domenica 14 marzo 2021

Zona rossa: e adesso il popo dove lo metto?

In Trentino è scoppiata una vivace discussione sulla decisione della Giunta provinciale di mantenere aperti, anche in zona rossa, nidi e asili per i figli degli operatori sanitari. L’idea – di per sé – potrebbe essere assolutamente condivisibile se chi l’ha adottata non si fosse dimenticato delle molte altre categorie professionali che svolgono ruoli altrettanto essenziali.

Un banale esempio: qualcuno ha pensato a coloro che lavorano nei nidi e negli asili? Perché se dovessero scegliere di restare a casa per prendersi cura dei loro figli, non sarà neppure possibile aprire i nidi e gli asili per i figli degli operatori sanitari.

Insomma un bel pasticcio, dove non è oggettivamente facile trovare un ragionevole punto di equilibrio.

Il Presidente provinciale ci ha tenuto a farci sapere cheora l’Autonomia può poco, costretti a chiudere le Scuole”. Considerati i danni fatti durante questa pandemia dalla Provincia Autonoma di Trento (basta vedere i dati ISTAT sui decessi), devo dire con una certa amarezza che non mi aspetto molto dall’Autonomia, che è uno strumento preziosissimo, ma andrebbe affidata a persone che siano in grado di gestirla con intelligenza e capacità di visione.

Le scelte fatte all’ultimo minuto servono a poco, soprattutto se non c’è dietro una precisa linea d’azione. Fino ad oggi la Giunta provinciale ha spinto per tenere aperte tutte le Scuole al massimo livello possibile. Ho sempre sostenuto che – a mio parere – questa è stata una scelta giusta, ma avrebbe dovuto essere accompagnata da un adeguato monitoraggio della situazione epidemiologica all’interno delle Scuole trentine. 

E invece ci è capitato di leggere rapporti che escludevano qualsiasi forma di rischio sostenendo ipotesi statisticamente false e – più recentemente – abbiamo dovuto aspettare che la variante inglese si diffondesse a macchia d’olio prima di abbandonare procedure inadeguate per la messa in quarantena delle classi. Si è sperato che le cose si risolvessero da sole, seguendo la solita strategia dello struzzo invece di affrontare i problemi con la necessaria chiarezza e trasparenza.

Che – prima o poi – saremmo finiti in zona rossa era scritto nel numero dei contagi. Fallite le tattiche elusorie, ora ci troviamo davanti alcune settimane che saranno particolarmente difficili per moltissime persone. Penso, in particolare, a coloro che hanno visto crollare i loro redditi da lavoro e che vedono spostare continuamente in avanti la data di una possibile ripresa. E penso alle molte famiglie che non potendo contare su nonni volenterosi (e anche coraggiosi, almeno fino a quando non saranno vaccinati) dovranno scegliere tra il lavoro e l’assistenza ai figli più piccoli.

Nei margini dell’Autonomia c’era probabilmente lo spazio per estendere l’apertura di nidi e asili durante il periodo di zona rossa per i figli di tutte le persone che svolgono attività lavorative essenziali (che sono molte di più di coloro che operano nel sistema sanitario). Sarebbe stato ancora meglio se, prima dell'arrivo della zona rossa, ci fossimo preparati per tempo approvando in Consiglio Provinciale una apposita legge, così come ha fatto il Presidente Kompatscher in Alto Adige.

E se lo Stato ci avesse portato davanti al TAR per farci rispettare norme più restrittive avremmo potuto difendere le nostre buone ragioni
. Magari dimostrando che, oltre a tenere aperti nidi e asili, avevamo avviato un serrato monitoraggio della situazione epidemiologica in tali strutture e avevamo coperto con il vaccino il maggior numero possibile di operatori del settore.

Ammesso e non concesso che il TAR ci avesse dato torto, avremmo almeno provato a fare qualcosa di utile per la nostra comunità, proponendo il piccolo Trentino come un laboratorio nel quale si possono tentare sperimentazioni avanzate, non sempre possibili a livello nazionale.

Questa è l’Autonomia che io apprezzo e che vorrei vedere rivitalizzata.

7 commenti:

  1. E' tutta la gestione del rapporto fra lezioni in presenza e in DAD, che è sbagliata, tutto da rifare e lo dicono anche mie/i ex colleghe/i, che non sono tante/i Gino Bartali.

    La Nota Prot. 662 del 12 marzo 2021 del Ministero dell’Istruzione indirizza verso classi ridotte, con studenti BES, ma che mantengono la qualità socio-educativa di classi e questo PER OGNI ORDINE E GRADO, con la presenza sia degli insegnanti di sostegno che del titolare della materia.

    E una volta che c'è una classe che, anche se ridotta, funziona come tale, va considerata pienamente degna di essere diffusa in diretta bidirezionale con gli altri studenti che sono a casa.

    Ci vuole decisione per superare le resistenze, ma la preparazione dei nostri giovani, culturale e sociale, che mediamente dà la scuola è troppo importante per non provarci.

