lunedì 22 marzo 2021

Scuole aperte o chiuse?

 

Prima DAD della storia. Chicago (1937) le lezioni vengono diffuse via radio in occasione di una epidemia di poliomelite che aveva colpito l'Illinois. Tratto da Sapere Scienza

A differenza di quanto avviene in altri Paesi dove le Scuole sono state chiuse solo in casi estremi, in Italia abbiamo spesso assistito ad una certa tendenza a chiudere le Scuole con eccessiva facilità.

Quando si chiudono le Scuole, non scattano le richieste di "ristori" e i disagi vengono scaricati in maniera diffusa sulle famiglie, invece che su categorie organizzate ed in grado di esercitare forti pressioni politiche. 

Anzi per un certo modo di vedere le cose "all'italiana" non si può neanche parlare di veri e propri disagi perché rimane nel sottofondo culturale del Paese la perversa idea della madre "angelo del focolare" che non avrà particolari problemi a tenersi i figli a casa. Se poi la madre è occupata in una delle numerose attività che sono aperte regolarmente, oppure se, anche stando a casa, è a sua volta impegnata come lavoratrice a distanza, si potrà sempre contare sul ruolo sostitutivo dei nonni che, anche se non sono stati ancora vaccinati, dovranno rapidamente trasformarsi in tutor per gli adorati nipoti impegnati nella DAD. Questa pandemia ha messo in luce i difetti e le debolezze strutturali del Paese, fatalmente ancorato ad una idea di famiglia "tradizionale" superata dai tempi, ma che continua a condizionare le nostre scelte politiche e sociali.

A fronte di questa situazione, crescono le proteste dei genitori che non sono in grado di gestire questa situazione di emergenza e si trovano davanti al bivio: assistere i figli lasciati a casa da Scuola o rispettare gli impegni lavorativi? 

In tale contesto, la stampa nazionale ha dato ampio risalto ad uno studio che dimostrerebbe il ruolo del tutto marginale della Scuola come luogo di contagio. In particolare la mia attenzione è stata attirata dal titolo del Corriere della Sera. "L’analisi su 7,3 milioni di studenti. Lo studio sulla scuola: non c’è correlazione significativa tra contagi e lezioni in presenza". 

In realtà, se uno va a ben vedere questo documento, più che di un vero e proprio studio statistico dovremmo parlare di una raccolta selettiva di alcuni dati volta a sostenere una ipotesi pre-costituita. Benché io sia sempre stato un sostenitore della massima apertura delle Scuole, non credo che si faccia un buon servizio alla causa se si cerca di sostenerla con argomentazioni statisticamente discutibili e facilmente smontabili.

Il documento presentato dal Corriere della Sera presenta - a mio avviso - molte debolezze. Ne elenco alcune tra le più significative:

