martedì 23 marzo 2021

Perché è difficile confrontare i dati sull’efficacia dei vaccini

Quando parliamo dei diversi tipi di vaccino oggi disponibili, facciamo sovente riferimento alla loro efficacia. I dati relativi a tale parametro variano considerevolmente a seconda del tipo di vaccino considerato e hanno generato molta confusione nell’opinione pubblica.

Per capire meglio questo punto, partiamo dalla procedura standard che viene adottata per la stima dell’efficacia. Parliamo, in particolare, di quanto viene fatto nella cosiddetta fase 3, ovvero quando il vaccino viene somministrato ad un gruppo di volontari costituito da alcune decine di migliaia di persone, a metà delle quali viene somministrato un placebo. Trascorso un certo periodo di tempo (tipicamente 6 mesi), si analizzano i casi di contagio riscontrati tra coloro che hanno ricevuto il placebo confrontandoli con i casi riscontrati tra i volontari che hanno ricevuto effettivamente il vaccino. Chiamando x la percentuale di infettati trovata tra coloro che hanno ricevuto il placebo ed y la percentuale di contagiati riscontrata tra i vaccinati, l’efficacia del vaccino η si stima utilizzando la formula:

η = (x - y)/x

Quando y tende a 0, l’efficacia del vaccino η tende al valore unitario (o se preferite al 100%). Notiamo che i valori delle percentuali x ed y non tengono conto della gravità dei casi di contagio: un contagio che produce sintomi blandi viene contato esattamente come un contagio che produce una forma grave di malattia che può portare alla ospedalizzazione o addirittura alla morte. Questo ci fa capire che la stima dell'efficacia di un vaccino è un parametro importante, ma non è sufficiente per comprendere l'impatto complessivo che il vaccino stesso produrrà sulla popolazione vaccinata.

Esempio di una possibile relazione tra l'efficacia di un vaccino e la percentuale di contagi riscontrata nel gruppo di persone vaccinate. Si è ipotizzato che il 2% di coloro che hanno ricevuto il placebo abbiano contratto la Covid-19