    Occuparsi solo, e solo in parte, degli asili nido, va bene, ma è poca cosa.

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  2. Coi dati odierni, l'ultima incidenza settimanale è: BZ 191, TN 343 casi/(sett.*100.000 abitanti).

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  3. Il Fatto Quotidiano 14/3/2022

    SCUOLA
    Scuola, il ministero chiarisce sulla presenza in aula degli alunni disabili: “Favorire inclusione, valutiamo di coinvolgere i compagni di classe”

    In queste ore, nelle regioni dove le scuole sono state costrette a chiudere, ma anche in quelle che si preparano a farlo, i dirigenti scolastici stavano prendendo decisioni diverse a causa delle diverse e contraddittorie direttive arrivate dal governo. Ma per non "ghettizzare" i ragazzi che hanno bisogno del sostegno si è scelto di fare loro lezione in presenza insieme a gruppi degli altri compagni

    di Alex Corlazzoli 15 Marzo 2021

    Gli alunni disabili che continuano ad andare a scuola in presenza nonostante la didattica a distanza non devono andare in aula da soli ma con i compagni. A mettere un punto definitivo sulla confusione generata nelle ultime settimane dalle note, dalle circolari e dalle ordinanze scritte dal ministero dell’Istruzione, ieri è arrivata l’ultima annotazione da viale Trastevere firmata dal direttore generale Antimo Ponticiello: “Per rendere effettivo il principio di inclusione si valuterà di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe, secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito, con i quali gli studenti Bes possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola”.


    Un chiarimento scritto a seguito di numerose richieste da parte dei dirigenti scolastici in tilt a causa della burocrazia. La questione era emersa dopo una nota del 3 novembre del 2020 del capo dipartimento Max Bruschi in cui si spiegava: “I dirigenti scolastici, unitamente ai docenti delle classi interessate e ai docenti di sostegno, in raccordo con le famiglie, favoriranno la frequenza dell’alunno con disabilità, nell’ambito del coinvolgimento anche, ove possibile, di un gruppo di allievi della classe di riferimento che potrà variare nella composizione o rimanere immutato, in modo che sia costantemente assicurata quella relazione interpersonale fondamentale per lo sviluppo di un’inclusione effettiva e proficua, nell’interesse degli studenti e delle studentesse”.

    Quella nota, nei giorni scorsi, sembrava essere stata archiviata. Domenica scorsa, infatti, Luigi Fiorentino, il Capo di Gabinetto del neo ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi, ha scritto ai presidi chiarendo i termini del Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 2 marzo scorso nel quale all’articolo 43 si dice: “Si realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali secondo quanto previsto dal decreto del ministro dell’Istruzione numero 89 del 7 agosto 2020 e dall’ordinanza del Ministro numero 134 del 9 ottobre 2020”.

    La questione del coinvolgimento dei compagni non è citata nella nota di Fiorentino e nemmeno nei due provvedimenti citati dal Capo di Gabinetto. Un rimpallo di note che ha fatto adirare il numero uno dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli: “Nell’arco di undici giorni il Ministero ha emanato ben tre note riguardanti il medesimo tema, ossia l’organizzazione delle attività in presenza nelle cosiddette zone rosse, offrendo di volta in volta ricostruzioni del quadro normativo parzialmente diverse e talvolta contraddittorie. Augurandoci che non subentrino ulteriori chiarimenti, tanto più in un momento drammatico come l’attuale che impone indicazioni certe e univoche, condividiamo l’affermazione del principio di inclusione richiamato dall’ultima nota. Ma se da un lato non è direttamente evincibile dal Dpcm del 2 marzo 2021, dall’altro obbliga le istituzioni scolastiche a effettuare alcune delicate valutazioni nell’arco di tempi troppo ristretti”

    __Hanno avuto tempo 12 mesi, per pensarci e hanno partorito solo indegne improvvisazioni.

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  4. Come dal testo, la data è quella odierna, non fra un anno. Mi scuso. Testo lungo sul cellulare.

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  5. La giunta provinciale "allarga" la platea delle professioni: non solo figli di sanitari: nidi aperti anche ai bambini di cuochi, manutentori e assistenti alla poltrona

    ladige.it - Lunedì 15 marzo 2021

    Asili nido aperti, non solo per i bambini che svolgono professioni sanitarie: la Provincia di Trento allarga anche ai figli di chi svolge mansioni tecniche.

    Spiega un comunicato stampa della Giunta provinciale: "Con ordinanza del presidente della Provincia è stato disposto che i figli degli operatori sanitari possano accedere ai servizi socio educativi per la prima infanzia, come asili nido o Tagesmutter, ai servizi di conciliazione e frequentare le scuole dell’infanzia. Oggi il tema è tornato in Giunta provinciale, che su proposta del presidente Fugatti e degli assessori Bisesti e Segnana ha discusso i criteri per l’accesso, individuando i profili professionali degli operatori sanitari che potranno usufruire di questa deroga.