  1. In realtà in Italia non è mai stato fatto uno studio sistematico e statisticamente affidabile sulla diffusione dei contagi nelle Scuole. Stendiamo un velo pietoso sull'analisi fatta a suo tempo in Trentino basata su dati dei contagi largamente incompleti e su una analisi statistica clamorosamente sbagliata. Anche le altre Regioni/PPAA (che non avevano nascosto buona parte dei contagi), non hanno mai fatto una analisi seria dei contagi avvenuti all'interno delle Scuole. Alcune Regioni si sono precipitate a chiudere le Scuole al primo segnale di aumento dei contagi. Altre hanno preferito guardare da un'altra parte senza approfondire la questione. Gli unici dati di cui disponiamo sono quelli della percentuale dei contagi suddivisi per classi d'età, ma sono dati incompleti soprattutto per i più giovani dove sono maggiori i casi di portatori asintomatici. Si sarebbero dovute fare analisi a tappeto in alcune Scuole "campione" in modo da seguire l'evoluzione della pandemia in modo accurato, ricostruendo le eventuali catene di contagio. Il ritardo con il quale sono diventati disponibili i test salivari ha rappresentato certamente una forte limitazione, ma non basta ripetere fino alla sfinimento  il mantra "La Scuola è sicura", sperando che le cose prima o poi si aggiustino.
  2. La seconda ondata pandemica è partita in Italia in concomitanza con la riapertura delle Scuole. I possibili sfasamenti che ci sono stati tra diverse Regioni (messi in evidenza dal documento pubblicato dal Corriere della Sera) possono essere spiegati tenuto conto del diverso andamento territoriale della pandemia (forse i lettori ricorderanno che a inizio settembre sembrava che la seconda ondata fosse arrivata in Campania e avesse lasciato indenne la Lombardia). Complessivamente, guardando al dato nazionale, la ripresa delle Scuole ha anticipato di un paio di settimane la salita della seconda ondata pandemica, ma ha coinciso anche con il ritorno della brutta stagione e con la ripresa di molte attività commerciali ed industriali dopo la pausa estiva (per non parlare delle elezioni amministrative che hanno interessato gran parte del Paese). In un sistema complesso non è facile discriminare una causa rispetto all'altra e siccome il sistema non è lineare (cosa che spesso molti dimenticano) l'effetto di una causa (ad esempio l'apertura e la chiusura delle Scuole) potrebbe variare a seconda dello stato di altri fattori (ad esempio il clima o gli spostamenti di lavoratori che si sovrappongano agli spostamenti degli studenti).
  3. I dati analizzati nello studio citato si riferiscono agli ultimi mesi del 2020, prima dell'arrivo della variante inglese. Il nuovo ceppo virale ha drasticamente cambiato le carte in tavola. In particolare, la maggiore contagiosità ha determinato una modifica delle regole relative alle distanze minime e quindi alla capienza ottimale delle aule che era stata stimata la scorsa estate avendo come riferimento un solo metro di distanza. Il forte aumento dei contagi tra i giovani in età scolare registrato in Trentino prima dell'introduzione della zona rossa è una forte indicazione del ruolo giocato dalla nuova variante ed è ragionevolmente ascrivibile alla sua maggiore contagiosità (essendo tutti gli altri parametri abbastanza stabili).

In conclusione, chi vuole dare alla Scuola il ruolo prioritario che si merita, piuttosto che affidarsi ad analisi di dubbia consistenza, dovrebbe puntare ad alcune misure che potrebbero giocare un ruolo fondamentale per garantire il suo funzionamento. In particolare:

  1. Attivare un programma di monitoraggio regolare ed approfondito dello stato epidemiologico delle Scuole, basato sull'uso dei tamponi salivari (più semplici da gestire) con successiva indagine molecolare (abbandonando i meno sensibili e poco affidabili tamponi antigenici).
  2. Tracciare accuratamente i casi di contagio ricostruendo la catena di contatti che li hanno prodotti.
  3. Verificare con un numero adeguato di sequenziamenti genici l'eventuale diffusione di nuovi ceppi virali, soprattutto nei casi in cui si dovesse verificare un inconsueto aumento dei contagi.
  4. Completare al più presto possibile la campagna di vaccinazione degli insegnanti e dell'altro personale scolastico.
  5. Utilizzare "robusti" criteri di messa in quarantena delle classi, evitando approcci naiv, basati su ipotesi non dimostrate.
In questo modo, la riapertura delle Scuole (da realizzare al più presto possibile) potrebbe essere accompagnata da un monitoraggio accurato della situazione e consentirebbe di soddisfare al meglio l'esigenza di educare i nostri giovani, garantendo al tempo stesso che le Scuole non diventino un involontario amplificatore del contagio.

 

10 commenti:

  1. “Nelle zone arancioni le scuole non devono essere chiuse ma aperte. Auguriamoci quindi di arrivare il prima possibile in questa condizione. Già dopo Pasqua anche in zona rossa dobbiamo rivalutare la possibilità di riaprire la scuola dell’infanzia e almeno la primaria. È ovvio che nel frattempo la campagna vaccinale sarà aumentata e diminuiti i contagi e avremo un Rt più basso su scala sia regionale che nazionale. In qualche modo, questo è l’auspicio, ci saranno le condizioni per poter riaprire” Lo ha detto a Sky TG24 Elena Bonetti, Ministra per le Pari opportunità e la Famiglia.