Fin qui la teoria. Dal punto di vista pratico ci sono molte variabili di cui dobbiamo tenere conto. Ne cito solo alcune, risparmiandovi alcuni dettagli statistici troppo tecnici:
  1. Affinché la sperimentazione produca risultati significativi è necessario che il virus circoli abbastanza diffusamente tra la popolazione a cui appartengono i volontari. Altrimenti i tempi necessari per raccogliere dati statisticamente significativi si allungano a dismisura o, a parità di tempo, si allarga l’intervallo di confidenza della stima.
  2. In linea di principio la scelta del campione dei volontari dovrebbe essere statisticamente rappresentativa dell’intera popolazione. Non è quindi detto che una sperimentazione condotta, ad esempio, negli Stati Uniti soddisfi pienamente tale requisito anche in altri continenti. Questo è un problema noto per molti farmaci che non sempre sono ottimizzati rispetto alle caratteristiche genetiche delle popolazioni di diverse parti del mondo.
  3. Quando sono già disponibili vaccini di comprovata efficacia diventa eticamente discutibile arruolare per la sperimentazione di un nuovo vaccino persone ad alto rischio di gravi complicanze (ad esempio persone di età superiore ai 65 anni o affette da altre patologie) che, soprattutto nel caso in cui ricevano il placebo, correranno seri rischi che avrebbero potuto evitare facendosi somministrare uno dei vaccini già approvati. Questo limite etico può incidere negativamente sulla possibilità di sperimentare nuovi vaccini per i quali non sia ancora disponibile una stima - almeno grossolana - dell'efficacia.
  4. Non tutte le sperimentazioni di fase 3 selezionano i volontari escludendo quelli che hanno già anticorpi specifici per il SARS-CoV-2 (ad esempio persone che hanno già contratto la Covid-19 in forma asintomatica). La presenza di tali persone può significativamente alterare la stima dell’efficacia del vaccino.
  5. Dopo la somministrazione del vaccino (o del placebo) i volontari sono seguiti per verificare la presenza di eventuali effetti collaterali o di casi di contagio. In generale vengono evidenziati solo i casi di contagio sintomatico, ma gli eventuali contagi asintomatici non vengono cercati e quindi non concorrono al calcolo delle percentuali dei contagiati (x ed y). Questo è il motivo per il quale anche quando si parla di vaccini con efficacia molto elevata (superiore al 90-95%), non si esclude che i vaccinati possano comunque contrarre forme completamente asintomatiche e possano quindi trasmettere il virus ad altri (in altre parole, finché il virus circola, anche i vaccinati devono indossare le mascherine e rispettare le distanze di sicurezza).
  6. Come discusso in precedenza, le informazioni sulla protezione da forme gravi (tali da poter portare anche al decesso) non sono disponibili se ci limitiamo a guardare solo l’efficacia del vaccino. Oltre al fatto che, ai fini del calcolo dell'efficacia, i contagi vengono contati indipendentemente dal livello della loro gravità, c'è da considerare che i casi più gravi sono percentualmente pochi e  sono proporzionali alla dimensionalità della coorte di volontari. Supponiamo, ad esempio, di sviluppare la sperimentazione di fase 3 di un vaccino su 30.000 volontari, metà sottoposti al vaccino vero e l’altra metà al placebo. Supponiamo che la circolazione virale sia alta il che equivale a dire che nel periodo di sperimentazione (6 mesi) il 2% dei volontari contragga una qualche forma di Covid-19. Complessivamente parliamo di 300 persone sui 15.000 volontari che hanno ricevuto il placebo. Supponendo che la letalità della Covid-19 sia pari all’1%, ci attendiamo mediamente 3 decessi nell’arco di un semestre tra i volontari che hanno ricevuto il placebo. Si tratta di numeri assoluti troppo piccoli per fare confronti statisticamente significati con simili eventi che siano eventualmente accaduti nel gruppo di volontari che hanno ricevuto il vaccino. Per questo motivo leggiamo spesso espressioni del tipo “copertura pressoché totale” che - tradotto nel linguaggio corrente - significa 1 o 2 decessi tra chi ha ricevuto il placebo contro 0 decessi tra chi ha ricevuto il vaccino. Per avere dati statisticamente più affidabili bisognerebbe aumentare di almeno un ordine di grandezza la dimensione del gruppo di volontari, ma la cosa è tecnicamente quasi impossibile sia per le difficoltà di reclutamento, sia per l'enorme mole di lavoro che sarebbe necessaria per monitorare centinaia di migliaia di persone nel corso della sperimentazione di fase 3.
  7. Informazioni più accurate sul livello di protezione dalle forme più gravi di Covid-19 (che è in generale più alto rispetto al livello di efficacia attribuito al vaccino negli studi di fase 3) si possono ottenere solo quando il vaccino è somministrato su vasta scala. Tuttavia, man mano che cresce la percentuale di popolazione vaccinata diventa sempre più difficile disporre di gruppi di controllo formati da persone non vaccinate che abbiano caratteristiche statisticamente simili a quelle dei vaccinati. Potremmo paradossalmente notare che anche i no-vax giocano - loro malgrado - un ruolo importante per lo studio delle proprietà dei vaccini perché quando la campagna di vaccinazione ha successo i no-vax rappresentano una sorta di "riserva statistica" da utilizzare per il confronto con il resto della popolazione che è stata vaccinata.
  8. La continua insorgenza di nuove varianti virali caratterizzate da forti differenze a livello di contagiosità e di letalità rende le stime dell’efficacia vaccinale fortemente dipendenti dal luogo e dal periodo di tempo in cui la sperimentazione è stata fatta.
Come vedete, ci sono vari fattori che influenzano i risultati delle sperimentazioni di fase 3 e questo spiega anche le differenze che talvolta troviamo in letteratura rispetto ai dati di efficacia vaccinale.

Rimane poi un’altra grande incognita che prima o poi diventerà la domanda dominante: “quanto dura la copertura degli attuali vaccini?”. Passata l’estate e completata – auspicabilmente – la somministrazione di massa iniziale dovremo capire se e come il virus SARS-CoV-2 continuerà a condizionare le nostre esistenze. Sarà necessario ricorrere a vaccinazioni periodiche, così come facciamo con l’influenza, oppure potremo contare su una protezione di più lungo periodo?

Al momento non abbiamo una risposta, così come non sappiamo ancora bene quale sia la protezione acquisita da coloro che hanno già contratto la Covid-19.

1 commento:

  1. Fabrizio Curcio, il nuovo capo della Protezione Civile, ha spiegato: "Ora si finirà di vaccinare gli over80, le categorie fragili, i docenti le forze armate e di polizia e di Protezione Civile, poi bisogna tornare ALLE FASCE D'ETA'. L'unico criterio deve essere questo".

    "Le mancate consegne hanno certamente provocato un rallentamento, ma stiamo recuperando bene. Entro la fine del mese di marzo arriveranno 4 milioni e mezzo di dosi".

    (NdC) Quindi - dividendo per 112 - al Trentino arriveranno IN TOTALE 40mila dosi (al massimo) nei prossimi 7 giorni.

    (fanpage.it)

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