giovedì 6 maggio 2021

Prima e seconda dose: il vaccino Pfizer - BioNTech nel mondo reale

In un post successivo (11 maggio) ho aggiornato alcuni dati relativi alla dose singola
 
 
 
Nel corso degli ultimi giorni sono usciti due nuovi lavori che discutono l’efficacia del vaccino Pfizer – BioNTech nel mondo reale. Un articolo pubblicato su The Lancet [1] fornisce un quadro aggiornato e molto dettagliato della situazione di Israele.

Ricordo che Israele ha somministrato il vaccino Pfizer – BioNTech con una campagna vaccinale che è stata la più vasta e rapida a livello internazionale [9]. Il ceppo virale che circola attualmente in Israele è costituito quasi integralmente dalla cosiddetta variante inglese (B.1.1.7).
 
Israele ha sempre somministrato la seconda dose tre settimane dopo la prima, senza mai attuare ritardi aggiuntivi come è stato fatto in Gran Bretagna e, più recentemente, anche in Italia. Il 3 aprile Israele aveva vaccinato (con due dosi) il 72% della popolazione di età superiore ai 16 anni, raggiungendo una quota di circa il 90% per i cittadini di età superiore ai 65 anni. All’interno di Israele ci sono forti disomogeneità rispetto ad alcuni gruppi di cittadini. In particolare i cittadini israeliani di origine araba ed i cosiddetti “ebrei ultra-ortodossi” hanno dimostrato una propensione a farsi vaccinare decisamente inferiore rispetto al resto della popolazione.

I dati riportati nell’articolo [1] sono particolarmente interessanti perché analizzano non soltanto i casi sintomatici e quelli più gravi, ma considerano anche i contagi asintomatici. Tutti i numeri misurati “sul campo” mostrano per le forme sintomatiche più o meno gravi (dove c’è almeno la febbre) una efficacia vaccinale superiore al 95%, confermando brillantemente i risultati dello studio di fase 3 fatto prima della distribuzione su larga scala del vaccino.

Per le forme asintomatiche l’efficacia risulta leggermente inferiore al 90%, un dato che potrebbe tuttavia essere affetto da significativi errori sistematici come discutono gli stessi Autori dell’articolo.

Un altro articolo uscito su The New England Journal of Medicine [2] discute i dati dell’efficacia del vaccino stimata in Qatar, dove, oltre alla variante inglese, circola anche la variante sudafricana (B.1.351). I limiti di questo articolo (che in realtà è una semplice comunicazione) sono sostanzialmente legati alla dimensione limitata del campione statistico che è stato analizzato e, soprattutto, dalla particolare definizione di "contagi dopo la prima dose" di cui discuterò più avanti.

Per la variante inglese (B.1.1.7) la protezione rispetto alle infezioni sintomatiche è stata trovata pari a circa il 90% due settimane dopo la seconda dose vaccinale e arriva molto vicina al 100% per le forme più gravi (sostanzialmente quelle che richiedono l'ospedalizzazione). Da notare che una singola dose ha dimostrato di fornire una protezione modesta (dell’ordine del 50% per le forme più gravi).

I dati per la variante sudafricana (B.1.351) sono meno buoni. Il grado di protezione rispetto alle infezioni sintomatiche due settimane dopo la seconda dose è pari a circa il 75%, mentre se si considerano solo le forme più gravi l’efficacia si avvicina al 100% (come nel caso della variante inglese). Questo risultato è in linea con quanto anticipato da un precedente studio eseguito in Israele che ha analizzato i casi di persone contagiate con il ceppo sudafricano dopo aver completato la vaccinazione con Pfizer BioNTech. Si trattava tuttavia di uno studio che riguardava un limitato numero di casi, non idoneo per fornire informazioni statisticamente accurate. 
 
Da notare che secondo quanto sostenuto nel lavoro [2] una singola dose offre una protezione molto limitata rispetto ai contagi provocati dalla variante sudafricana

Il grafico seguente riassume i dati pubblicati per diversi ceppi virali. I risultati dello studio [2] sono mostrati coi punti neri e rossi. I punti blu si riferiscono allo studio [1]. Il risultato dello studio [4] condotto in Scozia prima del dilagare della variante inglese viene rappresentato con il simbolo di colore verde. Ho aggiunto anche il dato dello studio [6] condotto in Israele tra la metà di dicembre 2020 e la fine del mese di gennaio 2021 (punti di colore marrone) attribuendolo al ceppo "tradizionale". In realtà, già all’inizio dell'anno anche in Israele ha iniziato a girare la variante inglese che è diventata dominante alla fine del mese di gennaio [8]. I dati dello studio [6] comprendono anche una certo numero di casi di variante inglese, ma non sappiamo esattamente quanti.
 
Poiché il dato scozzese [4] viene spesso utilizzato a sostegno della scelta di posporre la data di somministrazione della seconda dose vaccinale, è interessante osservare come questo dato si confronti con i risultati degli studi più recenti.

