sabato 6 marzo 2021

Segnalazione: il parere del prof. Mantovani su una o due dosi vaccinali

Sull'argomento "una o due dosi" abbiamo sentito varie opinioni. C'è chi preme per fornire una sola dose a tutti, proteggendo in modo limitato un maggior numero di persone. Altri sostengono che sarebbe meglio seguire i protocolli standard.

Siccome l'argomento è controverso, credo che sia importante sentire cosa dice il prof. Alberto Mantovani, immunologo, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas, uno tra gli scienziati italiani più noti a livello internazionale.

La posizione del prof. Mantovani è molto chiara:

  1. Sul fatto di somministrare una sola dose a coloro che hanno già contratto la Covid-19 c'è ampio consenso. Lo stesso prof. Mantovani è stato coautore di una pubblicazione nella quale si sosteneva l'opportunità di procedere alla somministrazione di una sola dose. L'autorizzazione ufficiale per questa procedura ha già ricevuto il parere positivo del Consiglio Superiore di Sanità.
  2. Per quanto riguarda i vaccini ad mRNA (Pfizer e Moderna) il prof. Mantovani afferma: sono i vaccini più efficaci, ma sono stati studiati per essere somministrati sotto forma di due dosi. Somministrarne una sola o rimandare la somministrazione della seconda dose oltre i tempi canonici metterebbe a rischio le persone perché otterrebbero una copertura troppo limitata nell'intervallo di tempo tra prima e seconda dose. Questo tipo di strategia vaccinale potrebbe contribuire a far emergere varianti virali resistenti ai vaccini producendo danni potenzialmente molto gravi nel medio-lungo termine.
  3. Per i vaccini che utilizzano un virus vettore (solo AstraZeneca per il momento) c'è comunque la possibilità di ritardare la seconda dose fino a tre mesi. Il vaccino AstraZeneca è quello meno efficace tra i vaccini attualmente disponibili (ma protegge comunque dalle forme più gravi della malattia) e ritardando la seconda dose di tre mesi si potrebbe addirittura migliorare l'efficacia finale della vaccinazione. Quindi per AstraZeneca potrebbe avere senso aspettare 3 mesi tra prima e seconda dose, utilizzando tutte le dosi attualmente disponibili come "prime dosi".
Conoscendo la competenza e la reputazione internazionale del prof. Mantovani, personalmente mi sentirei più tranquillo se le sue indicazioni fossero seguite alla lettera. Mi auguro soprattutto che scelte così delicate non vengano lasciate nelle mani dei burocrati sanitari delle 21 Regioni/PPAA italiane.

5 commenti:

  1. Credo che i 3 insiemi formino una partizione. Ma in Italia e in Trentino prevale la logica “condominiale”...

    A causa della scarsità dei rifornimenti dei vaccini, credo che TUTTI I DECISORI siano d’accordo sui punti 1 e 3:

    - 1. “Sul fatto di somministrare una sola dose a coloro che hanno già contratto la Covid-19 c'è ampio consenso” >> si risparmia 1 vaccino per sempre.

    - 3. Per i vaccini che utilizzano un virus vettore (solo AstraZeneca per il momento) c'è comunque la possibilità di ritardare la seconda dose fino a tre mesi >> si sposta il problema tra 90 giorni quando – dicono - “saremo inondati di vaccini" e non sapremo neanche dove metterli.

    Sul punto 2 credo Israele abbia fatto scuola, dato che è uno degli Stati che si è maggiormente contraddistinto come copertura vaccinale, per il quale sono stati recentemente pubblicati i dati derivanti dalla somministrazione di massa del vaccino BNT162b2 Comirnaty (BioNTech/Pfizer). Israele non ha nemmeno ipotizzato di spostare in avanti la seconda dose.

    Mentre in Italia molti potrebbero cercare di “leggere tra le pieghe” e spostare in avanti la somministrazione della seconda dose: (a) perché non la hanno ancora in magazzino (b) perché “ne sanno sempre una pagina più del libro”, diceva la mia amica Rosa.

