venerdì 19 marzo 2021

Perché non ha molto senso discutere di modelli che prevedano l’andamento futuro della pandemia

La nomina nel nuovo CTS del discusso Ing. Alberto Gerli (fortunatamente rapidamente rientrata causa dimissioni presentate dall’interessato) ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema dei modelli utilizzati per cercare di prevedere il futuro andamento della pandemia.

Sarebbe molto importante poter disporre di efficaci sistemi che simulino l’andamento futuro della pandemia e ci permettano di prevedere in anticipo l’effetto dei diversi provvedimenti che vengono assunti a livello politico-sanitario.

Purtroppo quello che oggi è disponibile “sul mercato” è costituito da modelli matematici piuttosto banali, infarciti di parametri sia impliciti che espliciti, spesso definiti in modo del tutto arbitrario. Un tipico esempio è rappresentato dalla “bufala” di successo secondo cui le ondate pandemiche durerebbero immancabilmente 40 giorni, indipendentemente dai provvedimenti assunti dalle Autorità sanitarie. Se uno assume per buona questa ipotesi, poi non può meravigliarsi se sbaglia le previsioni. In pratica questi modellini ci forniscono risposte di tipo qualitativo, ma non sono assolutamente in grado di dare risultati quantitativi. 
 
L'ipotesi di riuscire a fare previsioni quantitative diventa assolutamente "lunare" quando si cerca di applicare i modelli previsionali su una scala terroriale di  dimensioni troppo piccole. Quando la numerosità del campione diminuisce, si generano fluttuazioni statistiche percentualmente crescenti che tolgono qualsiasi significato alle stime elaborate dal modello.

Una pandemia è classificabile dal punto di vista fisico come un “sistema complesso” condizionato dall’interazione di sottosistemi molto diversi dal punto di vista dimensionale (si va dall’interazione virus/cellula che riguarda la scala microscopica fino all’interazione tra esseri umani e tra Nazioni che arriva fino alla scala globale). Una pandemia è caratterizzata dal fatto di essere non lineare e non stazionaria. Non c’è proporzionalità tra cause ed effetti ed, in generale, esiste un notevole ritardo temporale tra cause ed effetti. L’esempio tipico è quello dei decessi (effetto) che seguono con un tempo mediano pari a circa due settimane i contagi (cause). Nuove varianti virali o l’arrivo di nuovi farmaci o vaccini possono cambiare completamente l’evoluzione della pandemia.

Cercare di descrivere una pandemia con un sistema matematico “tradizionale” comporta una semplificazione eccessiva del problema. Il caso limite si ha quando gli epidemiologi pretendono di descrivere lo stato della pandemia stimando un unico parametro che dovrebbe riassumere il tutto (il famoso indice di trasferimento del contagio R).

Purtroppo i modelli epidemiologici attualmente in uso sono molto datati (risalgono a quasi un secolo fa) e la possibilità di usare i computer per accelerare i tempi di calcolo non ha portato particolari benefici. A mio avviso, finché l’epidemiologia continuerà ad ignorare la fisica dei sistemi complessi non ci sono molte speranze di arrivare ad una sostanziale evoluzione della situazione.

Oggi, utilizzando i modelli matematici più o meno sofisticati disponibili, possiamo fare previsioni a brevissimo termine (tipicamente una settimana). Tecnicamente questo equivale a “linearizzare” il problema ipotizzando che, almeno nel breve termine, le cose procedano come una mera estensione della situazione attuale. Paradossalmente, poiché anche la nostra conoscenza del presente è limitata (ad ogni grandezza misurata è associato un certo intervallo di confidenza), la proiezione verso l’immediato futuro non è costituita da una linea, ma da una “forchetta” formata da due linee che partono dal dato presente e si propagano nel tempo con pendenze diverse (corrispondenti ai due limiti estremi dell’intervallo di confidenza).


Proiezione AGENAS sull’occupazione dei posti di terapia intensiva in Trentino. Si noti la “forchetta” evidenziata con il colore giallo legata all’incertezza statistica nella stima della derivata della curva

Cercare di usare gli attuali modelli matematici per fare previsioni su tempi lunghi non ha molto senso. Servirebbe un approccio metodologicamente molto diverso che integri tecniche di intelligenza artificiale con il trattamento della grande massa di dati (big data) oggi disponibili.