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  2. Aggiornando i valori dei miei 7 parametri Covid per le 21 Regioni/PPAA a domenica 21 marzo 2021, mi sono imbattuto in questa breve notizia AGI, di inizio marzo, ma penso ancora attuale, riguardante le scuole spagnole:
    “Tenere le scuole aperte è la linea seguita dal governo Sanchez che insiste sull'importanza sociale della didattica in presenza. Obbligo di mascherina, distanziamento, isolamento dell'intera classe con un solo studente positivo e test Pcr a tutti i compagni sono le norme vigenti nelle scuole spagnole.
    Anche se le regioni hanno margini di intervento in ambito scolastico, la linea è ovunque la stessa. Il ministero della Salute ha riferito che nell'80% dei casi un alunno positivo non contagia nessuno e quando succede, in media non contagia più di 1,8 persona. A gennaio solo l'1,4% delle scuole è rimasta chiusa per il Covid.”:

    __Tornando all’Italia e ai dati della scorsa settimana, il mio file, che contiene anche i valori relativi alle due settimane precedenti, si trova al seguente indirizzo:

    https://www.dropbox.com/s/88zfctnoy0qpydi/2021_%203_21%20Quadri%207%20parametri%20Covid.pdf?dl=0

    __Mi baso sui dati della Protezione Civile Nazionale, azzerati al 1 agosto 2020 che fisso convenzionalmente come inizio della seconda ondata, poiché dopo il 2/8/2020 il numero nazionale degli “attualmente infetti” è aumentato continuamente fino al 22/11/2020.
    __L’ultima colonna in tabella dà informazioni su come sia cambiato, in media, fra le due ultime settimane, il denominatore per i parametri 3,5,6,7.

    Limitatamente al Trentino e alle 3 Regioni/PA limitrofe, riporto qui di seguito i valori attuali dei 7 parametri della stessa tabella. Fra parentesi i valori della settimana precedente.

    1. INFETTI TOTALI ogni 100.000 ab.:
    __Italia 5193 (4939), PA Trento 6327 (6035), PA Bolzano 10223 (10077), Veneto 7091 (6849), Lombardia 5995 (5692).

    2. NUOVI INFETTI nell’ultima settimana ogni 100.000 ab.:
    __Italia 254 (258), Trento 295 (343), Bolzano 154 (191), Veneto 251 (242), Lombardia 308 (330).
    Altri Paesi: Spagna 65 (74), UK 57 (60), Olanda 257 (215), Francia 315 (247), Germania 91 (85), Giappone 7 (6), SudCorea 6 (6), Australia 0,3 (0,3).

    3. NUOVI INFETTI SU ATTUALI INFETTI nell'ultima settimana:
    __Italia 4,0% (4,5%), Trento 5,9% (6,5%), Bolzano 3,2% (3,2%), Veneto 4,7% (5,3%), Lombardia 4,4 (5,3%).

    4. DECESSI totali su INFETTATISI totali (con i due intervalli temporalmente sfasati come si deve):
    __Italia 2,6% (2,6%), Trento 2,9% (3,1%), Bolzano 1,6% (1,6%), Veneto 2,6% (2,6%), Lombardia 2,6% (2,6%).

    5. MORTI su USCITI dal virus (= morti + guariti) nell'ultima settimana:
    __Italia 2,5% (2,4%), Trento 0,8% (0,9%), Bolzano 1,2% (1.0%), Veneto 2,9% (2,4%), Lombardia 2,6% (2,7%).

