giovedì 11 marzo 2021

Ritardare la seconda dose rende i pazienti oncologici vulnerabili al virus

La strategia del ritardo nella somministrazione della seconda dose vaccinale adottata in Gran Bretagna sta facendo frettolosi proseliti anche in Italia, anche se non mancano voci autorevoli che chiedono di evitare decisioni non sufficientemente meditate e non documentate da solide prove scientifiche. Anche in Gran Bretagna non sono mancate le voci critiche. 

Aldilà delle prese di principio, è importante andare a vedere cosa succede effettivamente sul campo. Un nuovo studio è stato recentemente completato nell'ambito di una collaborazione tra due prestigiosi centri di ricerca londinesi: l'Università King's College ed il Francis Crick Institute

Il lavoro è stato diffuso a livello di pre-print oggi e dimostra che per i pazienti affetti da diversi tipi di forme tumorali il trattamento con una singola dose del vaccino Pfizer BioNTech non offre un'adeguata copertura. In pratica più della metà dei pazienti oncologici trattati con una sola dose vaccinale hanno ricevuto una protezione trascurabile rispetto al contagio da SARS-CoV-2. Solo somministrando la seconda dose vaccinale nei tempi canonici (3 settimane dopo la prima vaccinazione) si ottengono risultati adeguati, non distanti rispetto a quelli dei vaccinati non affetti da patologie oncologiche.

I risultati di questo studio mettono pesantemente in discussione la scelta inglese di spostare a 3 mesi il ritardo tra prima e seconda dose vaccinale, indipendentemente dalle condizioni dei pazienti. Il problema non riguarda solo i pazienti oncologici. Infatti, come commentano gli Autori:

"The results have implications not just for cancer patients but for those around them, as a three-month period of poor protection can allow the virus to spread among those caring for the patients and may even create conditions favouring the emergence of new mutant strains"

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