Prevedere il futuro sviluppo della pandemia richiede la conoscenza di vari elementi:
  1. dati microbiologici (caratteristiche del virus e sua interazione con le cellule dell'ospite);
  2. fisica del contagio (meccanismi di trasmissione del virus tra le persone, effetti dell'ambiente e del clima, ecc.);
  3. dati epidemiologici (numero e tipologia dei contagi, contagiosità e letalità dei ceppi virali in circolazione);
  4. dati sanitari (disponibilità effettiva di risorse sanitarie a livello ospedaliero e territoriale, capacità di tracciamento dei contagi, stato di avanzamento delle vaccinazioni, efficacia dei vaccini e di farmaci, effetti legati alle co-morbilità);
  5. caratteristiche della popolazione (distribuzione per genere ed età, varianti genetiche, presenza di altre malattie)
  6. interazione tra le persone (dati sulla mobilità delle persone, sulla frequentazione di spazi comuni, sull’interscambio tra Regioni e Paesi diversi, ecc.)
  7. provvedimenti assunti dalle Autorità politiche e sanitarie per limitare la circolazione del virus e loro rispetto da parte della popolazione.
La lista potrebbe continuare, ma già in questa forma sintetica ci fa capire l’inadeguatezza dei modelli matematici attuali che pretendono di riassumere tutti questi fattori sotto forma di uno o più parametri. Proprio la complessità dei dati su cui dobbiamo lavorare ci fa capire come sia essenziale ricorre a sistemi di intelligenza artificiale per venire a capo del problema.

Da questo punto di vista, la terribile pandemia che stiamo vivendo potrebbe essere l’occasione per imprimere all’epidemiologia un forte salto di qualità che la faccia entrare finalmente nel XXI secolo.


3 commenti:

  1. Sarebbe interessante anche capire quanto possiamo essere disponibili a farci tracciare la nostra posizione individuale in tempo reale per poter avere informazioni statistiche utili sia a livello personale che a livello aggregato. A guardare il risultato di Immuni penso che siamo ancora distanti da un livello che consenta di ottenere risultati apprezzabili. Forse anche i sistemi informatici dovranno raggiungere livelli di sicurezza che alla data non riscontriamo come pienamente adeguati.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In realtà a tracciarci ci pensano da sempre Google e vari social network a cui noi "regaliamo" i nostri dati personali e le nostre informazioni più intime. Quegli stessi dati che qualcuno temeva fossero carpiti da Immuni.

      Elimina
  2. Covid, raggiunto il picco dell'indice di contagio Rt.
    Già superata la vetta dei positivi al test molecolare.
    Finalmente si va verso il calo delle curve

    altoadige.it - 22 marzo 2021

    La fase di espansione corrente dell'epidemia di Covid-19 in Italia ha raggiunto il picco dell'indice di contagio Rt, a pochi giorni dal picco della percentuale dei positivi al test molecolari e a circa due settimane dal picco dei positivi con primi sintomi. FRENANO sia la curva dei ricoveri nelle terapie intensive, sia di quella dei relativi ingressi giornalieri. Rallenta anche la crescita del l'incidenza dei decessi.

    E' quanto indicano le analisi del matematico Giovanni Sebastiani (CNR). "Penso che questi risultati confortanti SIANO DOVUTI alle misure restrittive delle ultime settimane e per i decessi anche alla campagna di vaccinazione degli over '80. Gli effetti delle misure iniziate lunedì scorso saranno visibili nella seconda metà di questa settimana", osserva l'esperto.

    "L'analisi della curva del rapporto dei positivi ai tamponi molecolari a livello nazionale tramite la differenza percentuale settimanale - dice Sebastiani - mostra che la settimana scorsa è stato raggiunto IL PICCO. Situazione analoga per la curva dell'Rt calcolata a partire dei dati sull'incidenza dei primi sintomi, sempre a livello nazionale. Frenata della crescita della curva del numero di pazienti COVID-19 ricoverati in terapia intensiva. Frena anche la crescita dell'incidenza dei decessi".

    A livello regionale l'analisi del matematico indica che "la situazione più preoccupante riguarda le terapie intensive ed E’ ETEROGENEA".

    RispondiElimina