mercoledì 5 maggio 2021

Segnalazione: quanto può essere utile rimandare la seconda dose dei vaccini ad mRNA?

Vi segnalo un interessante articolo pubblicato recentemente su PLOS Biology nel quale viene analizzato l’impatto in termini di contagi, ricoveri e decessi di una campagna vaccinale impostata introducendo un forte ritardo nella somministrazione della seconda dose dei vaccini ad mRNA (Moderna e Pfizer-BioNTech).

Lo studio – basato su un modello matematico – parte dall’ipotesi che la disponibilità di vaccini sia tale da limitare la possibilità di fare vere e proprie vaccinazioni di massa. Ad esempio, il massimo tasso di somministrazione dei vaccini considerato nello studio è uguale a 450 dosi giornaliere per 100.000 abitanti (per gli USA sarebbero 1 milione e mezzo di dosi al giorno, ma per il piccolo Trentino circa 2400 dosi al giorno, numero leggermente inferiore rispetto a quello raggiunto durante le ultime due settimane). 
 
Un altro importante dato di partenza è quello relativo alla percentuale di popolazione che possiede una immunità avendo già contratto la malattia (in Trentino almeno il 12% della popolazione, tenendo conto anche dei positivi antigenici non confermati con il tampone molecolare spariti dalle statistiche ufficiali fino allo scorso 15 gennaio). Lo studio è basato su simulazioni che considerano un livello medio del 20%, con limiti minimo e massimo pari rispettivamente al 10 e al 30%.

Lo studio evidenzia come gli eventuali benefici associati al ritardo nella somministrazione della seconda dose dipendano da una molteplicità di fattori e non siano sempre scontati. In generale, sulla base dei dati disponibili, sembra che i vantaggi siano più forti per il vaccino Moderna piuttosto che per il vaccino Pfizer-BioNTech. Addirittura, in alcuni casi, per il vaccino Pfizer-BioNTech si può ipotizzare che, almeno per quanto riguarda il numero dei contagi, la strategia del rimando sia addirittura controproducente
 
La tempistica ideale per massimizzare i benefici in termini di minori ospedalizzazioni e decessi si ottiene aggiungendo un ulteriore ritardo di circa 9 settimane rispetto ai tempi canonici stabiliti dalle ditte produttrici dei vaccini.
 
I risultati delle simulazioni dipendono criticamente da un dato che oggi conosciamo poco: la stabilità nel tempo della (limitata) protezione offerta dalla prima dose vaccinale. Sappiamo abbastanza bene cosa succede fino a circa un mese dopo la somministrazione della prima dose, ma non abbiamo dati affidabili per il periodo successivo. Va segnalato inoltre che lo studio è parametrizzato su dati demografici e sociali tipici degli Stati Uniti e quindi non riflette esattamente le condizioni tipiche di un Paese europeo.

Pur con tutti i limiti e le approssimazioni che sono tipici di questo tipo di simulazioni numeriche, lo studio mette in luce la complessità del problema e ci fa intuire anche la reale portata della decisione italiana di estendere il ritardo nella somministrazione della seconda dose fino ad un massimo di 6 settimane (in pratica, 3 settimane di ritardo in più per il vaccino Pfizer-BioNTech e 2 settimane per  Moderna): una piccola “boccata d’aria” rispetto alla carenza di vaccini con un impatto tutto sommato trascurabile sugli effetti pratici della campagna vaccinale.

Nessun commento:

Posta un commento