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  2. La proposta di Matteo Bassetti: “Subito il vaccino per i calciatori di Serie A, sono solo 555”
    Alessio Pediglieri - fanpage.it – mercoledì 3 marzo 2021

    Vaccinare subito i giocatori di calcio di Serie A. L'ultima idea per dare scacco matto al Covid 19 è arrivata dal direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti:

    per l'infettivologo ci sarebbero più “pro” che “contro” nell'accettare la possibilità di una vaccinazione di massa nei confronti dei campioni di calcio, soprattutto con l'intento di cacciare lontano pregiudizi e perplessità sull'efficacia dei vaccini. Il Prof. Bassetti è convinto che:

    1. vaccinare i giocatori permetterebbe di frenare l'epidemia nel mondo del calcio, creando a quel punto un ‘effetto bolla‘ attorno ai gruppi squadra ed evitando ulteriori situazioni come Napoli-Juventus o Lazio–Torino.

    2. Far sì che i beniamini di migliaia di tifosi prendano il vaccino avrebbe anche un effetto a catena sulla popolazione, non solo per spirito di emulazione ma anche per il convincimento che sia necessario, al di là di dubbi e perplessità: "Faccio un esempio – scrive Bassetti – se si vaccinasse Cristiano Ronaldo, un campione assoluto e amatissimo, chissà quanti tifosi seguirebbero l’esempio…"

    Scrive infine Bassetti: "Ovviamente la priorità restano gli anziani e i fragili in prima battuta, ma per fare tutto questo occorrono molti vaccini".

    L'idea non è del tutto nuova, perché il tema “vaccini” nel mondo del pallone era stato già affrontato tempo fa anche se i soggetti cui era riferito non erano i calciatori e i tesserati dei club bensì i tifosi. Infatti, si era prospettato – e sottoposto al Ministro della Salute Speranza – l'idea di riaprire gli stadi, in modo contingentato e con le procedure sanitarie adeguate, ai tifosi vaccinati. Una proposta che poi è andata a spegnersi di fronte alla complessa e delicata campagna vaccinale che sta avendo più di un contrattempo.

    Una chiosa a fine post che però non ha spento le critiche e le polemiche davanti a questa proposta per molti divenuta provocazione e mancanza di rispetto verso chi i vaccini li attende da tempo perché tra le categorie più esposte al contagio.

    Tanto che Bassetti si è visto costretto ad approfondire il concetto: "La mia proposta di vaccinare i giocatori di serie A, che sono in tutto 555, voleva essere un messaggio per chi è ancora scettico (e ahimè sono tanti) e utile per evitare molti problemi di contagio nelle squadre che sono all’ordine del giorno. Quindi mi spiace aver urtato la sensibilità di chi giustamente sta aspettando il vaccino da chi avrebbe già dovuto fornirglielo. Chiunque ha diritto al vaccino a ogni età e situazione e io mi sto battendo per questo. Solo vaccinandoci tutti potremo vincere la battaglia".

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  3. I senatori che vogliono saltare la fila per fare il vaccino prima degli altri
    today.it - venerdì 5 marzo 2021

    "Vaccinate prima noi", dicono i parlamentari più anziani che, data l’età, temono la crescita dei contagi. E chiedono di essere immunizzati prima degli altri

    Il Fatto Quotidiano racconta oggi in un articolo a firma di Ilaria Proietti che da giorni alcuni senatori sono IN PRESSING su Federico Marini, potente direttore del polo sanitario Palazzo Madama: lo fermano, lo assediano, lo implorano. La richiesta è sempre la stessa: quando potremo vaccinarci?

    La senatrice dell’Udc Paola Binetti (77 anni) ha scritto a tutti i colleghi senatori per chiedere di firmare una sua proposta da sottoporre al Ministro della Salute Roberto Speranza affinché li includa nelle categorie a rischio con diritto a una corsia preferenziale rispetto alla punturina che salva la vita:

    “Cari Colleghi, questa è una semplice interrogazione urgente al Ministro perché voglia facilitare la vaccinazione di tutti noi senatori. Certamente sapete che sono ormai almeno una quindicina i colleghi che hanno contratto l’infezione. Non saprei dirvi in quale versione, se per esempio si tratta della variante “inglese” che tende a diffondersi più velocemente. Ma gli epidemiologi esperti dicono che con questo ritmo alla fine di marzo potrebbero esserci almeno una cinquantina di persone colpite".

    La Binetti nella lettera ha elencato le categorie protette che verranno sottoposte prima degli altri alla vaccinazione: docenti e personale delle scuole, forze armate, secondini e detenuti. Nell'elenco non ci sono i senatori e Binetti lo ricorda mentre prega gli altri inquilini di Palazzo ad aderire numerosi alla sua iniziativa per costringere Speranza a intervenire per la loro causa. “Se volete firmare l’interrogazione, basta un ok di risposta a questa mia email. Credo che ne valga la pena anche come segno di attenzione al lavoro che svolgiamo”.