Figura riassuntiva dei risultati provenienti da studi che hanno analizzato diversi ceppi virali. I punti tondi si riferiscono al grado di protezione rispetto a tutte le forme di contagio sintomatico, mentre i simboli rappresentano il livello di protezione rispetto ai casi più gravi che comportano l'ospedalizzazione. I dati dello studio [2] relativi alla variante inglese e a quella sudafricana sono rappresentati con punti di colore nero e rosso. Il punto verde si riferisce allo studio [4], mentre i punti di colore marrone si riferiscono al lavoro [6]. I punti blu sono i risultati dello studio [1]. La linea grigia tratteggiata separa i punti che si riferiscono al livello di protezione ottenuto con una o due dosi vaccinali
 
Riassumendo, l’attuale versione del vaccino Pfizer - BionTech offre un'eccellente protezione contro la variante inglese. Per la variante sudafricana la protezione è meno buona, ma la copertura rispetto ai casi più gravi o letali è comunque ottima se si fanno due dosi vaccinali. 
 
I dati relativi alla copertura offerta da una singola dose vaccinale sono meno rassicuranti. In particolare, considerando i casi più gravi o addirittura letali, si nota una progressiva riduzione della protezione offerta da una singola dose vaccinale quando si passa dal ceppo virale "tradizionale" (pre-variante inglese) alla variante inglese e a quella sudafricana
 
Va tuttavia detto che lo studio [2] considera tutti i contagi registrati dopo la prima vaccinazione [3], invece di limitarsi a considerare - come viene fatto abitualmente - solo quelli che avvengono tra la seconda e la terza settimana dopo la somministrazione della prima dose vaccinale. Solo durante questa terza settimana (che generalmente precede la somministrazione della seconda dose) è possibile escludere che le positività riscontrate non siano attribuibili a contagi avvenuti prima di aver ricevuto il vaccino e soprattutto prima che il vaccino abbia avuto modo  di produrre un adeguato livello di anticorpi. La metodologia adottata nello studio [2] potrebbe aver portato ad una sottostima del grado di copertura della prima dose vaccinale. Va detto comunque che la stessa procedura è stata utilizzata per ambedue i ceppi virali e quindi anche se i valori assoluti dell'efficacia vaccinale possono essere sottostimati, ci aspettiamo che i rapporti relativi (ovvero valori più bassi per la variante sudafricana) possano essere abbastanza realistici.
 
Se la risposta alla variante sudafricana dopo una sola dose vaccinale fosse effettivamente molto bassa, in presenza di tale variante (o di altre varianti con comportamenti simili)  la strategia di ritardare la somministrazione del vaccino Pfizer - BioNTech rispetto ai tempi canonici potrebbe rivelarsi inefficace, se non addirittura controproducente. Infatti ha senso tatticamente ritardare la seconda dose solo se - molto grossolanamente - la somma del livello di protezione ottenuto da due persone che hanno ricevuto una sola dose di vaccino è superiore al livello di protezione garantito ad una singola persona da una doppia dose vaccinale.
 
Il possibile problema legato alla presenza di particolari varianti virali si aggiunge a quello già noto relativo a determinate categorie di persone (ad esempio i malati oncologici) per le quali una sola dose vaccinale può produrre un bassissimo livello di copertura [5].
 
Ovviamente non sappiamo ancora nulla rispetto alla nuova variante indiana perché non c’è stato ancora il tempo materiale per svolgere tutte le necessarie indagini. 

Lista delle pubblicazioni citate in questo post:
  1. Eric J Haas, et al. "Impact and effectiveness of mRNA BNT162b2 vaccine against SARS-CoV-2 infections and COVID-19 cases, hospitalisations, and deaths following a nationwide vaccination campaign in Israel: an observational study using national surveillance data", The Lancet, May 05, 2021, https://doi.org/10.1016/S0140-6736(21)00947-8
  2. Laith J. Abu-Raddad, et al. "Effectiveness of the BNT162b2 Covid-19 Vaccine against the B.1.1.7 and B.1.351 Variants", N Engl J Med, May 05, 2021, https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc2104974
  3. Laith J. Abu-Raddad, private communication
  4. Eleftheria Vasileiou, et al. "Effectiveness of First Dose of COVID-19 Vaccines Against Hospital Admissions in Scotland: National Prospective Cohort Study of 5.4 Million People", preprint available at SSRN:  http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.3789264
  5. Leticia Monin, et al. "Safety and immunogenicity of one versus two doses of the COVID-19 vaccine BNT162b2 for patients with cancer: interim analysis of a prospective observational study", The Lancet Oncology, April 27, 2021, https://doi.org/10.1016/S1470-2045(21)00213-8 
  6. Noa Dagan, et.al. "BNT162b2 mRNA Covid-19 Vaccine in a Nationwide Mass Vaccination Setting", N Engl J Med 2021; 384:1412-1423, htttp://dx.doi.org/10.1056/NEJMoa2101765
  7. Talia Kustin, et al. "Evidence for increased breakthrough rates of SARS-CoV-2 variants of concern in BNT162b2 mRNA vaccinated individuals", preprint available at
  8. Ariel Munitz, et al., "BNT162b2 vaccination effectively prevents the rapid rise of SARS-CoV-2 variant B.1.1.7 in high-risk populations in Israel", Cell Reports Medicine (2021), https://doi.org/10.1016/j.xcrm.2021.100264
  9. Eyal Leshem and Annelies Wilder-Smith, "COVID-19 vaccine impact in Israel and a way out of the pandemic", The Lancet, 05 May 2021, https://doi.org/10.1016/S0140-6736(21)01018

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