    6. ATTUALI RICOVERATI SU ATTUALI INFETTI, media per l’ultima settimana:
    __Italia 5,4% (5,2%), Trento 6,7% (5,9%), Bolzano 4,6% (4,6%), Veneto 4,1% (3,8%), Lombardia 7,5% (7,2%).

    7. TERAPIE INTENSIVE su ATTUALI INFETTI, media dell'ultima settimana:
    __Italia 0,60% (0,58%), Trento 1,36% (1,15%), Bolzano 0,88% (0,82%), Veneto 0,53% (0,48%), Lombardia 0,78% (0,73%).

    __I primi tre parametri dipendono dalla gestione politica dell'epidemia (chiusure, aperture e controlli), mentre gli altri quattro dalla gestione sanitaria degli infetti.

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  3. Qualche commento sui nuovi valori dei miei 7 parametri, calcolati al 21 marzo 2021:

    1. Bolzano resta prima in Italia per prevalenza, cioè per numero totale degli infetti nella seconda ondata ogni 100.000 abitanti.

    2. L’incidenza settimanale NAZIONALE è rimasta pressoché costante, da zona rossa. Nel Trentino è scesa del 14% , il che ci consente di venire superati da Lombardia e Marche, pur se anch’esse in leggera flessione, oltre che dall’Emilia Romagna e dalla capolista Friuli V.G. in leggero aumento. L’incidenza della Valle d’Aosta è aumentata del 62%, più che quadruplicata nelle ultime due settimane e di corsa verso i numeri da zona rossa, a dispetto dei sogni da zona bianca di fine febbraio.
    Fra gli “Altri Paesi”, è da notare che continua la sensibile riduzione dell’incidenza in Spagna, Paese che sta vaccinando quanto l’Italia: la differenza la fanno misure più restrittive per l’ingresso nel Paese e anche per evitare assembramenti.

    3. Il rinnovo dell’infezione, nuovi casi su attuali infetti, vede confermata in testa la Valle d’Aosta, seguita da Piemonte e Marche e da Trento, quarta, raggiunta dalla Liguria.

    4. La letalità generale per il Trentino, sui numeri complessivi della seconda ondata, continua la discesa.

    5. La letalità settimanale del Trentino è ancora STRAORDINARIAMENTE BASSA, tre volte inferiore a quella nazionale e questa volta senza avversari in tutta Italia. Il dato contrasta con l’alta percentuale di malati Covid in terapia intensiva.

    6. In Trentino risale di oltre il 10% la percentuale dei ricoveri, fra gli attuali infetti, attestandosi ad un quarto in più della media nazionale, per metà a causa della diminuzione del denominatore.
    Il Piemonte, primo e la Liguria sono irraggiungibili, con il doppio di ricoverati rispetto alla media nazionale e ciò nonostante un ulteriore aumento del 24% del denominatore dei piemontesi in questa settimana.

    7. Per la percentuale di attuali infetti che si trova in terapia intensiva, il Trentino è ora al PRIMO POSTO assieme alle Marche (in rapido aumento), seguiti da Umbria e Molise e con un valore di oltre il DOPPIO della media nazionale, segno o di un cattivo sistema sanitario o di tanti infetti non trovati.

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    1. Buongiorno, professore,

      riguardo ai punti 5 e 7, palesemente "particolari" per il nostro Trentino, quale è una sua possibile spiegazione, trattandosi di frazioni?

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    2. Sono due evidenti anomalie per le quali non ho spiegazioni dettagliate. Posso solo fare delle ipotesi, tutte da verificare.

      Rispetto al numero dei decessi ricordo che, almeno nel corso del 2020, c'è stato un forte contributo di decessi avvenuti fuori dagli ospedali (nelle RSA o nelle abitazioni private). C'erano molti anziani molto fragili che sono deceduti senza mai essere ricoverati in terapia intensiva perché avevano scarse probabilità di trarre giovamento dalle cure ospedaliere.

      Come ci hanno dimostrato le statistiche ISTAT l’eccesso di mortalità osservato in Trentino durante i due picchi pandemici del 2020 è stato decisamente più alto rispetto al numero dei decessi “ufficiali” per Covid-19.