    Il testo della lettera dice che vista “l'età media dei senatori, alcuni dei quali con patologie pregresse, e le condizioni di stress e di rischio che i viaggi settimanali comportano per loro oltre alla molteplicità delle relazioni, che sia pure con la massima prudenza, sono tenuti a mantenere in virtù del loro ruolo,

    si chiede di sapere se il Ministro non ritenga ormai utile, NECESSARIO e improcrastinabile procedere alla vaccinazione urgente dei senatori, considerando sia la loro età media sia IL RUOLO che svolgono, non meno a rischio di quello dei docenti e delle forze armate, categorie ormai considerate prioritarie nel nuovo Piano urgente per le vaccinazioni”.

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  4. Nella mortalità per Covid le disabilità intellettive
    sono il secondo fattore di rischio (dopo l’età avanzata)
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    Andrea Centini - scienze.fanpage.it – sabato 6 marzo 2021

    Le persone che soffrono di disabilità intellettive hanno un rischio sensibilmente maggiore di contrarre l'infezione da Coronavirus, di finire in ospedale e di morire per essa. Questa condizione, che secondo l'autorevole Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) rientra nei disturbi del neuro-sviluppo, ha un impatto così significativo sulla mortalità per Covid-19 da essere seconda soltanto all'età avanzata.

    In altri termini, chi soffre di disabilità intellettive ha UN RISCHIO SUPERIORE anche di chi presenta patologie cardiache, renali e di altro genere, che sin dall'inizio della pandemia sono state strettamente associate alle complicazioni infauste dell'infezione.

    A determinare che i pazienti con disabilità intellettive hanno una probabilità superiore di contrarre il SARS-CoV-2, aggravarsi e perdere la vita per la malattia è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Center for Autism & Neurodiversity del Jefferson Health di Philadelphia. I ricercatori sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto una approfondita analisi delle cartelle cliniche di circa 65 MILIONI di cittadini americani (un quinto della popolazione complessiva), iscritti in oltre 500 distinte organizzazioni sanitarie tra gennaio 2019 e novembre 2020.

    Incrociando questi dati con quelli della devastante pandemia di COVID-19, che negli USA ha contagiato quasi 29 milioni di persone e ne ha uccise 523mila, gli scienziati hanno osservato il rischio elevatissimo per le persone con disabilità intellettive. Tenendo presenti fattori come l'età e altre condizioni di salute, il professor Gleason e i colleghi hanno determinato che questi pazienti avevano “probabilità 2,5 volte superiori di contrarre la COVID-19, 2,7 superiori di essere ricoverate in ospedale e 5,9 volte superiori di morire per l'infezione rispetto alla popolazione generale”. Soltanto l'età avanzata risultava essere un fattore di rischio maggiore.

    “Le probabilità di morire per COVID-19 sono più alte per le persone con disabilità intellettiva rispetto a quelle che soffrono di insufficienza cardiaca congestizia, malattie renali o polmonari”, ha dichiarato il professor Gleason. “Questa è una consapevolezza estremamente significativa che, come comunità sanitaria, non abbiamo pienamente compreso fino ad ora”, ha aggiunto lo scienziato. “La nostra incapacità di proteggere questi individui profondamente vulnerabili è straziante”, gli ha fatto eco la coautrice dello studio Wendy Ross, direttrice del Center for Autism & Neurodiversity.

    Alla luce di questi dati drammatici, cosa è possibile fare per aiutare le persone con disabilità intellettive? Gli autori dello studio hanno diverse idee al riguardo.

    1. Innanzitutto i pazienti e chi si prende cura di loro (i “caregiver”) dovrebbero avere la priorità nelle vaccinazioni anti Covid;

    2. in secondo luogo gli uffici federali e statali dovrebbero mettere a punto una strategia volta a migliorare la salute di questi pazienti;

    3. infine, spiega il professor Gleason, negli Stati Uniti dovrebbe essere completamente “ridisegnato il modello di assistenza” per i pazienti con disabilità intellettive.

    Per approfondire: The Devastating Impact of Covid-19 on Individuals with Intellectual Disabilities in the United States, https://catalyst.nejm.org/doi/full/10.1056/CAT.21.0051

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  5. Buonasera, in provincia di Bolzano la seconda dose di Astrazeneca e' somministrata dopo 3 mesi della prima, esperienza personale.

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