    Potranno accedere i bambini con almeno un genitore che lavora in strutture sanitarie pubbliche e private accreditate o in residenze sanitarie assistenziali (RSA), appartenente alle professioni sanitarie, inclusi gli OSS.

    Accesso consentito anche per i bambini con almeno un genitore che lavora nelle stesse strutture, ma che non fa parte delle professioni sanitarie, perchè svolge mansioni di tipo tecnico o ausiliario necessarie al funzionamento delle strutture, come, ad esempio, cuochi, manutentori, magazzinieri o assistenti alla poltrona".

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  6. Tecnica della scuola, 16.3.2021
    Continua a far discutere la Nota operativa del ministero dell’Istruzione n. 662 che nel dare seguito al Dpcm dello scorso 2 marzo ha specificato che anche nelle zone rosse gli alunni disabili e con bisogni educativi speciali avranno comunque la possibilità di attuare l’attività in presenza. A destare forti perplessità è la richiesta del ministero di “rendere effettivo il principio di inclusione” coinvolgendo “nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti BES possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola”.

    Ma in quante scuole si attua questo modello prefigurato dai dirigenti del dicastero di Viale Trastevere? In pochi, anzi in pochissime.

    La lettera di protesta:
    A sottolinearlo sono anche le associazioni dei disabili, che si sono fatte sentire con una lettera aperta indirizzata al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e al ministro per le Disabilità, Erika Stefani: il Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno, Uniti per l’Autismo, Autismo Abruzzo Onlus, Associazione Prader Willi Lombardia, A.S.S.I. Gulliver, Associazione Sindrome di Sotos Italia, si chiedono “quale tipo di scuola si stia promuovendo, nel momento in cui, in netto contrasto con le stesse indicazioni pedagogico-culturali, si agisce per ‘etichette e acronimi’, indicando soluzioni che attestano la nostra incapacità di crescere, fra diversi, nello stesso contesto sociale e insistendo nel separare ‘i capaci dai meno capaci'”.

    Nella lettera le associazioni si appellano ai vertici dell’Istruzione e della Disabilità perché “a fronte di accertate condizioni di sicurezza, peraltro possibili in contesti che accolgono pochi alunni, nel pieno rispetto delle regole antiCovid, si diano indicazioni univoche alle Istituzioni scolastiche italiane rispetto alla frequenza, per ciascuna classe, di un piccolo gruppo eterogeneo di alunni, fra cui anche l’alunno con disabilità, con la presenza, secondo il proprio orario, di tutti i docenti della classe, ovvero delle figure professionali coinvolte”.

    Troppa discrezionalità?
    L’attuale indicazione, invece, di fatto lascia l’ultima parola agli organi collegiali. I quali, evidentemente, quando c’è da decidere come organizzare la didattica in presenza per accogliere gli alunni disabili, non sempre sostengono l’alunno disabile o bes con la presenza dei docenti curricolari e di disciplina.

    Il risultato di questa situazione è che in una percentuale importante gli alunni con disabilità rimangono a scuola senza compagni di classe (tutti impegnati con la DaD).

    In altri casi è giunta anche la notizia di alunni con disabilità o bes che frequentano la scuola con il solo docente di sostegno.

    “Riteniamo grave – dicono le associazioni – quanto si sta verificando nelle nostre scuole e lesivo dei diritti in capo a ciascun alunno che, in quanto cittadino, ha il diritto di imparare a crescere e di apprendere insieme ai coetanei in contesti inclusivi aperti e non all’interno di ‘classi ghetto'”.

    Norme sbagliate
    Le colpe, secondo le associazioni, sarebbero però anche delle leggi e norme sbagliate. “A fronte di una normativa che prescrive la frequenza degli alunni con disabilità ‘nelle classi comuni’, oggi assistiamo a un rincorrersi di indicazioni da parte di provvedimenti governativi e persino ministeriali, fino a quelli territoriali e delle singole istituzioni scolastiche, che rimandano a forme di organizzazione, peraltro definite inclusive, che reintroducono realtà cancellate dal nostro sistema scolastico da quasi 50 anni, che ricordano le abolite ‘classi differenziali'”.

    __E gli studenti "normali" devono accontentarsi di qualche lezione di DAD. Ci aspetta un bel futuro.

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  7. TRENTO. Sono circa 1.500 i bambini che in Trentino possono accedere, nonostante la zona rossa, agli asili nido o alle scuole dell'infanzia. Di questi circa 1.100 sono figli di operatori sanitari mentre 400 con bisogni educativi speciali.

    Lo ha reso noto l'assessore all'istruzione, Mirko Bisesti, che, presso il Consorzio dei Comuni, ha incontrato circa un centinaio di sindaci collegati in video conferenza per fare il punto sull'applicazione dell'ordinanza provinciale relativa alle deroghe per l'accesso ai servizi per l'infanzia.

    (NdC) Quando vuole (fare bella figura), l'Assessore Bisesti i numeri li raccoglie e li fornisce in tempo reale, veloce come Flash della Justice League.

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