      Oggi, molte persone molto anziane (ospiti delle RSA, ad esempio) sono state vaccinate e quindi non si contagiano più o – se anche si ammalano – sono affette da forme lievi di Covid-19. Quindi il fatto che attualmente ci siano molti ricoveri in terapia intensiva (con pazienti mediamente più giovani rispetto al quarto trimestre 2020), non significa necessariamente che ci debba essere un numero di decessi molto elevato.

      Per quanto riguarda i ricoverati in terapia intensiva, la frazione è molto alta perché molto probabilmente sono spariti dalle statistiche i ricoveri nelle strutture private.

      Il numero dei ricoveri in terapia intensiva è un dato difficilmente manipolabile e diventa una specie di punta dell'iceberg che emerge sempre e comunque, indipendentemente dalle possibili "furbate" statistiche.

      Ieri Draghi ha messo in evidenza i comportamenti variegati delle Regioni/PPAA nella scelta dei vaccinandi. Avrebbe potuto fare un analogo discorso sui criteri "fantasiosi" che le Regioni/PPAA hanno adottato per valutare i parametri che indicano lo stato della pandemia.

      Da questo punto di vista, il Trentino si è distinto come un vero e proprio campione di "abilità elusoria".

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  4. giornaletrentino.it - martedì 23 marzo 2021

    Il numero delle classi in quarantena in Trentino è passato da 192 registrato lo scorso 15 marzo alle attuali 109. Il dato è stato riferito ai sindacati del comparto scuola, a quanto riferisce una nota, dal dirigente generale del Dipartimento istruzione della Provincia di Trento, Roberto Ceccato.

    Durante l'incontro di monitoraggio condotto sulla prima settimana di attività scolastica in zona rossa. Ceccato ha inoltre confermato agli esponenti di categoria la volontà dell'amministrazione locale di riaprire le scuole in presenza a partire dal prossimo lunedì in caso di ritorno del Trentino in zona arancione.

    Nel corso dell'incontro, gli esponenti di Uil Scuola sono intervenuti per ricordare la situazione di grande difficoltà arrecata alle scuole, agli studenti e ai genitori dalle chiusure per il contrasto della pandemia.

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  5. La scuola è tra i luoghi meno a rischio contagio? Io ho i miei dubbi
    Roberto De Vogli, Professore, Università di Padova - 24 Marzo 2021

    Nelle ultime settimane, uno studio di Sara Gandini e altri autori sulle scuole e il rischio Covid-19 ha attirato l’attenzione di numerosi media italiani incluso il Corriere della Sera che ha dedicato ampio spazio alla ricerca. Secondo la prima autrice, che ha dichiarato in precedenza come altri che “la scuola è un luogo sicuro”, i risultati della sua ricerca sono sufficientemente solidi per convincere il governo a riaprire le scuole il prima possibile. E’ davvero così?

    Lo studio, nonostante il grande clamore mediatico e gli endorsement di politici come la ex ministra Azzolina, NON E' MAI stato pubblicato su rivista scientifica – e quindi non è ancora passato sotto le forche caudine della peer-review.

    Uno studio italiano che invece ha superato la peer-review della rivista Eurosurveillance indica che la trasmissione nelle scuole della provincia di Reggio Emilia si è verificata in un numero di casi non trascurabile, in particolare nella fascia di età 10-18 anni, ovvero nelle scuole medie e superiori. La pericolosità della scuola era stata inoltre sottolineata da analisi apparse su riviste prestigiose come Science, Nature e Lancet.

    Sappiamo bene anche quali sono le condizioni per mettere le scuole in sicurezza.

    La prima condizione è avere “bassa prevalenza” e “bassa incidenza Covid” nel territorio: “In situazioni con alti livelli di trasmissione nella comunità, la prevalenza di COVID-19 all’interno della scuola è influenzata dalla prevalenza nella comunità”. Come sottolineato da SAGE, quando la pandemia è fuori controllo nel territorio, è impossibile ridurre i contagi senza chiudere le scuole.

