che del contagiato. In particolare, lo studio ha analizzato il modo con cui si sono propagati i contagi all'interno di nuovi focolai, partendo dal cosiddetto "caso indice" ovvero dal contagio che ha innescato il focolaio stesso. Viene confermato il fatto che le persone vaccinate - oltre ad essere meno esposte al contagio - anche nel caso in cui risultino virologicamente positive, hanno una minore probabilità di contagiare gli altri. Questo riduce sensibilmente la possibilità che il virus circoli in ambienti nei quali si trovano solo persone vaccinate.
Le motivazioni di questo fatto non vanno ricercate solo nella minore carica virale dei vaccinati che si contagiano (condizione verificata solo con la variante Alpha). Nel caso della variante Delta non si notano forti differenze nella carica virale dei contagiati, indipendentemente dal loro stato vaccinale. Va ricordato infatti che le misure della carica virale sono fatte con i tamponi molecolari e che tali sistemi potrebbero sovrastimare la capacità di infettare. In particolare, le analisi molecolari (PCR) non sono in grado di distinguere tra virus integri e virus che siano stati neutralizzati dagli anticorpi che sono presenti nelle persone vaccinate già prima dell'eventuale contagio. Quindi, anche nel caso in cui le persone vaccinate si contagino e che i loro test molecolari mostrino una carica virale elevata, non è detto che tutta la carica misurata corrisponda a virus che siano effettivamente in grado di infettare altre persone.
Il dato importante è comunque quello che i vaccinati - anche se si contagiano - sono meno contagiosi per gli altri, rispetto ai contagiati non vaccinati. I dati di questo studio smontano uno degli argomenti che sentiamo spesso ripetere dai no-vax. I vaccini non danno una protezione assoluta, ma riducono drasticamente la trasmissione del virus, soprattutto se sia il contagiante che il contagiato sono entrambi vaccinati.
I risultati presentati in questo studio confermano lo scarso livello di protezione offerto da una singola dose vaccinale e la maggiore contagiosità della variante Delta. Per chi ha ricevuto entrambe le dosi vaccinali il livello di protezione garantito da Pfizer-BioNTech è decisamente superiore rispetto a quello di AstraZeneca. Si conferma inoltre che il livello di protezione fornito dai vaccini cala in funzione del tempo (lo studio ha coperto un periodo di 3 mesi dopo il completamento della vaccinazione).
Partendo dalle stime del livello di protezione elaborate da questo studio possiamo tentare di capire quale sia l'impatto della vaccinazione di massa sull'evoluzione della pandemia. Molto grossolanamente, vediamo che la probabilità che una persona vaccinata, ma che ha comunque contratto il virus, ne contagi un'altra anche lei vaccinata è pari al 10% rispetto allo stesso evento nel caso in cui le due persone non siano vaccinate. L'effetto del vaccino è duplice: da una parte rende il vaccinato che ha comunque contratto l'infezione meno contagioso rispetto agli altri. Inoltre fornisce al contagiando (persona esposta al virus) una notevole protezione rispetto al contagio. Parliamo in generale di contagi sintomatici di qualsiasi entità perché se limitassimo la nostra attenzione ai soli contagi che portano a forme gravi di Covid-19 i livelli di protezione sarebbero molto più elevati.
Sappiamo che per la variante Delta l'indice di trasferimento iniziale del contagio (il cosiddetto indice Ro) verso persone sensibili al virus (non vaccinate o che non hanno contratto la malattia in precedenza), in assenza di azioni di contenimento della diffusione virale è pari a circa 6 (più o meno il doppio rispetto al ceppo virale originale di Wuhan).
Ciò che conta ai fini della progressione della pandemia è l'indice Rt, di cui abbiamo discusso a lungo in questo blog. L'indice Rt è minore o uguale ad Ro ed è tanto più
piccolo a seconda delle azioni di carattere medico e sociale che vengono
attuate per contenere la pandemia. In pratica, possiamo pensare che la sola vaccinazione di massa garantisca di raggiungere valori di Rt pari a circa 0,6, tali cioè da portare ad una estinzione della pandemia anche in assenza di provvedimenti di natura non medica (mascherine, limitazioni alla circolazione, ecc.).
Ovviamente la stima andrebbe rifatta se dovesse comparire un nuovo ceppo virale ancora più contagioso rispetto alla variante Delta (ovvero con un indice Ro superiore a 6).
Riassumendo, se tutti fossero vaccinati e se l'efficacia dei vaccini non calasse in funzione del tempo, la pandemia si esaurirebbe senza che le Autorità sanitarie debbano attuare particolari disposizioni di contenimento della circolazione virale.
Purtroppo è praticamente impossibile vaccinare tutti, sia perché i vaccini non sono ancora disponibili per i bambini sotto i 12 anni, sia perché c'è una fascia di popolazione adulta no-vax che contribuisce ad alimentare la circolazione virale in modo molto sostenuto.
Non è facile fare una stima della percentuale minima di tutta la popolazione che dovrebbe essere vaccinata (o avere già comunque contratto la Covid-19) in modo da raggiungere la sospirata immunità di gregge. Le stime (molto grossolane) che circolano attualmente sono intorno al 90% dell'intera popolazione (bambini inclusi). Attualmente in Italia siamo vicini all'80% delle persone con almeno 12 anni completamente vaccinate, percentuale che scende al 72% se consideriamo l'intera popolazione.
Vediamo che raggiungere la soglia del 90% dell'intera popolazione vaccinata (o comunque immune perché ha già contratto la malattia) non è un traguardo a portata di mano, anche perché con il passare del tempo l'effetto dei vaccini e dell'immunità indotta dalla malattia tende a ridursi e quindi bisogna provvedere a somministrare un richiamo.
Questi numeri ci fanno capire che il 15% di adulti non vaccinati rappresentano una parte percentualmente molto significativa del gap che si dovrebbe colmare per raggiungere l'immunità di gregge. Se tutti gli adulti si vaccinassero (a parte quella esigua minoranza che non può vaccinarsi per seri problemi di salute), probabilmente non ci sarebbe neppure bisogno di vaccinare i bambini sotto i 12 anni quando i vaccini pediatrici saranno resi disponibili (ricordo che molti bambini hanno comunque contratto la Covid-19 acquisendo una specifica immunità e quindi anche loro vanno comunque messi nel conto di coloro che contribuiscono all'immunità di gregge).
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