    La seconda condizione per avere delle scuole davvero sicure è adottare strategie basate su tamponi rapidi (ogni 3-5 giorni) al fine di identificare in modo tempestivo i nuovi contagi a scuola e suggerire l’isolamento di 10 giorni per tutti i casi positivi al test. I soldi buttati in banchi a rotelle dovevano essere utilizzati per sistemi di sorveglianza epidemiologica, diagnosi di massa e monitoraggio dei focolai. In alcuni casi, i risultati provenienti da questi test rapidi devono essere confermati dai tamponi molecolari, molto più affidabili.

    Forse è un caso (o forse no) che la prima autrice dello studio così ampiamente diffuso dal Corriere della Sera, nonostante non sia mai apparso in una rivista scientifica peer review, abbia in passato fatto affermazioni come queste:

    - “Il virus deve diffondersi, affinché più persone sviluppino immunità, e sia possibile curare l’infezione anche con il plasma di pazienti guariti”

    - “L’età media dei deceduti è 81 anni e il rischio riguarda soggetti con due o tre patologie croniche. Molti precisano infatti che la causa di morte non è ‘per’ Covid-19 ma ‘con’ il Covid-19. I migliori modelli predittivi per l’Italia stimano che avremo al massimo 4 mila decessi Covid-19 alla fine dell’epidemia”.

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  6. Ho una curiosità. Ho notato che questa settimana si stanno facendo meno tamponi rispetto alle ultime due settimane e contemporaneamente ormai è tangibile il calo dei nuovi positivi. Questo può essere un termometro immediato circa lo stato di salute della popolazione trentina, che si rivolge meno al medico e ha meno necessità di eseguire tamponi? Rispetto ai tamponi, pare si stia valutando di chiedere tamponi per tutti per il rientro a scuola? Ma che senso avrebbe questo, soprattutto in funzione del fatto che si tratterebbe di tamponi rapidi, poco affidabili sugli asintomatici?

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    1. Che i contagi stiano - sia pur lentamente - calando è un fatto assodato sia a livello nazionale che provinciale.

      In Trentino attualmente viaggiamo intorno ad una media giornaliera di 200 contagi ed il calo degli attualmente positivi comporta anche un certo calo del numero di tamponi fatti per verificare il ritorno allo stato virologicamnete negativo.

      Speriamo che - anche grazie alla buona stagione in arrivo - il calo continui e ci porti fuori da questa situazione critica.

      Quanto alle Scuole fare un tampone a tutti al rientro - secondo me - serve a poco. Bisogna fare tamponi a tutti i casi sospetti e a TUTTI i contatti dei positivi (non basta mettere le classi in quarantena se non si fanno anche i tamponi).

      Speriamo che finalmente funzionino i tamponi salivari accoppiati ai test molecolari. Sarebbero uno strumento prezioso per il monitoraggio delle Scuole grazie alla facilità d'uso.

      Sono stati ripetutamente annunciati come ormai imminenti, ma sempre rimandati. Ora forse è la volta buona.

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  7. QUANDO SI DICE "CADERE DAL PERO"...
    martedì dopo Pasqua - 6 aprile 2021

    Il Presidente Fugatti ha dedicato parte della conferenza (senza stampa) alla Scuola e alla domanda quando si tornerà in presenza alle superiori al 75% ha risposto: "Meglio non sbilanciarsi che con le date si è facilmente smentibili. Già oggi è una buona cosa che si sia partiti, credo regolarmente perché non ho ricevuto segnalazioni".

    PURTROPPO poi lo stesso Presidente si è dovuto smentire perché oggi gli studenti erano ancora A CASA per le vacanze di Pasqua.

    (NdC) Il Presidente non ha avuto alcuna interlocuzione in giornata con l'Assessore Bisesti?

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